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Analisi del contesto scolastico italiano in termini di equità e inclusione

Nel documento A Pietro, Francesca e Domenico (pagine 129-137)

FASE SPERIMENTALE

3.1 Analisi del contesto scolastico italiano in termini di equità e inclusione

La scuola è l’istituzione a cui la società affida il compito di trasmettere l’istruzione e l’educazione, aspetti fondamentali per una completa realizzazione dell’individuo in rapporto a se stesso, agli altri e all’ambiente in generale189.

Istruzione ed educazione sono strettamente interconnessi: in una società complessa come quella attuale in cui la scuola si caratterizza per la presenza eterogenea degli individui, educare a vivere con gli altri costituisce un valore aggiunto, una forma di apprendimento importante quanto l’istruzione formale. Infatti, come afferma Catia Giaconi

«Nella complessità della classe, oggi, è richiesta all’insegnante una grande capacità di osservazione e di progettazione di percorsi disciplinari rispondenti ai bisogni del gruppo di alunni, che possono riguardare sia situazioni di disabilità, di Disturbi Specifici di Apprendimento o di Bisogni Educativi Speciali, sia condizioni di “normale” diversità in termini di tempi e di ritmi di apprendimento»190.

sono una priorità di ogni sistema formativo, si tratta di capire per quali vie e attraverso quali pratiche possa realizzarsi questo nuovo

“progetto di scuola”, la cui cifra è la diversificazione, da non intendere come progettazione, ex novo, di tanti piani di studio quanti sono gli studenti che ne hanno bisogno. Essendo tali forme di difficile attuazione in un contesto operativo e organizzativo quale è quello della scuola italiana, la soluzione al problema non può che essere un curricolo d’istituto che

189 http://www.treccani.it/vocabolario/educazione/, 22 ottobre 2019.

190 C.GIACONI, Una via per l’inclusione: il Progetto PROPIT tra allineamento e sostenibilità, in P.L. ROSSI E C. GIACONI, Micro-progettazione: pratiche a confronto. PROPIT, EAS, Flipped Classroom, Collana Traiettorie Inclusive, Franco Angeli, Milano 2016, p. 39.

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garantisca a tutti gli studenti il diritto all’apprendimento da intendere come acquisizione delle competenze essenziali. In particolare

«L’emergenza pedagogica […] diventa trovare delle modalità in grado di allineare i diversi piani della progettazione e i diversi profili di competenze dei docenti, compresi quelli di sostegno. Le progettazioni […]

corrono il rischio di essere correttamente realizzate a livello cartaceo, ma di essere poco efficaci nel momento della azione didattica in classe poiché non è più presente la coerenza e coesione pensata a livello di macro-progettazione.»191

A fornire risorse e strumenti non sarà l’amministrazione centrale, bensì le stesse istituzioni scolastiche in virtù dell’autonomia che le caratterizza192:

«Le scuole, in quanto titolari di un’autonomia costituzionalmente garantita, non diventeranno “puro oggetto” della valutazione, ma verranno aiutate a praticare una corretta cultura dell’autovalutazione e a diventare parte attiva di un procedimento valutativo, basato su obiettivi ben esplicitati e migliorabili in itinere che prevedano l’uguaglianza, sia formale che sostanziale, delle opportunità e coniughino il diritto di tutti allo studio con la qualità dell’istruzione e la valorizzazione delle eccellenze»193.

Le scuole, dunque, grazie all’autonomia dovrebbero realizzare un processo volto a valutare se le politiche e le pratiche attuate abbiano garantito pari opportunità formative.

Purtroppo i risultati dei rapporti internazionali fanno emergere, nel nostro Paese, enormi differenze tra scuole di ordine diverso, di città e di quartieri diversi: accanto a istituzioni scolastiche caratterizzate da ottima

191 Ivi, p. 44.

192 DPR 275/99, Regolamento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell'art.21, della legge 15 marzo 1999, n.59, qui in particolare gli artt. 4, 5 e 6.

193 S.P.SCERRA, Parte la valutazione delle scuole, op. cit., pp. 28-29, qui p. 29.

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qualità dei processi di integrazione, ve ne sono altre che si caratterizzano per impreparazione, negazione dei diritti, emarginazione. Spesso la qualità dell’integrazione e inclusione dipende principalmente dalle qualità individuali degli insegnanti o dei dirigenti, nonostante l’esistenza di una ricca normativa dedicata a regolare equamente ed omogeneamente i processi di integrazione.

Per ridurre e, in prospettiva, eliminare tali differenze, l’Index per l’Inclusione propone un efficace modello al quale fare riferimento e auspica l’elaborazione di livelli essenziali di qualità194, fondamentali per garantire agli alunni con disabilità, al di là della loro condizione personale e sociale, pari opportunità pedagogiche, organizzative e strutturali:

«Se consideriamo la formazione, soprattutto quella rivolta a soggetti in età evolutiva, non tanto un servizio quanto un diritto inalienabile di tutti gli esseri umani, allora dobbiamo concordare sulla necessità di garantire un ottimo servizio formativo per tutti, a prescindere dalla località nella quale si svolge e soprattutto a prescindere dalle caratteristiche delle singole istituzioni scolastiche […]»195.

«E’ il contesto entro il quale le esperienze didattiche si realizzano che decide il significato di queste ultime; se le singole attività didattiche sono responsabili dei proto apprendimenti […] cioè l’acquisizione di competenze e conoscenze, l’apprendimento di deutero apprendimenti […], inerenti abitudini mentali e atteggiamenti, dipende soprattutto dal contesto relazionale entro il quale si svolge la didattica»196.

194 T.BOOTH and M. AINSCOW, Index for inclusion: Developing Learning and Participation in Schools, CSIE, Bristol 2002, p. 88.

195 G. FRANCESCHINI, Formazione, produzione, consumo e professionalità educative, in G.

FRANCESCHINI,R.RUSSO, Sistemi formativi e dirigenza scolastica in Europa – Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Edizioni ETS, Pisa 2011, p. 67.

196 Ivi, p. 67.

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Ancor più rilevante è il concetto di equità educativa, da intendere come l’impegno a rimuovere le barriere all’apprendimento attraverso pratiche che garantiscano a tutti il raggiungimento di una soglia minima di competenze di base nel rispetto della diversità197.

Sulla stessa linea si pone l’OECD198 secondo cui un sistema scolastico è realmente equo se non si limita a garantire l’accesso all’istruzione ad un’ampia fascia di popolazione, ma assicura a tutti buoni livelli di competenza educativa199.

Sulle ragioni dell’accresciuta importanza attribuita all’equità educativa, diverse risultano le opinioni degli autori. Secondo Bottani e Benadusi200 i criteri di uguaglianza e qualità dell’istruzione non sono più rispondenti alla complessità dell’attuale tessuto sociale, ma è necessario affiancare a questi il paradigma di equità che deve consentire a tutti di raggiungere, attraverso la diversificazione degli strumenti e delle risorse, un livello di competenze di base capaci di garantire il pieno sviluppo delle potenzialità di ciascuno.

L’equità così intesa rimanda ad un sistema scolastico efficace ed efficiente, come sottolinea Denise Meuret che definisce l’efficacia come

«[l’efficacia come] la capacità di far progredire gli studenti più di quel che ci si potesse aspettare tenendo conto delle loro caratteristiche al

197 Ivi, pp. 63-64.

198 OECD (2012), Equity and Quality in Education: Supporting Disadvantaged Students and School, OCED, pp. 15-16, http://www.oecd.org/edu/school/equityandqualityineducation-supportingdisadvantagedstudentsandschools.htm,

22 ottobre 2019.

199 P.FALZETTI e R.RICCI, Buoni apprendimenti ed equità: una sfida per la scuola italiana, Paper for the Espanet Conference “Risposte alla crisi. Esperienze, proposte e politiche di welfare in Italia e in Europa”, Roma 20-22 settembre 2012, p. 3.

200 N.BOTTANI, Introduzione, in (a cura di) N.BOTTANI e L.BENADUSI, Uguaglianza ed equità nella scuola, Erickson, Trento 2006, p. 9.

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momento dell’ingresso nella scuola [e l’equità come] la capacità di far diminuire lo scarto nel rendimento tra gli studenti più deboli e quelli più forti […]»201.

Per Meuret un sistema scolastico equo, se non può far molto per combattere le disuguaglianze di talento e quelle sociali, può ridurre l’influenza di questi fattori sugli studenti più deboli, non solo in termini di apprendimento e competenze, ma anche in termini di fiducia e rispetto di sé. Sempre secondo l’autore, occorre ricordare che una parte delle disuguaglianze hanno origine proprio all’interno della scuola, ovvero sono imputabili alla scuola stessa, alla sua organizzazione e al suo funzionamento202.

Sull’equità scolastica da intendere nel duplice senso di assicurare pari opportunità di accesso all’istruzione e di rimuovere le cause che ne ostacolano l’attuazione, si sofferma Giorgio Chiosso203 per il quale tale principio, nel nostro sistema scolastico, inizia a prendere forma alla fine degli anni Cinquanta quando, in conseguenza di un’accresciuta complessità del mondo del lavoro e sotto spinte di ordine sociale, civile, economico, si avvia il passaggio dalla scuola selettiva ed elitaria della Riforma Gentile (ben riassunta nello slogan “il meglio a pochi, un poco a tutti”) alla scuola di massa204 che ha caratterizzato le politiche scolastiche italiane per tutti gli anni Ottanta, ispirata al principio delle pari opportunità educative. I principali modelli adottati sono sostanzialmente due:

201 D.MEURET, Efficacité et equità des colleges, in J.L.DEROUET, Le college: l’état des savoirs, INRP, Paris, in L.RIBOLZI, Gli indicatori di equità dei sistemi educativi e scolastici, Università di Genova 2003, p. 2.

202 D.MEURET, Valutare l’equità dei sistemi scolastici, in (a cura di) N.BOTTANI e LBENADUSI, Uguaglianza ed equità nella scuola, op. cit., pp. 40-43.

203 G.CHIOSSO, Teorie dell’educazione e della formazione, Mondadori Università, Milano 2003, p.

169.

204 Ivi, p. 70.

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«[…] un modello “scuolacentrico”, centrato sul primato della scuola come luogo prioritario di formazione […], e uno dell’”integrazione delle risorse”, basato sull’interazione fra le risorse scolastiche ed extrascolastiche organizzate in un sistema […]»205.

Il modello scuolacentrico poggia sull’idea che la causa delle difficoltà scolastiche e degli abbandoni risiedano essenzialmente nelle carenze di tipo socio-economico e culturale delle famiglie. Spetta alla scuola il compito di adottare “strategie compensative” quali l’aumento del tempo scuola che portò alla sperimentazione del tempo pieno206.

Agli inizi degli anni Settanta, in opposizione al modello scuolacentrico che, lungi dall’eliminare lo svantaggio e l’esclusione sociale, finiva col riprodurre nelle scuole gerarchie sociali ed ingiustizie economiche, si affermò un nuovo approccio basato sulla “teoria della riproduzione”. Il principio cardine è che la scuola non deve guardare ai migliori, ma porsi al servizio dei più svantaggiati. Tale approccio, se ha il merito di aver evidenziato lo stretto rapporto tra condizioni socio-economiche e culturali delle famiglie e successo scolastico, mettendo in discussione la realizzazione tra riuscita negli studi e predisposizioni naturali, ha però delineato un modello di scuola antiselettiva molto più attenta al benessere emotivo, inclusione e socializzazione, piuttosto che a perseguire obiettivi di apprendimento.

In alternativa e in concorrenza con questo modello, nella seconda metà degli anni Settanta si sviluppò quello che Chiosso definisce

“dell’integrazione delle risorse”, modello che riconosce l’importanza, per la

205 Ivi, p. 170.

206 Ibidem.

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crescita della persona, non solo della scuola, ma anche di altre agenzie formative:

«[…] riconoscendo pari dignità e valore anche a esperienze e sedi formative esterne al sistema scolastico, come la formazione professionale e aziendale e la varietà delle opportunità educative offerte dall’extrascuola in genere […]»207.

Il principale merito di questa prospettiva sta nel fatto di aver ampliato l’orizzonte delle responsabilità educative e scolastiche e di aver prodotto, nell’ambito della formazione professionale, un forte impegno per l’attuazione di pratiche didattiche meno rigide e più varie rispetto a quelle tradizionali208.

A partire dall’ultimo decennio del secolo scorso l’impegno comune dell’Italia e di tutti i paesi occidentali è stato quello di accrescere l’accesso all’istruzione garantendone, al tempo stesso, la qualità. Si è trattato, secondo Chiosso, di una vera e propria sfida che ha prodotto una serie di riforme unite da aspetti comuni:

«[…] Le riforme presentano alcuni tratti comuni quali, per esempio, lo sforzo di attenuare l’isolamento della scuola e superare la sua tradizionale pretesa di autosufficienza, di riconoscere alle singole scuole larga autonomia decisionale all’interno di un quadro di vincoli generali, di considerare gli allievi non solo cittadini da organizzare entro una società, ma risorse da valorizzare al massimo delle loro capacità attraverso percorsi di studio e di lavoro “personalizzati”. In generale, le riforme degli ultimi anni non concepiscono la scuola come unico centro vitale di strategie formative di un paese [mentre]

l’uguaglianza in educazione è il risultato combinato di iniziative assunte anche in altri settori e, in particolare, in ambito sociale e nel

207 Ivi, p. 172.

208 Ivi, p. 173.

135 mondo del lavoro […]»209.

Analogamente per Elena Besozzi, l’uguaglianza nell’accesso all’istruzione verificatosi con l’istituzione della scuola media unica e l’espansione delle iscrizioni alla scuola secondaria superiore, non si sono tradotte automaticamente nel successo scolastico garantito210. Diversi studi confermano che il titolo di studio e le condizioni socio economiche dei genitori tracciano in partenza il futuro percorso scolastico e professionale dei figli. A tal proposito la Besozzi parla di una sorta di “segregazione formativa che fa sì che la sfida dell’equità resti una questione aperta211 perché occorre superare concettualmente il falso dilemma che oppone uguaglianza e differenze.

209 Ivi, p. 173-174.

210 E. BESOZZI, Senso e significati dell’istruzione e della scuola oggi tra equità, merito e valorizzazione della differenza, Convegno nazionale di Pastorale della scuola “Promuovere la persona per rigenerare la scuola. Comunità, merito, equità Il contributo dei cattolici”, Roma, 11-14 febbraio 2009, pp. 6-7.

211 Ivi, pp. 11-12.

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Nel documento A Pietro, Francesca e Domenico (pagine 129-137)