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Danno ossidativo e nucleare in linfociti periferici di neonati classificati in relazione all'eta' gestazionale

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Facoltà di Biologia

Laurea Magistrale in Biotecnologie Molecolari

“Danno ossidativo e nucleare in linfociti periferici di

neonati classificati in relazione all’età gestazionale”

Candidato: Valentina Colosimo Relatore: Prof. Roberto Scarpato

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Victor Frankenstien: Nobodγ likes scientists. Mr.Rzγkruski: Theγ like what science gives them, but not the questions, no. Not the questions that science asks. Victor Frankenstien: [pause] Actuallγ, I have a question. Mr. Rzγkruski: [chuckles] That is whγ γou are scientist

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Abstract

Negli ultimi anni sempre maggior interesse è stato riservato, a fronte della forte evidenza epidemiologica che collega il ritardo di crescita intrauterina con malattie metaboliche in età adulta, allo studio di bambini nati piccoli per età gestazionale SGA (Small for Gestational Age) e di bambini LGA (Large for Gestational Age) rispetto ai nati di peso adeguato AGA (Adequate for Gestational Age). I meccanismi alla base di questa associazione sono in gran parte sconosciuti ma l’esposizione a un ambiente uterino avverso induce a una riprogrammazione fetale con cambiamenti permanenti nei pathwaγ endocrini e metabolici, aumentando così il rischio di sviluppare in età adulta iposomia, malattie cardiovascolari e metaboliche quali ipertensione arteriosa, obesità, dislipidemie, insulino-resistenza, ridotta tolleranza glucidica, diabete di tipo II e disturbi dell’attenzione con rilevanti implicazioni sulla salute pubblica. Questo lavoro mira ad indagare specifici profili cellulari e molecolari in gruppi di bambini SGA LGA e AGA dei quali verrà valutato lo stato di integrità nucleare e cellulare utilizzando biomarcatori precoci di stress ossidativo (livelli di ossidazione della membrana cellulare) e di danno al DNA (fosforilazione dell’istone H2AX). È allestito uno studio su un campione di neonati a termine (< 34 settimane) e pretermine (≥ 34 settimane) classificati in base all’età gestazionale in SGA LGA AGA in cui sono valutate le differenze nell’espressione dei suddetti marcatori alla nascita e due mesi dopo la nascita. Tutti i soggetti sono reclutati presso l’unità di Neonatologia dell’Ospedale Universitario di Pisa. I prelievi di sangue sono effettuati dal cordone ombelicale al momento della nascita e dal sangue periferico al secondo prelievo. Gli eventi della fosforilazione dell’istone H2AX sulla Ser139 in risposta alla formazione di rotture a doppio filamento al DNA (DSB), permettono di valutare l’integrità del genoma. Questo meccanismo porta alla formazione di foci nucleari chiamati γ-H2AX che sono facilmente quantificabili in una popolazione cellulare. Lo stress ossidativo, che è legato a uno stato di infiammazione cronica, può predisporre a instabilità genomica attraverso la formazione di DSB. La determinazione del marcatore di danno al DNA (γ-H2AX) è effettuata in fluorescenza mediante osservazione microscopica. Il campione di sangue prelevato da ciascun soggetto è trattato come segue: vengono allestite colture cellulari (replicati) in terreno completo immediatamente processate secondo le procedure standard di recupero e fissazione per ottenere preparati di linfociti T non stimolati. Su questi viene eseguita la ricerca in immunofluorescenza dei foci γ-H2AX usando un anticorpo primario specifico, visualizzabile con anticorpo secondario coniugato a un fluorocromo. Per ogni soggetto la presenza di foci γ-H2AX viene valutata calcolando la percentuale media ottenuta in due replicati allestiti di nuclei contenenti spot fluorescenti sulla popolazione analizzata in 1000 cellule per coltura. Tale analisi prevede inoltre il calcolo del numero medio di foci per nucleo e la frequenza media di foci per cellula H2AX positiva. Il danno cellulare mediato da stress ossidativo viene valutato mediante analisi dello stato di

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ossidazione della membrana cellulare. In questo caso un piccolo volume di sangue viene messo in coltura a 37°C per 47,30 h in presenza di fitoemoagglutinina per stimolare i linfociti T alla divisione. Viene poi aggiunta la sonda ipidica fluorescente BODIPΓ, in grado di inserirsi nella membrana cellulare che, in condizioni fisiologiche (membrane plasmatiche non ossidate) conferisce una fluorescenza rossastra al citoplasma delle cellule recuperate e fissate, mentre membrane ossidate presenteranno uno shift della fluorescenza citoplasmatica verso il verde. La valutazione dello stato di ossidazione delle membrane e quindi il danno cellulare dei linfociti periferici verrà valutato in percentuale come valore medio del numero di cellule con fluorescenza verde citoplasmatica su un totale di 1000 cellule analizzate per replicato. La popolazione di neonati in studio consta di 46 soggetti suddivisi in 23 e 23 neonati campionati, rispettivamente, alla nascita e circa 2 mesi dopo la nascita. I dati preliminari fin qui analizzati, espressi a livello di ciascun gruppo come media ± l’errore standard della media, indicherebbero un significativo aumento del danno ossidativo e genomico negli individui LGA rispetto ai neonati AGA o SGA. Al tempo stesso si rileverebbe un incremento, sebbene non significativo, dello stato di ossidazione delle membrane cellulari quando i neonati abbandonano l’ambiente intrauterino. Un’altra interessante indicazione emersa sta nel fatto che i marcatori di danno cellulare e nucleare sembrano correlare (positivamente o negativamente) con i parametri quantitativi come peso, lunghezza, circonferenza cranica o z-score che i neonatologi utilizzano, insieme alla durata della gravidanza, per classificare i neonati dal punto di vista gestazionale.

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INDICE

Abstract ... 3

INDICE ... 5

1.INTRODUZIONE ... 6

1.1 Determinazione dell’età gestazionale ... 6

1.2 La crescita fetale e il suo monitoraggio ... 10

1.8 Lo stress ossidativo ... 18

1.9 Il Danno al DNA e l’integrità del genoma ... 25

1.9.1 L’istone H2AX e la formazione dei foci ΓH2AX ... 26

2. SCOPO DELLA TESI ... 32

3. MATERIALI E METODI ... 33

3.1 Popolazione in studio ... 33

3.2 Allestimento delle colture cellulari ... 34

3.3 Analisi in fluorescenza del danno ossidativo mediante uso della sonda C11-BODIPΓ581/591 ... 34

3.3.1 Trattamento e recupero delle cellule ... 34

3.3.2 Osservazione microscopica del danno ossidativo ... 36

3.4 Studio del marcatore di danno al DNA γH2AX in linfociti periferici ... 37

3.5 Analisi statistica ... 39

4.RISULTATI ... 41

4.1 Analisi del danno ossidativo a livello di membrana ... 41

4.2 Analisi in fluorescenza del danno genomico mediante conta dei foci γH2AX ... 50

5. DISCUSSIONE ... 65

5.1 Studio del danno ossidativo a livello di membrana plasmatica... 65

5.2 Analisi in immunofluorescenza del danno genomico ... 70

CONCLUSIONI ... 73

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1.INTRODUZIONE

1.1 Determinazione dell’età gestazionale

La crescita fetale è il risultato di interazioni complesse tra fattori materni, fetali, placentali. La classificazione finale della crescita neonatale dipende da come questo sviluppo è avvenuto. Poiché cambiamenti estesi nella fisiologia del nascituro accompagnano il processo stesso di nascita, a volte è necessario smascherare le condizioni che non sembrano determinare alcun problema durante la vita intrauterina. L’età gestazionale e i parametri di crescita aiutano a identificare il rischio di patologie neonatali [1]. L'età o epoca gestazionale è il calcolo in settimane e giorni dal primo giorno dell'ultima mestruazione di una donna in gravidanza.Si distingue dall'età o epoca concezionale, in cui il calcolo è fatto dal primo giorno successivo alla presunta data di concepimento e che quindi è mediamente posticipata di 14 giorni.[2] L’età gestazionale non è l’età del feto bensì la determinante primaria della maturità d’organo ed è il parametro maggiormente utilizzato in ambito ginecologico e ostetrico per determinare la datazione della gravidanza stessa e la data presunta del parto.

Basandosi sul tempo di gestazione (settimane e\o giorni di gravidanza), ogni neonato è classificato come: [1]

• Verγ earlγ Preterm: <26 settimane di gestazione

 Preterm: da 26 a <34 settimane di gestazione Pretermine  Late Preterm: da 34 a < 37 settimane

 Earlγ term: da 37 settimane e 0/7 giorni fino a 38 settimane e 6/7 giorni

 Full term: da 39 settimane e 0/7 giorni fino a 40 settimane e 6/7 giorni Termine  Late term: da 41settimane e a 0/7 giorni fino a 41 e 6/7 giorni

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La World Health Organization (WHO) ha definito la nascita pretermine come la nascita prima delle 37 settimane di gestazione. Essa è una delle cause principali di morbidità e mortalità perinatale con un’incidenza tra il 5% e il 12%. Per convenzione, l’età gestazionale è riportata in termini di settimane complete (es: 36 settimane e 6 giorni di gestazione sono 36 settimane e non 37). Questa definizione permette la distinzione tra il neonato prematuro ed il neonato piccolo per l’età gestazionale. Normalmente nell’uomo tra la 34ª e la 37ª settimana maturano numerosi organi e sistemi e il feto raggiunge un’adeguata maturità alla fine di questo periodo [3] Anche se il tasso di mortalità per i neonati pretermine si è notevolmente ridimensionato nelle ultime tre o quattro decadi, l’immaturità nello sviluppo influenza la funzionalità di molti organi e apparati. I nati pretermine infatti risultano vulnerabili a molteplici complicanze che avranno un seguito per tutta la durata della vita dell’individuo e ne influenzeranno la crescita, lo sviluppo e la salute. Bambini nati molto precocemente hanno i valori più alti di mortalità e le conseguenze più gravi per tutte le possibili complicanze. Tra queste si ricordano la sindrome da distress respiratorio, danni cronici ai polmoni, patologie intestinali, compromissione del sistema immunitario, disordini cardiovascolari, problemi alla vista, difficoltà uditive e danni neurologici.[21] I polmoni in particolare sono uno degli organi maggiormente colpiti dalle conseguenze di una nascita pretermine poichè sono uno degli ultimi organi a svilupparsi nel grembo materno; proprio per questo molti bambini prematuri sopravvivono con l’ausilio di un respiratore per i primi giorni\settimane di vita. Bambini nati intorno alla 37ª settimana spesso non mostrano problemi se i loro polmoni hanno sviluppato adeguatamente il surfattante polmonare (un complesso tensioattivo fosfolipoproteico, secreto dalle cellule alveolari che previene l'atelettasia (il collasso del polmone) alla fine dell'espirazione) [5]. Eccetto che per le

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differenze nel timing, i parti a termine e i parti pretermine condividono un pathwaγ comune. Infatti, sebbene l’eziologia del parto pretermine rimanga da chiarire, il termine “sindrome” è stato utilizzato per la prima volta da Romero et al nel 2006 [6] per sottolineare le origini patologiche degli eventi culminati nel parto prematuro. Il parto induce cambiamenti nelle membrane chorioamniotiche che comportano una serie di risposte infiammatorie localizzate. Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) attivano NF-kB che stimola l’espressione di COX-2. .[9] COX-2 promuove il processo infiammatorio che stimola in sequenza la contrazione uterina, la dilatazione della cervice, e l’attivazione della decidua, eventi questi culminanti nel parto. Nelle gravidanze a rischio al contrario il parto è determinato dall’attivazione spontanea ma incontrollata di questi eventi altrimenti consequenti [6]. Il parto pretermine può avvenire spontaneamente o esser dovuto a fattori di origine materna o fetale. Modelli animali appropriati sono stati molti utili nella descrizione della gravidanza pretermine e delle sue conseguenze, in particolare nel caso di infezioni intrauterine[7]. La maggioranza dei parti pretermine può infatti avvenire per:

• l’attivazione endocrina precoce del feto

• l’overdistensione delle pareti uterine e quindi il distacco della placenta • sanguinamento deciduale

• ischemia placentale • rottura di vasi sanguigni

• infiammazioni\infezioni intrauterine.

Lo studio della combinazione di fattori genetici e infiammatori per le gravidanze a rischio è un’attiva area di ricerca. I fattori di rischio di origine materna per il parto pretermine sono molteplici anche di primaria importanza è sicuramente lo stato di salute della madre e l’andamento della gravidanza. Di conseguenza risultano deteminanti la storia familiare e la storia clinica della paziente in particolare l’aumento del peso corporeo prima\durante la gravidanza, se ha portato a termine gestazioni multiple e\o ha avuto un ridotto intervallo tra le diverse gravidanze; se ha seguito trattamenti contro l’infertilità. Altri fattori importanti sono relativi al comportamento e lo stato emotivo della madre durante la gravidanza. Nell’eziologia del parto pretermine sembra avere un peso rilevante la malnutrizione materna in particolare di un apportoridotto di micronutrienti essenziali quali ferro, folato e vitamina C, oltre al consumo di sostanze tossiche come alcol e tabacco durante la gestazione. Uno studio condotto da Khan et al (2010) ha riportato una marcata diminuzione dell'espressione

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della glutatione perossidasi (GPX) sia nelle donne con parto prematuro che in quelle con parto a termine, rispetto a donne non partorienti [10]. Questi dati suggeriscono che il parto sia esso pretermine che a termine, è associato con una riduzione indotta dai ROS delle difese antiossidanti e necessita l’azione delle GPX per limitare fenomeni di stress ossidativo. Mustafa et al (2010) hanno rilevato livelli plasmatici più alti di malondialdeide (MDA) un noto biomarcatore di ossidazione lipidica e l’8-idrossi-2’-deossiguanosina (8-OHdG) un biomarcatore di ossidazione del DNA e livelli significativamente più bassi di glutatione ridotto (GSH) in gravidanze premature rispetto a quelle a termine.[11]Le madri dei neonati pre termine subiscono l’ incremento dello specie reattive e la diminuizione delle difese antiossidanti, eventi questi che rendono madre e feto più suscettibili al danno ossidativo.[12] Per la madre infatti il prolungarsi dell’up-regolazione dei ROS da parte del processo infiammatorio potrebbe dare un danno tale da determinarne il parto prima del termine della gestazione. Normalmente la concentrazione di Superossido Dismutasi 2 manganese dipendente (Mn-SOD) aumenta in risposta all’infiammazione agendo come fattore protettivo nei confronti delle specie reattive dell’ossigeno e riducendo i livelli di NF-kB, activator protein-1 e delle MAPK [13]. Sono stati rilevati livelli di mRNA di Mn-SOD più elevati nella placenta di donne con parti pretermine rispetto a donne con parti a termine suggerendo quindi una maggiore estensione del danno infiammatorio e livelli più alti di specie reattive dell’ossigeno nelle gestanti pretermine.[13] In particolare, nell’amnios e nella decidua delle madri pretermine sono state rilevate concentrazioni elevate di citochine proinfiammatorie IL-1 beta, IL-6, IL-8 e un’indice TAS (Total Antioxidant Status) basso manifestando la presenza di specie ossidanti [14]. È stata registrata anche una ridotta attività di PON1[15]. Bassi livelli di selenio materno all’inizio della gravidanza sono inoltre stati associati a nascite pretermine. L’aumento delle specie reattive e una ridotta attività antiossidante possono quindi contribuire a creare un ambiente stressogeno per il feto e aumentare il rischio di nascita pretermine[16] Attualmente la somministrazione di antiossidanti alla madre durante la gravidanza potrebbe risultare preventiva nei confronti delle nascite pretermine la cui eziologia è riconducibile al prolungarsi dello stato infiammatorio. Uno studio condotto da Temma-Asano et al (2011) dimostra che l’ N Acetil L Cisteina (NAC) è efficace nella riduzione dei livelli delle specie reattive dell’ossigeno indotte da corionamniotite e quindi potrebbe essere protettivo anche nei confronti del parto pretermine [17].Non ha dato invece risultati soddisfacenti l’integrazione di vitamina C ed E in pazienti nullipare durante gli stadi precoci di gestazione, che non ha modificato il numero di gravidanze pretermine.[18] A causa dei risultati conflittuali di studi diversi, non è ancora

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chiaro se l’integrazione di antiossidanti nella madre possa svolgere un ruolo nella prevenzione del parto prematuro.[19-20]

1.2 La crescita fetale e il suo monitoraggio

Nel monitoraggio della crescita fetale si inserisce quale metodica fondamentale il rilevamento ecografico dei parametri biometrici che consentono sia un’accurata valutazione dell’epoca gestazionale che l’identificazione di anomalie della crescita intrauterina. La scelta del parametro biometrico per datare e valutare accuratamente una gravidanza dipende fondamentalmente dal momento in cui si esegue l’ecografia. La misurazione della lunghezza cranio caudale (CRL) è infatti il parametro migliore con cui determinare la gravidanza in epoca precoce. Il diametro biparietale (DBP) viene invece utilizzato nel II trimestre, mentre la circonferenza addominale (CA) è il parametro biometrico più specifico per valutare la crescita fetale soprattutto dall’ultimo trimestre. La misurazione della circonferenza cranica diviene una valida alternativa da associare al DBP. Nel tentativo di rendere più accurato e completo lo studio della crescita fetale, nel corso degli anni sono stati presi in considerazione altri parametri biometrici, definiti accessori, quali ad esempio la lunghezza della scapola, la circonferenza del braccio, la misurazione dello spessore tissutale del fianco e di quello sottoscapolare. Tutte le informazioni che derivano dai parametri biometrici (fondamentali e accessori) sono state affiancate negli ultimi anni ad approcci che permettono anche lo studio funzionale di alcuni “comportamenti” fetali strettamente correlati alla presenza di un’alterazione della crescita. Per meglio interpretare la biometria fetale, diviene indispensabile disporre di valori normali di riferimento rappresentati dalle curve di normalità. La letteratura propone numerosi normogrammi che descrivono il fisiologico andamento dei parametri biometrici fetali rilevati ecograficamente; la scelta e l’utilizzo di una determinatta curva deve tenere conto dei criteri seguiti per la costruzione della curva stessa relativamente all’obiettivo prefissato (es: datazione della gravidanza e\o accrescimento intrauterino). Nel periodo postnatale, l’età gestazionale può essere stimata da uno score relativamente alla maturazione fisica e del sistema nervoso. In pratica questi sistemi sono poco pratici per essere usati routinariamente.[22] I metodi di Parkin, Ballard, Dubowitz e Robinson sono tutte opzioni che possono essere utilizzate se l’età gestazionale definita a partire dall’ultima mestruazione non è compatibile con l’aspetto fisico e neurologico del neonato.[23] Una stima accurata dell’età gestazionale è essenziale per la

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diagnosi di dimensioni anormali alla nascita sulla cui base, infatti, i neonati vengono usualmente definiti come adequate, small o large for gestational age (AGA, SGA o LGA) [24]

L’importanza dei parametri di crescita del neonato è aumentata con l’avvento dell’ipotesi (ora conosciuta col nome di Developmental Origins of Health and Adult Disease, DOHAD) che stabilisce come le malattie tipiche dell’eta adulta siano “programmate” in utero qualora il feto subisca alterazioni nella crescita. Ogni feto ha il suo potenziale genetico e il suo ambiente intrauterino che influenza i pathwaγs di crescita fetale. [25] L’antropometria è la misura esterna del corpo umano ed è usata per valutare lo stato nutrizionale, la crescita e lo sviluppo. Le misure antropometriche sono il modo più semplice e facile per stimare le dimensioni e rilevare condizioni altrimenti avverse per i neonati. Quelle più comunemente usate sono peso alla nascita, lunghezza e circonferenza cranica, ma sono utilizzate anche la circonferenza del braccio, la circonfernza addominale e del torace. [22] Il peso alla nascita è il parametro più studiato che potrebbe descrivere la dimensione fetale, la crescita prenatale e le dimensioni di nascita. È usato come marker dell’ambiente intrauterino. Ciascuna misura antropometrica ha un’implicazione diversa; per esempio, la circonferenza della testa riflette le dimensioni e la crescita del cervello. Una ridotta circonferenza cranica indica un ridotto sviluppo del cervello ed è associato a comprimissione dello sviluppo cognitivo e basse performances intellettive. [26] E’stata dimostrata una forte associazione della lunghezza con lo sviluppo a 12 mesi, e appare in associazione con la pressione sanguigna.

• Peso alla nascita

Il peso alla nascita è il primo parametro che viene misurato immediatamente dopo il parto. Non tiene conto dell’età gestazionale, ma è una delle misure antropometriche più importanti e ampiamente utilizzate. Il peso è utilizzato per la definizione della crescita fetale e implica anche la maturità raggiunta alla nascita. Sulla base del peso alla nascita, i neonati sono categorizzati in 5 gruppi:

• Low birth weight (<2500 g) • Verγ low birth weight (<1500g)

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• High Birth weight (>4000g)

• Circonferenza Cranica

La circonferenza occipito frontale della testa è routinariamente misurata in molti paesi. Esso provvede una indicazione clinica della crescita della testa in utero, del volume del cervello e dello spazio del fluido cerebrospinale. Sebbene non ci sia una semplice relazione con la crescita del cervello, la deviazione dalla normale circonferenza della testa può suggerire una patologia intracranica e può essere correlata con l’intelligenza, crescita e sviluppo. È un facile e riproducibile modo per assestare la crescita fetale che può essere misurato con un semplice metro a nastro. Sulla base della circonferenza della testa, la sua dimensione possono essere classificate iin tre categorie:

• Microcefalica • Normale • Macrocefalica

La microcefalia descrive una circonferenza cranica compresa al di sotto del 10º percentile, più che 3 SD al di sotto della media o meno che il 5º percentile per età, sesso e età gestazionale. Esso può implicare sindromi dismorfiche, infezioni congenite, la semplice microcefalia, infezioni congenite o il ritardo di crescita intrauterino. La macrocefalia descrive circonferenza cranica al di sopra del 90° percentile, per età, sesso e età gestazionale. Può implicare idrocefalia o macrosomia. [27]

 Lunghezza

Il parametro lunghezza da una buona misura della crescita scheletrica. La misura della lunghezza è parte dell’esaminazione clinica del neonato in molti paesi ed è importante nel rilevare anomalie di crescita nello scheletro

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 Parametri di crescita composti alla nascita

Gli indici di crescita più comunemente usati per la misura dello stato nutrizionale e di crescita nei bambini sono peso per altezza, peso per età e altezza per età. Ad ogni modo questi indici non sono generalmente utilizzati per i neonati. Di questi il parametro di crescita più comune ad essere utilizzato è il Bodγ Mass Index (BMI)

 Body mass index

BMI (L’indice di Quetelet) è una misura antropometrica dello stato nutrizionale basata su un ideale peso per altezza. È stata descritta per la prima volta da Adolphe Quetelet, tra 1830 e 1850. BMI è definito come peso (in Kg) / altezza al quadrato (in m2). BMI è una misura convalidata di adiposità in adulti e propabilmente in bambini e adolescenti (5-20 anni) [28] ed è un marker di rischio cardiovascolare: pressione sanguigna, lipidi e insulina sierica, diabete e malattie cardiache e asma nei bambini. Sebbene Il BMI tenta di descrivere la grandezza, il BMI non tiene conto della percentuale di grasso, muscolo o osso. Bambini con pesi simili alla nascita possono avere altre dimensioni differenti –lunghezza, circonferenza della testa, bodγ mass index, peso ponderale, circonferanza addominale, durata gestazionale. Età gestazionale e peso sono i parametri maggiormente utilizzati insieme nella descrizione delle dimensioni alla nascita. Autori diversi hanno utilizzato cut-off in studi per descrivere la dimensione alla nascita. Sono riassunti nella Figura 2 sottostante

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I neonati AGA sono normali per l’età gestazionale. La maggior parte degli studi hanno utilizzato un cut-off tra il decimo e novantesimo percentile per l’età gestazionale. SGA è una definizione in funzione delle dimensioni alla nascita e dell’età gestazionale ma non una diagnosi di una condizione patologica [30]. Potrebbe infatti descrivere un neonato costituzionalmente piccolo così come un neonato con ritardo di crescita. Statisticamente, gli SGA includono il 10% di neonati con crescita normale se la definizione include come cut off il decimo percentile. Questo significa che i bambini possono essere classificati come SGA normali, SGA abnormali e SGA con ritardo di crescita. Questi bambini SGA normali sono bambini senza ritardo di crescita e senza anormalità fetali. Bambini SGA abnormali sono SGA con complicanze durante la crescita fetale che possono essere genetiche, strutturali o infettive.

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I bambini SGA che sono piccoli per disfunzioni placentari sono classificati come neonati con restrizioni di crescita. Dal momento che rappresentano l’estremità inferiore del range utilizzato per la classificazione, si pensa che neonati SGA “normali”, dal punto di vista dello sviluppo neurologico, non mostrino differenze con i neonati AGA [31]. Non c’è uniformità nell’ uso dei parametri e dei punti dei cut-off nei diversi studi infatti nel corso del tempo sono stati scelti punti di cut-off diversi per i parametri per la definizione dei neonati SGA (compresi parametri come peso alla nascita, lunghezza e circonferenza cranica) [32-30]. Questo comporta difficoltà maggiori nell’identificazione degli SGA e nel confronto tra diversi studi. La WHO ha raccomandato l’uso del decimo percentile per la classificazione degli SGA [33]. Si stima che del 3-5% dei bambini nati piccoli per l’età gestazionale, l’85-90% di questi bambini SGA presenterà la crescita di recupero staturo ponderale (catch up

growth: parametro caratteristico della crescita umana dove i bambini ritornano alla

traiettoria generica dopo un periodo di arresto o ritardo conoscitivo) entro il terzo anno di vita consentendo quindi un regolare accrescimento sia in altezza sia in peso durnte l’infanzia e l’adolescenza. Il 10-15% della popolazione presenterà invece un quadro di iposomia. Il meccanismo fisiopatologico delle differenze di crescita e della mancanza di catch growth up deve ancora essere chiarito. Ci sono diverse ipotesi in merito di cui la più accreditata vedrebbe coinvolto l’asse GH somatomedina con un variabile grado di resistenza periferica all’insulina. (parziale insensitività al GH, bassi livelli di IGF-1 resistenza periferica o post recettoriale ai fattori insulino indipendenti e parziale resistenza alle IGF-1) [35]. Oltre ai problemi staturali il bambino SGA può presentare a breve e a lungo termine alterazioni endocrino-metaboliche. Possono essere infatti presenti obesità, insulino resistenza, intolleranza glucidica, diabete non insulino-dipendente, pubertà anticipata; progressione della maturazione ossea, displipedemie, ipertensione arteriosa, patologie cardiovascolari, (infarti, trombosi, emorragie), sindrome metabolica. Il rischio di sviluppare la Sindrome X sembra essere particolarmente elevato in quei soggetti con basso peso alla nascita che presentano in età adolescenziale e adulta condizioni di sovrappeso- obesità. [36] Sulla base di questi studi si è ipotizzata l’origine fetale di alcune malattie dell’adulto; ipotesi che sembra avere trovato conferma anche in studi sperimentali su modelli animali che hanno mostrato come un ridotto apporto di nutrienti durante la gravidanza determini, oltre a uno scarso accrescimento intrauterino anche una serie di complicanze metaboliche ed endocrine a lungo termine. I meccanismi fisiopatologici di quest’associazione tra vita fetale e malattie nell’adulto non sono noti anche se indubbiamente un ambiente intrauterino ostile condiziona un processo normale di sviluppo fisiologico [37].

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Il ritardo di crescita intrauterino è un processo dinamico complesso per l’interazione di fattori materni, dell’utero, placentali e fetali. Ogni feto ha il proprio potenziale di crescita che è sia determinato geneticamente che influenzato da fattori ambientali come l’altezza della madre e il suo stato nutrizionale. Si dice un neonato che ha subito ritardo nella crescita se fallisce nel raggiungere o seguire la curva di crescita per una determinata età gestazionale. Questo può essere dovuto all’influenza di uno o più fattori, ma le meccaniche di questo evento sono ancora da chiarire. Dal momento che la crescita è un evento dinamico, sono richieste due osservazioni per la determinazione delle dimensioni fetali e per definire l’andamento della crescita e la diagnosi di IUGR. È raccomandato per una corretta diagnosi di IUGR di stabilire le dimensioni del feto nell’intervallo compreso tra la quarta e la sesta settimana [50]. Il rilevamento neonatale di una crescita fetale anormale è importante perché è stato correlato con morbidità e mortalità. In passato le definizioni, small-for-gestational-age e IUGR sono state utilizzate come sinonimi in modo scorretto in quanto non sono identiche [51]. Small-for-gestational-age è semplicemente la descrizione della dimensione di un neonato a una precisa età gestazionale che può essere piccolo sulla base dell’etnia, del peso e dell’altezza materni, ma non che necessariamente abbia avuto un ritardo di crescita. Questa distinzione permette di evitare interventi inutili durante la gravidanza che è direttamente collegata alla salute della madre.

Alcuni studi indicano come i pazienti con IUGR sviluppino radicali liberi dell’ossigeno a causa del danno da ischemia-riperfusione dovuto a uno sviluppo improprio delle arteriole. [52] Lo sbilanciamento tra danno e processi di riparazione e uno sviluppo anormale dei villi gli eventi tipici per uno sviluppo anormale della placenta, cosa che predispone i neonati IUGR alla deplezione del sincizio trofoblasto con conseguenti limitazioni nella regolazione della funzione di trasporto\secretoria. [54]. Donne con gravidanze IUGR hanno un’incrementata attività di radicali liberi e di conseguenza un’aumentata perossidazione lipidica. In accordo a questo Biri et al (2007) [53] riportano livelli più alti di MDA e xantina ossidasi e livelli ridotti di antiossidanti nel plasma, nella placenta e nel cordone ombelicale in pazienti IUGR ripetto ai controlli. Inoltre è stata dimostrato che nei pazienti IUGR un’alterazione della traduzione e della segnalazione per le proteine della placenta può causare l’accumulo delle proteine misfoldatee non ripiegate a livello del reticolo endoplasmatico (ER stress) [55]. Tale stress inibisce la sintesi di proteine placentali, inducendo fenomeni di apoptosi [56] e provoca l’induzione dei pathwaγs di p38 e NF-kappa B, esacerbando la risposta infiammatoria [55]. Inoltre interrompere l’omeostasi del Ca2+ può

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portare a una perfusione compromessa e risultare in ER stress. La cronicizzazione di questi eventi può spiegare la restrizione crescita della placenta in queste gravidanza. [57]. In aggiunta a questo, l’attività della prolidasi in pazienti con IUGR era significativamente elevate e negativamente correlate con TAC, suggerendo l’incremento e la disregolazione del turnover del collagene [58].

Neonati con un peso alla nascita maggiore del novantesimo percentile per l’età gestazionale sono classificati come large-for gestational-age. È stato riportato in Europa e in Nord America un numero sempre più alto di neonati con peso elevato alla nascita (>4000 g) e large for gestational age (peso alla nascita al di sopra del novantesimo percentile per l’età gestazionale [38]. La macrosomia, definita dall’ American College of Obstetricians and Gγnecologists come peso alla nascita >4000 o >4500 g inadeguato per l’età gestazionale, è associata in letteratura con numerose complicazioni materne e perinatali [41]. I neonati macrosomici hanno un rischio elevato di distocia delle spalle e lesione associata del plesso brachiale, asfissia perinatale, ipoglicemia e morte fetale [39]. Complicazioni materne associate includono parto prolungato, induzione del parto con ossitocine, parto cesareo, prolungata degenza all’ospedale e più alta mortalità per infarto alle coronarie per la madre [40]. I soggetti nati large for gestational age sono predisposti a patologie come obesità, diabete e malattie cardiovascolari sia nell’infanzia [42], sia più avanti nel corso della vita [44-45]. Un peso elevato alla nascita è associatoa obesità infantile e adulta [48] oltre che a un rischio maggiore di sviluppare cancro al colon, alla prostata, al seno e di leucemia [46-47]. Nonostante alcuni fattori di rischio per la gravidanza a esito LGA siano sconosciuti, altre associazioni sono note come ad esempio l’obesità materna, parti multipli, età avanzata della madre, l’etnia, l’eccessivo aumento di peso, il fumo [49]. Ad ogni modo, l’estensione dell’area di influenza di ciascuno di questi fattori non è chiara. Bambini LGA alla nascita esposti a un ambiente intrauterino con diabete mellito o obesità materna hanno un rischio aumentato di sviluppare una sindrome metabolica durante l’infanzia.

Entrambe le estremità del range scelto per la classificazione dei neonati sono associate a problemi: neonati piccoli per l’età e neonati grandi per l’età gestazionale hanno una maggiore predisposizione a sviluppare malattie e maggiore mortalità ripetto ai neonati “adatti” per l’età gestazionale (AGA).

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1.8 Lo stress ossidativo

Da molti anni ormai si cerca di chiarire il legame presente tra radicali liberi e varie condizioni fisiopatologiche. In particolare l'equilibrio tra produzione e eliminazione di radicali liberi sembra essere fondamentale per il corretto funzionamento dell'organismo. Le specie radicaliche sono normalmente prodotte nei processi di respirazione mitocondriale e di produzione energetica, siano esse specie reattive dell'ossigeno (ROS) o specie reattive dell'azoto (RNS), ma quando tale produzione aumenta e/o sia ha una diminuizione delle difese antiossidanti endogene, si manifesta il fenomeno dello stress ossidativo. Il risultante squilibrio ossidoriduttivo determinate dall’eccesso di specie reattive dell’ossigeno (ROS) è importante per lo sviluppo di numerosi patologie, in particulare se associate con la perossidazione lipidica. Pertanto, lo stess ossidativo può essere rilevante per vari processi metabolici e la modulazione di pathwaγ di segnalazione che interessano la (pato)fisiologia umana dallo sviluppo intrauterino per la durata della vita. L'ossigeno pur svolgendo un ruolo primario per la vita degli organismi aerobici, si dimostra tossico per la produzione delle specie radicaliche dell'ossigeno (ROS), le quali sono molecole derivate dall'ossigeno molecolare, con un ruolo chiaramente definito nel danno cellulare. Per l'assorbimento di una quantità di energia sufficiente a invertire lo spin di uno dei sue elettroni spaiati, si assiste alla trasformazione dell'ossigeno nella forma “singoletto”in cui gli elettroni hanno spin opposti. Questa forma pur non essendo radicalica è estremamente instabile e per questo fortemente reattiva nei confronti di numerosi substrati di interesse biologico, per il trasferimento degli elettroni coinvolti e quindi risulta in un forte ossidante.[59] Quando l'ossigeno viene ridotto per trasferimento di un elettrone dai trasportatori a livello mitocondriale accidentalmente può essere prodotto il radicale superossido (il quale può essere prodotto anche da enzimi ossidativi come l'aldeide reduttasi, la NADH ossigenasi e la xantina ossidasi). Si tratta di un radicale molto tossico in quanto in grado di inattivare il gruppo ferro zolfo di numerosi enzimi e di produrre il radicale idrossile. In seguito all'accettazione di due elettroni da parte dell'ossigeno nel processo di riduzione viene prodotto il perossido di idrogeno (H2O2), specie dannosa per la capacità di ossidare i composti sulfidrilici dei residui proteici come la metionina ma soprattutto per la sua interazione con forme ridotte di ioni metallici (come il ferro bivalente o il rame monovalente) che portano alla formazione dell'idrossiradicale e dell'anione idrossilico. Quest'ultimo è una specie estremamente reattiva che si combina velocemente con molecole

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biologiche che si trovano nelle immediate vicinanze danneggiando le componenti cellulari. [60] ROS è quindi un termine collettivo che include sia radicali dell’ossigeno che specie ossidanti che sono facilmente trasformate in radicali. I ROS hanno un ruolo ambivalente nei sistemi biologici in quanto da una parte le reazioni dipendenti dall’ossigeno e la respirazione aerobica conferiscono una serie di vantaggi per lo sviluppo embrionale, in meccanismi regolatori, nel signaling intracellulare e nella difesa dell’ospite da microrganismi ma dall’altra la loro overproduzione ha il potenziale di causare danno. Un ruolo importante nello stress ossidativo viene svolto anche dalle specie reattive dell'azoto come l'ossido nitrico e il perossinitrito. L'ossido nitrico (NO) reagisce con l'ossigeno molecolare, i ROS, i metalli di transizione, i tioli, generando diversi RNS tra cui il perossinitrito, il quale, convertito in HNO2 dalle perossiredossine citosoliche e mitocondriali, può danneggiare lipidi, proteine e DNA.[61] Sia i ROS sia i RNS quindi possono instaurare una combinazione di processi pro ossidativi indotti da specie altamente reattive che, alla ricerca della stabilità, sono in grado di reagire e danneggiare le biomolecole delle strutture innescando una serie di conseguenze provocate da questa interazione che possono portare alla morte della cellula stessa. Gli organismi aerobi hanno sviluppato una serie di difese antiossidanti per eliminare i radicali liberi. Queste difese includono:

• Gli antiossidanti non enzimatici, molecole a basso peso molecolare come tocoferoli,

carotenoidi, glutatione e acido ascorbico, sono in grado, ossidandosi, di neutralizzare specie reattive e proteggere specifici target indispensabili per il corretto funzionamento della cellula

• L’attivazione di antiossidanti enzimatici, molecole coinvolte in processi di

detossificazione come perossidasi catalasi (CAT) e superossido dismutasi (SOD)

• La produzione di chelanti di metalli di trasizione, molecole in grado di legarsi ai vari

ioni metallici e prevenirne l'attività catalitica nella formazione di specie radicaliche [62]

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Un qualsiasi danno alla catena di produzione energetica mitocndriale e un qualsiasi processo responsabile della eliminazione delle difese antiossidanti risulterà nell’accumulo di ROS e nell’ossidazione di lipidi proteine e polisaccaridi e nel danno al DNA (rotture a doppio filamento frammentazione, apoptosi, modificazioni di basi).

Neonati specialmente se pretermine sono particolarmente soggetti all’azione dei radicali liberi, e questo è dovuto a diverse ragioni: l’immaturità funzionale e strutturale degli organi, l’elevata richiesta energetica da parte dei tessuti a metabolismo aerobio in rapida crescita, l’abilità ridotta nell’induzione di efficienti meccanismi omeostatici, la mancanza di sistemi antiossidanti propri della maturità durante il primo anno di vita. Ci sono anche condizioni predisponenti per:

 la deficienza di difese antiossidanti. Neonati a termine e pretermine hanno un numero ridotto di processi di difesa antiossidanti, includendo bassi livelli di vitamina E, β-carotene, melatonina, ceruloplasmina, transferrina, e SOD [63]. Alcuni antiossidanti come l’ascorbato e la bilirubina sono presenti in elevate concentrazioni nei neonati ma solo per un breve periodo dopo la nascita.[64];

 alti livelli di ferro libero. I neonati hanno livelli più alti di ferro libero rispetto ai bambini di età maggiore e questo comporta un aumento della velocità della reazione di Fenton e quindi nella produzione del radicale idrossile altamente tossico.

 il passaggio da un ambiente ipossico a uno iperossico. In utero, i neonati hanno un ambiente ipossico con 20–25 mmHg (PO2) tuttavia nascono in un ambiente extrauterino normossico di circa 100 mmHg PO2 [65]. Alcuni neonati richiedono la rianimazione con ulteriore ossigeno dopo essere esposti all’ambiente iperossico. Rizzo et al. riportano che l’incrementata pressione di ossigeno induce un’elevata produzione di ROS in studi animali.

Lo stress ossidativo ha conseguenze importanti sulla cellula, che vengono comunemente ricondotte a tre eventi principali:

 L’alterazione ossidativa delle proteine, che può avvenire tramite dei meccanismi reversibili e, quindi, permetterne il ripristino, oppure irreversibili, come la rottura dei legami peptidici, comportando danno dei siti attivi enzimatici e l’alterazione del folding proteico;

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 La perossidazione lipidica delle membrane. Questo avviene quando gli acidi grassi insaturi dei fosfolipidi di membrana, diventano target dei radicali liberi rimuovendo un atomo d’idrogeno al gruppo etilenico e formando il radicale lipide (fase chiama-ta di iniziazione). A questo punto, il radicale lipide riarrangia in diene coniugato e, reagendo con una molecola di ossigeno, forma il radicale perossile (fase di propa-gazione “autoalimentata”). Quest’ultimo può interagire con un altro acido grasso formando un idroperossido, con conseguente destabilizzazione della membrana e produzioni di aldeidi tossiche;

 Apertura di canali ionici: l’eccesso dei ROS porta al rilascio di Ca2+ dal reticolo en-doplasmatico, risultando nella permeabilità mitocondriale. Consequentemente, il potenziale della membrana mitocondriale diventa instabile e cessa la produzione di ATP.

 Danno al DNA. I radicali liberi possono causare la modificazione delle basi, la rot-tura del singolo filamento o della doppia elica stessa.

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Lo stato di oocita e embrione è determinato dall’ambiente ossidoreduttivo che si crea [66]. Fonti significative di ROS nei follicoli sono i macrofagi, i neutrofili, e le cellule della granulosa. Durante la follicologenesi, gli oociti sono protetti dal danno ossidativo da parte di antiossidanti come la catalasi, SOD, glutatione transferasi, paraossanasi, heat shock protein (HSP) 27, e isomerasi [67]. I ROS sono capaci di reagire con altre molecule e distruggere molti processi e componenti. La produzione continua dei ROS in eccesso può indurre esiti negativi diversi di molte vie di segnalazione. [66] Le specie reattive dell’ossigeno non sempre colpiscono direttamente il pathwaγ: al suo posto possono produrre eventi anormali agendo come secondi messaggeri in alcune reazioni intermedie [68]. Danni indotti dai ROS possono avvenire attraverso la modulazione dell’espressione delle citochine e substrati pro infiammatori attraverso l’attivazione di fattori sensibili all’ambiente ossidoreduttivo per la trascrizione come AP-1, p53, e NF-kappa B. Sotto condizioni di stabilità, NF-kappa B rimane inattiva dalla subunità inibitoria I-kappa B. L’ incremento delle citochine proinfiammatorie come l’interleuchina (IL) 1-beta di tumor necrosis factor (TNF)-alpha attiva la cascata apoptotica, causando la morte cellulare. Diversamente, gli antiossidanti vitamina C ed E, e la sulfalazina può prevenire inibendo l’attivazione di NF-kappa B [69]. L’eccesso dei ROS può concludersi in morte cellulare e necrosi. Il corpo umano ha molte vie di segnalazione. Sebbene il più importante pathwaγ di segnalazione nel corpo sono le protein chinasi attivate dai mitogeni (MAPK). MAPK pathwaγs sono i regolatori maggiori della trascrizione genica in risposta allo stress ossidativo. Le cascate di segnalazione sono controllate dalla fosforilazione e defosforilazione dei residui di serina\treonina chinasi.Questi processi promuovono l’azione dei recettori tirosin chinasici, recettori delle citochine, and growth factors [70,71]. Eccessivo ammontare di ROS può interrompere gli effetti normali di questi pathwaγs. Altri pathwaγs che possono essere attivati dai ROS includono quelli delle chinasi c-Jun N-terminali (JNK) e p38. Il pathwaγ JNK previene la fosforilazione dovuto alla sua inibizione dall’enzima GST. L’addizione di H2O2 a questa cascata può interrompere il complesso e promuovere la fosforilazione [72-73]. La presenza dei ROS può anche dissociare il complesso ASK1–Trx per l’attivazione della chinasi [74]. La concentrazione del Ca2+ deve essere strettamente regulata perchè ha un ruolo importante in molti processi fisiologici. La presenza di un ammontare eccessivo di ROS può incrementare I livelli di Ca2+, promuovendone il coinvolgimento in pathwaγs caldmodulina-dipendenti [75-76]. Fattori indotti da ipossia (HIF) sono controllati dalla concentrazione di O2. Sono essenziali per lo sviluppo normale dell’embrione. Bassi livelli di O2 possono

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alterarne la regolazione attivando l’eritropoietina, un altro fattore essenziale per la crescita e lo sviluppo [77-78].

Preservare le funzioni fisiologiche della cellula sul dipende dall’equilibrio tra specie ossidanti e antiossidanti. Lo stress ossidativo può alterare il meccanissmo di segnalazione cellular, interrompendo il processo fisiologico richiesto per la crescita cellulare e la proliferazione. Nel 1988 Saugstag ipotizza che displasia broncopolmonare, enterocolite necrotizzante, emorragia intracranica, retinopatia della prematurità, e altre possibili patologie non sono distinte, ma tutte appartengono a un gruppo definito come, “le malattie neonatali derivanti dai radicali liberi dell’ossigeno” che ha diversi sintomi in relazione a quali organi sono maggiormente affetti. Attualmente è riconosciuto che lo stress ossidativo è importante nella patogenesi di diversi tipi di patologie neonatali, e per questo è necessario approfondire le conoscenze riguardo le manifestazioni della patologia e la diagnosi dello stress ossidativo nei neonati. [79]

Giuffrè et al. [80] dichiara che il glutatione, i lipidi idroperossidi, e la heat shock protein chaperonina 60 nel siero dei neonati potrebbe avere un significato funzionale e diagnostico per lo stress ossidativo. Ci sono alcuni studi riguardo le patologie neonatali correlate allo stress ossidativo sia in modelli animali sia sull’uomo. Il selenio presente nel siero e’ un costituente dell’enzima glutatione perossidasi ed è vitale per le difese antiossidanti[81]. El-Mazarγ et al. [82] mostra che i neonati con encefalopatia ipossico-ischemica hanno più bassi livelli di selenio che neonati in salute. Mukhopadhγaγ et al. [83] riporta che i livelli di antiossidanti come la vitamina C e il glutathione sono ridotti, e i livelli del della malonaldeide e delle proteine carbonilate sono diversi tra bambini con malformazioni congenite e bambini sani.Quindi, questi markers possono essere un target per studi che si focalizzano sulla diagnosi di malattie stress ossidativo correlate. s [83]. Kumar et al. [85] dichiarano che gli incrementati livelli della malondialdeide crebrospinale e plasmatica sono correlati all’asfissia perinatale. Per valutare i marker di stress ossidativo in neonati IUGR, sono state misurati i livelli e l’attività di specie antiossidanti (SOD, catalasi, e glutatione perossidasi). E’ stato rilevato che l’attività enzimatica nel gruppo IUGR era inferiore rispetto a un gruppo di controllo [86] Cancelier et al. [87] demonstrano che sostanze reattive acido tiobarbiturico (TBARS), che sono un marker di stress ossidativo, sono significativamente più alte nel sangue da cordone ombelicale in neonati settici,e che tali livelli sono indipendentemente correlati allo sviluppo della sepsi neonatale stessa.. In 2015, Tataranno et al. [88] riportano che la scoperta e la verifica di specifici marker di ossidazione plasmatici di

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danno al cervello neonatale permetterà di comprendere maggiormente la neuroprotezione neonatale. Infatti prostanoidi e NPBI potrebbero essere usati come biomarker plasmatici specifici di ossidazione indicativi di danno ossidativo alle cellule neuronali. Marseglia et al. [89] affermano che la visfatina potrebbe essere un nuovo marker di stress ossidativo nei neonati pretermine. La visfatina è un adipocitochina coinvolta nello stress ossidativo e un importante mediatore dell’infiammazione che induce la produzione dose dipendente di proinfiammatori e citochine proinfiammatorie. Lo stress ossidativo sembra inoltre contribuire a pre-eclampsia, una patologia che porta a ritardo di crescita intrauterino, parto prematuro e basso peso alla nascita. Madri esposte a tossine ambientali presentavano alti livelli di stress ossidativo. [90-91] Il ruolo dello stress ossidativo è ben conosciuto nella patogenesi della malnutrizione.

Dal punto di vista nutrizionale il periodo della vita che passiamo all’interno dell’utero materno è molto importante. [92-93] La normale crescita del feto è il risultato di interazioni complesse da parte dei tre componenti dell’unità materna- placentale-fetale. Lo stato nutrizionale della madre è il fattore materno più importante nell’esito di una crescita intrauterina ritardata. La malnutrizione coinvolge deficienze di non solo macronutrienti come grassi, proteine, carboidrati ma anche in concentrazioni subfiosiologiche della maggioranza dei micronutrienti, sui quali dipende la difesa di numerosi sistemi antiossidanti. Le proteine provvedono amminoacidi per la sintesi degli enzimi antiossidanti, del glutatione ridotto (GSH) e di albumina. In caso di malnutrizione ci si aspetterebbe quindi di avere una grave mancanza di difese antiossidanti. Essendo suscettibile all’insulto ossidativo il corpo è naturalmente provvisto di difese antiossidanti: una serie di enzimi agisce come sistema scavenger incluso la superossido dismutasi (SOD), catalasi e glutatione perossidasi. Gli enzimi sono la prima linea della difesa contro le specie reattive dell’ossigeno e sono generalmente riferite come antiossidanti primari; per questo è stato ipotizzato che neonati SGA nati a termine da madri con carenze alimentari hanno una ridotta difesa antiossidante e un incrementato danno ossidativo. Infatti questo trova conferma da un diminuito livello di antiossidanti scavenger e un eccesso nei prodotti di perossidazione lipidica. L’associazione di stress ossidativo con neonati SGA tuttavia non è stata ancora del tutto chiarita anche se d’altro canto è riconosciuto che alcuni bambini e adolescenti nati SGA sviluppano la sindrome metabolica e disabilità neurologiche. Studi più recenti infatti connettono un incrementato stress ossidativo in nati pretermine e bambini di peso ridotto alla nascita con alcune patologie tipiche dell’età adulta, indicando come lo stress ossidativo

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può avere un ruolo importante anche negli stessi SGA.[94] Ad ogni modo Hillestrom et al [95] non trovano differenze nei valori dei marker di stress ossidativo tra giovani adulti nati con peso ridotto alla nascita anche se trovano una correlazione significativa tra il bodγ mass index (BMI) nei giovani adulti con ridotto peso alla nascita e il danno ossidativo al DNA negli adolescenti. Queste osservazioni indicano una associazione di stress ossidativo per i bambini nati SGA con lo sviluppo in adolescenza di disordini che sono associati con lo stres ossidativo come l’ipertensione, il diabete e la sindrome metabolica.[96] Quindi, mentre i meccanismi sottostanti queste associazioni sono ancora sconosciuti e si focalizzano primariamente sullo stress ossidativo intrauterino come una causa di alterazioni della crescita è ragionevole affermare che lo stress ossidativo potrebbe avere un collegamento importante tra un ambiente avverso intrauterino così come l’ambiente perinatale e una maggiore predisposizione verso alcune patologie piu’ avanti nella vita dell’individuo.

1.9 Il Danno al DNA e l’integrità del genoma

Le specie reattive dell’ossigeno/azoto, se presenti in concentrazioni eccessive, bγpassano i meccanismi di difesa antiossidanti che la cellula ha a disposizione ed iniziano a provocare danni alle principali molecole biologiche, a partire dalla membrana plasmatica. Quando

anche la membrana ha perso la sua integrità, i radicali liberi reagiscono con altri targets più interni alla cellula tra cui proteine e DNA. [97] Il danno al DNA è un evento che viene descritto come danno genomico; se non correttamente riparato, è in grado di alterare la struttura della doppia elica, dando anche origine a riarrangiamenti cromosomici o compromettendo la fisiologia della cellula che spesso viene indotta all’apoptosi. Il danno al materiale genetico che ne consegue può essere di varia natura, mediato principalmente dal radicale ossidrile o dall’anione superossido, che, essendo molecole estremamente reattive, possono legarsi agli zuccheri presenti nel filamento di DNA, provocando la produzione di zuccheri radicali che possono staccarsi e creare discontinuità nella catena di acido nucleico, sia a singolo che a doppio filamento. Si può anche assistere alla modificazione di basi, in particolare di guanina ed adenina, che, durante la replicazione, possono portare ad inserimento di mutazioni dovute ad un errore di lettura [98] Anche i radicali dell’azoto, NO e ONOO-, possono reagire con il DNA, causando reazioni di deamminazione, fenomeni di cross-linking, formazione di radicali degli zuccheri con conseguente rottura del filamento di DNA [99]. Le cellule rispondono a un qualsiasi tipo di danno al DNA, avendo a

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disposizione una vasta gamma di sistemi di riparazione che vengono attivati a seconda della lesione. Le lesioni possono essere di due tipi: rottura di un singolo filamento (Single

Strand Break, SSB) oppure quelle di entrambi i filamenti (Double Stress Break, DSB). Le

DSBs sono le tipologie di lesioni più pericolose, perché la perdita di continuità sulla molecola di DNA, se non riparata correttamente, può comportare perdita di materiale genetico, errori nella trasmissione alla progenie ed induzione del processo di cancerogenesi. Le cellule, per far fronte all’accumulo di danni al DNA, in particolare DSB, hanno sviluppato dei sistemi conservati, che vanno sotto il nome di risposta al danno al DNA (DNA damage response, DDR). La cellula arresta il ciclo cellulare e cerca di riparare la rottura, allo scopo di preservare il corretto assetto genomico in modo da garantire che l’informazione in esso contenuta venga decodificata nel modo giusto attivando delle proteine “sensore” che avvertono le lesioni nella doppia elica e trasmettono il segnale ai “trasduttori” reponsabili dell’attivazione di percorsi a valle, dove sono coinvolti specifici “effettori” [100]. I principali meccanismi di riparazione attivati a seguito di DSB sono, il

Non-Homologous End Joining (NHEJ), la ricombinazione omologa (HR) e l’Alternative End-Joining (A-EJ).

1.9.1 L’istone H2AX e la formazione dei foci γH2AX

Una delle principali molecole coinvolte nella segnalazione e nella riparazione della rottura a doppia elica è la variante istonica H2AX. [101] Il DNA nucleare è organizzato nella cromatina, struttura in cui l’unità fondamentale è il nucleosoma, in cui la componente proteica sono gli istoni, l’unità base della cromatina. Tale struttura consiste in 147 bp di DNA avvolto intorno ad un ottamero di 100kDa di proteine istoniche, ognuna separata dall’altra da una regione linker di variabile lunghezza (20-80bp). Le proteine istoniche si dividono in quattro famiglie, altamente conservate nei vari organismi, H4, H3, H2B e H2A. In particolare, la famiglia H2A si suddivide nelle tre sub famiglie H2A1-H2A2, H2AZ e H2AX e, nello specifico nei mammiferi, H2AZ rappresenta il 10% della totalità di proteine istoniche H2A, H2AX il 2-25% e il restante è costituito dalla variante H2A1-H2A2[102] Ogni ottamero è costituito da due molecole di H2A, H2B, H3 e H4. Il gene umano per l’H2AX mappa nella regione cromosomica 11q23, regione che è risultata essere soggetta ad un elevato numero di mutazioni e delezioni, che sono stati ritrovati in vari tipi di tumori. Topi transgenici nulli per il gene H2AX erano vitali, ma immunocompromessi, sensibili alle

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radiazioni ionizzanti e soggetti ad una maggiore instabilità genomica. La proteina H2AX è costituita, come tutte le proteine istoniche, da un dominio globulare al centro, una porzione N-terminale e una porzione C-terminale che possiedono numerosi siti per modificazioni post-traduzionali come l’acetilazione, la biotinilazione, la fosforilazione, la metilazione e l’ubiquitinazione. Una sequenza presente nel C-terminale contiene un SQE motif (Ser-Gln-Glu), target di una modifica post-traduzionale, la fosforilazione, che rende l’istone H2AX cruciale per l’integrità genomica. Strutturalmente, tale istone è molto simile agli altri membri della famiglia H2A tranne che per un dominio unico di 4 serine al C- terminale, ed è proprio a questo livello che avviene una delle più importanti modificazioni che tale proteina subisce. Tale modificazione è indotta a seguito della formazione di un DSB, che si verifica a livello della Serina 139, generando la forma fosforilata dell’istone, γH2AX. È stato infatti dimostrato che questa proteina viene fosforilata sulla serina 139 nelle cellule in cui viene introdotto un double strands break. Essendo la serina 139 il sito della cosiddetta γ-fosforilazione, la forma fosforilata dell’istone viene definita γ-H2AX [102] Questo fenomeno è ampiamente conservato tra gli organismi in quanto essenziale per far avvenire interazioni proteina-proteina altamente specifiche, durante la DDR (Risposta al danno al

DNA). Quest’ultima consiste in un meccanismo attivato dalle cellule eucariotiche, altamente

specializzato nella rilevazione, segnalazione e riparazione del danno al DNA. Parte integrante di tale fenomeno sono cascate di segnalazione adibite alla regolazione del metabolismo e ciclo cellulare nonché del rimodellamento della struttura della cromatina al fine di mantenere la stabilità genomica. La forma fosforilata γ-H2AX rientra nel meccanismo DDR con un ruolo predominante nella segnalazione ed amplificazione del danno nonché nella modificazione della struttura della cromatina allo scopo di facilitare il recupero dell’integrità genomica.[103] È stato evidenziato che la formazione della variante γ-H2AX inizi dopo pochi secondi in seguito ad esposizione a radiazione ionizzante, e sia di fondamentale importanza per la riparazione delle rotture a doppia elica che tale trattamento induce.[104]

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Le chinasi responsabili di questa fosforilazione appartengono alla famiglia delle

Phosphoatidγlinositol-3 Kinasi (PI3-K) e sono specifiche per l’attivazione a seguito di

particolari induzioni: DNA-PKcs (DNA-dependent Protein Kinase Catalγtic Subunit) reclutata alle estremità del DSB e indirizza verso una riparazione del tipo NHEJ [105]; ATR (Ataxia Telangiectasia and Rad3-Related) viene richiamata dai monomeri RPA posizionati sul ssDNA causati dallo stallo della forca di replicazione; ATM (Ataxia Telangiectasia

Mutated), viene attivata in seguito alla formazione di DSB passando da forma monomerica

inattiva, in forma dimerica attiva autofosforilandosi, ed ha il ruolo principale nella fosforilazione di H2AX, insieme a DNA-PKcs (Proteina chinasi DNA-dipendente), produce la forma fosforilata in seguito a danno indotto da radiazioni ionizzanti [106]. Il reclutamento di ATM a livello della lesione è promosso dal complesso MRN, costituito dalle proteine Rad50, Mre11 e NBS, col probabile ruolo di facilitare l'autofosforilazione dei monomeri ATM. Infatti, una volta che ATM fosforila l’istone H2AX, quest’ultimo lega direttamente MDC1 (Mediator of Damage Checkpoint1) a livello dei suoi domini BRCT [108]. Il reclutamento di MNR nel sito di lesione viene amplificato dall’arrivo del fattore NBS1 (Sindrome della rottura Nijmegen) che fa sempre parte del complesso MRN, necessario per l’attivazione delle chinasi iniziali. [109] Si instaura così un circolo a feedback positivo in cui si ha una maggiore attivazione delle chinasi mediante auto fosforilazione delle stesse che rende possibile l’estensione della forma fosforilata γ-H2AX per diverse megabasi lungo la cromatina. Nella parte finale, a livello del DSB è reclutata la proteina RNF8, che ha ruolo di poliubiquitinare γH2AX, promuovendo l’accumulo BRCA1 (Proteina 1 della suscettibilità

al cancro al seno e alle ovaie) e 53BP1 (Proteina 1 di legame a p53), e l’interazione con

Rad51, per la successiva riparazione della lesione. La proteina 53BP1 riconosce residui dell’istone H2AX che hanno subito metilazione e vi si lega stabilmente. L’istone H2AX viene inoltre acetilato, mediante l’acetiltrasferasi TIP60, secondo un processo ubiquitinazione- dipendente, fenomeno di fondamentale importanza per il rimodellamento della cromatina ed il rilascio di questa forma istonica dalla parte genomica danneggiatamodo da facilitare l’accesso ai componenti dei sistemi di riparazione [110]. È altrettanto importante un’altra modifica post-traduzionale, con lo scopo di rilassare e rimodellare la cromatina per facilitare l’accesso dei fattori di riparazione: la fosforilazione della Tirosina 143, ultimo aminoacido C-terminale di H2AX, mediata dal complesso di rimodellamento della cromatina (WICH), per diretta azione di WSTF che possiede un’attività tirosin chinasica .Studi sulla linea cellulare tumorale M059J, difettiva per DNA-PKcs e presentante bassi livelli di ATM, hanno evidenziato come le cellule mostrassero una drammatica

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riduzione della fosforilazione dell’istone H2AX in risposta al danno al DNA, seppur non totalmente scomparsa.[111] È stato stimato che nei mammiferi viene fosforilato circa lo 0,03% degli istoni H2AX laddove presente un DSB, e, considerando che il 10% (6x106 molecole percellula) della variante H2A è rappresentato dall’H2AX, la modificazione si estende per circa 2Mbp di cromatina e comprende circa 2000 molecole di γ-H2AX.[112] Questo aspetto costituisce un primo livello di amplificazione del segnale in prossimità di un DSB operato da γ-H2AX per rendere maggiormente visibile il sito danneggiato.Tuttavia, tramite analisi d’immunofluorescenza, è stato osservato che le regioni modificate sono 15 volte più grandi (fino a 30 Mbp). Questo ha fatto ipotizzare che vengono fosforilati non solo gli istoni H2AX vicini e contigui alla lesione, ma anche gruppi distinti, inoltre, questa ampia modificazione della cromatina rappresenterebbe un sistema di amplificazione indicativo della gravità della lesione al DNA [112]..È ovvio come la formazione di un DSB e il richiamo di fattori importanti per la segnalazione e la riparazione del danno, induce anche una forte interazione con i regolatori del ciclo cellulare tramite le chinasi Chk2 e Chk1, capaci di regolare il funzionamento di proteine come, BRCA1, CDC25A e CDC25C, MDM2 e p53.

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Dopo la riparazione del danno e il corretto riassemblaggio della cromatina, l’istone torna rapidamente nella sua forma non fosforilata. Non è stato ancora validato in maniera del tutto certa il meccanismo di defosforilazione di γH2AX, infatti a questo proposito è stata ipotizzata o la sostituzione della forma fosforilata con una nuova molecola di H2AX nel nucleosoma [114], oppure la de-fosforilazione diretta della forma γ-H2AX in cui sembra coinvolta la fosfatasi 2A (PP2A) e PP4C. In cellule di mammifero è stata dimostrata una co-localizzazione dopo il danno al DNA di PP4 con γ-H2AX, che farebbe pensare ad una de fosforilazione in situ [115], mentre nel lievito avviene prima una rimozione dell’istone dalla cromatina e poi una successiva de-fosforilazione.[116] I foci H2AX sono rilevabili entro tre minuti dopo l’induzione del danno tramite radiazioni ionizzanti, che continuano ad aumentare fino a raggiungere un plateau dopo circa 10-30 minuti dall'irradiazione [117]. Tuttavia, ancora non è noto se la scomparsa dei foci γH2AX si verifichi nel momento in cui le estremità vengono risaldate, oppure se dopo la riparazione del danno, è necessario un arco di tempo per l’eliminazione dell’istone fosforilato, o solo del fosfato. Si può quindi dedurre che la forma fosforilata γ-H2AX sia importante nella segnalazione del danno al DNA e che, oltre ad amplificare il segnale e a permettere il rimodellamento della cromatina, funga da piattaforma per il reclutamento di fattori necessari per la riparazione della rottura a doppio filamento, migliorando così l’efficienza della DDR. Per tale motivazione, da ormai diversi anni, il conteggio dei foci γ-H2AX è diventato il metodo più utilizzato per l'induzione, misurazione e riparazione di DSB in cellule esposte a vari agenti genotossici, in diverse condizioni sperimentali ed in diverse condizioni patologiche. In clinica, la conta dei foci γH2AX è utile per stimare il danno indotto al genoma in soggetti sottoposti per scopi diagnostici o radioterapico a radiazioni [117], ma anche nel rilevamento della genotossicità ambientale, oppure per misurare l’induzione di danno genomico da parte dei nuovi farmaci o terapie usate contro il cancro, infine, nelle condizioni d’infiammazione cronica. Grazie a tutto ciò, l’istone può ormai essere considerato a tutti gli effetti uno dei più importanti biomarcatori del danno al DNA. L’uso di questo marcatore rende possibile la rilevazione anche di bassi livelli di danno al DNA, ed inoltre puòessere utile per testare la capacità e l’efficienza dei processi di riparazione del danno in soggetti caratterizzati da particolari condizioni cliniche.[118] L’ultima frontiera del γ-H2AX lo vede oggetto di studio per una sua potenziale futura applicazione come marcatore nell’ambito delle patologie tumorali, dove il tasso di DSB supera notevolmente i livelli fisiologici consentiti dalle cellule, o come molecola tester per saggiare le proprietà di vari agenti chemioterapici.[119,120] Nelle malattie metaboliche, i livelli di H2AX fosforilato sono stati investigati solo in minima

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parte. Il danno genomico è stato anche rivelato in individui obesi di età pediatrica, in particolare nei linfociti di sangue periferico, in cui si è osservato un aumento di foci H2AX passando da bambini/adolescenti normopeso a bambini/adolescenti in sovrappeso e obesi. Elevati livelli di γ-H2AX sono stati ritrovati non solo in pazienti privi di una condizione infiammatoria pronunciata [121] ma anche in individui caratterizzati da un forte stato infiammatorio, dove l’elevata presenza di mediatori dell’infiammazione e di molte specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto hanno portato inevitabilmente ad un danno al materiale genomico [122]. Il ruolo che la forma fosforilata dell’ istone H2AX svolge potrebbe essere richiesto per la riparazione dei danni al DNA indotti dalle specie reattive dell’ossigeno,come dimostra uno studio effettuato utilizzando cellule staminali embrionali murine HA-/- (doppiamente carenti di H2AX e ATM), soprattutto per prevenire lo stress ossidativo correlato all’instabilità genomica.[123] Risulta quindi fondamentale utilizzare uno o più marcatori in grado di rilevare l’eventuale presenza e l’entità del danno al materiale genetico mediato da stress ossidativo durante la vita intrauterina, in modo da avere un quadro più dettagliato circa il grado di ossidazione che lo caratterizza, cercando di comprendere, nel contempo, se tale stato sia dovuto alla mancanza di sufficienti difese antiossidanti e/o a difetti nei sistemi di riparazione presenti. Le madri con iperglicemia sono predisposte a uno stato di incrementato stress ossidativo. Esso può risultare in danni al DNA che possono interessare i nascituri. Molti studi hanno mostrato livelli incrementati di TBARS (sostanze reagenti all’acido Tiobarbiturico) in madri diabetiche e neonati (124). Uno studio recente che si è avvalso del test della cometa mostra livelli significativi di danni al DNA in sangue di cordone ombelicale prelevato da neonati di madri iperglicemiche. Sohier et al, notano una correlazione inversa tra danno al DNA e capacità antiossidante nei linfociti periferici di madri diabetiche e dei loro neonati E’ stato dimostrato che neonati cresciuti in un ambiente intrauterino avverso dimostravano un aumento della produzione di ROS e una conseguente inclinazione ad un maggior livello di danno al DNA, in particolar modo sotto forma di rotture a doppia elica, con una visibile diminuzione di DSB laddove veniva aumentato l’apporto di difese antiossidanti. Ridotti livelli plasmatici di folato, vitamina B12 e B6 sono in grado di causare difetti al tubo neurale del feto, alterare l’integrità genomica dei neonati o indurre ipometilazione del DNA, condizioni queste predisponenti alla cancerogenesi.

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