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4.2 Analisi su Ansys

4.2.2 Analisi Modale

Una volta definito completamente il “mechanical model”, i suoi risultati e le sue proprietà sono state trasferite all’interno di un secondo blocco, del tipo “modal”. Quest’ultimo ha realizzato un’analisi modale dell’assieme al fine di evidenziare le varie forme modali del sistema e le rispettive frequenze di eccitazione. Tale studio si è reso necessario per poter identificare l’eventuale presenza di fenomeni di risonanza durante le simulazioni o i test. La seguente rappresentazione (Figura 4.16) evidenzia il blocco “modale” ed il relativo collegamento con il blocco “modello meccanico”.

Figura 4.16, schema funzionale del modello Ansys sviluppato, con evidenziato il blocco “modal” per l’analisi delle forme modali

All’interno del blocco, lo studio è stato inizializzato per la valutazione delle prime 15 forme modali del sistema, di queste, le prime 6 hanno restituito frequenze quasi nulle. Ciò è dovuto al fatto che la simulazione delle forme modali è stata effettuata senza applicare vincoli alla geometria e, conseguentemente, le prime 6 forme riscontrate descrivono il moto dei 6 gradi di libertà del sistema e non sono d’interesse per la trattazione. La prima forma modale rappresentativa compare ad una frequenza di 920 Hz e riproduce un movimento di torsione dell’assieme intorno ad un asse posto a 45° rispetto alla verticale e passante per lo spigolo privo di sede per l’accelerometro dell’adattatore.

Tuttavia, tale moto è di scarso interesse per la trattazione dal momento che simili oscillazioni non dovrebbero essere eccitate dall’applicazione dei carichi impulsivi in fase di funzionamento. Inoltre, essendo l’intero banco prova molto compatto, con cuscinetti e adattatori assiali portati in battuta gli uni con gli altri, è definitivamente impossibile che tale forma modale possa risultare interessante in ambito pratico. Si riporta un’immagine della settima forma modale con rispettiva morfologia di deformazione a titolo rappresentativo (Figura 4.17). Tuttavia, si precisa che la seguente rappresentazione, così come tutte le restanti immagini presenti all’interno di questo sotto-capitolo, riportano delle deformazioni che sono significativamente accentuate rispetto alla realtà degli spostamenti generati a seguito dell’eccitazione delle frequenze proprie di risonanza. Questa scelta è stata effettuata per permettere di cogliere la natura dei moti che si generano al variare delle frequenze sollecitate, i quali altrimenti, sarebbero troppo ridotti da poter essere chiaramente percepiti.

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Figura 4.17, settima forma modale, eccitata a frequenze di 920 Hz

Decisamente più interessanti sono le 2 forme modali successive (8a e 9a), le quali descrivono due differenti fenomeni di oscillazione radiale. Più precisamente, l’ottava riporta un moto di pura traslazione massimo lungo le direzioni del sistema di riferimento principale, mentre la nona si sviluppa lungo assi inclinati di 45° rispetto alla forma precedente. Gli spostamenti appena descritti sono particolarmente interessanti in quanto si sviluppano nelle direzioni di applicazione dei carichi impulsivi sull’anello esterno e, pertanto, saranno eccitati durante la simulazione del danneggiamento.

L’ottava e la nona forma modale si collocano, rispettivamente, a 1160 Hz e 1200 Hz e, pertanto, avvengono in buona approssimazione intorno ad una stessa frequenza di circa 1180 Hz.

Si riportano, di seguito, le rappresentazioni dei suddetti modi di vibrare per evidenziarne le direzioni di deformazione. Le prime due immagini descrivono le massime deformazioni ottenute dall’eccitazione dell’ottava forma modale (Figura 4.18), mentre le due figure successive riportano le oscillazioni della nona forma (Figura 4.19).

Figura 4.18, ottava forma modale, eccitata a frequenze di 1160 Hz e rappresentata ai due estremi della deformazione

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Figura 4.19, nona forma modale, eccitata a frequenze di 1200 Hz e rappresentata ai due estremi della deformazione

Si osservi dalle immagini come l’ottava forma modale solleciti una deformazione in corrispondenza dei “lati” dell’assieme, mentre la nona ecciti le vibrazioni in prossimità degli spigoli. Ad ogni modo, dal momento che, come anticipato, le frequenze proprie ti tali modi sono molto simili così come lo sono le tipologie di movimenti realizzati, è possibile considerare queste due forme come una singola condizione di eccitazione radiale dell’assieme, che sarà sollecitata dall’applicazione dei carichi impulsivi, indipendentemente dalla posizione del difetto sull’anello esterno.

Tuttavia, si può anche osservare che la frequenza di eccitazione associata di circa 1180 Hz è piuttosto elevata e, dal momento che i cuscinetti in esame appartengono alla categoria per “carichi elevati e velocità ridotte”, è improbabile che tali frequenze andranno ad essere eccitate a meno della presenza di molteplici difetti opportunamente distanziati l’uno dall’altro. Quanto affermato trova conferma se si considerano i risultati della stima della frequenza caratteristica dei fenomeni d’impatto per la presenza di un singolo difetto sulla pista dell’anello esterno (𝐵𝑃𝐹𝑂), valutata all’interno del codice MATLAB. Quest’ultima, infatti, è risultata pari ad un massimo a 135.6 Hz, nell’ipotesi di applicare la velocità di rotazione limite dell’albero utilizzata nei test sperimentali (𝛺 = 997 rpm), ovvero, ben al di sotto della frequenza di eccitazione dell’ottava e della nona forma modale.

È stata, infine, rilevata un’ulteriore forma modale ad una “bassa” frequenza di 1210 Hz. Tuttavia, essa risulta essere la forma complementare al 7o modo descritto precedentemente, così come la nona forma era complementare all’ottava. Ne consegue che il decimo modo descriva un moto di torsione del componente intorno ad assi ruotati di 45° rispetto a quelli della settima forma e che, pertanto, gli assi di torsione in questione coincidano con quelli del sistema di riferimento principale. La ragione per cui la frequenza di eccitazione di tale forma modale risulta essere significativamente maggiore rispetto a quella settima forma risiede, verosimilmente, nel fatto che il decimo modo descrive una torsione per effetto dell’inezia dei “lati” dell’assieme, mentre il settimo genera il proprio moto per effetto dell’inerzia dei vertici. Questi ultimi, infatti, presentano non solo una massa concentrata maggiore ma anche bracci di azione più estesi i quali favoriscono l’insorgere di oscillazioni a frequenze più basse. Tuttavia, come era stato per il caso della settima forma, se ne deduce che il moto

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eccitato non è d’interesse per la trattazione. Si riporta una rappresentazione della 10a forma modale e delle rispettive deformazioni a titolo rappresentativo (Figura 4.20).

Figura 4.20 decima forma modale, eccitata a frequenze di 1210 Hz

Le restanti forme modali si collocano tutte al di sopra dei 2000 Hz (nello specifico 2400, 2500, 2860, 3010, 3100 Hz) e presentano tutte direzioni di deformazione poco interessanti per lo studio, eccezione fatta per le ultime 2 (14 a e 15a). Tuttavia, si può notare come le frequenze di tali forme modali siano estremamente elevate, specialmente in relazione al 𝐵𝑃𝐹𝑂 (massimo: 135.6 Hz) precedentemente citato, rendendo difficile non solo la loro eccitazione in applicazioni pratiche, ma anche il loro campionamento in ambito sia simulativo, sia sperimentale. Conseguentemente, anche se la quattordicesima e la quindicesima forma modale, riportate nella Figura 4.21, realizzano delle deformazioni interessanti da un punto di vista direzionale, non saranno rappresentative per lo studio.

Figura 4.21, quattordicesima forma modale, eccitata a frequenze di 3010 Hz (a sinistra); e quindicasima forma modale, eccitata a frequenze di 3100 Hz (a destra)

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Se ne conclude, pertanto, che le frequenze di risonanza principali per lo studio si collocano intorno ai 1080 Hz e 3000 Hz, sebbene queste ultime siano difficilmente realizzabili. La frequenza caratteristica del fenomeno di sollecitazione impulsiva per effetto della presenza di difetti, tuttavia, si colloca a valori molto più bassi per il caso di singolo danneggiamento sulla pista dell’anello esterno, con un 𝐵𝑃𝐹𝑂 massimo di circa 136 Hz. Se ne deduce che, a meno della presenza di molteplici difetti opportunamente distanziati sulla pista, le frequenze di risonanza non saranno raggiunte in esercizio.