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CAPITOLO 4: Analisi della funzionalità biomeccanica dei tessuti plantari sani e in

4.4 Comportamento meccanico del tessuto plantare patologico

4.4.2 Piede obeso

L’analisi della pressione plantare può fornire informazioni importanti sull’eziologia del dolore e dei disturbi alle estremità inferiori. Molti esseri umani passano una larga parte delle loro ore di cammino in posizione stazionaria, sarebbe interessante quindi misurare la distribuzione e l’entità della pressione che si sviluppa sul tessuto molle plantare (Bretts et al.,1980). La distribuzione delle pressioni nelle aree sottostanti i piedi è influenzata da molti fattori come la struttura anatomica del piede stesso, il peso corporeo, il sesso e il range di movimento delle articolazioni (Bennett and Duplock, 1993). Di conseguenza le persone obese possono avere parametri di pressione differenti rispetto a quelli di un gruppo di controllo a causa della diversa massa corporea e area plantare di contatto con il suolo. Ricerche passate hanno registrato un incremento dei valori di pressione nei soggetti obesi ma non è chiara la localizzazione delle zone dove tale pressione è maggiore. Misurare la pressione plantare è inoltre importante nel trattamento di pazienti che sono a rischio di sviluppare problemi ai piedi o che li hanno già avuti in passato.

4.4.2.2 Analisi delle prove sperimentali in vivo

Per quanto riguarda l’effetto dell’obesità sulle proprietà meccaniche del tessuto molle plantare, risulta interessante considerare lo studio svolto da Prichasuk e colleghi (1994) sui piedi di 400 soggetti sani. Lo scopo consisteva nel determinare lo spessore dell’heel-pad e la sua compressibilità al variare dell’età, del sesso e del peso corporeo dei soggetti. Essi sono stati divisi in 4 gruppi, il primo formato da 100 uomini dai 20 ai 35 anni, il secondo da 100 uomini dai 40 ai 60 anni, il terzo da 100 donne dai 20 ai 35 anni, il secondo da 100 donne dai 40 ai 60 anni. Sono state realizzate radiografie laterali di

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entrambi i piedi sia in condizione di riposo che di carico; dopodiché l’ombra corrispondente al tessuto molle è stata misurata per determinare lo spessore del cuscinetto adiposo del tallone partendo dalla parte inferiore della tuberosità del calcagno e arrivando fino alla superficie cutanea (Figura 4.22).

Figura 4.22 : disegno di una radiografia laterale del calcagno che mostra lo spessore dell’heel pad (A), la linea della superficie cutanea (ab) e la linea che individua l’estremità inferiore della tuberosità del calcagno (cd).

L’indice di compressibilità dell’heel pad (HPCI) è stato definito come: LHPT/ ULHPT

con LHPT spessore dell’heel pad sottoposto a un carico e ULHPT spessore dell’heel pad in assenza di carico. Quando l’HPCI si avvicina a uno, l’elasticità tende a zero. Per ogni soggetto è stato calcolato anche l’indice di massa corporea (BMI) dividendo il peso (in kilogrammi) per il quadrato dell’altezza (in metri). Gli individui con BMI superiore a 27 sono stati classificati come in sovrappeso.

Dall’analisi dei dati raccolti è emerso che l’ULHPT nei maschi è superiore che nelle femmine, ma non sono state registrate differenze significative nell’HPCI dovute al sesso (Tabella 4.19).

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144 maschi femmine peso (kg) 62 ± 9.64 54.41 ± 9.85 altezza (cm) 166.80 ± 6.63 153.90 ± 5.70 ULHPT (mm) 19.39 ± 2.49 18.00 ± 2.22 LHPT (mm) 10.37 ± 2.27 9.57 ± 2.34 HPCI 0.53 ± 0.09 0.53 ± 0.10

Tabella 4.19 : misure in base al sesso.

In considerazione dell’età, sia l’ULHPT che l’HPCI sono apparsi di valore più alto nei soggetti di età superiore ai 40 anni (Tabella 4.20).

età 20-35 anni età 40-60 anni peso (kg) 56.07 ± 10.07 60.53 ± 10.45 altezza (cm) 162.22 ± 8.77 158.48 ± 8.71 ULHPT (mm) 18.36 ± 2.45 19.03 ± 2.43 LHPT (mm) 9.40 ± 2.31 10.54 ± 2.22 HPCI 0.51 ± 0.09 0.55 ± 0.09

Tabella 4.20 : misure in base all’età.

E’ stata individuata inoltre una forte correlazione tra il peso corporeo e l’ULHPT. Infatti nei 51 soggetti che, in accordo con il BMI, sono stati classificati in sovrappeso, l’HPCI risulta più elevato che nei soggetti di peso normale (Tabella 4.21).

Tabella 4.21 : HPCI = indice di compressibilità dell’heel pad; N = numero dei soggetti.

soggetti in sovrappeso soggetti di peso normale HPCI 0.58 ± 0.11 0.52 ± 0.08 N 51 (102) 349 (698)

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Questo studio, che ha riportato dei valori di ULHPT compresi tra i 12 e i 28 mm, con una media di 18.70 mm, sembra confermare i valori precedentemente registrati da altri autori, come il valore medio di 17.8 mm di Steinbach (1964) e il valore di 18.62 mm di Gooding (1986). Inoltre Prichasuk ha notato che l’ULHPT assume valori maggiori negli individui di sesso maschile e in quelli di età superiore ai 40 anni. Lo spessore superiore dell’heel pad a riposo negli uomini può essere legato al fatto che questi sviluppano una corporatura maggiore rispetto alle donne; l’incremento dell’ULHPT con l’invecchiamento, nonostante la degenerazione dei tessuti biologici, è dovuto al fatto che le persone anziane tendono a acquisire peso a causa dell’incremento del grasso corporeo. Di conseguenza, nei soggetti obesi come negli anziani, l’incremento del contenuto di adipe nell’heel pad determina l’aumento della pressione in spazi chiusi e sfocia inevitabilmente nella perdita di elasticità del cuscinetto plantare. Ecco perché in questo studio anche l’HPCI risulta significativamente superiore negli individui in sovrappeso o con più di 40 anni.

Anche Uzel e altri (2005) hanno evidenziato una forte correlazione positiva tra lo spessore dell’heel pad, sia in condizione di carico sia in condizione di riposo, e il peso. E’ noto inoltre che il cuscinetto adiposo plantare, in assenza di carico, risulta ipoecogeno nei due terzi situati più in profondità ed ecogeno nel terzo più superficiale. Se invece esso è sottoposto ad un carico appare uniformemente ecogeno (Uzel et al., 2005). Ciò accade perché la porzione ecogena, che rappresenta la componente di adipe dell’heel pad, sparisce gradualmente durante i primi istanti di compressione, cosicché piccoli stress sono sufficienti a provocare deformazioni significative. Se però il contenuto di adipe è superiore al normale, ad esempio negli obesi, la rigidezza del tessuto molle aumenta e le deformazioni indotte risultano minori a parità di carico applicato. E’ evidente quindi che mentre il tessuto adiposo è responsabile della prima fase di risposta ad un carico applicato della curva di compressione non-lineare (Figura 4.23), i setti fibrosi sono responsabili del comportamento finale.

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Figura 4.23 : esempio di curva sforzo-deformazione.

4.4.3 Dolore calcaneare o tallonite