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5. DISCUSSIONE

5.2 Analisi in immunofluorescenza del danno genomico

Lo studio dei foci γH2AX, mediante tecniche di immunofluorescenza, è stato condotto con l’intento di identificare il danno genomico spontaneo, in termini di DSB, come evento finale e potenzialmente più pericoloso di un processo innescato dallo stress ossidativo che ricordiamo, è una condizione caratteristica del periodo perinatale. L’utilizzo del marcatore H2AX nella sua forma fosforilata, consente di identificare eventuali danni al DNA, basandosi sul fatto che il rapporto tra il numero di foci e quello dei DSB è di 1:1. Identificare il livello di danno alla doppia elica in neonati consente di poter fare delle considerazioni sul loro stato ossidativo generale che potrebbe essere la causa di complicanze future e dell’insorgenza di patologie tipiche dell’età adulta. Lo stress ossidativo riscontrato nei soggetti da noi analizzati sembra comportare un danno non solo alla componente della membrana ma anche al materiale genetico, facendo ipotizzare una progressione altamente avanzata di tali specie nell’organismo. I dati ottenuti, espressi sotto forma di tre parametri diversi, riconfermano quanto precedentemente osservato nell’analisi del danno ossidativo alle membrane ossia la presenza di maggiori danni al DNA nei linfociti circolanti del soggetto LGA rispetto agli altri gruppi AGA e SGA (dal cui confronto reciproco invece non sono emerse differenze significative). Allo stesso modo si può osservare un aumento globale del danno nel passaggio da un ambiente intrauterino a un ambiente extrauterino attraverso il confronto tra le analisi dei soggetti campionati alla nascita e i soggetti campionati un mese dopo la nascita. L’ ambiente ex utero del neonato con complicanze differisce profondamente dall’ambiente in utero e dall’esperienza post-natale del neonato maturo. Infatti l’esposizione dei neonati pretermine a livelli elevati di ossigeno può portare potenzialmente all’incremento di specie reattive e indurre il danno al DNA I risultati ottenuti indicano inoltre che tutti e tre i parametri utilizzati sono in grado di rilevare la presenza di DSB nel genoma, a conferma di quanto già evidenziato da altri studi su soggetti in età pediatrica affetti da obesità e diabete [151, 152]. In particolare, il numero medio di foci che si possono trovare nella popolazione cellulare totale suggerisce che lo stress ossidativo ha prodotto conseguenze sul materiale genetico consentendo quindi di identificare il grado di avanzamento del danno al DNA. In particolare per i neonati SGA, si evidenzia una differenza significativa tra primo e secondo campionamento nel numero totale di foci accesi. Questo parametro pertanto fornisce informazioni sul livello di danno genomico della popolazione cellulare generale, e attraverso il numero di DSB endogeni rilevati indaga il ruolo dei ROS nel produrre tali lesioni. Il danno sembra essere aggravato per la ridotta efficienza dei sistemi antiossidanti nel neonato, in particolar modo se ha subito dei ritardi di crescita, come nel caso appunto dei neonati SGA. In particolare per questo parametro i neonati SGA a termine hanno mostrato nel nostro lavoro una maggiore suscettibilità al danno al DNA rispetto ai nati SGA pretermine. (regioni particolarmente suscettibili sono ad esempio le sequenze telomeriche G-rich). Cicli di sonno e

nutrizione alterata propri dei neonati che hanno subito complicanze durante la gravidanza possono indurre incrementati livelli di stress, condizioni che negli adulti sono associate con la diminuizione della lunghezza dei telomeri. [134] Uno studio del 2016[137] indaga come questi e altri fattori possono modulare la lunghezza telomerica nei neonati pretermine che hanno un fenotipo con caratteri che ricordano l’invecchiamento precoce. A sostegno di questa ipotesi quando i telomeri si accorciano oltre una lunghezza critica, viene avviata la risposta al danno al DNA, promuovendo l’apoptosi o la senescenza. È noto da molto tempo che l’accumulo di cellule senescenti all’interno di una popolazione cellulare porta alla perdita della funzione del tessuto e all’invecchiamento dell’organismo. Ci sono evidenze che supportano una correlazione tra telomeri più corti e stati patologici tipici dell’adulto (come un’alterata distribuzione del tessuto adiposo, l’ipertensione, e la resistenza all’insulina) molti dei quali caratterizzano e differenziano il neonato pretermine dal neonato maturo. Così come i caratteri patologici descritti possono essere associati con l’invecchiamento precoce e fenomeni di senescenza cellulare, il fenotipo osservato nel neonato pretermine può essere indicativo di un invecchiamento precoce. Uno studio di Londero et al del 2015 [142] valuta l’espressione di marcatori correlati con la senescenza cellulare e il danno al DNA. In questo studio in neonati SGA e IUGR di più di 34 settimane di gestazione (quindi vicini a una gravidanza a termine) hanno osservato un’aumenta nell’ espressione di p21 rispetto a controlli e individui affetti da pre eclampsia, così come incrementati livelli di p53 in soggetti IUGR. Il danno da stress ossidativo è un noto promotore di senescenza cellulare e il consequente danno al DNA attiva i pathwaγ di p53 e P21 che inducono l’arresto del ciclo cellulare. In aggiunta a questo è noto come lo stress ossidativo induca APE1 per la riparazione del danno al DNA attraverso il pathwaγ BER. APE1 stesso favorisce come co- attivatore la trascrizione di fattori come IL-6 e IL-8 che sono parte dei SASP. Un altro studio fa un confronto tra placente ottenute da gravidanze normali di 39 settimane e placente da gravidanze con IUGR di 37 settimane (Heazell et al. 2011). [149] Per questo studio è stata osservato l’incrementata espressione di p21 rispetto ai controlli, come lo studio precedente ha recentemente rilevato per neonati IUGR e SGA di 34 settimane. In un altro studio è stato generato un topo che mostrava una delezione condizionale per la p53 uterina. Sono stati valutati gli esiti di gravidanza per le femmine con lo stesso genotipo. A seguito dell’impianto embrionale, le cellule della decidua mostrarono differenziazione terminale e senescenza associata a restrizione di crescita con incrementati livelli di Akt e p21. [138]

È noto in letteratura come la fosforilazione di H2AX che abbiamo utilizzato nel nostro studio come marcatore della presenza di DSB sia coinvolta nel pathwaγ di p53 e p21 [150] attraverso l’arresto del ciclo cellulare. In assenza della fosforilazione di H2AX le cellule divergono da questo pathwaγ e sono indotte a processi apoptotici per la mancata mitosi dovuta alla degradazione di p21. p21 è un inibitore conosciuto dell’apoptosi e la sua degradazione può determinare morte cellulare. In più è coinvolto nell’inibizione della caspasi-3 che è un componente cruciale nel processo apoptotico di morte cellulare. Sulla base delle interazioni

conosciute tra p21 e PCNA la fosforilazione di H2AX interferisce con il legame di PCNA alla cromatina determinante nella formazione di un legame stabile tra PCNA e p21 e previene così la sua ubiquinazione e degradazione.

La fosforilazione di H2AX utilizzata in questo studio come marcatore dei danni subiti al DNA per lo stress acquisito durante e dopo la gravidanza può essere valutato anche sotto una luce diversa:[134] sulla base di studi che associano i neonati pretermine o con ritardi di crescita con profili caratteristici di un invecchiamento prematuro, la mancata fosforilazione di H2AX potrebbe rivelarsi predittiva per pathwaγ correlati con fenomeni di senescenza cellulare e apoptosi propri dei neonati di gravidanze a rischio di ritardo di crescita e prematurità. Si può ipotizzare che i livelli di danno rilevati nella nostra analisi per i diversi gruppi e in particolare per i neonati SGA a termine siano di fatto indicativi di uno stress a cui i neonati vanno incontro durante la gestazione, il parto e il passaggio all’esterno del grembo materno. I risultati ottenuti così rendono conto di un danno al DNA che può essere riparabile attraverso l’arresto del ciclo cellulare, la fosforilazione di H2AX e l’attivazione dei processi di riparazione e che quindi non sempre determinerà conseguenze negative per il neonato. I risultati poco eclatanti nelle differenze ottenute per situazioni più gravi di prematurità e ritardo di crescita in risposta a un ambiente uterino sfavorevole potrebbero in realtà celare l’attivazione di pathwaγ coinvolgenti fenomeni apoptotici e di senescenza cellulare e quindi con conseguenze a lungo termine nel neonato. Anche per le analisi di danno al DNA il neonato LGA costituisce un caso a sé stante, con notevoli differenze nel numero di cellule presentanti foci γH2AX per tutti e tre i parametri analizzati. L’ipotesi più immediata riguarda il livello di stress ossidativo recepito dal neonato nell’utero materno, talmente alto da essere in grado di indurre un numero molto elevato di DSB e quindi di cellule γH2AX positive. Riguardo l’influenza del danno al DNA su bambini nati da madri con diabete e diabete gestazionale le fonti trovate in letteratura arrivano a conclusioni tra loro discordanti. Lo studio del 2012 di Lima [133] mostra livelli elevati di danno ossidativo al DNA in ratti con gravidanze in cui il diabete era stato indotto da streptozotocina, quando la glicemia superava ≥ 300mg/dL. Studi successivi invece mostrano risultati opposti in quanto l’ambiente uterino risultava protettivo nei confronti del danno al DNA e che i livelli aumentati di danno sia nucleare che mitocondriale rilevati per le mdri non erano trasmessi ai neonati per i quali non sono stati evidenziati danni significativi. [131] La riparazione del danno al DNA può essere considerata un meccanismo importante per prevenire gli effetti deleteri dello stress ossidativo aggravato dal diabete gestazionale anche se devono essere fatte valutazioni ulteriori relativamente all’influenza dei diversi induttori di danno al materiale genetico in modo da ideare misure protettive e preventive.

CONCLUSIONI

In questo lavoro è stata evidenziato come lo stress ossidativo caratterizza la condizione neonatale sia per neonati normali e a termine che per neonati pretermine o che hanno subito complicanze durante la gestazione. Lo stress ossidativo è stato valutato sia attraverso la valutazione dello stato di ossidazione della membrana plasmatica per interazione diretta con le specie ossidanti sia a livello di danno al materiale genetico per la formazione dei foci γH2AX, espressione della presenza di DSB.È stato osservato un generale incremento nei livelli di danno dei parametri scelti per la valutazione dello stress ossidativo nel passaggio da un ambiente intrauterino a un ambiente extrauterino, aumento che sembrerebbe esacerbato dalla bassa efficienza dei sistemi antiossidanti alla nascita, specialmente per i neonati che hanno subito alterazioni nello sviluppo fetale. Contrariamente alle aspettative non si sono evidenziate differenze significative nei livelli dei marcatori per il danno ossidativo alla membrana e il numero dei foci γH2AX tra neonati AGA e SGA. Una possibile ipotesi per i risultati ottenuti potrebbe essere è che gli eventi che si susseguono nel decorso di una gravidanza normale comportino un danno ossidativo basale, che nel nostro studio è stato osservato come percentuale di cellule ossidate sia per i neonati normali che con alterazioni nello sviluppo. La presenza di un livello basale di danno nel gruppo di neonati AGA e nei neonati a termine rendono meno evidenti le differenze rilevate per il marcatore da noi prescelto in neonati che hanno subito alterazioni nello sviluppo come i neonati SGA e neonati prematuri, per i quali si rileva comunque un leggero aumento nella percentale di cellule ossidate. A maggiore sostegno di questa teoria i risultati da noi ottenuti per neonati a termine rendono conto di un danno al DNA comunque riparabile, come appunto evidenziato dal corretto coinvolgimento della fosforilazione di H2AX. I risultati meno evidenti ottenuti nella nostra analisi per i neonati prematuri e con ritardo di crescita potrebbero essere, invece, indicativi dell’attivazione di pathwaγ coinvolgenti fenomeni apoptotici e di senescenza cellulare. I risultati ottenuti dall’unico neonato LGA costitiscono un caso a sé stante in quanto si differenziano in modo marcato dagli altri gruppi analizzati nei livelli estremamente elevati di danno genomico e ossidativo. Nel mancato raggiungimento di un livello di significatività adeguato per le diverse analisi di questo studio, sicuramente

hanno contribuito anche la scarsa numerosità delle diverse popolazioni campionate, oltre che un evidente squilibrio nel numero di soggetti campionati per ciascuna classe. Un altro problema rilevante è stato sicuramente l’utilizzo per le nostre valutazioni di due gruppi costituiti da individui diversi per l’impossibilità di reclutare gli stessi soggetti alla nascita e un mese dopo la nascita. Questo studio pertanto si pone come studio pilota per analisi successive, in cui ci si propone di ampliare le classi di neonati da noi analizzate in particolar modo per il campione LGA di cui stiamo aspettando un prelievo per confermare i risultati ottenuti alla nascita. Poichè i pazienti pretermine, SGA e LGA hanno un deficit aggravato di difese antiossidanti numerosi studi si focalizzano sulla possibilita di testare alcune cure rappresentate da un surplus di difese antiossidanti e molecole scavenger somministrate durante la gravidanza, allo scopo di ottenere una maggiore protezione nei confronti delle specie ossidanti e difendere l’organismo dall’attacco dei ROS. Attraverso tale approccio potrebbe essere possibile rimuovere e o ritardare le complicanze successive.

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