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Capitolo 3. El Búfalo ciego

3.1 Analisi dell’opera: struttura e tematiche

La raccolta di racconti El búfalo ciego viene pubblicata per la prima volta al- l’Avana, Cuba, nel 2008 dalla casa editrice Ediciones Unión.

Il libro contiene venticinque racconti che erano stati già pubblicati anterior- mente: alcuni come “De muerte natural”, “Una broma pesada”, “Por la maña- nita Fifita nos llama”, “Todos los negros tomamos café” e “El secreto de Ni- colás” facevano parte della raccolta Todos los negros tomamos café del 1976.

Altri come: “El doliente”, “De tripas corazón” e “Sólo para caballeros” faceva- no parte della raccolta di racconti La Habana es una ciudad bien grande del 1980.

“No somos nada”, “El diablo son las cosas”, “El búfalo ciego”, “Cortado en dos”, “Kid Bururú y los caníbales”, “Ópera prima” e “Pájaro del mal agüero” erano stati pubblicati per la prima volta nell’opra El diablo son las cosas nel 1988.

Infine, “Versión original”, “Nada salvo el aire”, “Anagnórisis”, “Para contar una historia de Navidad”, “El almohadón de plumas, como diría Quiroga”, “Dime, espejo mágico”, “Como Enoch Soames”, “Aparece libro con anotacio- nes de Ezequiel Vieta” e “Nadie llama de la selva” erano stati pubblicati nel 2005 in Falsos Documentos70.

La raccolta che analizzerò è quindi composta da un’insieme di racconti che non sono mai stati tradotti in italiano.

Mi sono proposta di selezionarne quattordici così da poter toccare ogni rac- colta citata precedentemente.

Struttura

Come ho detto prima, i racconti della raccolta sono in totale venticinque. La maggior parte presenta la stessa lunghezza, di circa 5 pagine, mentre pochi presentano una lunghezza di dieci, dodici pagine.

69 Mirta Yáñez, El búfalo ciego y otros cuentos, Ediciones Unión, La Habana, 2008.

70 Queste informazioni sono state ricavate dalla nota editoriale posta alla fine del libro El

All’interno delle diverse storie non c’è un personaggio unico che ritorna nelle varie narrazioni ma le voci narranti e i protagonisti sono molteplici. Non ci sono racconti collegati tra loro, ognuno è un microcosmo a sé stante in cui i protagonisti sono per lo più donne di ogni età. Solo in due racconti che ho af- frontato “El diablo son las cosas” e “Para contar una historia de Navidad” i narratori sono uomini. In “El diablo son las cosas” però, il protagonista è co- munque una donna.

Personaggi

La scrittrice non dichiara esplicitamente gli anni delle protagoniste o dei per- sonaggi che narrano la storia ma lo si può dedurre dal contesto e dalle paro- le. Per esempio nel racconto “Por la mañanita Fifita nos llama” si capisce che a raccontare è una giovane da alcuni dettagli che la narratrice ci sugge- risce durante il monologo introspettivo: appartiene alla “brigada” delle “mu- chachas” e non delle “mujeres” e durante l’esilio causato dall’uragano Flora pensa solo alla perdita delle lettere del fidanzato Manolo invece che ai danni causati al villaggio e ai pericoli incontrati lungo il cammino. Da alcuni gesti traspare l’ingenuità tipica di una ragazzina come quando, per esempio, si sofferma in riva al fiume per togliersi gli stivaletti perdendo di vista il gruppo e facendoli preoccupare:

“Cuando llegamos arriba, al pue - blo, nos estaban esperando. Qué creían, les dije, que me había ahogado en el naufragio. Pero nadie se rió, sino que me miraban asustados. Y así fue que me en- teré que ellos habían llegado como una hora antes, y yo no acababa de aparecer y pensaban que me había caído una penca encima […]”71

Anche nel racconto “Todos los negros tomamos café” la protagonista è una ragazzina e stavolta lo comprendiamo sin dalle prime righe dalle quali tra- spare la preoccupazione della madre:

“[…] qué pensaría de esta fa- milia, de esta hija que con quince años se quiere ir a recoger café.”72

Ma nelle storie sono presenti anche donne adulte come in: “Kid Bururú y los caníbales” in cui la protagonista ha appena compiuto quarant’anni; in “El bú- falo ciego” in cui la voce narrante è quella di una donna che ricorda il suo passato nella piccola cittadina di Esmeralda; in “No somos nada” in cui le protagoniste sono tre anziane signore; in “El diablo son las cosas” la cui pro- tagonista è la signorina Betti che “tiene cerca de cincuenta mil años” secon- do la voce narrante e in “Nadie llama de la selva” in cui la signora Hortensia “había ido perdiendo la vista” a causa della veneranda età.

Adolescenti, ragazze mature, donne, signore anziane sono le voci che popo- lano i racconti e il mondo interiore della Yáñez.

Le protagoniste di questi racconti affrontano percorsi di vita differenti, vivono in periodi differenti e soprattutto parlano in modi differenti: a volte ci narrano le loro vicissitudini da un ambiente rurale, altre da uno cittadino. C’è chi vive vicino alle piantagioni di caffè in cui los brigadistas raccolgono caffè, chi pas- sa una notte nella Facoltà di Lettere dell’Università dell’Avana, chi proviene dagli anfratti più bui della terra e ci racconta la sua esperienza come prosti- tuta.

Voci diverse che non fanno altro che arricchire i testi della scrittrice, capace di districarsi tra le varie modalità del parlato, facendoci immergere a pieno nella narrazione del testo.

Mirta Yáñez ci porta all’interno delle loro vite, ci mette di fronte ai loro silenzi, alle loro gioie, alle loro delusioni, ai loro ricordi. Ci mette di fronte alle loro sofferenze o alle loro paure. E’ come se la scrittrice volesse suggerirci che le storie che ci accingiamo a leggere, come quella di Carmela, di Conchita, di Agustina, di Silvina, di María Isabel, di Hortensia, di Zenobia sono storie di vita vera.

I personaggi che Mirta Yáñez ci presenta non hanno paura di lottare per quello che vogliono, non hanno paura di mostrarsi indipendenti e anche un po’ ribelli, come la protagonista di “El búfalo ciego” che affida ad una moneta i suoi desideri più nascosti: andare via dal paese natale e cambiare comple-

tamente la sua vita, lontana dalle menti grette dei suoi concittadini; o come la protagonista di “Todos los negros tomamos café” che pur di sfuggire alle imposizioni familiari, alle ristrettezze a cui è sottoposta, è pronta a mettere a repentaglio il suo onore, pensiero invece ossessivo per la madre; oppure come le due sorelle Silvina e María Isabel che provano a scappare dalla “ti- ránica reja patriarcal”; ed ancora, come Zenobia che nel racconto “Pájaro del mal agüero” si trasferisce per seguire i “segni” e i sogni, pensando di dare fi- nalmente una svolta alla sua vita; e come la signorina Betti che nel racconto “El diablo son las cosas” lotta contro le sue paure: la solitudine, la vecchiaia, la perdita di tre amori.

Temi

I temi sono dunque quelli che ogni donna affronta, o può affrontare, quotidia- namente nella propria esistenza: la morte di un’amica, la solitudine, la paura di invecchiare, la perdita di un’amore, la paura di un tradimento, la gioia delle piccole cose quotidiane, la voglia di ricominciare, il desiderio di affermazione in una società forse non ancora pronta a riconoscere il ruolo della donna cu- bana. Non solo madre, figlia, moglie ma anche donna che vuole prendere le redini della sua vita per farne ciò che desidera.

Le donne di El búfalo ciego non sono personaggi statici ma sono donne che fanno “lo que se les viene en ganas”. Frase che rispecchia a pieno il pensie- ro della scrittrice che in un’intervista confessa di aver sempre fatto ciò che desiderava non scendendo a compromessi con nessuno.

E’ come se, in ogni racconto di questa raccolta, ci fosse una lente d’ingrandi- mento puntata su ogni singolo personaggio e questa ci mostrasse le loro sensazioni, i pensieri più intimi. La Yáñez riesce, con il suo affascinante modo di scrivere, a far entrare a stretto contatto il lettore con ciascun prota- gonista.

Proviamo tristezza e compassione per il vecchio protagonista di “El doliente” nel momento in cui ci confessa di aver perso il figlio e la moglie e di sentire come “si me arrastraran una lija por adentro del pecho” o quando, nella sce- na finale, dichiara apertamente che “la soledad es del carajo”; proviamo rab- bia, frustrazione, pena per il vecchio Kid Bururú che subisce atti di bullismo e razzismo “en la guagua diecinueve” e proviamo stupore e vergogna per il

fatto che nessuno alzi un dito in sua difesa. Ma non è quello che accade molto spesso nella nostra società?; proviamo un pizzico di complicità nelle azioni di Irene, la protagonista del racconto “El “almohadón de plumas” como diría Quiroga”, quando si mostra indifferente al marito morente che l’a- veva stremata e soffocata per anni; sentiamo una fitta al cuore quando, leg- gendo “Nadie llama de la selva”, il cane si lascia morire nell’attesa del ritorno dei suoi padroni che sono dovuti emigrare e la signora Hortensia aspetta una figlia che forse non ritornerà mai più; quando leggiamo “Por la mañanita Fifita nos llama” proviamo un senso di solidarietà verso i personaggi perché quel ciclone ha distrutto interi villaggi; ci sentiamo piccoli di fronte alla pover- tà in cui vive la protagonista di “De tripas corazón” che si vede costretta a prostituirsi pur di far mangiare la madre; proviamo rabbia mentre leggiamo il racconto “No somos nada” e ci rendiamo conto davvero del significato di queste parole: non siamo niente di fronte allo scorrere della vita, non siamo niente di fronte al tempo, non siamo niente di fronte alla morte. Sono cose più grandi di noi, nonostante proviamo a sconfiggerle con tutte le nostre for- ze.

Alla fine della lettura viene spontaneo chiedersi: quante volte abbiamo pro- vato almeno uno di questi sentimenti nel corso della nostra esistenza? Que- sti racconti sono davvero così lontani dalla realtà in cui viviamo?

La scrittura di Mirta Yáñez è veritiera, reale. Non scrive storie per divertire, per voler dare degli insegnamenti, per creare un diversivo nella giornata del lettore, Mirta Yáñez scrive per mostrare la realtà nuda e cruda, nelle sue bel- le e brutte giornate, dando, a volte, alla narrazione, un tocco di fantasia.

Luoghi

Se qualcuno avesse qualche dubbio circa l’amore della scrittrice per Cuba, leggendo i suoi racconti si renderebbe conto che nel suo mondo la città del- l’Avana, i suoi colori, le sue strade, il suo popolo sono sempre presenti. In ogni storia la scrittrice ci mette sotto il naso piccole realtà della sua amata terra che l’hanno da sempre stregata trasmettendoci la sua passione e fa- cendoci venire voglia di visitare quei luoghi affascinanti.

In “El búfalo ciego” nonostante il racconto si svolga in un luogo inventa- to, la scrittrice non perde occasione di nominare la terza città più grande di

Cuba: Camagüey dove la protagonista si reca per un convegno o il quartiere di Miramar che si trova all’Avana. In “Por la mañanita Fifita nos llama” ci por- ta a Cueto, un comune nella provincia di Holguín nel periodo in cui Cuba venne colpita dal Ciclone Flora, dandoci anche un suggerimento temporale importante. Anche in “Nadie llama de la selva”, nonostante inizialmente il racconto si basi sulla descrizione di un cane, la scrittrice localizza la narra- zione all’Avana, nel quartiere del Vedado. Nel racconto “Para contar una hi- storia de Navidad” ci troviamo addirittura all’interno dell’Università dell’Ava- na, dalla quale si scorge l’incrocio de las avenidas Zapata y G.

E si continua così, scorgendo un pizzico dell’isola in ogni storia per poi arri- vare ad uno dei racconti più dettagliati del libro, “Kid Bururú e i cannibali” in cui la scrittrice si sofferma a fare una lunga descrizione dell’Avana. La prota- gonista infatti decide di salire sulla guagua diecinueve e di lasciarsi cullare lungo il tragitto che l’autobus percorre solitamente, illustrandoci ciò che vede. Inizia con la Ciudad Deportiva e la Fuente Luminosa soprannominata in seguito il Bidel de Paulina prosegue verso l’Hospital Clínico Quirúrgico, si ferma al Zoológico per poi ripartire verso l’Università e proseguire nel suo lungo tragitto che arriverà fino alla avenida del Puerto in riva al mare. La pro- tagonista nomina le strade come: calle Zapata, avenida Veintiséis, calle Rei- na y Lealtad, calle Galiano e i quartieri che attraversa come quello del Veda- do e Casablanca.

La Yáñez, descrivendo in modo minuzioso le vie, le piazze, i luoghi della sua città che conosce meglio, riesce a trasportare il lettore nel suo mondo, tra- smettendogli le sensazioni provate dalla protagonista e provocando nel letto- re la voglia di conoscere quei luoghi così ben tratteggiati.

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