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SULLA QUALITÀ DELL’AMBIENTE URBANO

Nel documento ISBN 978-88-448-0400-8 (pagine 40-68)

S1.1

Relazione introduttiva – La nuova governance in materia ambientale

Marco De Giorgi

Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare Segretario Generale

La figura del Segretario Generale è una figura di recente istituzione nel Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, voluta fortemente nell’ambito della ristrutturazione che si sta svolgendo in que-sti mesi, di pari passo con ISPRA. Si tratta di una figura deputata al coordinamento di tutte le attività del Ministero e di tutte le Direzioni generali e, ancor più, di quelle attività di carattere trasversale come l’educazione ambientale, la comunicazione e l’informazione ambienta-le, temi che saranno trattati ampiamente nel corso di queste due gior-nate a Ecopolis.

Il tema che mi è stato assegnato è quello della “Nuova governance in materia ambientale” e, quindi, di tutto il sistema dell’amministrazione pub-blica preposta alla tutela dell’interesse ambientale. A tal proposito, non posso fare a meno di rilevare come il nuovo sistema di governance, dagli ultimi anni a questa parte, presenti una grande fluidità, sia per quanto riguarda i contenuti, sia per quanto riguarda l’organizzazione.

Per quanto concerne i contenuti, è evidente che, accanto a materie tradizio-nali come la difesa del suolo, la tutela del territorio, lo smaltimento dei rifiu-ti, riscontriamo anche materie nuove connesse al settore delle energie rinno-vabili, materie non codificate come quelle degli OGM, dei cambiamenti cli-matici, di cui si sta discutendo accesamente in questi giorni.

Dal punto di vista, invece, dell’organizzazione – mi ricollego a quanto detto dal prefetto Grimaldi – è evidente che la governance ambientale sta andando verso un sistema che definirei di tipo “policentrico” e

“mul-tilevel”, cioè verso un “sistema a rete” di cui le Agenzie regionali e

pro-vinciali presenti in questo contesto ne rappresentano proprio la chiara testimonianza.

Devo dire che, come studioso del diritto amministrativo, mi ha sorpre-so proprio negli ultimi mesi dover apprendere – l’ho già anticipato in altre occasioni – che il diritto ambientale, benché venga sempre defini-to come diritdefini-to di formazione giovane, sia in realtà un “diritdefini-to precur-sore” rispetto ad altre branche del diritto, sia per i principi e sia per l’organizzazione.

Per i principi, per esempio, è noto a tutti che alcuni istituti fondamenta-li e principi come quello della sussidiarietà sono nati proprio nella materia ambientale, così pure il principio di partecipazione al procedi-mento amministrativo, il principio di trasparenza e così via. Anche dal punto di vista dell’organizzazione, il diritto ambientale è stato precur-sore e anticipatore proprio perché ha configurato quello che le riforme amministrative degli anni ’90 sulla pubblica amministrazione indicava-no come la prospettiva della pubblica amministrazione a rete e, in materia ambientale più che in altre materie, è evidente questa tenden-za al policentrismo istituzionale, al policentrismo decisionale.

Come si manifesta questa tendenza? Direi che assistiamo a un fenome-no di continuo trasferimento dei poteri, sia verso l’alto verso gli organi sovranazionali, sia verso il centro nell’ambito dell’amministrazione nazionale, sia verso il basso con il federalismo ambientale di cui ha parlato l’onorevole Menia.

Verso l’alto: è evidente che gli organismi sovranazionali, come la Commissione europea, hanno un’importanza sempre più predominan-te in questa mapredominan-teria; basti pensare ai negoziati sul Protocollo di Kyoto di cui parleremo nel corso del prossimo G8, a Siracusa. Al centro, nel-l’ambito dell’amministrazione nazionale, invece, è facile notare come non esista solo il Ministero: nella governance ambientale abbiamo tan-tissimi altri enti che governano l’ambiente, nell’ottica di questo sistema policentrico abbiamo proprio una proliferazione di modelli organizza-tivi. Accanto al Ministero abbiamo: agenzie di tipo tecnico, come l’ISPRA, le ARPA e le APPA; gli enti pubblici non economici, come le Autorità di bacino, le Autorità territoriali ottimali e ancora gli enti parco; abbiamo, poi, consorzi di tipo volontario e consorzi di tipo obbligatorio e, ancora, le società miste. Pensate, quindi, che quadro complesso di governance!

Verso il basso, cito appena il problema amplissimo del federalismo ambientale: l’articolo 117, lettera s) della Costituzione, nel definire il rapporto con le Regioni, assegna allo Stato “la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”. Sembrerebbe una norma molto semplice; però, se la leggiamo insieme a tutti gli altri commi dell’articolo 117, ci rendiamo conto – e non possiamo che prenderne atto – che le Regioni hanno una competenza concorrente importantissima in materia di valorizzazione dei beni ambientali, governo del territorio, tutela della salute, porti, energia, e che hanno una competenza primaria ed esclusiva in

mate-rie come foreste, agricoltura, industmate-rie, viabilità, acquedotti, caccia, pesca. Si pensi a che tipo di quadro normativo complesso, e quali pos-sano essere le ragioni di potenziali conflitti presenti e futuri!

Leggendo le ultime sentenze della Corte Costituzionale è stato afferma-to un principio molafferma-to chiaro, che qui è staafferma-to più volte richiamaafferma-to, cioè il fatto che l’ambiente, in realtà, non è un settore, non è una materia in senso tecnico: la Corte afferma che l’ambiente è un valore immanente nell’ordinamento giuridico, è una materia di tipo trasversale. Quindi, la tutela dell’ambiente non è più solo obiettivo/dovere delle autorità pubbliche, ma diventa adempimento di quei doveri inderogabili di soli-darietà di cui si parla all’articolo 2. Questo – a mio modo di vedere – è stato il passaggio qualificante, cioè passare da una concezione “indi-vidualista” dell’ambiente, ancorata all’articolo 32 della Costituzione (se ricordate, la giurisprudenza della Cassazione ancorava l’ambiente all’articolo 32 come diritto all’ambiente salubre, quindi come diritto soggettivo all’ambiente) a una concezione “solidaristica”. Il nuovo ancoraggio costituzionale è quello dell’articolo 2 della Costituzione, cioè l’ambiente non è più un bene di appropriazione individuale, ma diventa un oggetto di cura collettiva, dovere di solidarietà per tutti, per tutte quelle formazioni sociali di cui parla l’articolo 2.

Che cosa comporta questa nuova visione solidaristica in termini di

governance, in tema di scelte organizzative? Significa, come diceva

anche il prefetto Grimaldi, affermare un principio di “corresponsabili-tà”, un principio di indefettibile cooperazione fra tutti i livelli di gover-no. Significa accettare un’inevitabile concorrenza fra tutti i livelli di governo e, per questo motivo, occorre predisporre strumenti concreti per instaurare un vero rapporto collaborativo ricorrendo sempre più spesso a procedure di codecisione, conferenze di servizi, accordi di programma quadro e a tutti gli altri strumenti di partecipazione resi disponibili dall’ordinamento. In una parola, si tratta di affermare un nuovo “modello di federalismo ambientale”, che sia ispirato a due grandi parole chiave: la prima è quella della leale cooperazione e la seconda è quella della sussidiarietà, nella sua duplice accezione oriz-zontale e verticale. Già all’articolo 3 quinquies del nuovo Codice Ambientale, così come è stato modificato nel 2008, è affermato chia-ramente che lo Stato deve intervenire in tutte quelle materie dove ci sono esigenze di carattere unitario, ma le Regioni possono definire livelli più alti di protezione ambientale purché ciò non determini

ingiu-stificati appesantimenti negli iter burocratici, come sta accadendo, o arbitrarie discriminazioni.

Nelle ultime sentenze della Corte Costituzionale è evidente come si stia realizzando una forte differenziazione delle discipline regionali, e que-sto tra poco sarà anche un problema perché c’è una grande differen-ziazione altresì dei procedimenti e degli oneri amministrativi.

Che fare? Sicuramente occorre, visto che qui a Ecopolis si parla di governo delle città, definire in maniera risolutiva quelle che sono le fun-zioni fondamentali di città, Province, Comuni ed enti locali nel quadro della governance, per poter rivalutare il ruolo della Regione in una chiave programmatoria. Già con l’articolo 118 lo Stato e le Regioni erano stati impegnati a completare quel processo devolutivo che era iniziato anni fa, e che in seguito non è stato portato a conclusione. A questo, poi, potrebbe seguire una rimodulazione anche delle compe-tenze delle amministrazioni regionali valorizzando la funzione di pro-grammazione, perché il rischio che si corre oggi è quello, in realtà, di limitarci a proclamare la devolution più che attuarla in modo effettivo e, come spesso si dice, si rischia di sostituire a un “centralismo statale” un “centralismo regionale”. A questo proposito, devo aggiungere che la mancanza di strutture periferiche del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare non giustifica la proliferazione di nuove burocrazie regionali, perché si crea spesso una duplicazione fra strut-ture statali e strutstrut-ture regionali che non giova al sistema della

gover-nance.

Credo fermamente che un federalismo efficiente è anche quello che procede a una semplificazione degli apparati. Il principio di sussidia-rietà, di cui parlavo prima, non è da intendersi solo come un criterio di allocazione delle competenze ma deve essere assunto anche come cri-terio organizzativo, e il rispetto di questo cricri-terio implica che la crea-zione di nuove strutture deve essere preceduta da una verifica della capacità amministrativa e operativa dei soggetti pubblici e privati che già operano a favore della collettività.

Parlando della cooperazione fra livelli di governo, non posso fare a meno di fare una sottolineatura su un argomento che ha già trattato il prefetto Grimaldi: la necessità di un sistema informativo largamente condiviso. Un’adeguata condivisione delle informazioni ambientali – trattata ampiamente nell’ambito di questa iniziativa – è un fattore essenziale per la progettazione di adeguate politiche ambientali.

Un sistema informativo efficiente è il presupposto per un processo deci-sionale che sia informato e che sia consapevole e, in questo, penso davvero che il ruolo di ISPRA, delle Agenzie regionali, delle Agenzie provinciali sia fondamentale nell’ambito del sistema SINAnet. La rete del SINA, coordinata da ISPRA, è un’infrastruttura essenziale per garantire due obiettivi principali: la composizione e l’integrazione delle conoscenze ambientali sul piano proprio della conoscenza del territorio. Ed è importante che, nella rete costituita da ISPRA con i vari Focal Point regionali, i dati in materia ambientale siano attendibili, omogenei, standardizzati, confrontabili, armonizzati a livello locale, regionale e nazionale, fino a quello comunitario, perché questa è un’esigenza indefettibile per le politiche. Fondamentale, a questo riguardo, è il sistema europeo di comunicazione ambientale del SEIS e anche il recepimento, a cui stiamo iniziando a lavorare, della direttiva INSPIRE.

Concludo il mio intervento citando l’altro profilo della sussidiarietà, quello orizzontale.

È evidente che è necessario inventare nuove forme di partnership tra pubblico e privato, sempre in quell’ottica solidaristica di cui parlavo prima. Occorre rafforzare la sinergia con il mondo produttivo: è que-sta un po’ la logica del “fare ambiente” di cui parlano il nostro Ministro e il nostro Sottosegretario. In questo, il Sistema delle Agenzie penso che sia molto importante perché rappresenta un’arena condivisa fra istituzioni, mondo imprenditoriale e mondo scientifico: ciascuno, con il proprio bagaglio di competenze, di esperienze, di apprendimento, può dare un contributo alla progettazione delle politiche ambientali. Per fare questo serve sicuramente un cambiamento della cultura econo-mica ma anche della cultura ambientalista, come ha già detto l’onore-vole Menia: è tempo di passare da un ambientalismo dei veti e dei divieti a un ambientalismo liberale, che indichi priorità e circuiti virtuo-si, un ambientalismo che sia parte integrante delle politiche di sviluppo economico e non limite esterno.

Questo punto meriterebbe una riflessione perché, spesso, partecipo a convegni o a iniziative come queste e, parlando con le persone, mi capita di percepire, di raccogliere preoccupazioni legate al periodo di crisi economica che stiamo vivendo: si teme che le problematiche ambientali possano essere declassate oppure ridotte nella gerarchia delle priorità. In questo mi sento di poter dare un messaggio di

ottimi-smo, non solo per il fatto dell’esistenza di un forte indirizzo politico in tal senso, ma anche perché sono fermamente convinto che la necessi-tà di coniugare ambiente e sviluppo non deve essere sentito come un arretramento rispetto alle esigenze della tutela. Non si intende fare nes-sun tipo di retromarcia, e questo ci sentiamo di poterlo garantire. Vogliamo che il requisito della sostenibilità ambientale sia parte di qualsiasi progetto, di qualsiasi programma di sviluppo: è questo lo spi-rito della green devolution di cui si parla tanto nell’ambito dell’ammini-strazione americana. Vogliamo che la VIA, la valutazione d’impatto ambientale, sia parte integrante di ogni programma di sviluppo econo-mico, e in questo il Ministero, l’ISPRA le Agenzie regionali e provincia-li devono essere protagonisti.

Abbiamo già dimostrato, nel primo anno di attività, che anche i prov-vedimenti anticrisi che il Governo sta approvando in questi mesi vanno indirizzati in chiave di sviluppo sostenibile: per questo motivo, abbia-mo insistito per avere l’incentivo per le auto verdi nei provvedimenti per le auto; per inserire le norme sulla bioedilizia e sulla bioarchitettura nel Piano casa; per incentivare le rinnovabili. È questa l’unica chiave con cui possiamo garantire un’attenzione sempre alta sul tema dell’ambien-te, in un periodo di recessione come quello attuale.

Concludo il mio intervento facendo un caloroso invito a tutte le Agenzie regionali e provinciali a supportare il Ministero, e anche l’ISPRA, in due direzioni. La prima è quella della cooperazione cui accennavo prima, per rafforzare la logica di collaborazione – e qui raccolgo anche le parole e le sollecitazioni che sono venute dall’avvocato Carrubba – fra i diversi livelli di governo e fra mondo istituzionale e mondo produttivo. L’altra direzione è quella di stimolare la partecipa-zione individuale.

Non ho affrontato il grande tema dell’educazione ambientale, che a noi sta molto a cuore: l’ho fatto per economia del discorso, ma so che le ARPA e le Agenzie provinciali fanno tantissimo in questo settore. Occorre fare in modo che le questioni ambientali entrino veramente a far parte del patrimonio educativo e culturale di ciascun individuo attra-verso campagne di informazione e sensibilizzazione.

Quindi, auspico che, dopo la prima fase di momentanea sospensione dovuta all’azione di riorganizzazione in corso, il rapporto del Ministero con il Sistema delle Agenzie abbia una rapida ed efficace ripresa proprio perché siamo consapevoli che le Agenzie svolgono sul

territorio importantissime funzioni tecniche con impegno, dedizione e professionalità, e affrontano ogni giorno i problemi della governance ambientale in un quadro complesso come quello che abbiamo appena descritto.

S1.2

La città sostenibile: il quinto Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano

Stefano Laporta

ISPRA

Subcommissario

La presentazione che mi accingo a fare, e che costituisce anche per me, per la mia funzione di subcommissario, motivo di orgoglio anche perso-nale per questi primi otto mesi di attività, è un sunto dell’edizione del Rapporto, pubblicato sul sito ma anche disponibile in forma cartacea. In qualche modo, il contenuto è stato già anticipato dagli interventi che mi hanno preceduto, quindi cercherò di dare le notizie salienti e illustra-re la logica che ha ispirato la illustra-redazione del Rapporto. Abbiamo scelto volutamente di inaugurare questa Conferenza presentando il Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano nelle principali città italiane, perché riteniamo che, anche attraverso la modalità di presentazione che mette-rà in evidenza criticità ma anche segnali positivi, si possa dare un segna-le tangibisegna-le per come è possibisegna-le intervenire per coniugare sviluppo e ambiente all’interno delle nostre città: concetti, questi, che sono stati richiamati da tutti coloro che mi hanno preceduto negli interventi.

L’importanza dei dati sull’ambiente urbano. In Europa, il 75% della

popolazione vive nelle aree urbane, e si stima che, entro il 2020, questa percentuale possa raggiungere l’80%. Come tutti voi ben sapete, i problemi ambientali per la maggior parte nascono e si con-centrano nell’ambiente urbano, ed è quindi evidente l’importanza del monitoraggio della qualità ambientale che viene svolto dal Sistema agenziale nelle sue strutture centrali e territoriali. Tengo a parlare di Sistema nel suo complesso, senza la distinzione tra orga-nismo centrale e gli organismi che operano a livello territoriale. Infatti, un’informazione attenta, solida, oggettiva supporta la pianifi-cazione e la verifica degli interventi e promuove comportamenti eco-sostenibili da parte di istituzioni, imprese, associazioni ma,

soprat-tutto, stimola la partecipazione dei cittadini. Il Rapporto che stiamo presentando affronta numerosi temi ambientali e dà conto dello stato e dell’evoluzione della situazione in 33 città distribuite nelle 20 regioni italiane. Rispetto alle edizioni precedenti, in cui venivano esaminate 24 aree urbane con più di 150 mila abitanti – è stato già anticipato dal prefetto Grimaldi – in questa edizione sono stati moni-torati tutti i capoluoghi di regione e le città più rappresentative di particolari contesti territoriali.

Sinteticamente cito i temi trattati nel quinto Rapporto: fattori demogra-fici, suolo, rifiuti, natura e biodiversità, acque, emissioni in atmosfera e qualità dell’aria, contenimento energetico in edilizia, trasporti e mobi-lità, esposizione agli agenti fisici, turismo, sostenibilità locale, comuni-cazione e informazione. Tutto ciò che, secondo noi, fa sviluppo urba-no e qualità della vita nelle urba-nostre città.

Anche gli elementi del processo di realizzazione del quinto Rapporto sono stati già in qualche modo evidenziati nell’intervento del Prefetto. Da questa edizione il Rapporto rappresenta l’impegno di tutto il Sistema agenziale nel suo complesso. Gli indicatori che abbiamo pre-scelto sono il frutto di un’attività di collaborazione non solo del Sistema agenziale ma anche di altri soggetti che sono istituzionalmente depu-tati alla raccolta ed elaborazione dei dati: pensiamo all’ISTAT, ma anche ad altri soggetti che sono rappresentativi degli enti locali, come l’ANCI. Questo ha consentito non solo di rendere oggettivo il processo di acquisizione dei dati, ma anche di poterlo poi verificare attraverso meccanismi di controllo sia interni che esterni. Questo, forse, è un primo esempio del federalismo ambientale a cui anche, nell’intervento precedente, il Consigliere De Giorgi si riferiva. Spendo solo una paro-la sul sistema dei controlli, rialparo-lacciandomi anche agli interventi prece-denti, soprattutto a quello dell’avvocato Carrubba. Il sistema dei con-trolli non può rispondere soltanto a un’esigenza – pur necessaria – di carattere repressivo. L’attività di controllo è assolutamente necessaria, ma esiste un paradigma di controlli che non si esaurisce solo nella fase repressiva ma che aiuta gli imprenditori, le associazioni, i cittadini a prendere coscienza della situazione e a portare avanti programmi di sviluppo ambientale sostenibili.

Il Focus 2008, che accompagna il Rapporto sulla qualità dell’ambien-te urbano, affronta la dell’ambien-tematica del suolo e sottosuolo, e la sua realiz-zazione è stata curata da ISPRA con il contributo del Sistema

agenzia-le, delle università e degli enti regionali.

La scelta della tematica suolo è motivata da due fattori: la ricorrenza dell’Anno internazionale del Pianeta Terra e la rilevanza delle proble-matiche connesse al suolo come risorsa fondamentale. Sono stati trat-tati numerosi argomenti, che vanno dalla contaminazione all’uso e al consumo del suolo.

Le maggiori criticità che abbiamo rilevato nel campione di città esa-minate: intanto il grado di urbanizzazione a livello comunale. Abbiamo un grado alto di urbanizzazione nel 19,8% della superfi-cie comunale totale dei 33 comuni analizzati, pari quasi a 131.000 ettari; poi un grado intermedio nel 12,2% della superficie comunale totale, pari a 80.500 ettari e un grado di urbanizzazione basso, pari al 68% di superficie comunale totale corrispondente a quasi 450.000 ettari.

Abbiamo poi visto qual è l’entità di consumo di suolo a livello pro-vinciale per il periodo 1990-2000, fonte CORINE Land Cover (a breve saranno disponibili i dati relativi al 2006). La crescita media delle 33 città, nel periodo di riferimento, è stata pari al 5,8%, con picchi anche superiori al 10% in alcune realtà come le province di Aosta, Parma, Bologna, Pescara e Cagliari. Nella maggior parte dei casi sono andate perdute le superfici agricole utilizzate, mentre meno del 3% del territorio consumato è rappresentato da aree boschive. Al di là del dato percentuale, quello che secondo me è il dato di riflessione principale è che l’urbanizzazione è stata princi-palmente di tipo residenziale discontinua e irregolare e, per tale

Nel documento ISBN 978-88-448-0400-8 (pagine 40-68)