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Figura 6.6, andamento nel tempo delle accelerazioni simulate del “caso 2”, valutate su un intervallo di 1s

Figura 6.7, andamento nel tempo delle accelerazioni sperimentali filtrate del “caso 2”, valutate su un intervallo di 1s

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Le due rappresentazioni precedenti ricadono sotto le stesse considerazioni effettuate per il “caso 1”

in merito a densità e pulizia del segnale, nonché discostamento nelle ampiezze registrate. La differenza tra i due dati, infatti, si mantiene proporzionale ad un fattore 3-4, come visto in precedenza, sebbene a prima vista i due andamenti possano sembrare differire solamente di un fattore 2. La ragione per cui la proporzionalità di fatto non cambia, risiede nella presenza di un fenomeno di oscillazione del valore centrale delle accelerazioni che si realizza esclusivamente all’interno delle prove sperimentali. Tale fenomeno causa un incremento delle accelerazioni realizzate in un verso ed un decremento nel verso opposto, susseguendosi con fare periodico. La causa di questo fenomeno è, verosimilmente, legata alla presenza di eccentricità o deformazioni all’interno del sistema rotante, le quali vanno ad eccitare moti di precessione del “gruppo albero” alla specifica frequenza di rotazione esaminata. Tale considerazione trova conferma nel fatto che il fenomeno di oscillazione secondaria presenta 6 picchi su un intervallo di 1s, ovvero, un valore compatibile con la frequenza di rotazione dell’albero.

𝛺 = 353 rpm => 𝑓 = 𝛺

60= 5.88 Hz

Inoltre, osservando i valori delle ampiezze delle accelerazioni, sia simulate sia sperimentali, è possibile dedure che una riduzione delle velocità di rotazione comporta una diminuzione delle vibrazioni ottenute. Questa condizione è sintomo dell’abbassamento della frequenza con cui si presentano gli urti, ma anche, della riduzione delle forze sviluppate per mezzo dell’impatto, dal momento che velocità di rotazione minori determinano la formazione di quote di energia cinetica inferiori che andranno a dissiparsi mediante il fenomeno impulsivo. L’ultima considerazione notevole in merito a tali andamenti riguarda il fatto che i valori all’interno dell’andamento simulato presentato picchi di massimo più marcati rispetto a quanto rilevato nel “caso1”. Ciò è, verosimilmente, dovuto alla, precedentemente citata, riduzione della frequenza dei fenomeni d’impatto come conseguenza della diminuzione della velocità di rotazione dell’albero; condizione che va ad evidenziare i picchi in quanto più isolati all’interno di uno stesso intervallo di tempo. Infine, si rileva la presenza di un outlier all’interno dell’andamento simulato, verosimilmente dovuto ad un errore di calcolo o ad una sovrapposizione di fenomeni oscillatori. Ad ogni modo, visto l’ampio numero di campionamenti realizzati (15000) si è deciso di non correggere il suo contributo in quanto molto limitato sui risultati.

Gli effetti della differenza tra valori simulati e sperimentali, anche in questo caso, possono essere riscontrati all’interno dei rispettivi spettri d’inviluppo. Inoltre, similmente a prima, si trova nuovamente corrispondenza tra le frequenze di picco valutate mediante i due metodi (simulato e sperimentale) e le frequenze caratteristiche descritte dalla letteratura (𝐵𝑃𝐹𝑂 e suoi multipli). Tuttavia, dal momento che la velocità di rotazione dell’albero è andata a ridursi di circa 2/3 rispetto al valore originale di riferimento (“caso 1”), anche il primo multiplo del 𝐵𝑃𝐹𝑂 è andato a ridursi di una quota equivalente, assestandosi su una frequenza di 48 Hz. Conseguentemente, all’interno delle rappresentazioni degli spettri d’inviluppo del segnale di accelerazione valutato su un intervallo di 500 Hz, saranno esplicitati i primi cinque multipli del 𝐵𝑃𝐹𝑂 e non solamente i primi tre.

Si riporta, pertanto, nella pagina seguente, la rappresentazione dello spettro d’inviluppo simulato per il caso in esame (Figura 6.8).

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Figura 6.8, spettro d’inviluppo delle accelerazioni simulate del “caso 2”

Rispetto allo spettrogramma simulato ottenuto nel “caso 1”, è possibile notare una migliore definizione dei picchi intorno alle frequenze caratteristiche. Infatti, risulta possibile identificare facilmente i massimi dello spettro in corrispondenza non solo del primo, ma anche del secondo, del terzo, e del quarto multiplo del 𝐵𝑃𝐹𝑂. Il quinto, da canto suo, si confonde con il rumore di fondo, ma può comunque essere identificato. Simili risultati sono sintomo di una simulazione efficace del fenomeno nonostante la discrepanza dei valori di ampiezza, e, dal momento che le forze applicate in questa parte dello studio sono molto più contenute che nella valutazione del “caso 1”, è possibile dedurre che una sottostima delle forze impulsive generate dal codice è, verosimilmente, benefica ai risultati del modello. Si determina, pertanto, nuovamente, la necessità di approfondire il fenomeno del contatto Hertziano nell’istante dell’urto.

Per completezza, si riporta, di seguito, il diagramma dello spettro d’inviluppo relativo ai dati sperimentali (Figura 6.9).

Figura 6.9, spettro d’inviluppo delle accelerazioni sperimentali filtrate del “caso 2”

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Anche in questo caso sono evidenti le corrispondenze tra picchi di accelerazione e tutti i multipli del 𝐵𝑃𝐹𝑂 evidenziati e non solo. Infatti, sebbene le tracce delle frequenze caratteristiche non si estendano oltre il quinto multiplo, per una questione di rilevanza dei dati, è comunque possibile identificare i picchi corrispondenti ai successivi cinque multipli a frequenze superiori ai 250 Hz (dal sesto al decimo multiplo). L’andamento di questi ultimi, inoltre, sembra indicare la presenza un fenomeno di

“battimento”, compatibile con la presenza del meccanismo di oscillazione portante a bassa frequenza precedentemente descritto. Il picco di accelerazione rilevato a circa 75 Hz (lontano dalle frequenze caratteristiche previste), sembra inserirsi anch’esso all’interno di questo contesto. Infine, anche per quanto concerne il “caso 2”, può essere visualizzata la riduzione di frequenza per effetto del filtraggio con kurtogramma dello spettro d’inviluppo.

Per concludere lo studio del caso, si riporta la sovrapposizione dello spettro d’inviluppo valutato sperimentalmente, con quello simulato delle accelerazioni ridotte per mezzo del fattore correttivo (Figura 6.10). .

Figura 6.10, confronto tra gli spettri d’inviluppo delle accelerazioni simulate divise per un fattore 3.5 (in blu) e le accelerazioni sperimentali filtrate (in rosso) per il “caso 2”

Attraverso tale diagramma si evidenzia, nuovamente, la bontà dei risultati ottenuti mediante la sottostima delle accelerazioni computate. Infatti, non solo entrami gli andamenti identificano chiaramente i primi quattro multipli del 𝐵𝑃𝐹𝑂 ma, inoltre, riportano ampiezze dello spettro d’inviluppo compatibili. Anche in questo caso, purtroppo, il contributo del rumore sui dati simulati è evidente.

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