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Il quarto caso considera un aumento dei carichi radiali esterni applicati sul sistema e gli effetti che questa modifica ha sulle vibrazioni restituite, sia per quanto concerne l’ampiezza delle accelerazioni valutate, sia per quanto riguarda la definizione delle frequenze caratteristiche. Conseguentemente, il

“caso 4” potrà essere definito come caratterizzato sia da velocità sia da carichi applicati elevati. Si riportano, pertanto, per mezzo della Tabella 6.4 i dati relativi alle condizioni di simulazione e di prova sperimentale del “caso 4”.

Tabella 6.4, parametri in input per il rilevamento sperimentale e per la simulazione delle accelerazioni del “caso 4”

Caso 4, carichi radiali massimi

Variabile Valore numerico Unità di misura Note

𝐹 124.8 kN Carico radiale applicato

esternamente

𝐹 0 kN Carico assiale applicato

esternamente

𝛺 997 rpm Velocità di rotazione

dell’albero/anello interno

𝜓 0 deg

Angolo di posizione del difetto sull’anello esterno, riferito alla verticale

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𝛼 12.5 deg Angolo di contatto del difetto

(posto sull’anello esterno)

𝐷 2 mm Diametro del difetto

𝐻 0.5 mm Profondità del difetto

𝑡 1.5 s Durata della simulazione

𝑛 4 / Identificativo del cuscinetto

danneggiato

A valle dell’applicazione di tali condizioni sia all’interno del simulatore, sia in laboratorio attraverso i controlli del banco prova, sono stati restituiti i seguenti valori di accelerazione nel tempo, valutate su di un intervallo che va da 0.1 a 1.1s. Nello specifico, la Figura 6.13 riporta i valori simulati, mentre la Figura 6.14, riportata a pagina seguente, esplicita i campionamenti sperimentali rilevati dall’accelerometro del quarto blocco cuscinetto-adattatore testato nel banco.

Figura 6.13, andamento nel tempo delle accelerazioni simulate del “caso 4”, valutate su un intervallo di 1s

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Figura 6.14, andamento nel tempo delle accelerazioni sperimentali filtrate del “caso 4”, valutate su un intervallo di 1s

Osservando le due rappresentazioni precedenti, è possibile notare, anche in questo caso, come esse ricadono sotto le stesse considerazioni effettuate per il “caso 1” e per il “caso 2”, in merito al discostamento nelle ampiezze registrate ed alla “densità” e pulizia del segnale. Ad ogni modo, se confrontati con il “caso 1” di riferimento, gli andamenti del “caso 4” hanno registrato un lieve aumento delle vibrazioni rilevate sia per quanto concerne i risultati offerti dal modello, sia per quanto riguarda i valori acquisiti empiricamente. Tale aumento è prevedibile come conseguenza dell’incremento delle sollecitazioni esterne applicate, le quali, vanno a determinare inevitabilmente un aumento nell’intensità degli impulsi generati nella fase di urto. Tuttavia, è interessante osservare come, raddoppiando i carichi esterni, non sia raddoppiata di conseguenza l’entità delle vibrazioni percepite, ma anzi, si ottiene solamente un lieve aumento. Viceversa, la riduzione delle velocità valutata all’interno del “caso 2” aveva dato origine a differenze molto più marcate. Pertanto, si deduce che la variazione della velocità di rotazione dell’albero è molto più influente nella determinazione dei fenomeni vibrazionali di quanto non lo siano i carichi esterni. Questo risultato dà conferma sperimentale alle considerazioni fisiche effettuate nella valutazione delle forzanti d’impulso, fornita da Khanam [29], dove, di fatto, le variabili principali coinvolte nella valutazione degli impatti sono proporzionali all’energia cinetica assunta dal corpo volvente (direttamente correlata alla velocità di rotazione dell’albero) ed alla sua corrispondente conversione in energia potenziale elastica di deformazione al contatto. L’entità delle forzanti esterne interviene, infatti, solamente nella definizione della quota minima di carico e nella, modesta, accelerazione del corpo volvente durante la fase di affondamento, giustificandone la bassa influenza sui risultati.

Proseguendo coerentemente con quanto visto nei casi precedenti, si riporta, a pagina seguente, la rappresentazione dello spettro d’inviluppo simulato per il “caso 4” in esame (Figura 6.15).

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Figura 6.15, spettro d’inviluppo delle accelerazioni simulate del “caso 4”

Osservando tale diagramma appare evidente la presenza di un significativo picco di accelerazioni in corrispondenza del primo multiplo del 𝐵𝑃𝐹𝑂, il quale si staglia in maniera molto chiara rispetto al resto delle frequenze esaminate nello spettro. I successivi due multipli, tuttavia, non possono essere distinti in quanto risultano oscurati dal rumore di fondo, specialmente per quanto concerne il secondo multiplo. Questo aspetto non è gradito ai fini della simulazione, in quanto rende difficile identificare la presenza di eventi d’urto sistematici riconducibili alla presenza di un difetto sull’anello esterno a causa della presenza di un unico picco isolato. Tuttavia, la concomitanza di tale picco d’inviluppo con la frequenza primo multiplo del 𝐵𝑃𝐹𝑂, valutato per la specifica velocità di rotazione imposta all’albero, è comunque un importante indicatore della presenza di un probabile difetto. Infatti, la rilevazione di un simile risultato, dovrebbe suggerire la valutazione di un possibile approfondimento del caso in esame, per esempio, ricorrendo a lievi modifiche della velocità di rotazione dell’albero, le quali dovrebbero determinare conseguenti variazioni del 𝐵𝑃𝐹𝑂. Il picco, pertanto, a seguito di tali modifiche, dovrebbe andare a “seguire” gli spostamenti i della frequenza caratteristica, nel caso fosse effettivamente correlato alla presenza di un difetto sull’anello esterno del cuscinetto.

Pertanto, si riportano, nella pagina seguente, i risultati sperimentali delle prove, rielaborati mediante l’applicazione dei filtri e la realizzazione dello spettro d’inviluppo (Figura 6.16).

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Figura 6.16, spettro d’inviluppo delle accelerazioni sperimentali filtrate del “caso 4”

Lo spettrogramma appena fornito presenta molte somiglianze con quello valutato all’interno del “caso 1”. Infatti, sono chiaramente visibili i picchi di ampiezza in corrispondenza dei primi tre multipli della frequenza caratteristica, nonché il loro lieve spostamento verso frequenze più basse man mano che si osservano picchi riferiti a multipli maggiori. Tuttavia, osservando più attentamente, è possibile notare come l’entità dell’errore appena descritto sia maggiore nel “caso 4” rispetto a quello di riferimento.

Tale condizione è sintomo dell’applicazione di un filtro dei dati più “aggressivo”, i quali, tuttavia, sono rimasti fortemente disturbati, com’è possibile notare osservando l’entità del rumore di fondo ancora presente all’interno dello spettro d’inviluppo delle accelerazioni sperimentali (Figura 6.16).

Infatti, nonostante la rielaborazione dei risultati, sono presenti degli importanti picchi d’ampiezza alle basse frequenze, nonché la presenza di “banda” di rumore a bassa entità su tutte le frequenze dello spettro. Tale condizione è sintomo di un rilevamento dei dati empirici fortemente disturbato da fenomeni esterni, i quali sono andati ad inficiare la qualità del segnale reperito. Il disturbo appena descritto, tuttavia, è andato anche a diminuire fortemente l’ampiezza dei picchi di accelerazione rilevati all’interno dello spettro d’inviluppo in corrispondenza delle frequenze caratteristiche. Tali picchi, infatti, si collocano a più di un ordine di grandezza al di sotto rispetto a quanto visto all’interno del “caso 1”, sebbene l’entità delle accelerazioni registrate nel tempo fosse, invece, aumentata.

Quest’ultimo aspetto è nuovamente sintomo di un campionamento non efficace e si traduce nell’impossibilità di confrontare gli spettri d’inviluppo sperimentali e simulati anche a valle dell’applicazione del fattore correttivo

. alle accelerazioni restituite dal programma sviluppato. Tali risultati mettono in evidenza una considerazione importante: non importa l’affidabilità e l’efficacia del modello di simulazione dei fenomeni esaminati se la raccolta dei dati viene disturbata da cause esterne, in quanto la determinazione di correlazioni tra i risultati forniti da entrambi diventa pressoché impossibile.

La Figura 6.17, riportata nellaa pagina seguente, evidenzia quanto appena detto, mostrando la profonda discrepanza tra gli spettri d’inviluppo valutati sperimentalmente e per mezzo della simulazione.

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Figura 6.17, confronto tra gli spettri d’inviluppo delle accelerazioni simulate divise per un fattore 3.5 (in blu) e le accelerazioni sperimentali filtrate (in rosso) per il “caso 4”

Come anticipato, infatti, lo spetro d’inviluppo sperimentale risulta a malapena visibile nella rappresentazione, se confrontato con quello simulato. Si riporta, infine, lo stesso grafico precedente applicando una riduzione degli andamenti simulati ad del loro valore effettivo (Figura 6.18), per permettere una valutazione migliore dei risultati ed un confronto anche solo indicativo.

Figura 6.18, confronto tra gli spettri d’inviluppo delle accelerazioni simulate divise per un fattore 3.5 e poi, nuovamente, per un ulteriore fattore 5 (in blu) e le accelerazioni sperimentali filtrate (in rosso) per il “caso 4”

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Come è possibile notare da quest’ultima immagine, le accelerazioni sperimentali, presentano, per la prima volta in tutti i casi esaminati, un rumore di fondo e dei disturbi più importanti di quelli percepiti per mezzo delle simulazioni. Tale aspetto è tantopiù vero se inoltre si considera che il campionamento sperimentale è avvenuto su una durata pari a 40 volte quella simulata (60s sperimentale, 1.5s simulata) e, pertanto, lo spettro d’inviluppo empirico, ed il relativo rumore, si estende verso frequenze molto più elevate. Aspetto che, appunto, favorisce il significativo abbassamento dei picchi di ampiezza alle frequenze caratteristiche.