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AMBIENTE E SALVAGUARDIA DEL PATRIMONIO CULTURALE ED EDILIZIO

Nel documento ISBN 978-88-448-0400-8 (pagine 68-126)

Presiede la Sessione

S2.1

Sergio Marino

ARPA Sicilia Direttore Generale

Nel corso di questa Sessione ci confronteremo su un tema che soltanto di recente ha ottenuto l’attenzione degli studiosi e delle amministrazio-ni deputate a tutelare il patrimoamministrazio-nio artistico, quale è la questione del rapporto tra questo e l’inquinamento ambientale.

Si è deciso di trattare questo tema nel corso dell’Undicesima Conferenza Nazionale delle Agenzie ambientali per confrontare le nostre esperienze rispetto alle continue aggressioni cui sono sottoposti anche i nostri beni culturali, artistici e architettonici – che rappresenta-no, in tutto il territorio nazionale, una delle nostre maggiori fonti di ric-chezza – a causa dell’inquinamento cittadino che ne mette gravemen-te in pericolo l’ingravemen-tegrità. Infatti, il degrado naturale cui sono soggetgravemen-te le opere d’arte è fortemente accelerato e reso più intenso dall’inquina-mento ambientale, poiché le emissioni in atmosfera di sostanze inqui-nanti si depositano sui materiali esposti all’aperto e tendono ad accu-mularsi con un meccanismo continuo senza alcun tipo di smaltimento. La gravità di questo fenomeno sta tutta nel fatto che il patrimonio arti-stico italiano – che, non va dimenticato, ha un’importanza fondamen-tale per le sue vaste dimensioni rispetto al panorama del patrimonio artistico mondiale – per la maggior parte è conservato all’interno delle nostre città dove, purtroppo, è ormai sempre più significativo il fenome-no dell’inquinamento atmosferico. Così, alla perdita generale di godi-bilità dell’ambiente urbano generata dall’inquinamento e dal rumore si è sommato il progressivo deterioramento dei beni culturali esposti e dei luoghi pubblici.

Pertanto, è necessario che la ricerca scientifica focalizzi la sua atten-zione sulla salvaguardia del patrimonio culturale ed edilizio e che le Agenzie ambientali si attivino per contribuire, in tal senso, sulla base dei propri mandati istituzionali.

ARPA Sicilia si è già occupata di acquisire dati utili alla conoscenza del fenomeno del degrado dei beni culturali e di portare avanti inizia-tive pubbliche per far crescere la sensibilità e l’attenzione su questo problema specifico. Con il progetto pluriennale “Salvalarte Respira Pulito”, infatti – d’intesa con gli altri enti promotori, Legambiente Sicilia

e il Centro Regionale per la progettazione e il restauro, e attraverso il coinvolgimento dei laboratori scientifici della stessa ARPA Sicilia e dell’Università degli Studi di Palermo – ci si era posti l’ambizioso obiet-tivo di ampliare la conoscenza sui fenomeni di degrado di alcuni monumenti siciliani quali strumenti di individuazione di nuove metodo-logie di salvaguardia con particolare attenzione all’inquinamento ambientale. Scopo precipuo è stato quello di mettere a punto un pro-gramma sperimentale di monitoraggio, attraverso l’applicazione di protocolli codificati, che potesse focalizzare gli indici di attenzione per la corretta conservazione delle architetture di pregio artistico in condi-zioni di rischio. Lo scopo è stato, insomma, quello di raccogliere alcu-ni dati sull’aria che “respirano” i nostri monumenti, cercando di “aiu-tarli a vivere” il più a lungo possibile e lasciando anche ai nostri figli la possibilità di godere della nostra storia.

Questa Sessione ci offre, quindi, l’occasione per esaminare le nuove esperienze sin qui maturate da alcune Agenzie regionali con la finali-tà di individuare, mediante un percorso condiviso, le migliori pratiche per una corretta salvaguardia del nostro patrimonio storico-artistico, alla luce anche delle diverse realtà geografiche e climatiche del nostro Paese.

Ad avviare la discussione, per comprendere i contorni del fenomeno, sarà la dottoressa Patrizia Bonanni di ISPRA che ci presenterà una rela-zione sul “Calcolo degli indicatori di rischio territoriale e rischio indivi-duale per alcuni monumenti della città di Torino”. I relatori successivi illustreranno la ricerca di soluzioni concrete: la dottoressa Bona Piera Griselli di ARPA Piemonte, con l’approfondimento su “Deterioramento dei beni culturali – agenti biologici”, e il dottor Alessandro Franchi di ARPA Toscana, con un focus scientifico su “Esperienza di ARPAT all’in-terno del Progetto Battistero”.

A seguire, nella consapevolezza della forte necessità di integrarsi con la ricerca, interverranno la Responsabile del Palazzo Nuovo dei Musei Capitolini, dottoressa Marina Mattei su “Il degrado delle superfici marmo-ree scolpite: proposte per prevenire e conservare”, e la dottoressa Gisella Capponi dell’Istituto Superiore per la conservazione e il restauro su “Il restauro delle opere architettoniche danneggiate dall’inquinamento”. Al termine, il Direttore Generale di APPA Bolzano, dottor Luigi Minach, presenterà una relazione su “Metodi di bonifica e prevenzione del radon”.

Le conclusioni di questa Sessione, nel corso della quale dovrebbe tro-vare conferma quanto l’apporto del Sistema agenziale sia fondamen-tale per lo sviluppo realmente sostenibile nel rispetto delle testimonian-ze del nostro passato storico, saranno affrontate dalla dottoressa Maria Maddalena Alessandro in rappresentanza del Direttore Generale della Direzione “Qualità e tutela del paesaggio, architettura e arte contem-poranee” del Ministero per i beni e le attività culturali, architetto Francesco Prosperetti.

S2.2

Relazione introduttiva Antonio Giuliani

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Dirigente Ufficio di Gabinetto

Quando il Segretario Generale mi ha chiesto di poterlo sostituire, veden-do la tecnicalità dell’incontro di oggi pomeriggio e vedenveden-do il parterre dei nostri relatori, ho pensato che l’unica introduzione che io potessi fare a questa importante Sessione fosse parlare dei principi che sono alla base della salvaguardia del patrimonio culturale.

È sempre bene ricordarsi, infatti, che siamo in Italia, Paese che detiene il 60% del patrimonio artistico mondiale, che può contare la maggiore bio-diversità per numero di specie di animali e di ecosistemi e che vanta un mosaico paesistico unico grazie alla millenaria interazione fra il nostro straordinario patrimonio naturale e la ricchissima storia insediativa e cul-turale delle sue popolazioni.

Il rapporto strettissimo tra una comunità e il suo patrimonio culturale, stori-co e paesaggististori-co ha assunto in Italia dignità stori-costituzionale: già l’artistori-co- l’artico-lo 9 della nostra Costituzione recita che “la Repubblica tutela il paesag-gio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. È sempre utile ricor-darlo, perché credo che, in un qualsiasi discorso che tratti di principi, si debba sempre partire dai tredici articoli della Costituzione, dove sono pre-senti i principi fondanti del nostro Paese.

Anche il Codice Ambientale del 2004 recita espressamente che “la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura”.

storico e paesaggistico degli stati membri la base stessa dell’identità nazionale e culturale dei popoli, inserendo la cultura e l’ambiente fra i fat-tori trasversali di cui tener conto in tutti i setfat-tori di intervento delle azioni dell’Unione. A questo proposito, va citata anche la Convenzione del Consiglio d’Europa per la salvaguardia del patrimonio architettonico del 1985 con la quale, già nelle premesse, è riconosciuto come il patrimonio architettonico costituisca un’espressione irripetibile della ricchezza e della diversità del patrimonio culturale dell’Europa, una testimonianza inestima-bile del nostro passato e un bene comune a tutti gli europei.

In tutti questi documenti si utilizzano locuzioni come “memoria della comu-nità nazionale”, “base dell’identità nazionale e culturale dei popoli” pro-prio per sottolineare la fortissima interrelazione che esiste fra una persona e il patrimonio culturale che la circonda. Non si tratta di petizioni di prin-cipi o di formule, di parole alte che non trovano attuazione o conferma nel mondo reale. In realtà, sappiamo bene come ognuno di noi abbia l’esatta percezione di come l’ambiente circostante abbia una profonda influenza sulla qualità della propria vita. Tale importanza si è vieppiù accresciuta, tanto che l’esigenza di avere attorno a sé un ambiente di vita sostenibile e non degradato ha dato luogo alle definizioni di “bene cultu-rale”, di “bene architettonico” e di “bene artistico”, che in maniera sem-pre più ampia hanno portato al riconoscimento di un’esigenza di tutela fino ad arrivare addirittura a richiedere una tutela espressa anche per i cosiddetti “beni banali”, quei beni, cioè, che fanno parte della vita quoti-diana di tutti noi: i quartieri residenziali moderni, quelli in cui viviamo e in cui ci troviamo a camminare e a vivere. Con il passare del tempo, quin-di, è mutato anche il concetto stesso di salvaguardia del patrimonio cultu-rale ed edilizio, passando da una mera conservazione o manutenzione a una nozione più dinamica, in cui alla tutela del bene si affianca la sua valorizzazione.

Ciò è dovuto, in parte, all’introduzione del concetto di sviluppo sostenibi-le. Grazie a ciò, infatti, la tutela si integra con l’efficienza economica, con la protezione e la salvaguardia dell’ecosistema, l’equità e la responsabili-tà sociale nei confronti delle generazioni future.

Ne deriva, quindi, la necessità di un cambiamento epocale anche nella logica, negli obiettivi e negli strumenti da utilizzare, cambiamento che deve essere coadiuvato da un ricorso sempre più massiccio alle nuove tec-nologie. E qui veniamo ai temi più vicini al nostro incontro.

nostri monumenti sono l’inquinamento, la scarsa qualità dell’aria e gli agenti biologici. Si aggiunga che il progresso della scienza, spesso, rile-va che materiali un tempo considerati sicuri diventano improvvisamente pericolosi per la salute e sono. Quindi, da eliminare. È inutile ricordare, per esempio, il grave problema della rimozione dell’amianto da gran parte dei nostri edifici nelle nostre città.

Tutto questo rende, perciò, necessario un forte impegno nella ricerca in questo settore: diventa, quindi, fondamentale uno strettissimo legame fra il Sistema ISPRA-ARPA/APPA e i temi della salvaguardia del patrimonio architettonico ed edilizio in generale.

Va sottolineato, e molti dei relatori che sono con noi oggi ne sono testimo-nianza, che l’Italia ha il vantaggio di poter contare su una scuola e una tradizione da sempre all’avanguardia nel restauro e nella conservazione dei monumenti e delle opere d’arte, scuola che può vantare i migliori spe-cialisti nel mondo.

Allo stesso tempo va dato atto, però, che l’apporto e la collaborazione del Sistema ISPRA-ARPA/APPA è riuscito a produrre soluzioni innovative che permettono di affrontare situazioni alquanto complesse e delicate, come dimostra, per esempio, lo studio alla base degli interventi per il Battistero di Firenze che ci verranno illustrati in seguito. Si tratta di una meraviglio-sa, perdonatemi l’iperbole, interazione tra scienza e manualità, nell’appli-cazione di tecnologie innovative all’arte antica del restauro tanto da fare, del settore della salvaguardia dei beni artistici e culturali, una perfetta sin-tesi di innovazione e tradizione.

Abbiamo detto, però, che il concetto di salvaguardia del patrimonio architettonico si è ampliato fino comprendere tutto il patrimonio edi-lizio: penso, per esempio, agli immobili dei quartieri residenziali moderni. In questo senso, gli studi sull’inquinamento atmosferico e sugli effetti che i fattori inquinanti hanno sugli edifici assumono un rilievo fondamentale anche per l’imprenditoria edile e per le scelte che il mondo imprenditoriale effettua sia durante la fase progettuale che in quella di ristrutturazione di quelli esistenti. Già a partire dal 2000, molti di voi lo sapranno, un accordo tra il Ministero dell’am-biente e il Ministero dei beni culturali ha sigillato il reciproco impe-gno nel favorire la diffusione dell’approccio bioclimatico alla proget-tazione, con il ricorso alle fonti rinnovabili di energia prestando par-ticolare attenzione al microclima, ai sistemi passivi, alle tecnologie, ai materiali storici e locali.

Questo, a mio parere, dovrebbe essere l’approccio idoneo a evitare il degrado ambientale e a proteggere i beni storici, artistici, architet-tonici ed archeologici.

È inutile negare che questo tema si intreccia strettamente a quello molto attuale dell’edilizia ecosostenibile dell’“efficientamento” ener-getico degli edifici, a cui molti guardano come a uno dei più impor-tanti volani di ripresa economica e di sviluppo.

Sentiamo parlare, ormai ogni giorno, della green economy e del ruolo che l’ambiente e lo sviluppo sostenibile possono avere nel nuovo sistema di crescita dell’economia. La nozione di standard tec-nici costruttivi e di materiali carbon neutral per la costruzione e la ristrutturazione di edifici nonché l’utilizzo di tutte le più moderne tec-niche di progettazione bioclimatica, oltre a produrre risparmi per le bollette delle famiglie, infatti, potranno consentire alle imprese di svi-luppare nuovi segmenti di produzione e di vendita, con importanti effetti moltiplicatori anche sul mondo dell’occupazione.

In questa direzione, credo, vada il Piano casa, su cui sappiamo oggi essere stato raggiunto un accordo anche con le Regioni, che potreb-be rappresentare una straordinaria opportunità consentendo un pro-fondo rinnovamento del patrimonio edilizio sotto il profilo dell’eco sostenibilità degli edifici e dando un forte impulso alla bioedilizia e al ricorso a fonti energetiche rinnovabili.

In conclusione, ritengo che le esperienze maturate da alcune Agenzie regionali e da ISPRA ai fini conservativi e ai fini dell’indivi-duazione delle migliori pratiche di salvaguardia in materia di studio degli effetti dell’inquinamento atmosferico sul patrimonio culturale abbiamo una grandissima valenza. Altrettanto rilevante, credo, sia il contributo che il Sistema ISPRA-ARPA/APPA possa dare non solo alla salvaguardia del patrimonio culturale e architettonico, ma anche, perché no, all’individuazione di un nuovo modello di progettazione edilizia assolutamente ecocompatibile ed ecosostenibile.

S2.3

Il rischio territoriale e il rischio individuale per i beni culturali di Torino

Patrizia Bonanni*, Carlo Cacace**, Raffaela Gaddi*, Annamaria Giovagnoli**

*ISPRA, **ISCR

Alcune forme di degrado osservabili sui beni culturali italiani sono stretta-mente legate ai livelli di concentrazione raggiunti da determinati inquinanti dell’atmosfera negli ultimi decenni.

Molti progetti di ricerca, in ambito nazionale e internazionale, sono stati rea-lizzati per studiare la correlazione tra l’inquinamento atmosferico e i danni subiti dai materiali esposti all’aperto.

Sulla base delle conoscenze acquisite, ISPRA1 e ISCR2, hanno progettato uno studio per individuare i monumenti nel comune di Torino maggiormente esposti all’aggressione ambientale del territorio.

In particolare il presente lavoro è finalizzato alla valutazione del “rischio ter-ritoriale” e del “rischio individuale”.

Il calcolo dei due indicatori permette di ottenere, in prima approssimazione, informazioni sull’interazione tra le opere d’arte e il territorio in cui esse sono collocate, al fine di programmare le attività di manutenzione di un bene e gli eventuali interventi di restauro.

Una prima analisi sistematica del potenziale degrado cui sono soggette le opere d’arte in Italia compare nel 1995, con la Carta del rischio del patri-monio culturale.

Lo scopo del presente lavoro è quello di approfondire, a distanza di 13 anni, alcuni dei temi affrontati nella Carta del rischio sulla base dei dati aggiornati al 2007.

I due indicatori sono stati elaborati correlando i campi di concentrazione di alcuni inquinanti atmosferici (PM10, SO2e NOx) relativi alla città di Torino dal 2004 al 20073 con le informazioni sulla distribuzione e sullo stato di conservazione dei beni schedati dalla Carta del rischio del patrimonio cul-turale4.

1Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (già APAT, Agenzia per la prote-zione dell’ambiente e per i servizi tecnici).

2Istituto Superiore per la conservazione e il restauro (già ICR, Istituto Centrale per il restauro).

3Elaborati dall’ARPA Piemonte.

Il rischio. Dato un certo insieme di elementi, il rischio viene definito, da un

punto di vista statistico, mettendo in relazione la quantità di danno che un evento produce su un determinato oggetto o individuo della popolazione considerata e la probabilità che quell’evento si verifichi.

Applicando questo approccio al patrimonio culturale, si possono considera-re i beni storico-artistici come unità di una particolaconsidera-re popolazione statistica e calcolare i livelli di rischio cui dette unità sono soggette, attraverso i valori che i fattori di rischio possono assumere per ognuna di esse.

Tali fattori sono stati suddivisi e organizzati, in riferimento ai beni architetto-nici, secondo una logica deterministica di causa ed effetto, che vede due componenti principali:

- la pericolosità territoriale (P): una funzione che indica il livello di potenzia-le aggressione caratteristico di una data area territoriapotenzia-le, indipendentemen-te dalla presenza o meno di beni;

- la vulnerabilità individuale (V): una funzione che indica il livello di esposi-zione di un dato bene all’aggressione dei fattori territoriali ambientali, in base allo stato di conservazione del bene.

È possibile esprimere il rischio in funzione di queste due componenti e misu-rarne l’intensità attraverso il calcolo delle grandezze fisiche che concorrono alla loro determinazione.

Classificazione del rischio. Il calcolo del rischio, effettuato secondo la

meto-dologia elaborata dall’ISCR, prevede la suddivisione del suddetto indicato-re in tindicato-re livelli: territoriale, individuale e locale.

Il rischio territoriale fornisce una visione complessiva del rischio del patri-monio culturale su scala nazionale. Esso, di conseguenza, ha un ruolo di integrazione rispetto alla rappresentazione di ogni singolo bene e costitui-sce la visione generale che in un secondo tempo configura i rischi indivi-duali. Il suo utilizzo è importante in funzione della programmazione degli interventi, sia per la dimensione estensiva (distribuzione dei beni sul terri-torio) sia per quella intensiva (quantificazione dei beni sul territerri-torio). Il rischio territoriale fa riferimento “allo stato di suscettibilità al processo di degrado che caratterizza il territorio nel quale è collocato un aggregato di beni”. È, quindi, calcolato considerando i livelli di pericolosità territoria-le (per esempio, territoria-le concentrazioni degli inquinanti) e territoria-le caratteristiche del-l’aggregato di beni considerato (numero di monumenti che costituiscono l’aggregato, la tipologia, ecc.).

Il rischio individuale si basa sull’attività di individuazione dei fattori di peri-colosità a livello comunale per realizzare i rispettivi indicatori di

pericolo-sità e sulla schedatura di vulnerabilità.

Si riferisce, quindi, “allo stato di suscettibilità al processo di degrado di un singolo bene” ed è rappresentato dal prodotto tra la pericolosità territoria-le (a livello di comune) e la vulnerabilità (Vj) del bene j-esimo presente sul territorio in quel dato comune.

Il rischio locale si riferisce, come quello individuale, al singolo bene, ma la pericolosità viene calcolata a livello locale sub-comunale (pericolosità nel-l’intorno del bene) e moltiplicata per la vulnerabilità (Vj) del bene stesso. In questo lavoro sono stati calcolati preliminarmente il rischio territoriale e il rischio individuale, i cui risultati dovranno essere confrontati e conforta-ti dal calcolo del rischio locale.

Metodo per il calcolo del rischio territoriale e del rischio individuale. Il

cal-colo del rischio territoriale e rischio individuale dei beni di Torino è stato effettuato partendo dall’elaborazione dei dati di pericolosità territoriale rispetto alle concentrazioni di PM10, NOx e SO2.

Sono state utilizzate le concentrazioni di inquinanti prodotte dal sistema modellistico di ARPA Piemonte su una griglia regolare che copre l’intero territorio piemontese, con una risoluzione orizzontale di 4 chilometri, dal 2004 al 2006.

Inoltre, sono stati elaborati anche i campi di concentrazione prodotti da una simulazione diagnostica per l’anno 2005 ad altissima risoluzio-ne (500 m) e da una simulaziorisoluzio-ne prognostica ad alta risoluziorisoluzio-ne (1 chilometro) per il 2007, che hanno permesso di calcolare i due indica-tori di rischio utilizzando una scala con un maggiore dettaglio. Le con-centrazioni sono state quindi utilizzate per calcolare i due indicatori (figura S2.3.1).

Fonte: elaborazione ISPRA.

Figura S2.3.1 – Fasi dello studio.

Nei paragrafi successivi vengono riportati, a titolo di esempio, i risul-tati relativi all’anno 2007. I risulrisul-tati. La pericolosità territoriale. Le peri-colosità territoriali (espresse in mg/m3) rispetto a PM10, a NOxe a SO2

sono state suddivise in 8 classi (tabella S2.3.1).

rischio

individuale vulnerabilitàdel bene

numero di beni rischio territoriale pericolosità territoriale (concentrazione di PM10, NOx e SO2)

Alla classe 1 è stato attribuito l’intervallo di concentrazione più basso (pericolosità minore), alla 8 l’intervallo più alto (pericolosità maggiore).

Tabella S2.3.1 – Classi di pericolosità (PT) rispetto a PM10, a NOx e a SO2.

Fonte: elaborazione ISPRA.

Le pericolosità territoriali, di seguito riportate a titolo di esempio (figu-ra S2.3.2), sono riferite al 2007 e sono (figu-rappresentate dalle concent(figu-ra- concentra-zioni dei tre inquinanti ottenute con una simulazione prognostica a riso-luzione di 1 chilometro.

Fonte: elaborazione ISPRA-ARPA Piemonte.

Figura S2.3.2 – Pericolosità territoriale calcolata con risoluzione di 1 chi-lometro per il 2007 rispetto a: a) PM10, b) NOx, c) SO2.

Pericolosità Territoriale Pericolosità Territoriale rispetto al PM10 (μμg/m3) rispetto a NOx (μg/m3)

Nel documento ISBN 978-88-448-0400-8 (pagine 68-126)