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CAPITOLO 4: Analisi della funzionalità biomeccanica dei tessuti plantari sani e in

4.2 Comportamento meccanico del tessuto plantare sano

4.2.2 Analisi delle prove sperimentali in vivo

Numerosi studi hanno caratterizzato il comportamento meccanico della regione plantare durante il gait cycle. In particolare l’attenzione degli studiosi si è concentrata sui tessuti molli sottostanti i metatarsi e il tallone che, per la loro particolare configurazione, permettono di assorbire gli shock, ridurre la pressione plantare e proteggere da tensioni locali troppo elevate. Al fine di valutare le proprietà di tali regioni sono stati considerati alcuni indici che, potendo assumere nomenclature e formulazioni diverse, verranno ridefiniti in relazione ad ogni prova sperimentale che ne fa uso. I principali indici considerati sono lo spessore del tessuto plantare in assenza di carico (UPTM, ULHPT, Thunload ), lo spessore del tessuto plantare sottoposto a un carico (PTM, LHPT), la comprimibilità (CI, HPCI) e l’energia dissipata (EDR).

Interessante è la ricerca svolta da Cavanagh (1999) per misurare, utilizzando gli ultrasuoni, lo spessore, le deformazioni e le proprietà meccaniche dei metatarsi durante la deambulazione a piedi nudi. Sono stati utilizzati 5 soggetti sani (3 maschi e 2 femmine) che in media hanno età di 36.6 (± 10.6) anni, altezza di 169 (± 7.0) cm, massa corporea di 67.9 (± 11) kg e numero di scarpe 8.8 (± 1.7). L’apparato di misura consiste in una sonda, la cui superficie attiva risulta disposta a filo con il piano in cui il soggetto dovrà camminare, e uno scanner ad ultrasuoni. È in oltre presente una cornice in Plexiglas con la funzione di mantenere il piede nella corretta posizione. Questo sia per rendere il test ripetibile, sia per evitare che il paziente applichi una forza di taglio scivolando sul gel acustico, usato per limitare la perdita di riflessione quando l’ultrasuono attraversa l’aria. Il soggetto inizia posizionando il piede sulla cornice, partendo da una posizione stazionaria. La registrazione dei dati comincia quando egli appoggia il piede sulla sonda, continua durante la fase di contatto mentre compie un

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passo di 53 cm (distanza tallone-tallone) con il piede controlaterale, e termina al distacco delle dita del piede esaminato dal suolo.

Figura 4.8 : visione schematica dell’apparato sperimentale. L’asse della sonda è parallelo all’asse dei metatarsi.

Poiché la deformazione del tessuto è definita come 100 volte il rapporto tra la variazione dello spessore del tessuto e lo spessore iniziale, preliminarmente viene misurato lo spessore del tessuto plantare sotto i metatarsi in assenza di carico (UPTM). Esso assume il valore medio di 15.2 mm. In figura 4.9 si può osservare come varia lo spessore del tessuto nel tempo per un contatto completo del piede con il suolo. E’ possibile notare che la prima misurazione dello spessore dà un valore inferiore a quello del tessuto plantare privo di carico e che la compressione risulta rapida per i primi 250 ms mentre continua più lentamente per i seguenti 450 ms. E’ inoltre evidente, in figura 4.10, il fenomeno di non linearità della curva forza-deformazione per il quale il medesimo incremento di forza applicata produce una deformazione minore con il progredire della compressione.

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Figura 4.9 : tipica variazione dello spessore del tessuto nel tempo durante la locomozione. La linea tratteggiata rappresenta lo spessore del tessuto non sottoposto a carico.

Figura 4.10 : relazione tra forza e spostamento durante la fase di carico delle teste dei metatarsi in un singolo soggetto.

I risultati finali riportano che la massima compressione e deformazione misurate valgono in media rispettivamente - 7.0 mm e - 45.7 %. I valori della compressione massima (Tabella 4.1) risultano molto simili nei 5 soggetti, infatti la variazione massima è di soli 0.8 mm (circa il 5% della deformazione).

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Tabella 4.1 : tensione (in %) e deformazione (in mm) del tessuto adiposo dei metatarsi nel punto di massima compressione. I valori negativi indicano compressione.

Cavanagh (1997) sottolinea l’importanza dello spessore del tessuto plantare in corrispondenza delle teste dei metatarsi per la riduzione delle pressioni durante il gait cycle. Infatti le ulcerazioni nei piedi neuropatici, che possono essere causate da un aumento eccessivo della pressione applicata, sono spesso evidenti in corrispondenza del cuscinetto adiposo dei metatarsi (Myerson and Shereff, 1989).

Molti studi si sono soffermati sulle proprietà meccaniche del tessuto molle del tallone. Murat Uzel e collaboratori (2005) hanno studiato i cambiamenti subiti dallo spessore e dall’indice di compressibilità dell’heel pad in soggetti sani in relazione al livello di attività svolta. I tests sono stati eseguiti su 110 adulti sani (55 femmine e 55 maschi) di età compresa tra i 20 e 30 anni, divisi in tre gruppi; il gruppo dei sedentari, che non svolgono alcuna attività fisica, il gruppo di chi svolge meno di 7 ore di esercizio alla settimana, e il gruppo di chi si esercita per più di 7 ore la settimana. I dati relativi a ciascun gruppo sono visibili in Tabella 4.2.

Tabella 4.2 : dati relativi a ciascun gruppo.

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o lo spessore del tessuto molle del calcagno in assenza di carico (ULHPT), definito come:

ULHPT = YU – YO

o lo spessore del tessuto molle plantare con carico applicato (LHPT), definito come:

LHPT = YL – YO

Figura 4.11 : rappresentazione schematica dell’heel pad in assenza di carico applicato (a) e con carico applicato (b).

o l’indice di compressibilità (HPCI), definito come:

(LHPT/ ULHPT) × 100 [%]

I risultati ottenuti sono visibili in Tabella 4.3 dove sono confrontati i dati ottenuti per il piede destro e per il sinistro nei tre gruppi. ULHPT, LHPT e HPCI hanno valori simili nei due piedi anche se per tutti i soggetti il piede dominante è il destro.

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Tabella 4.3 : spessore del tessuto molle del calcagno e indice di compressibilità nel piede sinistro e destro in relazione al livello di attività fisica.

I valori ottenuti per ULHPT, LHPT e HPCI non mostrano differenze significative. Il valore medio di ULHPT è circa 17.0 mm nelle donne e 19.7 mm negli uomini; l’LHPT assume il valore di 10.0 mm nelle donne e 12.0 negli uomini; HPCI ha il valore di 0.6 in entrambi i sessi. Quindi, mentre i valori di ULHPT e LHPT sono significativamente superiori nell’uomo, l’HPCI ha valori simili. La Tabella 4.4 mostra la correlazione tra ULHPT, LHPT e HPCI e il peso, l’altezza, il BMI (indice di massa corporea) e la durata dell’attività fisica.

Tabella 4.4 : correlazione tra ULHPT, LHPT, HPCI e peso, altezza, BMI e durata dell’attività atletica.

E’ evidente l’esistenza di una forte correlazione positiva tra ULHPT e il peso e ULHPT e l’altezza, mentre tra ULHPT e BMI esiste solo una moderata correlazione. Esiste una forte correlazione positiva tra LHPT e il peso, mentre tra LHPT e l’altezza e tra LHPT e BMI esiste solo una moderata correlazione. Invece non sono state trovate correlazioni tra HPCI e peso, altezza o BMI.

Dai risultati emerge che lo spessore dell’heel pad e il HPCI di soggetti che svolgono regolare attività fisica per più di 7 ore alla settimana sono del tutto simili a quelli misurati in soggetti sedentari.

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Hsu e altri (2007) hanno cercato di valutare gli stessi parametri di Uzel e colleghi, distinguendo ciò che accade a livello delle micro e macrocamere nel tessuto adiposo plantare della regione del tallone. A tale scopo sono stati reclutati 6 volontari sani (2 donne e 4 uomini) di età compresa tra i 24 e 27 anni e BMI medio di 21.6 kg/m². Le misure sono state effettuate con un trasduttore ad

ultrasuoni. Il soggetto, posto su una piattaforma, carica e scarica il trasduttore a una frequenza di 0.5 Hz. La corrispondente velocità di carico media è 0.52 cm/s. La forza di carico raggiunge al massimo i 196 N, a cui corrisponde lo stress massimo di 158 kPa. Gli indici calcolati sono:

o lo spessore in assenza di carico (Thunload) e lo spessore allo stress massimo (Thmax), che sono stati ricavati dall’immagine ad ultrasuoni. In figura 4.12 si può notare come varia lo spessore dell’heel pad per diverse condizioni di carico.

Figura 4.12 : immagine ad ultrasuoni della sezione sagittale dell’heel pad in un uomo di 24 anni in condizioni di assenza di carico, fine di applicazione del carico e relax. Sono visibili lo strato delle microcamere (MIC) e

delle macrocamere (MAC).

o la massima deformazione delle microcamere, definita come: ΔXmic = Thunload -Thmax

o la massima deformazione delle macrocamere, definita come: ΔXmac = Thunload -Thmax

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o la proporzione di tessuto delle microcamere deformato rispetto alla deformazione totale del calcagno, definita come:

ΔXmic/ (ΔXmic + ΔXmac)

o la proporzione di tessuto delle macrocamere deformato rispetto alla deformazione totale del calcagno, definita come:

ΔXmac/ (ΔXmic + ΔXmac)

o i tassi di deformazione medi in condizioni di carico (Defload) o di assenza di carico (Rebunload), definiti come segue:

dove Tload e Tunload sono i periodi di carico e scarico.

o il modulo elastico E, che rappresenta la rigidezza del tessuto, definito come:

con Pmax massimo stress applicato (158 kPa in questo studio).

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Tabella 4.5 : proprietà meccaniche degli strati delle micro e macrocamere nell’heel pad.

Il modulo elastico, lo spessore in assenza di carico e lo spessore a fine carico dell’heel pad tra la pelle e il calcagno valgono in media rispettivamente 50.7 kPa, 14.7 mm e 8.8 mm. La rigidezza dello strato di tessuto delle microcamere è significativamente superiore a quella delle macrocamere. Le microcamere presentano inoltre minor spessore in assenza di carico, spessore a fine carico, Defload, Rebunload e proporzione di deformazione rispetto alle macrocamere. Il Thunload delle microcamere risulta infatti circa il 30% dello strato delle macrocamere. Il modulo elastico delle microcamere assume il valore di 450 kPa, cioè quasi 10 volte il valore assunto nelle macrocamere. E’ noto che le proprietà meccaniche sono in primo luogo determinate dalla composizione del tessuto; l’heel pad consiste in uno strato superficiale di microcamere e uno profondo di macrocamere. I setti fibrosi delle prime contengono prevalentemente fibre elastiche, mentre nelle seconde contengono approssimativamente eguali quantità di collagene ed elastina. Di conseguenza le macrocamere rispondono a un carico con maggior deformazione mentre le microcamere hanno un grado più elevato di rigidità. Gli ultrasuoni ad alta risoluzione hanno permesso di evidenziare l’eterogeneità del tessuto calcaneare e la disparità di spostamento dei vari strati dell’heel pad durante le prove di carico-scarico. Queste osservazioni, che indicano un comportamento anisotropo del tallone, possono entrare in conflitto con l’ipotesi che le deformazioni siano equamente distribuite nelle diverse zone dell’heel pad durante una sollecitazione esterna. In questo studio, la rigidezza del tessuto del tallone è vicina a quella delle macrocamere per il maggior effetto volume. L’elevata rigidità delle microcamere spiega perché, a parità di condizioni, lo strato delle macrocamere si deforma immediatamente se compresso e

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recupera velocemente la condizione iniziale appena rimosso il carico, mentre lo strato delle microcamere si deforma più velocemente ma la variazione dello spessore è molto inferiore. I differenti percorsi di carico-scarico e i diversi comportamenti a deformazione sono visibili dalla curva in Figura 4.13.

Figura 4.13 : curva tempo-deformazione per il tessuto calcaneare del piede sinistro di un uomo di 27 anni. Sono mostrati i percorsi di carico e scarico dello strato di macrocamere (linea continua nera) e di microcamere

(linea tratteggiata nera). La deformazione media (linea continua grigia) e il tasso di recupero (linea tratteggiata grigia) per ogni strato sono stati calcolati all’inizio, alla fine dell’applicazione del carico (freccia) e

allo stato rilassato.

I differenti comportamenti dei due strati implicano differenti funzioni fisiologiche. Le macrocamere nello strato profondo contribuiscono maggiormente alla resilienza del tessuto, ossia la capacità del tessuto di recuperare la forma originaria dopo la deformazione causata dalla compressione, le microcamere nello strato superficiale contribuiscono a mantenere in sede e proteggere le macrocamere.

4.3 Effetti dei processi degenerativi edell'invecchiamento sulle