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Analisi e riflessioni sui dati emersi e osservazioni conclusive

L’avvento della crisi finanziaria esplosa prima negli Stati Uniti e poi a livello globale, ha determinato un’ importante riduzione nell’erogazione di credito, soprattutto nei confronti del settore immobiliare.

Riduzione del credito che si è tradotta in un calo dell’offerta di finanziamenti, che nel caso del settore immobiliare italiano non è avvenuta solo a causa di una diminuzione della domanda o di un aumento marcato del rischio di insolvenza della controparte ma, anche per alcune scelte o vincoli interni degli istituti finanziari.

Tale dinamica, ad esempio, si riscontra nel comparto delle costruzioni dove si registra una tenuta della domanda di credito a cui non corrisponde però un’adeguata tenuta dell’offerta di credito. Bisogna notare che la forte riduzione nella concessione del credito, come quella avvenuta durante la crisi ed evidenziata in tutte le aree analizzate, può aver generato una serie di importanti ripercussioni nell’economia reale. Infatti le difficoltà nell’accedere ai finanziamenti hanno determinato nelle imprese l’annullamento o il ridimensionamento dei propri programmi di investimento, come avvenuto per il comparto delle costruzioni o per il comparto degli immobili non residenziali strumentali alle imprese, mentre per le famiglie il rinvio o l’annullamento delle scelte riguardanti l’acquisto del bene casa.

Per comprendere meglio quanto appena detto, è utile indagare singolarmente l’andamento di un particolare settore e la dinamica del fattore credito ad esso riferito.

Iniziando l’analisi dal comparto delle costruzioni e dell’edilizia, si rileva un andamento negativo dello stesso dal 2007 al 2015.

Gli investimenti mostrano una riduzione significativa sia nel comparto della nuova edilizia abitativa sia nell’edilizia non residenziale privata.

Nel periodo considerato, gli investimenti in nuova edilizia abitativa hanno registrato una flessione del 61% mentre gli investimenti riguardanti l’ambito non residenziale mostrano un calo più contenuto ma comunque importante, pari al 36,5%.

L’erogazione di nuovi finanziamenti mostra un andamento negativo per entrambi i comparti. Per quanto concerne l’ambito residenziale la quantità di finanziamenti erogati passa dai circa 31 miliardi di euro agli 8 miliardi di euro del 2015, con una diminuzione del credito superiore al 70% rispetto al valore del 2007 e un andamento costantemente in calo. I finanziamenti per gli investimenti in ambito non abitativo mostrano un andamento molto simile al comparto residenziale, ma a differenza di quest’ultimi, l’andamento negativo si registra tra il 2008 e il 2013, dato che nel biennio successivo si rileva una crescita dei prestiti. Il calo dei finanziamenti al 2015 rispetto al dato del

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2007 risulta essere pari a 52%, ma se si considera il periodo 2007-2013 si ha una flessione di poco inferiore al 74%.

È opportuno comprendere che visto il tipo di settore oggetto di analisi, anche altri fattori non esaminati in questo lavoro possono aver influito sull’andamento riscontrato in questi due comparti del settore delle costruzioni. In ogni caso però risulta evidente che, data la gravità della riduzione evidenziata negli ultimi anni nel mercato del credito, il calo degli investimenti è in buona parte riconducibile a tale evento.

Riduzione del credito che oltre ad aver prodotto una flessione degli investimenti (che si può essere tradotta ad esempio nel rinvio o nell’annullamento degli investimenti) ha probabilmente determinato per alcune imprese forti difficoltà di permanenza all’interno dello stesso mercato, proprio perché a causa dell’incertezza del momento il fatto di non poter disporre di nuovi fondi può aver significato non adempiere alle scadenze programmate. Bisogna però dire che la stessa riduzione del credito ha messo in luce alcune problematiche di questo settore, come ad esempio la bassa patrimonializzazione di molte imprese edili. Inoltre per le imprese che intrattengono rapporti con la pubblica amministrazioni si sono aggiunte alla riduzione del credito anche i mancati ritardati pagamenti della P.A. che hanno determinato ulteriori e importanti conseguenze.

Dai dati dei primi nove mesi del 2016, forniti dall’Osservatorio Congiunturale di Ance, emerge che le nuove erogazioni per investimenti nel comparto residenziale risultano negative, -4,3% rispetto al dato del 2015. La stessa tendenza si rileva nel comparto non residenziale, che dopo aver registrato dei buoni risultati nel biennio 2014/2015, evidenzia un calo deciso pari al 14% sintesi di riduzioni nella prima metà dell’anno e di un lieve aumento nel terzo trimestre 2016.

Tale andamento si riflette sulle dinamiche riguardanti gli investimenti che mostrano per i primi 9 mesi una diminuzione del 3,4% per il comparto abitativo, mentre il comparto non residenziale mostra una lieve tendenza (Ance la stima in un aumento dello 0,8%) positiva frutto del miglioramento del contesto generale ma soprattutto dell’aumento dei mutui riscontrato nel biennio precedente.

Da questa analisi si può quindi dedurre come la riduzione del credito possa aver avuto un significativo impatto sull’andamento di questo comparto del settore immobiliare.

L’analisi tra il comparto residenziale e l’andamento riscontrato nel mercato dei mutui ipotecari che assumono quale garanzia reale proprio l’abitazione acquistata, mostra delle dinamiche molto simili. I principali risultati da rilevare tra il 2007 e il 2013 sono i seguenti:

• il volume dei mutui erogati passa dalle 370 mila unità del 2007 alle 143 mila unità del 2013, mostrando una diminuzione del 61% circa;

• il capitale erogato passa dai 48 miliardi di euro erogati nel 2007 ai 17,6 miliardi di euro del 2013, mostrando una diminuzione del 63% circa;

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• il numero di compravendite passa dalle 877 mila transazioni del 2007 alle 406 mila transazioni 2013, con una riduzione del 53,70% circa.

Dai dati sopra elencati si evidenzia una significativa riduzione sia dal punto di vista del credito sia nel numero di transazioni. Quest’ultime registrano un calo più contenuto rispetto a quanto rilevato nel mercato dei mutui, perché nel totale delle transazioni sono comprese anche le transazioni che non sono avvenute con l’ausilio del mutuo con ipoteca sull’abitazione acquistata (ad esempio con mutui che iscrivono ipoteca su altri immobili oppure altre forme di finanziamento).

La riduzione dei mutui erogati da parte degli istituti bancari durante la crisi, è da ricondurre ad una serie di variabili come ad esempio i vincoli di natura regolamentare, le sofferenze bancarie, la percezione di un maggiore rischio del settore immobiliare e le problematiche riguardanti le famiglie e i loro redditi che si sono tradotti in maggiori garanzie richieste a quest’ultime.

È opportuno rilevare che i mutui ipotecari rappresentano la principale forma di finanziamento per le famiglie italiane quando si cerca di acquistare casa, e considerata la riduzione mostrata dal mercato del credito, si può affermare che una buona parte dell’andamento riscontrato nel mercato delle compravendite possa essere riconducibile alla diminuzione della quantità di credito erogato. Tale aspetto sembra essere confermato dal fatto che nel biennio 2014/2015 e dai primi dati del 2016, al nuovo trend positivo del volume di mutui erogati e del capitale erogato abbia fatto seguito un aumento del numero di transazioni.

Bisogna però notare che sulla riduzione evidenziata dal comparto residenziale, possono aver inciso anche altri fattori di natura macroeconomica che durante la crisi hanno avuto il loro peso. Si pensi ad esempio la diminuzione del Pil, la disoccupazione crescente, una riduzione dei livelli di reddito disponibile delle famiglie, i tassi di interessi sui mutui che negli anni più duri della crisi hanno evidenziato una crescita.

Tutte queste variabili hanno creato un clima di incertezza e instabilità modificando i programmi di investimento delle famiglie italiane, e quindi modificando i flussi di investimento nel mercato residenziale.

Risulta però evidente che se a tutto ciò si aggiunge anche la forte contrazione evidenziata nel mercato del credito, essendo uno dei fattori principali, diventa possibile spiegare l’andamento dei risultati mostrati dal mercato immobiliare residenziale.

Anche il comparto non residenziale nel corso dell’ultimo decennio ha mostrato un andamento negativo. I risultati riguardanti le principali categorie di immobili non residenziali sono i seguenti:

• gli immobili a uso ufficio evidenziano tra il 2006 e il 2015 una diminuzione del numero di transazioni maggiore del 55%. Il fatturato passa dai 4,6 miliardi di euro del 2008 ai 2,6 miliardi del 2015 con una riduzione maggiore del 40%;

• gli immobili a uso commerciale (negozi e laboratori) evidenziano tra il 2006 e il 2015 una diminuzione delle transazioni di circa il 50%. Il fatturato è passato dai 10 miliardi di euro

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del 2008 ai 5,4 del 2015, ma il livello più basso è stato raggiunto nel 2013 con un valore pari 4,4 miliardi;

• gli immobili produttivi e industriali hanno evidenziato tra il 2006 e il 2015 una riduzione delle transazioni più contenuta rispetto alle altre tipologie analizzate, la quale si attesta da una percentuale di poco superiore al 42%. Il fatturato mostra una diminuzione di circa 5 miliardi di euro, passando dai 10 miliardi di euro del 2008 ai 5,5 miliardi di euro del 2015. Per quanto riguarda la tipologia di finanziamento, spesso per l’acquisto di immobili non residenziali viene utilizzato il Leasing.

Il leasing immobiliare ha tradizionalmente avuto un’ampia quota di mercato tra i comparti finanziati attraverso questa tipologia di finanziamento. Basti pensare che fino al 2011 l’Italia era al primo posto in Europa per volumi di stipulato leasing immobiliare, e dal 2001 al 2010 la fetta più ampia del mercato leasing italiano è stata quella relativa ai beni immobili57. Le principali tipologie di edifici

nel quale questo tipo di finanziamento viene maggiormente utilizzato, sia per la costruzione sia per l’acquisto di immobili, sono quelli a uso industriale, seguiti da quelli a uso commerciale e a uso ufficio.

I dati relativi all’andamento del leasing dell’ultimo decennio hanno evidenziato una significativa riduzione dello stipulato ma anche del numero di contratti. Lo stipulato leasing è passato dai 23,5 miliardi di euro del 2006 ai 4 miliardi di euro del 2015, i contratti da un numero superiore ai 18 mila del 2006 a circa 4 mila del 2015. A causa della congiuntura economica quindi il leasing immobiliare è passato da essere il comparto con la quota di stipulato maggiore (quasi il 50% nel 2006), tra i settori finanziati dal leasing, al terzo posto ( quota stipulato inferiore al 25%).

Considerando quindi la riduzione significativa dello stipulato leasing immobiliare (flessione superiore al 75% rispetto al dato del 2006) si può dire che, per la parte di immobili non residenziali finanziati tramite questa forma di finanziamento, abbia influenzato notevolmente l’andamento del comparto delle compravendite non residenziali ma anche delle costruzioni non residenziali (immobili da costruire finanziati in leasing).

Dopo l’analisi appena svolta, si può quindi dire in definitiva che il credito in questi 3 comparti è sensibilmente calato. Tale riduzione è da imputare, come già specificato, sia alla congiuntura economica e alle tensioni finanziarie interne alle banche, ma anche alla percezione del settore immobiliare da parte delle stesse, come altamente rischioso e quindi difficile da finanziare.

Per comprendere questo ultimo aspetto, è utile analizzare gli studi della Banca d’Italia riguardanti la stabilità finanziaria, con riferimento al settore immobiliare.

Con riferimento al mercato residenziale e quindi al credito rivolto alle famiglie, questi dati affermano che i prezzi delle abitazioni sono stati durante il periodo più importante della crisi (2010-

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Agenzia delle Entrate – Rapporto Immobiliare Immobili a destinazione terziaria, commerciale e produttiva 2013, le dinamiche del leasing immobiliare pag. 67.

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2014) in linea con le loro determinanti di fondo e pertanto, i rischi di una sopravvalutazione delle case con conseguente bolla immobiliare apparivano alquanto contenuti58.

Tale affermazione risulta importante perché, la modalità attraverso il quale gli shock del mercato immobiliare si trasmettono al sistema finanziario, è rappresentata dalla variazione del valore degli immobili forniti a garanzia dei prestiti che influenza, sia il costo e la disponibilità del credito, sia la qualità dell’attivo delle banche. Pertanto la possibilità di un cambiamento del valore degli immobili forniti a garanzia dei prestiti e quindi una possibile svalutazione degli stessi, risultava poco probabile secondo i dati della Banca d’Italia.

A ciò si aggiunge il fatto che i rischi per i bilanci bancari derivanti dai mutui alle famiglie risultavano limitati, per una serie di motivi:

• la consistenza dei mutui, tra il 2010 e 2014, rispetto al totale del credito bancario complessivo si aggirava intorno al 18%, a fronte di una percentuale quasi doppia negli altri paesi europei (Francia e Germania ad esempio);

• l’indebitamento complessivo delle famiglie in rapporto al reddito disponibile era tra i più bassi nel confronto con i paesi industriali e inoltre i nuclei familiari possono considerarsi solide dal punto di vista finanziario;

• rischio di insolvenza del mutuatario relativamente contenuto, dato che a livello normativo si prevede che il mutuatario sia obbligato a restituire integralmente il proprio debito indipendentemente dall’andamento del valore dell’immobile.

• le politiche di erogazione dei mutui immobiliari da parte degli intermediari italiani sono tradizionalmente prudenti. Il rapporto tra il valore del finanziamento e quello dell’immobile (loan to value, LTV) risulta contenuto (tra il 50% e l’80%).

Questa analisi mette in evidenza che il rischio di finanziare il comparto residenziale (famiglie) appariva ridotto negli anni in cui la crisi si è verificata, ma gli istituti bancari hanno comunque ridotto significativamente il credito. Pertanto tale diminuzione, se escludiamo le problematiche finanziarie e patrimoniali interne alle banche, può essere spiegata da delle scelte che hanno ritenuto il comparto residenziale come rischioso e che a conti fatti, sono risultate non del tutto congrue con quanto realmente rilevato dalla Banca d’Italia.

La diminuzione nell’erogazione del credito da parte delle banche a causa di un maggiore rischio del comparto residenziale, appare quindi non del tutto giustificata.

Per quanto concerne la diminuzione registrata nel settore delle costruzioni, e il rischio a esso collegato, la Banca d’Italia affermava che la fonte più rilevante di rischio immobiliare per le banche

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Secondo le analisi econometriche svolte da Banca d’Italia, che stimano un sistema di equazioni relative all’equilibrio simultaneo sul mercato immobiliare, su quello dei mutui per l’acquisto di abitazioni e su quello dei prestiti alle imprese di costruzioni, in Italia i prezzi delle case risultano influenzati positivamente da un incremento del reddito disponibile delle famiglie e delle aspettative di inflazione; sono invece influenzati negativamente da un aumento della disponibilità di superficie abitabile pro capite e, per il tramite delle condizioni di offerta di mutui alle famiglie e di prestiti alle imprese, da un rialzo del tasso di riferimento della politica monetaria – Fonte Rapporto di Stabilità Finanziaria n.4 - Novembre 2012 Banca d’Italia pag. 20

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italiane risultava essere legata sia ai prestiti erogati alle società di servizi per l’intermediazione immobiliare sia alle imprese di costruzioni.

Con riferimento a quest’ultime, tra il 2011 e il 2013, molte imprese infatti registravano forti perdite. In questo periodo si stimava una percentuale compresa tra il 15% e il 20% dei prestiti classificati in sofferenza, mentre i prestiti incagliati, scaduti o ristrutturati ammontavano al 17% del totale59.

Va precisato comunque che alcuni debiti in sofferenza delle banche riguardanti il comparto delle costruzioni e dell’edilizia sono diretta conseguenza sia dei mancati o ritardati pagamenti della P.A, sia al contesto generale del mercato immobiliare che ha determinato un aumento di immobili invenduti di proprietà delle imprese costruttrici anche a causa della riduzione del credito in altri comparti.

Da tutto ciò si deduce quindi che l’aumento reale del rischio in questo comparto ha determinato una minore propensione degli istituti bancari a concedere credito.

L’analisi svolta in questo lavoro ha messo in luce quanto possa essere importante per un settore, avere la possibilità di accesso alle fonti di finanziamento.

È evidente che la recessione globale avvenuta nell’ultimo decennio ha modificato il contesto economico e pertanto molte variabili macroeconomiche di riferimento hanno subito dei cambiamenti. Essendo una crisi a carattere principalmente finanziario, le ripercussioni maggiori si sono evidenziate nell’ambito del credito bancario con una diminuzione quindi nell’erogazione del credito.

In un ambito come quello immobiliare tali carenze hanno determinato importanti problematiche, e data l’importanza per l’economia italiana, questo settore è stato oggetto di alcuni provvedimenti che hanno cercato di sostenere sia la domanda di credito che gli operatori del settore.

Per sostenere la domanda di credito rivolto al settore residenziale, è stato introdotto il Plafond casa che permette l’accesso a mutui agevolati ipotecari alle persone fisiche. Inoltre è stato introdotto anche il Fondo di garanzia prima casa che permette di avere una garanzia su mutui ipotecari. Tali misure hanno cercato di aumentare le possibilità di accesso al credito di famiglie e privati.

Per le imprese oltre al noto e importante Fondo di garanzia per le Pmi, le misure tese al sostegno del credito risultano essere l’accordo per il credito definito da Abi, il plafond Pmi 2009 seguito dal nuovo plafond Pmi tra Abi e Cdp e infine la legge “Nuova Sabatini”, strumento agevolativo per l’acquisto di beni strumentali.

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A giugno 2013 i prestiti classificati in sofferenza si attestavano a 38 miliardi di euro, pari al 20 per cento del totale, nell’agosto 2012 tale percentuale era pari al 16% del totale mentre a dicembre 2012 la percentuale risultava essere pari al 17,5%. Fonte Rapporto di Stabilità Finanziaria n.4 - Novembre 2012 e n.6 – Novembre 2013 Banca d’Italia.

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Tali strumenti si sono rivelati importanti ma, visto l’andamento dei comparti analizzati, non sono riusciti a compensare del tutto la congiuntura economica, la riduzione e le carenze di credito bancario riscontrate sia dalle famiglie che dalle imprese.

Sostenere il settore immobiliare e il credito a esso rivolto, con l’attuazione da parte dei governi di piani diretti al rilancio dello stesso, è necessario vista l’importanza che tale settore ha rivestito e riveste nell’economia italiana. Allo stesso modo è necessario però, dato il ruolo di primaria importanza che l’immobiliare assume per il settore del credito, che gli istituti bancari tornino ad avere fiducia nel settore immobiliare, con una maggiore propensione a concedere finanziamenti ma altresì, con una nuova e migliore conoscenza sia degli operatori sia degli investimenti da finanziare. Tali aspetti devono configurarsi come un nuovo modo di operare da parte delle banche soprattutto in un contesto come quello immobiliare pieno di variabili.

In Italia un esempio di come sviluppare nuove sinergie tra settore bancario e settore immobiliare proviene da due grandi gruppi bancari, che hanno cambiato il loro modo di operare all’interno di quest’ultimo nel biennio 2014/2015, sia per una avere una migliore conoscenza del settore e una maggiore vicinanza agli operatori dello stesso (imprese e famiglie), sia per il ruolo che assume il settore immobiliare all’interno degli investimenti effettuati dagli istituti bancari.

Unicredit ha infatti creato una società di intermediazione immobiliare (“Unicredit subito casa”) che si occupa sia dell’ambito residenziale che non residenziale (sia costruito che da costruire). Anche il gruppo bancario Intesa Sanpaolo è entrato nel mercato immobiliare attraverso una società di intermediazione immobiliare e di servizi complementari all’acquisto dell’abitazione, denominata “Intesa Sanpaolo Casa”. Tale società opera nel mercato residenziale.

Nei casi appena evidenziati quindi queste banche si sono inserite nel mercato della consulenza immobiliare portando con sé però la loro esperienza finanziaria maturata nell’ambito mutui e dei prestiti in generale. Questo modo di agire facilità la comunicazione tra banca e cliente soprattutto quando quest’ultimo richiede un finanziamento per l’acquisto dell’immobile, dato che le strutture fanno parte dello stessa banca, e così facendo la banca stessa ha una migliore conoscenza del mercato, impiega minore tempo per le pratiche e soprattutto garantisce una sicurezza maggiore per i clienti sull’esito finale del finanziamento.

Inoltre la stessa banca Intesa Sanpaolo, data l’importanza del comparto delle costruzioni e vista l’importante recessione che ha colpito quest’ultimo negli ultimi anni, ha sottoscritto un accordo con l’Ance per il rilancio del comparto edile. Tale accordo mette a disposizione delle imprese di costruzioni e delle famiglie 20 miliardi di euro in finanziamenti a medio lungo termine60.

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Intesa Sanpaolo, comunicato stampa del 13 luglio 2016 – Nuovo accordo tra Ance e Intesa Sanpaolo: 20 miliardi a imprese e famiglie per il rilancio del settore edile.

http://www.group.intesasanpaolo.com/scriptIsir0/si09/salastampa/ita_comunicati_detail_intesa_spaolo.jsp?contentId=CNT-05- 00000004AC460#/salastampa/ita_comunicati_detail_intesa_spaolo.jsp%3FcontentId%3DCNT-05-00000004AC460

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Gli esempi appena descritti segnalano quindi, come le banche italiane intendono modificare il loro approccio al settore immobiliare dopo gli eventi causati dalla crisi. Aumentando il numero di servizi che la banca offre, e di conseguenza cambiare il proprio modo di operare e agire all’interno di

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