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I rapporti con la pubblica amministrazione

Il settore delle costruzioni, e le imprese che operano nello stesso, non intrattiene rapporti solo con soggetti privati, ad esempio famiglie, aziende ecc, ma opera anche con la pubblica amministrazione attraverso la partecipazione a bandi di gara pubblicati dalla stessa per far fronte alla richiesta di nuove infrastrutture o per ripristinare o adeguare il patrimonio immobiliare, le infrastrutture e le opere già esistenti dello Stato.

L’analisi riguardante le risorse destinate alle infrastrutture e alle opere pubbliche, pone l’attenzione ai potenziali finanziamenti in grado di attivare nuova domanda di attività edilizia, attraverso la capacità dello Stato di intraprendere nuovi investimenti.

Prendendo come il riferimento il 2008, anno che fa da spartiacque tra il periodo pre ed inizio crisi, si può notare che le risorse destinate per le nuove infrastrutture hanno registrato una crescita rispetto al 2007 e, secondo i dati forniti da Ance, erano pari a 18907 milioni di euro . Tale aumento segue quello altrettanto importante del 2007 pari al 22,2%, e ciò ha permesso di recuperare i livelli di stanziamento perduti nel triennio 2004-2006 nel quale le risorse per nuovi investimenti infrastrutturali sono state quasi dimezzate (-49%).

A ciò si aggiunge per il 2008 un ulteriore finanziamento determinato dal Decreto Legge 159/2007 che ha ripartito il c.d. “tesoretto”, ovvero il maggior gettito, rispetto alle stime del Governo, realizzato nel corso del 2007. Si tratta di 3.040 milioni di euro, dei quali sono da considerarsi aggiuntivi rispetto alle previsioni della precedente Finanziaria 2.650 milioni. Pertanto, il combinato disposto della Finanziaria 2008 e del DL 159/2007, ha destinato, nel 2008, alla realizzazione di nuove infrastrutture finanziamenti per 23.699 milioni di euro in aumento, rispetto ai livelli del 2007, del 32,3%. L’incremento di tali risorse è dovuto in gran parte dalla conferma delle previsioni di spesa contenute nella legge Finanziaria dello scorso anno.

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È da notare che l’aumento delle risorse, pur essendo un elemento positivo per il sistema paese, non è una condizione sufficiente alla realizzazione dei programmi di spesa perché è necessario che tale aumento si traduca in nuovi bandi di gara e quindi investimenti. In caso contrario si viene a creare il cosiddetto “paradosso delle opere pubbliche” in quanto le risorse infrastrutturali da destinare ad un determinato ente o attività esistono ma non vi sono bandi di gara da pubblicare che poi si traducono in investimenti reali (come accadde ad Anas nel 2007)14. Ciò, nel momento in cui si

verifica, arreca gravi danni e incertezza sia alle imprese che operano nel settore che alla collettività. Nel 2009, anno in cui la situazione economica internazionale e nazionale comincia a farsi preoccupante, le risorse per le nuove infrastrutture registrano una riduzione in termini reali del 10,4% rispetto al 2008. La diminuzione sarebbe più alta se non vi fosse stato, attraverso il decreto (dl 185/2008), uno stanziamento di risorse aggiuntive solo per la prosecuzione delle opere strategiche della Legge Obiettivo.

La tendenza negativa prosegue nel 2010 con un calo rispetto all’anno precedente del 9,5% Vengono confermati rispetto al 2009 alcuni stanziamenti, quali quelli per le Ferrovie dello stato e per il Fondo aree sottoutilizzate (FAS), mentre non risultano previste risorse aggiuntive per la legge obbiettivo e soprattutto non sono previste per l’anno 2010 contributi in conto capitale per l’Anas con tutte le conseguenze che ne possono derivare.

Contestualmente all’acuirsi della crisi e all’adozione di politiche tese al risanamento dei conti pubblici, la flessione riguardante le risorse destinate alle infrastrutture e alle opere pubbliche si fa più forte. Il 2011 e il 2012 sono anni in cui si registrano significative diminuzioni, rispetto agli anni precedenti, rispettivamente del 18,4% e del 10,9% in termini reali. Le risorse stanziate nel 2011, secondo dati Ance, sono pari a 12.666 milioni di euro, mentre nel 2012 sono pari a 11.516 milioni di euro. Su questi risultati hanno influito i tagli previsti dal decreto legge n. 78/2010 attraverso una riduzione lineare degli stanziamenti iscritti nel bilancio con conseguente ulteriore indebolimento della capacità di infrastrutturazione del territorio italiano, e il taglio delle risorse per il Fondo aree sottoutilizzate (FAS). Continuano a non essere stanziate risorse per l’Anas, come già avvenuto per il 2010 e 2011. A parziale compensazione di tali tagli si ricorda l’istituzione del “Fondo infrastrutture stradali e ferroviarie” disposto dalla Manovra di luglio (DL 98/2011, art. 32, co.1) con una dotazione complessiva di 4.930 milioni di euro in 5 anni (930 milioni per il 2012 e 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016).

Nel 2013 la tendenza negativa si arresta e si evidenzia un aumento delle risorse per investimenti infrastrutturali pari 14.604 milioni di euro che in termini reali equivale ad un 24,3% rispetto all’anno precedente.

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Fig. 31 – Le risorse del bilancio dello stato destinate a nuove infrastrutture - * Per gli anni 2008-2011 le risorse sono al netto dei finanziamenti per la rete ad Alta Velocità/Alta Capacità - ** Deflatore del settore delle costruzioni: 2% per il 2013 - Elaborazione Ance su Bilancio dello Stato vari anni – Fonte Osservatorio congiunturale sull’industria delle

costruzioni Ance Giugno 2013 pag. 88

E’ certamente un segnale importante, ma comunque non sufficiente per consentire un recupero dopo la pesante caduta che le risorse per nuove infrastrutture hanno subito a nel periodo 2008-2012 (-41%), raggiungendo il livello più basso dell’ultimo ventennio.

L’aumento di risorse previste nel 2013 è imputabile per circa il 60% alle dinamiche del Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le Aree Sottoutilizzate-FAS) che nel 2013 risulta più che raddoppiato rispetto all’anno precedente, recuperando gran parte della riduzione subita nel 2012 a causa delle manovre correttive d’estate (DL 98/2011, convertito con la legge 111/2011, e DL 138/2011, convertito dalla legge 148/2011) e della Legge di stabilità 2012 (Legge n.183/2011)15.

Dopo un triennio di contributi nulli, torna ad essere rifinanziata l’Anas con circa 380 milioni di euro.

Questo incremento a livello di risorse resta però un evento isolato perché nel biennio successivo quest’ultime tornano a contrarsi con flessioni del 9,9% nel 2014 e del 8,5% nel 2015.

Fig. 32 – Le risorse del bilancio dello stato destinate a nuove infrastrutture - * Per gli anni 2008-2011 le risorse sono al netto dei finanziamenti per la rete ad Alta Velocità/Alta Capacità - ** Deflatore del settore delle costruzioni: 1,7% per il 2013 - Elaborazione Ance su Bilancio dello Stato 2015 – Fonte Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni

Ance Luglio 2015 pag. 108

Analogamente a quanto accaduto nel 2013, la riduzione registrata per il 2014 è in gran imputabile soprattutto all’andamento del Fondo per lo sviluppo e la coesione (capitolo 8425 del Ministero dello Sviluppo economico) che, dopo il deciso incremento del 2013, registra una riduzione del 39%

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rispetto all’anno precedente e a ciò si aggiunge anche l’esaurimento degli effetti finanziari dovuti dai contributi pluriennali del Fondo per le infrastrutture strategiche della Legge Obiettivo, la progressiva riduzione degli stanziamenti per l’attuazione dei programmi di investimento pluriennali (es. Expo 2015) e gli effetti della manovra di finanza pubblica per il 2014. Restano stabili i contributi per alcune opere all’interno del Fondo sblocca cantieri e del Fondo infrastrutture ferroviarie, statali e relativo a opere strategiche mentre per le Ferrovie dello stato e Anas nel 2014 le risorse rilevano un debole aumento, ma si registra un calo significativo nel 2015.

Complessivamente dal 2008, anno dello scoppio della crisi, al 2015, l’analisi sul Bilancio dello Stato segna, una riduzione del 42,8% in termini reali degli stanziamenti per spese in conto capitale, a fronte di spese correnti al netto degli interessi in aumento (+11,7%)16.

Le risorse stanziate per le infrastrutture e opere pubbliche sono collegate all’effettiva pubblicazione di bandi di gara che permettono di tradurre in investimenti reali tali risorse. I bandi di gara in Italia nell’ultimo decennio hanno avuto un andamento altalenante sia come numero che come importo.

Il numero dei bandi di gara pubblicati degli ultimi anni è stato pressoché sempre in calo a partire dal 2003 fino al 2013, rispettivamente da quasi 37000 bandi nel 2003 si è passati a circa 12000 nel 2013, per poi registrare una fase positiva di crescita nel biennio 2014-2015

La flessione riguardante il numero di bandi pubblicati è dovuta sia al fattore crisi e sia all’ applicazione della legge 201/2008 (in vigore dal 22 dicembre 2008), che ha elevato da 100 mila a 500 mila euro la soglia di importo entro la quale è consentito affidare appalti mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando.

Con il decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011, convertito in legge il 12 luglio 2011 (n.106), tale soglia è stata elevata da 500.000 euro a 1.000.000 di euro.17

Per quanto concerne l’importo dei bandi di gara, attraverso i dati forniti da Ance, si scopre vi è stato un progressivo calo a partire dal 2003 fino al 2007, un debole incremento nel biennio 2008/2009, per poi nuovamente evidenziare una flessione che si è protratta dal 2010 al 2013. Nel 2014 si registra un primo segnale positivo nel valore posto in gara che evidenzia una crescita del 16,5% rispetto all’anno precedente alla quale si aggiunge un’ulteriore crescita del 3,4% su base annua nel 2015

Dal confronto con il 2003, si registra una riduzione significativa del 39,4% in termini reali dell’importo complessivamente posto in gara. Si è passati, infatti, da 41,7 miliardi di euro del 2003 a quasi 25,3 miliardi del 2015.

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Ance - Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni Dicembre 2015 pag. 89

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Fig. 33 – Bandi di gara e inviti per lavori pubblici in Italia quantificazione importo – La legge 201 del 22 dicembre 2008 ha elevato da 100.000 euro a 500.000 euro la soglia di importo entro la quale è consentito affidare appalti mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando. Con il dl 70/2011 convertito in legge il 12 luglio 2011 (n.106), tale

soglia è stata elevata da 500.000 euro a 1 milione di euro. - * Dal 2003 al 2008 dati Ance-Infoplus relativi ai bandi pubblicati. Dal "2008 con integrazione Avcp" (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture)

al "2013 con integrazione Avcp" i dati comprendono bandi e inviti (in particolare dal "2008 con integrazione Avcp" al primo semestre 2011 i dati Ance sono stati integrati con i dati Avcp per la classe di importo 150.000-500.000 euro; dal secondo semestre 2011 al 2013 i dati Ance sono stati integrati con i dati Avcp per la fascia di importo 150.000-1.000.000 euro). Per l'anno 2014 e 2015 stima Ance per bandi e inviti compresi tra 150.000 e 1 milione di euro – Elaborazione Ance

su dati Infoplus e Avcp – Fonte Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni Ance Luglio 2016 pag. 128 Ma a variare, nel periodo preso in considerazione, non è solo l’importo in valore assoluto, ma anche la struttura del mercato e di conseguenza le classi di importo dei bandi di gara.

Nella prima metà degli anni 2000, con l’introduzione della Legge Obiettivo, ad esempio, i bandi superiori ai 100 milioni di euro rappresentavano mediamente un quarto del mercato.

Tale quota si riduce nei due anni successivi per poi crescere nuovamente fino a costituire nel 2011 circa un terzo degli importi banditi nell’anno.

Nel triennio successivo (2012-2014) il peso dei bandi di importo superiore ai 100 milioni di euro si riduce progressivamente fino al 12,3% del 2014.

Per i bandi più piccoli (inferiori al milione di euro) si passa invece dalla quota del 23,4% nel 2003 al 30,8% del 2014.

Il 2015, che si caratterizza per una crescita tendenziale rilevante dei bandi di taglio più piccolo e dei lavori di importo più elevato, mostra un aumento dell’incidenza sul valore totale dei bandi di importo inferiore al milione di euro (31,3% contro il 30,8% del 2014) e delle gare superiori ai 100 milioni di euro che pesano per circa un quinto del valore posto in gara complessivamente nell’anno. Per tutte le altre classi di importo si rilevano diminuzioni nelle quote percentuali sul totale rispetto al 2014.

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Fig. 34 – Bandi di gara divisi per classi di importo – Elaborazione Ance su dati Infoplus e Avcp – Fonte Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni Ance Luglio 2016 pag. 129

In sintesi, analizzando il grafico seguente, si può capire come si sia modificata la struttura del mercato nel periodo di tempo preso in esame (2003-2015), evidenziando sia la riduzione dell’importo complessivo sia il peso di ogni singola classe di importo sul totale.

Fig. 35 – Confronto classi di importo dei bandi di gara tra il 2003 e il 2015 – Elaborazione Ance su dati Infoplus - Fonte Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni Ance Luglio 2016 pag. 130

I bandi di gara danno luogo ad una gara di appalto che viene vinta da una tra le tante aziende partecipanti. Nel momento in cui l’azienda esegue la commessa che gli è stata affidata, aspetta, nei termini previsti dalla legge, il pagamento da parte dell’ente che ha indetto la gara. Ma può accadere, soprattutto in un contesto di crisi economica, che l’attesa del pagamento avvenga con una tempistica troppo lunga rispetto a quanto prevede la legge, comportando gravissimi danni alla

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contabilità delle imprese già fortemente stressata dal razionamento del credito operato dalle banche, compromettendo in alcuni casi, la stessa sopravvivenza nel mercato quando le somme da incassare dalle stesse sono di un certo rilievo.

Il settore delle costruzioni è stato ed è tutt’ora, in Italia, uno tra i più colpiti dall’inaccettabile fenomeno dei ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione. Un fenomeno che, unito al credit crunch operato dalle banche, ha determinato una situazione di estrema sofferenza per le imprese che realizzano lavori pubblici, e in certi casi ha creato i presupposti per l’insolvenza di migliaia di imprese.

Analizzando il grafico che rappresenta i dati dell’indagine effettuata da Ance, si nota che già dal 2010 la tempistica riguardante i giorni medi di ritardo dei pagamenti era ben più alta rispetto al termine previsto dalla normativa dell’epoca (75 giorni). Con l’acuirsi della crisi la situazione è via via peggiorata toccando picchi 159 giorni di ritardo nel 2011 e 160 nel 2013. Nel 2014 e 2015, grazie anche all’approvazione del decreto legge per i pagamenti (dl 35/2013) teso al pagamento di alcuni debiti pregressi, la tendenza sembra attestarsi ai livelli del 2010 ma pur avendo superato la fase più acuta del problema, rimane la necessità di eliminare la parte “strutturale” del fenomeno legato al ritardo dei pagamenti della Pubblica Amministrazione che ancora resiste in molte amministrazioni.

Fig. 36 – Ritardo medio in giorni nei pagamenti della pubblica amministrazione – Nel grafico sono indicati i ritardi medi oltre i termini indicati dalla legge: 60 giorni per i contratti sottoscritti a partire dal 1° Gennaio 2013 e 75 giorni per i contratti sottoscritti prima del 1° Gennaio 2013 – Indagini rapide 2011/2015 da parte di Ance – Fonte Osservatorio

congiunturale sull’industria delle costruzioni Ance Dicembre 2015 pag. 108

La causa principale che ha inciso sul ritardo dei pagamenti della Pubblica Amministrazione alle imprese, è il Patto interno di stabilità. Il patto di stabilità interno rappresenta una serie di misure contabili il cui obbiettivo, dal 1999, è quello di ridurre l’indebitamento pubblico, specie nella relativa quota che origina dall’azione degli Enti locali (regioni, province e comuni).

Negli ultimi anni, il forte irrigidimento delle condizioni del Patto di stabilità interno e il ricorso al parametro della “competenza mista”, che ha reso difficile la naturale trasformazione degli impegni in pagamenti, hanno esasperato gli effetti negativi della crisi, determinando una situazione di forte

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sofferenza per le imprese di costruzioni, già pesantemente colpite dalla congiuntura economica e dalla stretta creditizia operata dalle banche a causa della crisi economico finanziaria.

Secondo l’Ance, il risultato concreto è stato l’accumulo di ingenti residui passivi in conto capitale, ovvero fondi impegnati e non spesi che “stagnano” nei bilanci degli enti locali18.

Al 2015 per esempio, pur avendo superato la fase acuta del problema, permane una situazione di incertezza e secondo l’indagine da parte di Ance sulle imprese del settore nel 2015 le principali cause che hanno determinato i ritardi nei pagamenti sono state: il mancato trasferimento dei fondi da parte di altre amministrazioni, la mancanza di risorse di cassa, la burocrazia ma anche alcune situazioni di dissesto finanziario dell’ente appaltante19.

Gli enti responsabili di tali ritardi sono in primis gli enti locali, comuni, province e regioni, seguiti da altri enti quali Anas, società partecipate da enti locali, ministeri ecc.

Fig. 37 – Indagine Ance Ottobre 2015 sulle cause prevalenti e enti responsabili dei ritardi di pagamento – Ance indagine rapida 2015 – Fonte osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni Ance Dicembre 2015 pag. 109 e 110 La tabella seguente riassume alcuni dati riguardanti l’indagine di Ance a cui sono state sottoposte alcune imprese, per capire quale siano state le decisioni poste in essere da quest’ultime per far fronte alla mancanza di liquidità e di risorse finanziarie causate dal ritardato pagamento: nel 2015, ma tali approcci da parte delle imprese sono stati evidenziati anche nelle indagine degli anni precedenti, alcune hanno dovuto ricorre a nuove forme di finanziamento, altre hanno ridotto gli investimenti o il personale o ha chiesto dilazioni ai propri creditori oppure non hanno rinunciato a partecipare ad appalti pubblici.

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Ance - Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni Giugno 2011 pag. 158

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Le indagini riguardanti tali dati sono state svolte da Ance con cadenza semestrale dal 2010 in poi. Vengono prese come riferimento le tabelle riguardanti i dati del 2015 ma le stesse tabelle con gli stessi elementi son presenti nelle indagini degli anni precedenti e hanno variazioni minime nel contenuto rispetto a queste prese come riferimento.

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Fig. 38 – Decisioni assunte dalle imprese a fronte dei ritardati pagamenti – Indagine Ance Ottobre 2015 – Fonte Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni Ance Dicembre 2015 pag. 110

Al 2015 la situazione dei ritardati pagamenti risulta essere ancora una questione irrisolta in Italia nonostante le numerose misure adottate dai governi a partire dal 2013.

Secondo quanto riportato dal rapporto di Banca d’Italia riguardante i ritardi di pagamento nelle pubbliche amministrazioni, si scopre che la stessa stima un importo pari a 9 miliardi di euro le spese in conto capitale ancora da saldare (la maggioranza delle spese in conto capitale riguarda lavori pubblici e quindi debiti verso le imprese del settore delle costruzioni che operano in ambito pubblico). Secondo Banca d’Italia, il livello medio di ritardo nel pagamento da parte delle P.A. italiane, raggiunto a fine 2014, è ormai in linea con quello registrato all’inizio della crisi (fine 2008), dopo aver conosciuto picchi rilevanti nel periodo 2012-2013.

Le misure adottate dai Governi negli ultimi anni hanno quindi permesso di porre fine ad un periodo di estrema emergenza senza tuttavia risolvere il problema storico-culturale dei ritardi di pagamento alle imprese in Italia. Banca d’Italia indica inoltre, che le imprese piccole (meno di 50 addetti) delle costruzioni sono le imprese del settore che soffrono maggiormente il problema dei ritardi di pagamento della P.A., mentre nell’industria e nei servizi sono principalmente le grandi imprese ad essere colpite dal fenomeno.

Le criticità emerse nell’analisi di questa situazione mettono chiaramente in evidenza che la risoluzione del problema dei ritardi di pagamento in Italia, e conseguentemente la corretta applicazione della nuova direttiva europea (2011/07) sui ritardi di pagamento, non possono prescindere da due misure prioritarie: la riforma strutturale del Patto di stabilità interno e il pagamento di tutti i debiti pregressi.

Per quanto riguarda la direttiva europea sui pagamenti si segnala che alcune imprese hanno riscontrato dei comportamenti iniqui da parte della Pubblica amministrazione e non coerenti con quanto previsto da quest’ultima. Secondo le indagini Ance, molte imprese segnalano che le Pubbliche Amministrazioni hanno chiesto di accettare, in sede di contratto, tempi di pagamento

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superiori ai 60 giorni oppure di ritardare l’emissione degli Stati di Avanzamento Lavori (S.A.L.) o dell’invio delle fatture opuure di rinunciare agli interessi di mora in caso di ritardo. Per non risultare inadempienti nei pagamenti, infatti, sempre più Pubbliche Amministrazioni tendono a forzare l’invio tardivo delle fatture per spostare artificiosamente la data di scadenza delle stesse. Nel settore dei lavori pubblici, la situazione è ancora più grave dal momento che la data di scadenza di un pagamento viene fissata in base alla data di emanazione dello Stato di Avanzamento dei Lavori (S.A.L.) da parte del direttore dei lavori. In sostanza, la data di scadenza dei pagamenti dipende dall’emanazione del SAL da parte di un soggetto - il direttore lavori - che viene nominato dall’ente appaltatore e fa quindi riferimento alla P.A.. Ance afferma in merito che, la capacità offerta alle Pubbliche Amministrazioni di definire la scadenza dei pagamenti nei lavori pubblici risultava essere già stata stigmatizzata dalla Commissione Europea nell’ambito della procedura di infrazione aperta a metà 2014 per mancata attuazione della direttiva europea sui ritardi di pagamento (Direttiva

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