5. DISCUSSIONE
5.1 Studio del danno ossidativo a livello di membrana plasmatica
L’analisi dell’ossidazione dei lipidi di membrana mediante la sonda C11-BODIPY581/591 ha lo
scopo di individuare non solo una possibile relazione tra i livelli di danno ossidativo precoce avvenuto nel grembo materno durante lo sviluppo embrionale e fetale per le diverse età gestazionali, ma anche una diversa modalità di risposta al danno da parte dei neonati AGA rispetto a neonati che hanno subito alterazioni nello sviluppo. Il marcatore è stato validato in studi precedenti nel nostro laboratorio in modo da evidenziare variazioni spontanee del marcatore rispetto a trattamenti indotti da danni ossidativi: anche se le modalità di coltura potevano in qualche modo influire nella determinazione del danno ossidativo si è visto che con trattamenti con perossido di idrogeno la variazione rispetto al danno basale era elevata ed in funzione del
tempo e della dose del trattamento [151, 152]. Si è scelto di valutare, come marker dello stress
ossidativo, il fenomeno dell’ossidazione lipidica, poiché le membrane cellulari costituiscono il primo target delle specie reattive dell’ossigeno che attivano una concatenazione di eventi destinati a danneggiare varie biomolecole. Valutare il grado di ossidazione lipidica di cellule del circolo periferico quali i linfociti T significa verificare il danno iniziale che lo stress ossidativo causa, avendo così la possibilità di avere un’instantanea sulla condizione ossidativa precoce che potrà essere predittiva per il potenziale sviluppo di patologie metaboliche e alterazioni nell’accrescimento. Sebbene il dato vada preso con le dovute cautele, il risultato più interessante ottenuto riguarda il livello di stress ossidativo, espresso in termini di ossidazione della membrana, decisamente più elevato nel caso del neonato LGA rispetto ai neonati delle altre classi gestazionali AGA e SGA. Globalmente si sono osservate differenze sostanziali nel passaggio dall’ambiente intrauterino proprio del grembo materno, all’ambiente extrauterino postnatale, per il quale si è osservato un generale aumento dei livelli di ossidazione per gli individui campionati un mese dopo la nascita rispetto a quelli campionati alla nascita per tutti i
gruppi analizzati. La vita umana in utero è esposta a un ambiente che è relativamente ipossico in
confronto a quello ex utero. Ad ogni modo la reperibilità dell’ossigeno è resa possibile da un meccanismo adattativo a cui segue una crescita straordinaria e uno sviluppo che eccede qualsiasi altro momento della vita dell’individuo. Le condizioni materne durante la gravidanza possono causare ipossia fetale, tant’è che la cronicizzazione dello stato di ipossia può essere la conseguenza di alterazioni metaboliche e vascolari e causare pre eclampsia, obesità o diabete.
Feti ipossici sono a più alto rischio di sviluppare stress ossidativo e nitrosativo che può essere determinante per lo sviluppo in utero e postnatale. Sin dai momenti più precoci della gestazione il corpo assume uno stato di stress ossidativo ma anche il parto costituisce un evento fortemente stressogeno per il neonato. Lo stress ossidativo è importante per lo svolgimento delle normali funzioni fisiologiche e per lo sviluppo placentare, tuttavia situazioni che sono il risultato di alterazioni nei processi di sviluppo vanno incontro a un maggior stress ossidativo rispetto alle gravidanze normali. Normalmente dalla dodicesima settimana di gestazione si stabilisce la circolazione materna a livello placentare e questo evento è accompagnato da un aumento immediato nella tensione di ossigeno, incrementando i ROS e quindi lo stress ossidativo che a concentrazioni fisiologiche stimola la proliferazione cellulare e l’espressione genica. L’acclimatazione placentale all’incrementata pressione di ossigeno alla fine del 3° semestre promuove l’espressione delle proteine antiossidanti per proteggere i tessuti fetali contro gli effetti deleteri delle specie reattive di per sé dannose ma fondamentali nello sviluppo fetale e placentale. Al secondo semestre i livelli di stress ossidativo incrementano ulteriormente fino al parto per l’induzione di regolatori dell’infiammazione e dell’angiogenesi culminando in un aumento dell’apoptosi e della senescenza cellulare a livello placentare [126].
Molti di questi cambiamenti si intensificano per la durata del parto comportando un forte stress ossidativo sia per la madre che per il feto, evidenza dimostrata in uno studio che ha rilevato durante il travaglio un’aumento dei livelli dei perossidi plasmatici e degli idroperossidi a livello delle membrane degli eritrociti, noti marcatori di stress ossidativo. Lo stress ossidativo di origine materna viene infatti risentito anche dal feto attraverso il cordone ombelicale. Durante il parto si ha l’overespressione di citochine e interleuchine materne che concorrono a alimentare il processo infiammatorio risentito dal feto che contemporaneamente subisce un abbassamento delle sue difese antiossidanti [127]. Nell’eziologia di un neonato SGA le cause più frequenti sono materno- placentari e spesso sono dovute a un ridotto apporto di nutrienti e di ossigeno per la presenza di gestosi, insufficienza placentare oppure di un’inadeguata nutrizione materna, caratteristiche queste di un ambiente uterino avverso e dannoso per il feto.Secondo l’ipotesi nota come “Thriftγ phenotγpe” o ipotesi del fenotipo risparmiatore un ambiente intrauterino avverso, di cui una delle cause concorrenti può essere appunto la malnutrizione, sarebbe il fattore scatenante per innescare una serie di meccanismi di adattamento indispensabili per la sopravvivenza del neonato a breve termine ma che comportano allo stesso tempo delle modificazioni permanenti del metabolismo energetico responsabili di alterazioni a breve e a lungo termine (tra cui lo sviluppo di insulino resistenza ed alterazioni multiorgano. Tra le conseguenze più immediate le più importanti riguardano lo scarso accrescimento staturo-ponderale presente sia a livello intrauterino sia post nascita e l’accelerazione tramite attivazione anticipata di processi fisiologici. Si assiste infatti all’ accelerazione della maturazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e alla ricerca di un tempo gestazionale rapido al fine di ridurre la permanenza in un ambiente stressante e non ottimale per l’accrescimento.)[37] Viene perciò da pensare che la permanenza del neonato in un
ambiente uterino avverso lo porta comunque a accumulare un danno ossidativo pari se non maggiore a quello acquisito da un neonato di pari età gestazionale che risiede in un ambiente uterino favorevole . A sostegno di questa teoria, sebbene in modo non significativo, nel nostro studio si osserva un generale aumento della percentuale di danno ossidativo nei neonati pre- termine rispetto a neonati a termine. Inoltre, dal momento che tra neonati AGA e SGA non sono state riportate differenze significative nei livelli di danno, è possibile che gli eventi precedentemente descritti per il decorso di una gravidanza normale comportino un danno ossidativo “fisiologico”, che nel nostro studio è stato osservato come percentuale di cellule ossidate sul totale di cellule analizzate sia per i neonati normali che con alterazioni nello sviluppo. La presenza di un livello basale di danno nel gruppo di neonati AGA e nei neonati a termine rendono meno evidenti le differenze rilevate per il marcatore da noi prescelto in neonati che hanno subito alterazioni nello sviluppo come i neonati SGA e neonati prematuri, per i quali si
rileva comunque un leggero aumento nella percentale di cellule ossidate.Tutti i neonati subiscono
un forte stress ossidativo alla nascita per il passaggio da un ambiente intrauterino (PO2 100 mm Hg) a un ambiente extrauterino (20–25 mm Hg) questo incremento è esacerbato dalla bassa
efficienza di sistemi antiossidanti nel neonato, specialmente per il neonato pretermine. In accordo
a ciò i risultati da noi ottenuti mostrano un incremento significativo del danno ossidativo nel passaggio da un ambiente intrauterino a un ambiente extrauterino per tutte le classi di neonati analizzate. Uno studio recente [128] sottolinea come nella prima settimana di vita i bambini pre termine accusano livelli di stress ossidativo maggiori dei neonati a termine per una serie di fattori concorrenti: la concentrazione di ossigeno post natale, che è più alta dell’ambiente intrauterino, la concentrazione molto bassa delle proteine leganti il ferro nel sangue, l’uso terapeutico dell’ossigeno, l’attivazione dei linfociti polimorfonucleati associati con il parto. È interessante inoltre osservare che in molte gravidanze a rischio durante il parto viene supplementato ossigeno alla madre come ad esempio durante il taglio cesareo sotto anestesia locale. I neonati prematuri richiedono una compensazione di almeno il 21% di ossigeno in più rispetto a quello presente normalmente nell’aria. Questo trasferimento di ossigeno sebbene mitighi le possibilità di deossigenazione del cervello materno e di sviluppare ipossia fetale al feto di contro causa un simultaneo incremento nei prodotti di perossidazione lipidica come gli isoprostani che aumentano sia nella madre che nel feto [141]. Ad aggravare ulteriormente il quadro di stress ossidativo contribuiscono le ridotte difese antiossidanti presenti nel periodo fetale e perinatale. Infatti l’espressione di enzimi antiossidanti come superossido dismutasi, catalasi, glutatione perossidasi cambia in modo molto dinamico durante le ultime settimane di gestazione, preparando il feto alla respirazione polmonare. Allo stesso modo la disponibilità di antiossidanti non enzimatici come il glutatione ridotto, la tioredossina, l’emossigenasi, la vitamina C e il beta carotene è limitata fino alla fine della gestazione.[130] La crescita normale del feto è tuttavia anche il risultato di un’interazione complessa con la madre e la placenta in cui lo stato nutrizionale della madre ha un ruolo importante nello sviluppo di un ritardo di crescita intrauterino: la malnutrizione materna
coivolge infatti deficienze non solo nei macronutrienti quali grassi proteine e carboidrati ma anche in concentrazioni subfisiologiche dei micronutrienti da cui dipendono molte difese antiossidanti. [131]
Il paziente LGA campionato nel nostro studio costituisce un caso interessante in quanto la madre del neonato risultava affetta da diabete gestazionale trattato. Da molto tempo è noto che il diabete materno e il diabete gestazionale sono alcune delle cause più comuni per i neonati LGA. Una crescita fetale aberrante può avvenire in donne con GDM nonostante la glicemia venga tenuta sotto controllo come nel nostro caso: questo suggerisce che altri fattori possano modulare la
crescita e l’adiposità fetale oltre all’ iperglicemia [143].Sia l’iperinsulinemia che l’iperglicemia
rappresentano infatti un importante elemento di stimolo della crescita fetale e ne influenzano negativamente lo sviluppo con risultante macrosomia e ipossia. Il neonato si presenta così macrosomico, con organomegalia caratterizzata da cellule più grandi e numerose rispetto a quelle di neonati normopeso. Il diabete durante la gravidanza causa un incremento glicemico nel sangue materno che viene passato al bambino. In risposta il corpo del neonato produce insulina e questo può comportare un’incremetata crescita fetale [144]. The Hγperglγcemia and Adverse Pregnancγ Outcome Studγ (HAPO) mostra una relazione lineare tra incremento del glucosio materno e peso alla nascita. In un altro studio sono state effettuate misure ecografiche della composizione del corpo fetale: i livelli di glucosio materno influenzano non solo l’adiposità fetale e il peso alla nascita ma anche la distribuzione dell’adiposità fetale basata sulla misura ecografica dei tessuti molli in epoca antenatale. Il danno misurato dalle nostre analisi per questo campione si discosta in modo particolarmente evidente dagli altri casi analizzati, con quasi il 36,1% di cellule ossidate sul totale di cellule analizzate. Non sappiamo se il danno ossidativo da noi osservato per il paziente sia dovuto principalmente ad una condizione di iperglicemia materna conseguente al diabete gestazionale (anche ci è stato indicato come trattato). Curiosamente il metabolismo fetale viene alterato dallo stress ossidativo anche in gravidanze diabetiche euglicemiche, quindi l’iperglicemia è solamente uno dei fattori che possono concorrere a aggravare una condizione di stress ossidativo. Livelli di glucosio elevati sono accompagnati da forte stress ossidativo anche per l’alterazione dell’attività di enzimi antiossidanti la cui efficienza è normalmente già ridotta alla nascita come precedentemente osservato. L’iperglicemia causa un overproduzione di prodotti finali di glicazione e attiva la biosintesi dell’esosamine. Questo comporta un quadro aggravato di stress ossidativo i cui contributi principali sono: la diminuizione della sintesi del NAD e la ricostituzione del GSH da parte della GSH riduttasi, l’attivazione della via dei polioli, della protein chinasi c, e delle ossidasi.In aggiunta i radicali liberi generati con lo stress ossidativo attaccano le componenti lipidiche della membrana producendo modificazioni del doppio strato della membrana cellulare che ne altera l’adattabilità alla circolazione capillare, promuovendo fenomeni di iper aggregabilità e riduzione dell’emivita degli eritrociti.[145] Tutti questi eventi sembrano rafforzare i risultati ottenuti nel nostro studio (sebbene in riferimento a un unico soggetto campionato solo alla nascita): il paziente LGA risulta essere maggiormente suscettibile
allo stress ossidativo rispetto alle altre età gestazionali analizzate AGA e SGA, come emerge dai confronti singoli con questi due gruppi che mostrano livelli di significatività elevati (p< 0,01). La forte differenza in termini di suscettibilità al danno ossidativo può dipendere sia dalle condizioni stressogene dell’ambiente intrauterino, aggravate dalle consequenze del diabete gestazionale sia a difese antiossidanti ulteriormente ridotte rispetto al normale. Infatti le molecole adibite alla rimozione delle specie reattive dell’ossigeno, in seguito a elevati livelli glicemici, subiscono il fenomeno della glicazione che comporta una perdita di funzionalità delle attività enzimatiche e dell’efficacia delle molecole scavenger. Attualmente l’attenzione si focalizza sulla possibilita di testare alcuni trattamenti rappresentati da un surplus di difese antiossidanti e molecole scavenger somministrate durante la gravidanza, allo scopo di ottenere una maggiore protezione nei confronti delle specie ossidanti. Attraverso tale approccio potrebbe essere possibile ritardare se non addirittura ridurre le complicanze successive e ottenere un effetto preventivo in madri maggiormente a rischio per neonati prematuri o IUGR [129]. Sfortunatamente recenti prove con supplementazione controllata di vitamina C ed E non hanno dato risultati soddisfacenti. Questo fallimento contrasta con gli effetti benefici osservati in vitro nella trasduzione di segnali placentali in risposta allo stress ossidativo [133]. La differenza negli esiti di questi studi può forse dipendere dalla capacità delle proteine di passare in concentrazioni adeguate nel compartimento trofoblastico in vivo. Un'altra teoria in merito può riguardare le modalità con cui i trials sono condotti: la sperimentazione avvia solo quando la gravidanza è accertata, tempo in cui ormai i processi alimentanti lo stress ossidativo si sono già stabiliti. Tra i trattamenti in prova la somministrazione di più vitamine nel periodo precedente al concepimento è stata associata a un rischio ridotto di pre-eclampsia in donne magre o di peso normale. Anche la somministrazione di melatonina ha dato risultati incoraggianti in neonati pretermine e animali modello attraverso la soppressione di pathwaγ di stress ossidativo e l’upregolazione di specie antiossidanti. [146] Ad ogni modo solo una minima parte dei dati è stata ottenuta da sperimentazioni in ambito clinico; sono previsti trials clinici più ampi al fine di rendere più chiaro il potenziale di queste strategie. Uteriori valutazioni sono state fatte in merito a una possibile correlazione tra i parametri antropometrici scelti per la determinazione dell’età gestazionale e il marcatore di danno ossidativo. Si può riscontrare un incremento positivo nella percentuale di cellule ossidate all’aumentare del peso (di cui il soggetto LGA costituisce una manifestazione eclatante con il 35% di cellule e ossidate e un peso di 4270 g). Per il parametro lunghezza soggetti di dimensioni maggiori sono associati a livelli di danno ossidativo inferiore. Il parametro lunghezza sembrerebbe quindi fornire una indicazione su una eventuale corretta progressione della gravidanza: lunghezze maggiori infatti corrispondono a tempi di gestazione più lunghi.