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7) ANALISI RETORICA DEL DESERTO DELLA LIBIA

Nel documento Mario Tobino Il deserto della Libia (pagine 86-180)

7.1) Analessi e prolessi

Si è detto della discontinua organicità del Deserto della Libia; converrà, quindi, analizzare le anacronie, sulla scorta di Genette e Figure III, singolarmente per ogni capitolo-racconto, e tentare una ricostruzione dei “fatti retorici” in funzione di un’ interpretazione che chiarisca, con il supporto delle dinamiche testuali, le intuizioni della critica riguardo alle tematiche fondamentali del Deserto della Libia.

Prima, però, è opportuno descrivere quella che è, a tutti gli effetti, una macrostruttura del libro: una ripartizione in due momenti distinti, anche due attitudini narrative, che si riconoscono ad una prima lettura.

Il primo gruppo di dieci capitoli narrano le vicende precedenti all’ arrivo di Rommel e si svolgono all’ Oasi di Sorman; l’ altro gruppo, di dieci anch’esso, è costituito da episodi avvenuti all’ assedio di Tobruk. A fare da raccordo è il capitolo di diario vero e proprio: Taccuino ritrovato nella

cassetta militare del tenente Marcello.

All’ interno dei due gruppi esistono delle corrispondenze: ad Oscar Pilli corrisponde Strategia e il generale Fonò; a La malizia delle donne, L’ araba

imprigionata, entrambi capitoli che descrivono la sensualità delle donne

arabe e dei ritmi musulmani. La “cartolina precetto” e Ci furono anche in

Libia degli eroi, seppur nell’ antiteticità degli stili, sono, in qualche modo,

corrispettivi, in quanto sono due modi di raffigurare medesime condizioni, l’ eroicità dell’ umile e l’ incapacità dell’ “intellettuale” di svegliarlo dalla nebbia fascista e, di conseguenza, il sentirsi responsabile per la dittatura da un lato, e, per la morte in guerra, dall’ altro. Il primo, con uno stile trattatistico che si addice alla sobrietà della prosa descrittiva, a tratti giornalistica, della cronaca satirica di Oscar Pilli, l’ altro con lo slancio di lirismo adatto all’ “inno”, alla conclusione di una seconda parte dedicata più all’ analisi, si è visto, alla reazione del singolo alla tragicità della guerra e all’ isolamento spazio-esistenziale del deserto.

Si è detto di alcuni capitoli cassati da Tobino al momento della pubblicazione del 1952 e da poco rieditati per Mondadori; a quest’ altezza

converrà comunicare la loro originaria posizione all’ interno delle due parti individuate: Misura e I versi di Maometto erano nella prima di esse, tra Le

mosche e Incontro al mercato, che precedeva La malizia delle donne; degli

altri: Un gerarca si collocava tra Un tenente e L’ eroica medaglia; e Come

si deve condurre la guerra nel deserto, come si è visto, avrebbe occupato

un’appendice.

Dopo La cartolina precetto, premessa non narrativa di cui si è già accennato, c’è il capitolo Arrivo nell’ oasi. Le anacronie sono piuttosto “elementari”, non intervengono in modo massiccio nella narrazione e sono funzionali alla chiarezza del racconto, non simulando i rimandi caotici della memoria del narratore che, anzi, espone gli avvenimenti con la massima e cronachistica chiarezza.

Le analessi, in questo e nei prossimi capitoli, sono generalmente esterne o

miste e qualora interne sono eterodiegetiche: non costituiscono dei ritorni

del racconto sui propri passi, non creano effetti stranianti di ripetizioni e ridondanze, ma: << non rischiano mai d’ interferire col racconto primo: la loro funzione è solo quella di completarlo, fornendo al lettore lumi su questo o quel precedente>>223, sono analessi fondate su linee di storia differenti da quella del racconto primo (livello temporale di racconto rispetto al quale un’ anacronia si definisce tale), hanno un contenuto diegetico differente: non c’è inferenza narrativa tra i vari livelli temporali. Sono le più tradizionali tra le analessi.

La prima che si incontra è tipica della letteratura occidentale: al momento dell’ ingresso in scena di un personaggio sui cui precedenti al narratore preme informare, la narrazione si porta a ritroso nel suo passato. In questo caso ci vengono spiegate le motivazioni, tutt’altro che nazionalistiche, del comandante della sezione di sanità, il maggiore Beluschi, per farsi ufficiale volontario. In questo primo capitolo ne appaiono altre di analessi di questo tipo: necessarie alla descrizione e alla presentazione di nuovi personaggi, come il capitano di amministrazione Scalfano o di Marcello stesso, del quale, curiosamente, non viene detto niente a riguardo della vita da civile, e che invece il narratore segue nella prima “esplorazione” dell’ oasi; dalla

223

quale si intuisce la profondità di pensiero del tenente, la sua pronta volontà di scoperte e conoscenza della cultura ospitante, cultura che lo affascina molto, essendo egli animato da un “relativismo” fuori moda nell’ esercito di occupazione fascista.

L’ esplorazione in questione avviene durante le prime disposizioni militari all’ interno dell’ accampamento; Macello vive, fin dalle prime battute, una diegesi parallela, essendo egli presente e assente nello stesso momento: <<Il tenente Marcello[…], saputo che a poca distanza ci doveva essere una piazza con delle case, il centro dell’ oasi, ci si avviò>>224 e la narrazione della sistemazione del campo di sanità riprende con un tradizionale: <<Intanto alla sezione gli ufficiali discutevano…>>225.

Il capitolo seguente, Mahmùd, non presenta anacronie differenti dal primo; ci sono degli spazi riservati al personaggio in primo piano: il notabile Mahmùd, appunto, e niente di più.

Interessante è il modo in cui prende avvio il racconto, aperto da un’ acronica e cronachistica pagina di reportage sulla vita degli arabi e sui costumi musulmani:

L’ oasi è uno spazio del diametro di circa due chilometri, in mezzo al deserto; sotto la sabbia c’è una debole falda d’acqua.

L’ arabo vive in una casa con i muri fatti di pochi sassi e moltissima terra; non vi è tetto, né in terra pavimento.

Di coperto c’è un rettangolo, un budello, accostato a uno dei quattro muri, dove su stuoie vive tutta la famiglia.

L’ arabo bastona finché e quanto vuole[…]Stanno così spesso immobili nell’ immobilità dell’ oasi.

[…]La legge nell’ oasi non vive per la polizia, ma per la religione.226

Da notare lo stile disadorno e “secco”, i frequenti “a capo”, la ricerca della chiarezza nel dettato limpido e lontano dal lirismo tipico di Tobino.

Questo avvio si confonde in un appunto riguardante le consuetudini della vita nell’ oasi, fra le quali l’ abitudine dei libici di far visitare i bambini dai

224

M. Tobino, Il deserto della Libia, in Op. Cit., pag. 277.

225

Ivi, pag. 278.

226

medici italiani; il riferimento a tali consuetudini dà il via al racconto di Mahmùd che, però, è precedente al radicamento di queste quindi sono delle anticipazioni: brevi prolessi che spiegano la vita nell’ oasi.

<< Una settimana dopo l’ arrivo della sezione penetrò nell’ accampamento un arabo che poi si seppe chiamarsi Mahmùd ben Mohammed>>227. In questo modo ci viene presentato per la prima volta l’ arabo, con un’ intrusione in prima persona del narratore e un’ anticipazione. Ancora il tempo varia impercettibilmente, sfumature che però delineano bene, a quest’altezza o in questo capitolo, lo statuto di un narratore onnisciente. Un'altra analessi (eterodiegetica esterna incompleta), in questo capitolo, è quella che serve a descrivere il passato di Mahmùd, ma, come si è già detto, questo tipo di regressioni è tra le più comuni in letteratura.

Oscar Pilli è il capitolo seguente. Si è già detto sullo statuto di particolare

“indipendenza” di questo racconto-capitolo rispetto agli altri. Tale particolarità però, dal punto di vista delle anacronie, non è rivelata. Anche questo, come gli altri, non ha un modo significativo nell’organizzazione dell’ordine. Il racconto si apre con il narratore in prima persona che si presenta al lettore come medico di manicomio e incomincia la narrazione partendo dal primo incontro con Pilli, in Italia, nel 1940, prima della Libia. Da qui in poi non ci sono significative analessi o prolessi: in modo tradizionale la narrazione avanza fino all’ allontanamento di Pilli. Invero, ma si vedrà in seguito, il tempo viene distorto tramite la frequenza; tutto sembra una continua e immobile ripetizione, anche i singoli episodi, i “casi” della follia del capitano medico sono come estrapolati da una infernale consuetudine al presente. Nessun evento è un’ occasione, ma sempre una consuetudine.

Si possono ricordare una prolessi iterativa necessaria per la descrizione del personaggio e delle sue manie che si rivelano anche nell’ abbigliamento: i vestiti mai cambiati nonostante l’ afoso deserto: << In Libia Pilli fu sempre vestito così>>228.

227

Ivi, pag. 282 (corsivo mio).

228

Il primo episodio è quello dei sacchettini di feci gettati nelle cucine, il secondo narra del furto cleptomane degli occhiali del maggiore, il terzo è quello dei timbri, poi viene la gratuitamente dolorosa incisione di un ascesso ad una ragazza araba. Poiché non è detto quale di questi eventi avvenga prima o quale dopo, o se sono l’uno parallelo all’altro, l’ unica distinzione cronologica è data dal narratore, distinguendo la parabola di Pilli in due periodi: il primo << Nel quale essendoci alla sezione un maggiore[…] tutto ciò che v’era in lui si manifestò attutito, con il bavaglio>>229; il secondo <<Dove egli fu comandante assoluto[…] campeggiò prodigo, lussurioso, snodò tutta la coda di drago felice >>230. Questi episodi avvennero nel primo periodo, quando Pilli era un sottoposto.

Il furto di denaro, la messa, che però non è episodica, come la descrizione dei pranzi e delle iniezioni, l’ufficiale Buda svegliato con una tromba ed i bagni, avvengono nel secondo periodo, nel quale si trova un’ interessante prolessi che descrive come lo sforzo di arginare la follia del comandante, follia pericolosa perché poteva indirizzare il sottoposto, per un niente, alla corte marziale (la burocrazia italiana l’unica vera forza dell’esercito fascista: <<cieca, sorda, ottusa come uno scartafaccio>>231), porti ad una duratura complicità i soldati e gli ufficiali, complicità che è un’amicizia tale da spingere alcuni ufficiali a rimpatriare molti commilitoni e a rimanere sul campo con coloro che non ebbero il privilegio.

Il capitolo Pensammo di eliminare Oscar Pilli, apparteneva, nella stesura precedente ( B ) al medesimo Oscar Pilli. I tentativi sono tre e solo l’ultimo è efficace perché, si è già detto, la burocrazia è sorda ed << Eliminarlo si poteva fare soltanto attraverso la burocrazia sanitaria della milizia >>232. Il primo tentativo è narrato all’inizio del capitolo ma poi, con un’analessi, si scopre essere il secondo, essendocene già stato uno in precedenza di cui il narratore, momentaneamente, non aveva dato notizia.

La saga di Pilli conclude con l’ episodio della rappresentazione “teatrale” della scena di guerra, ma altre anacronie non si registrano. Si è visto come

229 Ivi, pag. 296. 230 Ivi, pagg.296-97. 231 Ivi, pag. 312. 232 Ivi, pag. 318.

delle manipolazioni di tempo, se presenti anche in questa sezione, sono tradizionali e non hanno un rilievo particolare, ma rientrano in una tipologia di racconto piano e sostanzialmente lineare.

I capitoli seguenti, Le mosche, La malizia delle donne, Incontro al mercato, vengono dopo, ma in realtà raccontano avvenimenti, con protagonista Marcello, che si era perduto in Oscar Pilli, svoltisi durante la permanenza di Pilli, quindi anteriori all’ ultima parte del capitolo precedente.

In Le mosche si legge: << Solo Oscar Pilli riusciva a far dimenticare le mosche>>233, mentre in La malizia delle donne: << Già Mahmùd aveva invitato a pranzo in casa sua gli ufficiali medici della sezione; dopo pochi giorni invitò il solo Marcello >>234. Il pranzo a cui si accenna è probabilmente quello descritto nel capitolo Un pranzo nell’oasi, avvenuto circa due settimane dopo l’arrivo nell’oasi, dato che << Una settimana dopo l’arrivo della sezione penetrò nell’ accampamento un arabo che poi si seppe chiamarsi Mahmùd Ben Mohammed>>235 e, dopo un primo allontanamento, si ripresenta due giorni dopo: <<Due giorni dopo che Mahmùd aveva ricevuto il rifiuto, si presentò con il bambino sulle braccia>>236; l’incontro procede bene e allora <<Mahmùd invitò a pranzo, a casa sua, il maggiore e gli altri ufficiali; sarebbe ritornato a fissare il giorno preciso>>237.

Dopo questo excursus si può affermare che la presenza di Pilli all’ accampamento sia inconfutabile, anche se non è mai nominato.

In Incontro al mercato non è dato ricostruire una collocazione temporale. Capitolo quasi acronico è, in realtà, il luogo della riflessione di Marcello sulla dittatura e gli effetti di una lunga oppressione sugli individui. Il tenente si rende conto, incontrando Mahmùd al mercato, tra i “suoi”, di quanto dolorosa dovesse essere, per gli arabi, la presenza italiana, e proprio quando coglie di “occupare” indebitamente un paese un tempo libero, si rivolge alla propria condizione di “incarcerato” nel fascismo, stabilendo un legame, una consonanza con l’arabo Mahmùd, che va al di là di una simpatia o di un’

233 Ivi, pag. 333. 234 Ivi, pag. 343. 235 Ivi, pag. 282. 236 Ivi, pag. 284. 237 Ivi, pag. 285.

amicizia, ma è quasi una fratellanza, seppur rifiutata dall’arabo, perché <<ogni uomo è dentro la sua legge, deriva dal padre, dalla madre, dalla lunghissima storia, dalla quale è impossibile uscire, e mai è esistito nel mondo alcun imbroglio, e cioè che si deve, è impossibile non pagare.>>238.

Arrivo dei tedeschi in Libia è un capitolo di “raccordo”, serve a dare un

quadro, uno sfondo storico alle vicende, ma di più alle critiche al fascismo e alla sua impreparazione.

Con questo breve capitolo si chiude la prima sezione del libro: la vita all’oasi prima del ripiegamento per l’avanzata degli inglesi: <<il fugone>>, e l’arrivo di Rommel.

Anche dal punto di vista del tempo della storia e di tempo del racconto siamo di fronte a quel ricomporsi delle parti di cui si è detto precedentemente. Ogni capitolo, si è visto, ha una sua linearità che non si scompone mai, se non in alcuni casi: al momento dell’ ingresso di un nuovo personaggio o, per esempio, nel momento in cui il narratore raccoglie le fila del discorso.

Il gioco d’intreccio avviene tra i capitoli. Ogni nucleo ha una posizione cronologica non strettamente consequenziale al precedente. Ci sono, in alcuni casi, delle sovrapposizioni: in Oscar Pilli, il racconto ha un nuovo inizio precedente all’ incipit di Arrivo nell’ Oasi e ancora si distende fino ad un momento imprecisato della permanenza a Sorman, ma, come si è visto, posteriore agli avvenimenti narrati nei capitoli susseguenti.

I piani temporali si intersecano, allora, gli uni negli altri, in un gioco di analessi e prolessi che travalicano l’unità dei singoli capitoli-racconti, ma che si concretizzano soltanto con la relazione degli uni con gli altri. Giochi temporali ai limiti della rintracciabilità, della significazione, ma che sono un utile strumento per descrivere la perduta percezione del tempo. Il lettore, inconsapevolmente, legge di episodi che si collocano in “un prima” e “un dopo” difficilmente ricostruibili, se non attraverso spie e segnali lasciati quasi per caso dal narratore che, abilmente, scompone la narrazione in piani differenti, si è detto quasi capitoli unici, ma che, allo stesso tempo, si ricompongono in questo intreccio sfumato. È un’ indefinitezza del tempo,

238

appunto, adatta all’ ovattata consuetudine, monodicamente iterativa, dell’oasi di Sorman.

Taccuino ritrovato nella cassetta militare del tenente Marcello è un capitolo

importante per il volume, ma meno per le analessi e prolessi, che sono assenti. Trattasi di alcune pagine di diario di Marcello che vanno dal Novembre del 1940 al Maggio del 1941.

Questo capitolo segna il passaggio dalla prima alla seconda parte del racconto, il romanzo diventa diario vero e proprio; quasi Tobino giocasse con la forma da lui scelta, inserisce brani di diario per “sprofondare in abisso” le prose narrative che circondano e si specchiano in questo “taccuino ritrovato”, riemerso e ripubblicato. Se il topos è noto, meno lo è il modo in cui è impiegato e che, si è detto, risale alla prima fase della composizione: a quel Libro della Libia dei primi anni quaranta.

Si tratta di un’ idea d’impianto compositivo ben radicata nella genesi del testo e che ci dice come Tobino giochi con la forma sfumata e difficilmente definibile del libro. Il progetto di un romanzo-diario si trasforma in diario vero e proprio di uno dei personaggi nel momento più profondo del libro, alla sua precisa metà, fornendo un termine di confronto per gli altri testi, quasi come se i capitoli prendessero le mosse da questi appunti dai toni e dagli argomenti più disparati, addirittura scritti con vari stili: quello pianamente narrativo, oppure lirico, o freddo e spietato per la critica al regime; come se ci trovassimo di fronte ad un Deserto della Libia in miniatura, alla sua radice, al nucleo portante dell’opera (siamo per l’appunto alla metà, alla massima profondità del Deserto della Libia): un diario con date e, alle volte, indicazioni di luogo, che ne ancorano il contenuto ad un momento storico preciso, ma che, allo stesso tempo, hanno i contenuti universali dell’amicizia, della pena per la guerra, dell’odio verso la tirannia: i temi di tutto il libro.

Il capitolo che segue, L’araba imprigionata, sembra collegarsi direttamente con il diario precedente che termina con l’ indicazione dell’ imminente partenza per Tobruk: << 23-5-1941.- Siamo per partire per il fronte. Davanti a Tobruk muoiono molti soldati>>239, mentre questo si apre con il richiamo

239

di Carnelli, il nuovo maggiore, a Marcello, per raggiungerlo al fronte. Subito, però, la narrazione si ferma ed inizia una lunga analessi che descrive le vicende di Marcello invaghito di una bella araba intravista durante una fuga verso un rifugio, per un allarme da bombardamenti.

Tutto il capitolo, eccetto incipit ed explicit, è occupato da questa analessi

completiva completa che riporta la narrazione a dieci giorni prima e si

ricollega al periodo immediatamente precedente all’apertura del fonogramma di richiamo da parte di Marcello, compiendo un movimento circolare in senso anti orario.

Il capitolo, infatti, si apre in questo modo:

Il tenente Marcello cominciando a leggere il fonogramma mormorò: <<Non vedrò più l’araba!>>. Nel fonogramma ricevuto dall’ospedale militare di Tripoli c’era scritto che il maggiore Carnelli […] si avviava al fronte e necessitava che i quadri si rifacessero completi […] Dieci giorni prima infatti il tenente Marcello…240,

e si conclude con il maggiore che scrive il messaggio di richiamo:

Ma intanto, da Soani Ben Aden, il maggiore Carnelli, provvedendo a tutto, vergava il messaggio di richiamo.241

Si tratta dunque di una forma testuale ad anello.

Da Tripoli ad Agedabia, il capitolo seguente, narra di questo duro

spostamento nel deserto, che dà spazio ad alcune delle più profonde riflessioni del libro.

Il racconto si apre con una descrizione delle notti nei bordelli di Tripoli; ancora una volta, gli episodi si accavallano, non solo cronologicamente ma anche tematicamente, alla bella araba “imprigionata” corrispondono le sensuali matrone arabo-petronianane delle case di piacere “tinte di enné”. Lungo il tragitto il tempo pare fermarsi, l’avanzare continuo dei camion attraverso un paesaggio che non cambia mai: (<<il deserto, immobile, terra

240

Ivi, pag. 373.

241

senza lacrime, limpida fuliggine>>242), annulla la narrazione che si rivolge alla descrizione dei pensieri, secondo uno dei cliché tipici di ogni romanzo tradizionale: durante il tempo di uno spostamento di un personaggio, il narratore ne elenca i ragionamenti. Ma in questo caso c’è una differenza, lo spostamento, sebbene si verifichi in effetti, non è avvertito dei personaggi. È un muoversi immobile, il loro.

Nuovamente l’organizzazione del tempo si fa mezzo per l’espressione dell’autore. Non ci sono analessi o prolessi, eccetto un caso, ma, allo stesso modo, il giorno e la notte scombinano la loro successione: <<Si dormiva aridi, come ci fosse stato un capovolgimento tra giorno e notte>>243, la

Nel documento Mario Tobino Il deserto della Libia (pagine 86-180)

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