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AMIANTO: UN CINQUANTENNIO DI ESPOSIZIONE LAVORATIVA IN CAMPANIA E NELLE ALTRE REGIONI D’ITALIA ATTRAVERSO LE COMPETENZE INAIL

Nel documento Rapporto Annuale Regionale 2011 Campania (pagine 61-68)

Autori (in ordine alfabetico)1 A. Balletta, 2 Al. Citro, 3 R. Continisio, 4 P.Iacoviello

1 Specialista e libero docente in medicina del lavoro, già dirigente medico INAIL.

2, 3 INAIL - Sovraintendenza Medica Regionale Campania

4 CONTARP- INAIL - Campania

Introduzione

Scopo del lavoro è di analizzare le conseguenze della esposizione lavorativa all’amianto per oltre 50 anni nelle diverse realtà regionali, in particolare della Campania ove gli Autori di questo contributo hanno maturato esperienza attraverso la trattazione tecnica e medico-legale dei casi di malattia professionale denunciati all’INAIL.

L'amianto, per le sue proprietà isolanti e di flessibilità, è stato utilizzato in oltre 3000 prodotti presenti sul mercato e sin dai primi anni del novecento. L’esposizione lavorativa ad amianto in Italia risale agli anni dell’immediato dopoguerra, soprattutto nella cantieristica navale e nella produzione di manufatti in cemento amianto: è noto che il golfo dello Spezia, fino agli anni 70 è stato uno dei maggiori centri mondiali delle riparazioni e demolizioni navali; centinaia di lavoratori nell’Arsenale Militare erano adibiti ad operazioni di recupero, demolizione e riparazione di navi militari. In Piemonte nel 1907 nasce a Casale Monferrato (Al) il primo stabilimento italiano dei manufatti Eternit (chiuso nel 1986).

Successivamente stabilimenti Eternit sorgono in varie sedi d’Italia: Cavagnolo (To), Broni (Pv) Bari, Bagnoli (Na) Siracusa. Molte altre medie e piccole fabbriche di manufatti in cemento amianto, dagli anni 50-60 furono attive in diverse sedi dal nord, centro, sud e isole d’Italia operando fino al 1992. Anche il settore tessile, a tipica presenza femminile, è stato tra quelli ad elevata incidenza di malattie da amianto in Piemonte e altre regioni del nord per la produzione di tessuti, cordami, finiture e, nella zona Pratese della Toscana, per la cernita degli stracci trasportati in sacchi riciclati che avevano contenuto amianto.

Le Regioni a maggior numero di categorie economiche e relative mansioni a rischio lavorativo da amianto, già dai primi decenni del novecento, sono state quelle del nord e centro Italia (in particolare Liguria, Lombardia, Piemonte, Friuli V.G.) ed in misura nettamente inferiore Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio, Basilicata, Sardegna.

Gli aspetti medico legali assicurativi e gli aggiornamenti sulle malattie da amianto

La nocività delle fibre di amianto riguarda l’insorgenza di più patologie: la asbestosi, spesso associata a placche pleuriche, fibrose o calcificate e le manifestazioni neoplastiche (carcinoma polmonare, mesotelioma pleurico, pericardico, peritoneale, della tunica vaginale del testicolo, carcinoma laringeo). L’aspetto assicurativo delle malattie da amianto è legato alle disposizioni legislative, non sempre tempestive nei contenuti e nella attuazione dei relativi aggiornamenti. Il T.U. delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali D.P.R. n.1124/65 prevede al Titolo I capo VIII le “Disposizioni speciali per la silicosi e l’asbestosi”. All’articolo 144 (modificato dalla legge 27 .12 .1975 n.780), sono specificate le caratteristiche clinico – diagnostiche dell’asbestosi ai fini della diagnosi medico-legale. L’articolo 10 del DLgs 38/2000 ha previsto l’aggiornamento delle tabelle di cui agli articoli 3 e 211 del T.U. ma non delle disposizioni relative a silicosi e asbestosi a differente gestione. L’apposita

Commissione che ha aggiornato la tabella del D.P.R. 336/1994, alla voce 57 ha inserite e specificate con codifica ICD10 le malattie da asbesto diverse dall’asbestosi ed alla voce 58 le malattie da erionite (minerale zeolitico molto usato in edilizia).

Materiali e metodi

IL cinquantennio 1960 -2011 trova riscontri nella Banca Dati INAIL (denunce-riconoscimenti, delle malattie professionali) attraverso l’operato dell’Ente in base alle disposizioni legislative e l’incisiva partecipazione delle Parti Sociali.

Nel primo Rapporto Annuale dell’INAIL dell’anno 2000 (dati relativi al 1999) è stato riportato, attraverso il dato rendite, l’andamento delle malattie professionali tabellate, comprese l’asbestosi e la silicosi . Per l’asbestosi i riconoscimenti sono stati numerosi già dal 1965, con picco più alto negli anni 1980-88 (fig. 1). Nel 1999 le rendite INAIL erano circa settemila.

Figura 1: grafico andamento rendite asbestosi 1965-1999 (fonte INAIL)

Figura 2: grafico andamento rendite tumori da amianto 1994-1999 (fonte INAIL)

Per quanto riguarda le malattie tumorali, già nel 1955 vi furono le prime segnalazioni di casi di carcinoma polmonare in lavoratori italiani dell’amianto e, nei primi anni sessanta, quelle di mesotelioma pleurico. Solo nel 1987 la IARC classificava l’amianto tra i cancerogeni del gruppo1 e solo con il DPR 336 del 1994 vi è stato l’inserimento del mesotelioma nella tabella delle malattie professionali. Da tale epoca si è registrata una crescita esponenziale dei riconoscimenti dei mesoteliomi e in misura più graduale dei

carcinomi del polmone; per questi ultimi la dimostrazione del nesso causale è di più difficile definizione. Nei 6 anni dal 1994 al 1999 erano stati riconosciuti in Italia 1030 casi di tumori da amianto: 84% mesoteliomi 16% tumori polmonari (fig. 2). Al fine di esaminare l’andamento dopo il 2000 delle principali malattie da amianto sono stati richiesti alla Consulenza Statistica Attuariale dell’INAIL i dati sul numero di riconoscimenti di malattia per Regioni e per settore lavorativo (rif. ATECO) per gli anni 2000-2011. Si precisa che per l’anno 2011 vi è una sottostima dei dati per una ancora incompleta trattazione dei casi.

Si riporta nel grafico (fig. 3) l’andamento per bienni dal 2000 al 2011del totale delle malattie da amianto e distintamente delle quote di asbestosi, mesoteliomi, carcinoma del polmone. Nel grafico (fig.4) si riporta l’andamento delle placche pleuriche per lo stesso periodo.

Figura 3: andamento delle malattie da amianto dal 2000 al 2011

Figura 4: andamento dei riconoscimenti delle placche pleuriche da amianto dal 2000 al 2011

L’andamento del totale malattie da amianto (15.998) attraverso i bienni dal 2000 al 2011 è in progressiva crescita, raggiungendo i 3.086 casi nel 2008-2009. Tale incremento è dovuto alla quota mesoteliomi (tot. 5.739) riferibile ai lunghi tempi di latenza, mentre è stazionaria la componente relativa al carcinoma del polmone (tot.2.287) e alla asbestosi. Il numero ancora alto delle asbestosi polmonari riconosciute dall’INAIL (circa 350 casi/anno), apparentemente in contrasto con l’abolizione oramai ventennale dell’impiego dell’amianto come materia prima, troverebbe la motivazione in una tardiva diagnosi e denuncia di casi lievi e asintomatici accertati in ex esposti anche in riferimento alla normativa per i benefici previdenziali. L’andamento delle diagnosi di placche e ispessimenti della pleura è irregolare, con picchi di 915 casi nel biennio 2004-05 e 1.067 nel 2010- 2011; le modalità di trattazione verso questa tipologia di malattia da amianto variano notevolmente nelle diverse Regioni.

Nel grafico figura 5 si riporta il totale delle diverse malattie da amianto per Regioni e per bienni dal 2000 al 2011. Si rileva che il Friuli V.G. ha il maggior numero dei casi (2.629) per il netto prevalere delle pleuropatie e tumori polmonari, mentre la quota mesoteliomi è nettamente preponderante in Lombardia (1.206), Liguria (766) Piemonte (778).

La diretta esperienza in Campania

Il territorio di Napoli e provincia ha una significativa storia di insediamenti produttivi ad elevato rischio di esposizione ad amianto quali la produzione di manufatti in cemento amianto (Eternit, Italtubi, Sacelit), la metalmeccanica e siderurgia (Italsider) la cantieristica navale (Fincantieri e infrastrutture portuali), la produzione e manutenzione di rotabili ferroviari (Sofer; Avis; Firema; Grandi Officine delle ex F.S). Negli anni 1950-60 vi è stato il maggior numero di assunzioni del personale che rientra nel cinquantennio di osservazione.

La CONTARP Campania ha rilasciato circa un migliaio di pareri a fronte delle richieste avanzate dai lavoratori per il godimento dei benefici previdenziali ex legge 257/92 e s.m.i.

I pareri espressi permettono di ricostruire una mappa dell’esposizione all’amianto abbastanza dettagliata. I principali settori lavorativi dei richiedenti sono quelli tradizionali e,

Figura 5 Andamento del totale malattie da amianto per Regioni

in numero maggiore, attività per le quali i lavoratori hanno manipolato amianto presente come materiale accessorio. Tali attività riguardano prevalentemente l’edilizia e molte altre industrie del comparto manifatturiero (metalmeccanico, conserviero, cementifici etc.).

Presso i Centri medico legali dell’INAIL sono state esaminate, già a partire dagli anni 70, le denunce di malattie professionali, soprattutto asbestosi, con precise istruttorie condotte anche con indagini dell’allora Servizio Ispettivo sulla esposizione lavorativa. Gli accertamenti sanitari erano svolti in stretta collaborazione con l’Istituto di Medicina del Lavoro della Università di Napoli, dotato all’epoca di autonomo servizio di radiologia e pneumologia. Il maggior numero di rendite INAIL per asbestosi polmonare si riscontra tra gli addetti alla produzione di manufatti in cemento amianto e in misura ridotta tra gli addetti del comparto metalmeccanico, specie nell’ambito delle attività portuali e siderurgia. Le patologie tumorali, in particolare i mesoteliomi, riguardano prevalentemente le attività di coibentazione nella cantieristica navale e nel settore dei rotabili ferroviari.

La casistica degli esposti alla produzione dei manufatti in cemento amianto all’Eternit -Stabilimento di Bagnoli e ”Italtubi” -Stabilimento di Torre Annunziata è stata oggetto di attenzione e approfondimenti in diverse epoche ed ha caratteristiche che permettono di ricavare dati omogenei sull’andamento delle malattie correlate.

L’Eternit (Bagnoli) attiva dal 1938 al 1986 era ubicata nella zona costiera di Napoli, nel contesto di altri insediamenti industriali (metalmeccanico, siderurgico, chimico) dei quali erano ben note le relative condizioni di rischio, lavorativo ed ambientale. Sulle conseguenze della esposizione ad amianto si fa riferimento ad uno studio di mortalità condotto da ricercatori in campo oncologico ed epidemiologico pubblicato nel 2011.

Lo studio ha riguardato la mortalità di una coorte di 1.247 lavoratori della Eternit di Bagnoli assunti dal 1950 sino al 1986, con follow up iniziato nel 1965; lo stato in vita e le cause di morte sono state accertate al 31/12/2005. Le malattie causa dei decessi riferibili più strettamente alla esposizione ad amianto erano: asbestosi n.41 (3,3%); mesoteliomi pleurici n.24, peritoneali n.9 (totale: n.2,7%); tumori del polmone, n. 84 casi (7,2%) .

A commento di tali dati va considerato che l’alta incidenza di tumori del polmone tra i lavoratori dell’Eternit di Bagnoli non confrontabile con altre casistiche, potrebbe riferirsi a più agenti oncogeni cui la popolazione studiata era esposta in quel territorio.

La“Italtubi”, attiva dal 1954 al 1992, ha avuto alle dipendenze circa 550 operai aventi caratteristiche omogenee per la giovanissima età alla assunzione, i tempi di esposizione, la provenienza territoriale, lo stato socio economico. In reparti separati avveniva la produzione di tubi, lastre, “pezzi speciali” con impiego, oltre che del crisotilo, di amianto crocidolite al 5%. Nel 1976-77, epoca in cui furono denunziati i primi casi di asbestosi, fu condotta indagine tecnico strumentale da parte della CONTARP e fu accertato che condizioni di rischio esistevano nel reparto tubi e nel locale raspatura dei pezzi speciali ma ancora di più durante le operazioni di carico-scarico della materia prima e in quelle della miscelazione dell’amianto, nella prima fase del ciclo lavorativo.

IL riscontro di un primo caso di asbestosi polmonare in fase avanzata determinò allarme e coinvolgimento delle parti sociali con rapidi provvedimenti di prevenzione e di controlli sanitari. Per iniziativa dell’Ispettorato Sanità della Regione e dell’Inail furono disposti accertamenti per oltre 300 lavoratori, prevalentemente con ricovero presso l’Istituto di Medicina del Lavoro della Università di Napoli. I risultati delle indagini furono presentati con ampie e precise relazioni dai sanitari dei reparti ( Prof.ri Sessa; Silvestroni, Vecchione e altri) al Convegno “Amianto e fabbrica”organizzato dal quotidiano “Il MATTINO” il 5 aprile 1979. Furono relatori altri cattedratici (Bonsignore di Genova, Cecchetti dell’Università Cattolica etc.); presenti rappresentanti delle Istituzioni e delle parti sindacali,

amministratori delegati e dirigenti delle Società Eternit, Italtubi, Assocementi. Una delle relazioni riguardò il ricovero di 300 lavoratori dell’Italtubi sottoposti ad accurati esami radiologici e di tutte le componenti della funzionalità respiratoria. Furono riscontrati n 30 casi di asbestosi polmonare (10%) di, di cui 7 casi in stadio preradiologico in lavoratori di età tra i 35 e i 40 anni e anzianità lavorativa di 15-24 anni. Non furono segnalati casi di malattia tumorale.

Nella metà degli anni ’70 lo stabilimento fu oggetto di interventi correttivi finalizzati all’abbattimento del rischio. I casi accertati dall’INAIL sino ai primi anni 2000 hanno avuto un modesto incremento delle asbestosi spesso associate a placche pleuriche e un numero contenuto di malattie tumorali (circa dieci casi tra carcinomi del polmone e mesoteliomi).

Tre casi di mesotelioma pleurico hanno riguardato: un operaio miscelatore, un addetto alle pulizie degli ambienti di lavoro, un operaio generico.

E’ emblematica la storia del primo caso accertato: operaio di 38 anni assunto all’età di 16 anni, addetto alla produzione di canne quadre nel reparto pezzi speciali; aveva denunciato all’INAIL, nel 1976, asbestosi polmonare già in fase avanzata. Il lavoratore fu seguito per oltre 10 anni per revisioni della rendita INAIL. Sono attualmente in corso accertamenti medicolegali sulle cause del decesso avvenuto recentemente per tumore cerebrale.

Il caso fu oggetto di pubblicazione nel 1991 con la relativa documentazione radiografica come evoluta negli anni dal 1976-1988.

Esperienza recente in Campania riguarda i dipendenti di uno stabilimento che dal 1982 al 1990 ha operato per la scoibentazione e la recoibentazione (con lana vetro) di rotabili ferroviari. Circa 50 lavoratori dello stabilimento hanno denunciato all’INAIL malattia da amianto; gli accertamenti medico legali, compreso l’esame HRCT hanno dimostrato, nella maggior parte dei casi, modesta localizzazione pleurica di placche e/o ispessimenti.

Tale casistica, emblematica delle più recenti e non lunghe esposizioni ad amianto, è tra le tante emerse a seguito dell’evoluzione normativa relativa al riconoscimento dei benefici previdenziali. Nessuna scadenza per la presentazione della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali è prevista per i lavoratori per i quali è accertata dall’INAIL una malattia professionale causata dall'esposizione all'amianto, né tali domande sono soggette al termine del 2 ottobre 2003.

Da più recente monitoraggio (2011) delle malattie da amianto in Campania risultano riconosciuti: asbestosi n 33 casi, placche pleuriche: n 38, carcinoma polmonare: n 14, mesoteliomi: n 7: trattasi in maggioranza di ex lavoratori dei settori tradizionali, (coibentazione rotabili ferroviari, siderurgia, metalmeccanica)

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

L’analisi dei dati INAIL sull’andamento delle malattie da amianto dal 1965 al 2011 in soggetti esposti in reparti sicuramente a rischio e per lunghi periodi (in media 20 anni) permette di distinguere, relativamente agli effetti della esposizione ad amianto, due lunghe e diverse epoche. Alla prima epoca (orientativamente il ventennio 1950-80), caratterizzata da condizioni di esposizione incontrollata e scarsa conoscenza, soprattutto degli effetti oncogeni, corrisponde un’elevata incidenza di asbestosi ed un periodo che potremmo definire di “incubazione” delle neoplasie. Alla seconda epoca, attraversata specialmente nell’ultimo decennio dall’introduzione di novità legislative in campo prevenzionale ed assicurativo, corrisponde un lento decremento dei casi di asbestosi ed un progressivo incremento dei casi di mesoteliomi e manifestazioni pleuriche (placche, ispessimenti).

Ricordiamo che tali manifestazioni cliniche, inquadrate nella tabella delle MP (DM 4/ 2008) e con il sistema valutativo del danno biologico (art.13 del DLgs 38/2000), costituiscono una distinta e precisa entità nosologica.

É comprensibile inoltre, per quanto detto precedentemente, che questa epoca sia caratterizzata da una sempre maggiore attenzione verso segni e sintomi delle patologie asbesto correlate, ascrivibile anche alla possibilità del riconoscimento dei benefici previdenziali ai lavoratori affetti da patologie asbesto correlate. La sorveglianza sanitaria, con relativi accurati accertamenti per gli ex esposti, consente ancora oggi di evidenziare sfumati quadri di asbestosi e, più frequentemente, di pleuropatie. La nostra osservazione ci induce a ritenere plausibile che il manifestarsi di ulteriori quadri di asbestosi, accertati dopo un lungo periodo dalla cessazione dell’esposizione all’amianto, possa essere conseguente, in alcuni casi, ad una confusione diagnostica (più che altro di tipo terminologico) tra asbestosi polmonare e asbestosi pleurica, che ricade malamente nel dato statistico. Tali condizioni necessitano di un’attenta osservazione ed uno studio approfondito, soprattutto curando la qualità degli accertamenti strumentali.

L’incidenza dei tumori polmonari presenta un andamento più uniforme con una maggiore frequenza soprattutto nei territori inquinati da altri agenti oncogeni, come fumi e vapori contenenti idrocarburi aromatici policiclici (compresa la tetraclorodibenzoparadiossina), diffusi nell’ambiente lavorativo ed extralavorativo. La particolarità delle modalità dell’esposizione ad asbesto, la vasta diffusione anche nella popolazione generale e le ricadute di enorme gravità, a lungo termine, per la salute delle persone, inducono a confermare la necessità per tutti i soggetti coinvolti nella prevenzione, di tenere alta l’attenzione su questo problema. Il convegno in Campania del 1979 già citato nel testo, rappresenta sicuramente un apprezzabile esempio di approccio scientifico e divulgativo ad un grave problema legato al rischio da amianto in ambito lavorativo ed ambientale della città. Esso ha sicuramente fornito un importante contributo alla sensibilizzazione anche dei datori di lavoro su questo problema, precorrendo i tempi di un dibattito tra le parti sociali che si sarebbe sviluppato solo molti anni più tardi.

BIBLIOGRAFIA

1) A. Balletta, M G De Luca (INAIL D.G. Italy) “Occupational asbestos related diseases in Italy:

INAIL compensation data” in Atti abstracts “Asbestos: European Conference” Dresda 3-6 settembre 2003

2) G. Cimaglia , A. Balletta A. INAIL Sovraintendenza Medica Generale Roma “Le malattie da amianto in ambito INAIL”in Atti ”Conferenza Nazionale sull’Amianto” Roma 1-5 marzo 1999

3) INAIL Direzione Centrale Comunicazione: Primo Rapporto Annuale 1999 “Le malattie professionali in 70 anni di storia del lavoro in Italia” pag. 83-115 Roma 13 luglio 2000 Tipografia INAIL

4) Simona Menegozzo, Pietro Comba, Daniela Ferrante, Marco De Santis, Giuseppe Gorini, Francesco Izzo, Corrado Magnani, Roberta Pirastu, Andrea Simonetti, Sara Tùnesi and Massimo Menegozzo “Mortality study in an asbestos cement factory in Naples, Italy” Ann Ist Super Sanità 2011, Vol. 47, No. 3: 296-304

5) T. Sessa A. Silvestroni ,C. Vecchione : Relazioni in Atti del Convegno “Amianto e fabbrica”

organizzato da IL MATTINO Circolo della Stampa Napoli 5 aprile 1979

6) A. Balletta, R. Molè, A. Grassi, M. Errigo “Asbestosi polmonare in operaio di manufatti in cemento- amianto. Il decorso della malattia conclamata in dodici anni” Rivista degli Infortuni e delle Malattie Professionali fasc. N.1-2 gennaio –Aprile 1991

Autori: A. Papa 1, P. Addonizio1

1 INAIL Settore Ricerca certificazione e verifica, Dipartimento di Napoli

1 Introduzione

Si vuole presentare un metodo semplificato per consentire, al servizio di prevenzione e protezione aziendale, con le proprie risorse interne, di realizzare piccoli interventi di bonifica su macchinari ed impianti rumorosi, utili a ridurre l’esposizione al rischio dei lavoratori addetti al loro impiego.

Premesso che i livelli sonori all’interno di ambienti industriali dipendono da una molteplicità di fattori (la potenza acustica delle macchine e attrezzature presenti, dal loro stato di manutenzione, dal loro “lay out”, dalla direzionalità del rumore proveniente dai vari elementi costituenti le apparecchiature, dalle caratteristiche di fono-assorbimento e riverbero delle parete del capannone, dalla posizione della postazione di lavoro, ecc), l’approccio classico alla bonifica per la risoluzione del problema rumore, si rivela, per quanto sopra, particolarmente complesso.

L’analisi acustica finalizzata alla mitigazione delle emissioni sonore, tra l’altro, è spesso prerogativa di esperti in acustica architettonica, i quali, estranei al sistema di prevenzione e protezione aziendale, e con poca conoscenza dell’intero ciclo produttivo, operano in un ottica sorgente-orientata, non mirata semplicemente alla tutela della postazione di lavoro.

Ne consegue che le soluzioni proposte, sono spesso eccessive per le reali esigenze dell’impresa e possono anche comportare prolungati periodi di fermo macchina, in contrasto con quelle che sono le esigenze produttive aziendali.

L’approccio classico, risulta in definitiva, economicamente gravoso e di difficile attuazione, anche per le imprese volenterose di intervenire sulle criticità riscontrate per migliorare l’ambiente di lavoro. Questo, in particolar modo in questo periodo di crisi economica, dove si hanno badget di spesa molto limitati. Tali difficoltà, non devono precludere all’impresa, almeno la realizzazione di quelle piccole opere di mitigazione acustica che possono incidere positivamente sull’esposizione del personale a costi ridotti. Come ad esempio:

pannellature per tetti di copertura, fasce perimetrali battiscopa o la chiusura di fori nei vani di lavorazione.

Si vuole proporre una metodologia semplificata, come strumento di ausilio alle imprese, che consenta agli addetti SPP, senza particolari competenze di acustica architettonica, di realizzare semplici, ma rilevanti in termini di riduzione del rischio rumore, interventi di bonifica, agendo sulle tipiche aree critiche dei macchinari.

E’ necessario ricordare che intervenire sulla sorgente del rumore è una scelta prioritaria, sempre da anteporre alla protezione dei lavoratori con l’impiego di otoprotettori, come sancito espressamente dal T.U. D.Lgs 81/08.

Per adottare questo metodo semplificato, è necessario l’impiego di un fonometro integratore di classe 1, provvisto almeno dell’acquisizione parallela delle bande di frequenza e di registrazione del profilo temporale dei livelli sonori.

La crolologia delle azioni da intraprendere si può così sintetizzare:

1. Analisi delle fasi di lavoro ed individuazione delle zone/aree critiche dei macchinari o degli impianti rumorosi;

2. Misura del profilo temporale Laf del ciclo di lavoro per ciascuna postazione lavorativa e area critica riscontrata (con acquisizione anche degli spettri di frequenza);

3. Individuazione delle fasi più rumorose all’interno del profilo temporale ed estrapolazione, da questi intervalli, degli spettri di frequenza minimi fast;

3.3 METODO SEMPLIFICATO DI ANALISI ACUSTICA PER LA PROGETTAZIONE DI

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