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Analisi di scenario

Nel documento Il Business Plan (pagine 105-114)

3 4 Scelte relative all’impresa

3.4.3 Analisi di scenario

Un’altra tecnica di indagine del rischio inoltre, oltre al calcolo del b.e.p., è rappresentata dall’analisi di sensitività: “tale tecnica di analisi consente di valutare le ipotesi alla base delle stime di calcolo effettuate, sulla base di scenari di contesto differenti“.

“Con riferimento alla stretta correlazione tra ipotesi e risultati, nella predisposizione di un valido business plan dovrà trovare pertanto spazio tale strumento, volto a:

 identificare le assunzioni con maggiori elementi di criticità

 determinare gli effetti di eventuali modifiche apportate a dette assunzioni.

Questo significa che l’imprenditore ha la possibilità di valutare il suo progetto modificando le variabili di contesto e vedendo l’impatto che tali modifiche portano, in termini economici ma anche finanziari.

La scelte delle modifiche da apportare potranno fare riferimento sia a variabili endogene, modificabili direttamente dall’impresa, sia variabili esogene riferibili al contesto in cui l’impresa opera. Costituiscono principale oggetto di tale analisi le stime del fatturato e degli acquisti, e quindi anche le connesse politiche d’incassi, pagamenti, durata delle scorte, con effetti più diretti si avranno però sull’indebitamento e sulla redditività.

La sua utilità in particolare è data da:

1) la costruzione di più scenari, solitamente tre, uno pessimistico, uno ottimistico e uno attendibile;

101 2) la comprensione delle variabili critiche per la performance aziendale e, allo stesso tempo, il livello di rischio del progetto, infatti se i valori di redditività si modificassero significativamente, si ipotizzerebbe un grado di rischio di progetto più elevato.165

Dal punto di vista dell’analista esterno, la credibilità del business plan è infatti funzione della ragionevolezza delle ipotesi e della coerenza ed adeguatezza dei risultati complessivi, dove per l’appunto coerenza fa riferimento all’interrelazioni fra le variabili considerate, mentre l’adeguatezza attiene, in linea generale, ad un giudizio di coesione tra previsioni e strategie aziendali.166

E’ possibile così valutare in modo trasversale più fonti di rischio, sia di contesto che economiche- finanziarie e cercare di gestire tale rischio con vari strumenti, come riportato in tabella167:

L’analisi di scenario, attraverso l’illustrazione di simulazioni economiche, evidenzia la flessibilità e la semplicità d’uso del modello, anche in relazione alla crescente necessità delle impresa di avere strumenti di analisi «snelli», che agevolino prese di decisione rapide e consentano di rispondere in modo reattivo ai veloci mutamenti del contesto competitivo.

In particolare, dall’analisi congiunta di break-even point con le analisi di simulazioni di scenario si potrà ottenere immediata indicazione dei diversi punti di pareggio economico, intesi come volumi, prezzo e ricavi di pareggio, al variare dei valori di input in esso inseriti.

165

Borello Antonio “IL BUSINESS PLAN”– McGraw Hill Milano 2009. Pag. 63

166 Guatri E., Marinelli C., “COSTRUIRE IL BUSINESS PLAN. GUIDA OPERATIVA ALLA PREDISPOSIZIONE E ALL’UTILIZZO”,

Iposa Milano 2000. Pag.48

167

Borello Antonio “IL BUSINESS PLAN”– McGraw Hill Milano 2009. Pag. 51

TECNICHE DI ANALISI RISCHIO

di contesto di business economico finanziario

Swot analysis x x Test di prodotto x Break-even economico x x Budget di tesoreria x Payback period x Analisi di scenario x x x

102 Tali strumenti consentiranno al decisore di fare scelte razionalmente fondate, in condizioni di incertezza, potendo analizzare velocemente diversi scenari ed osservando i relativi effetti168, “tale incertezza infatti non sarà perfettamente eliminabile, ma l’esercizio di simulazione conferisce agli organi dirigenti una base informativa che diviene un punto di riferimento nella conduzione dell’impresa e ne accresce la capacità di reazione ad imprevisti mutamenti interni all’organizzazione o competitivi”.

Per tal fine, “le linee guida alla redazione del business plan proposte dal CNDCEC ne prevedono l’obbligatoria inclusione, per valutare l’impatto economico-finanziario di cambiamenti nelle assunzioni alla base del piano”. 169

3.4.4 Struttura tecnologica

Si tratterà in questo paragrafo delle scelte relative alla composizione della struttura tecnologica dato che, in sede di strutturazione di nuova azienda (o di riprogettazione di una esistente), si dovrà analizzare la variabile tecnologica.

Con il termine tecnologia si intende il complesso di conoscenze e competenze che riguardano una qualsiasi attività funzionale d’impresa.

“L’analisi della variabile tecnologica ha infatti assunto importanza crescente proprio per la rilevanza che l’innovazione ha manifestato nel corso degli ultimi decenni in vari aspetti della vita d’impresa” e per questo è necessario comprendere gli effetti che le varie opzioni tecnologiche possono determinare sulla competitività del nuovo business.

A tal proposito, si inizia con il distinguere i tipi di tecnologia con cui l’impresa può operare.

Queste sono generalmente tre e sono le tecnologie di base, le tecnologie chiave e le tecnologie

emergenti.

168

Antonielli M., “L’ANALISI DEL BEP APPLICATA ALCASO NOLEGGIO PULLMAN GRAN TURISMO”, Amministrazione e Finanza, IPSOA Milano, 8/2013. Pag.55 e 57

169

Di Toma P., “IL BUSINESS PLAN: LE ANALISI DI SENSIVITA’ PER LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI”, Bilancio vigilanza e controlli, Euroconference, Milano. Ottobre 2012. Pag. 13 e 17

103 La prima tipologia è data da quell’insieme di tecnologie il cui accesso è alla portata di chiunque voglia operare in un determinato settore; il secondo tipo invece comprende quelle tecnologie che hanno invece un peso specifico e pertanto decisivo sulla dinamica competitiva.

Infine il terzo tipo vede la presenza di tecnologie che sono ancora in fase di sperimentazione, ma che contengono tutte le premesse per imporsi.170

Al tipo di tecnologia adottata (ma anche alla specifica natura del bene e del mercato da servire) è legata solitamente l’indagine relativa alla scelta del modello di produzione.

Tale indagine -prettamente tecnica- ha lo scopo di definire i processi di lavorazione, le tempistiche delle varie fasi ed esplicitare la forza lavoro necessaria a coprire le esigenze di produzione previste.171

In particolare, i processi di lavorazione potranno svolgersi in tre modalità:

1) Produzione su commessa, detta anche job shop: tipica delle realizzazioni artigiane e/o artistiche o delle opere di grande ingegneria eseguite ad hoc, per questo il prodotto finito è concepito in un unico esemplare e i flussi produttivi di conseguenza sono irregolari e discontinui.

2) Produzione per lotti, nei quali si ha un ridotto numero di modelli forniti in lotti di grandi dimensioni.

3) Produzione a flusso continuo, tipiche delle industrie di processo, quali chimica, farmaceutica, cemento, carta.

Una maggior analisi delle metodologie di produzione sarà inoltre possibile dall’analisi della matrice prodotto/processo, dove sono collocati i vari processi in base alla loro capacità di coniugare varianti di prodotto con continuità del flusso produttivo e standardizzazione di prodotto.

Da tale matrice emergono delle situazioni cosiddette di mismatch, ossia di incompatibilità tra le caratteristiche di prodotto e quelle del processo ad esso assegnato (le due casistiche vedono infatti assegnare elevati volumi di prodotti standardizzati utilizzando flussi discontinui, d’altro canto si cerca di ottenere da un processo di tipo rigido lotti di prodotti di dimensioni ridotte, supportando così extra costi per inutilizzo delle risorse).

170

Carriero F., Ferrandina A., “IL BUSINESS PLAN- GUIDA STRATEGICO OPERATIVA”, IPSOA, Assago (MI) 2010. Pag. 56

104

Figura 118 – MATREICE PRODOTTO- PROCESSO Elaborazione personale

Oltre a queste considerazioni in merito ai processi produttivi, dovranno essere svolte ulteriori considerazioni in merito “all’impianto, inteso come il complesso delle linee di lavorazione. Solitamente un impianto automatizzato e specializzato persegue la riduzione dei costi, mentre uno versatile e flessibile mira a ridurre i rischi: un impianto potrà essere alternativamente più o meno flessibile” a seconda del rapporto tra costi fissi e costi variabili, ed è proprio tale rapporto che indica il grado di elasticità.172

Il punto di pareggio, introdotto precedentemente, è infatti solo un metodo della misura che esprime il grado di flessibilità della struttura di costo di un’impresa.

Una struttura di costo flessibile, infatti comporta non solo un punto di pareggio più basso ma anche una forbice più stretta fra costi e ricavi totali.

172 Carriero F. e Ferrandina A., “IL BUSINESS PLAN- GUIDA STRATEGICO OPERATIVA”, IPSOA, Assago (MI) 2009. Pag. 58

Processi elastici Processi su commessa Flussi irregolari o per progeto

Processi su commessa ripetuta

Processi a lotti

Processi in linea

Processi rigidi Produzione in continuo

Flussi regolari

Alta varietà Bassa varietà

Bassi volumi Alti volumi

PRODOTTO PROCESSO

NON PRATICABILE

105

Figura 119.1 - STRUTTURA DI COSTO FLESSIBILE

Figura 19.2 - STRUTTURA DI COSTO RIGIDA

Tratte da: Parolini Cinzia, “BUSINESS PLANNING : DALL'IDEA AL PROGETTO IMPRENDITORIALE”, Pearson, Torino 2011

Il livello di flessibilità della struttura può essere misurato dall’omonimo indice, dato dalla formula che segue:

106 Come suggerito dalle figure 19.1 e 19.2, più alto è il rapporto individuato dalla formula, maggiore è la flessibilità della struttura di costo e, di conseguenza, minore è la perdita se non si consegue il punto di pareggio.

Maggiore elasticità significherà quindi minor rischio perché implica perdite limitate ma, d’altro canto, anche utili limitati una volta superato il punto di pareggio.

Viceversa, una struttura di costo rigida sarà maggiormente rischiosa ma consentirà di avere maggiori profitti una volta superato il punto di pareggio.

Le strutture di costo flessibili non sono pertanto sempre da preferirsi, ma vanno privilegiate quando si ha il timore di non riuscire a raggiungere il punto di pareggio.173

In questo contesto un’ulteriore decisione di rilievo per l’impresa è il dimensionamento della

capacità ottima produttiva: essa viene definita come quella che “minimizza nel contempo il costo

unitario di produzione e la rischiosità dell’investimento: si tratta, tuttavia di una definizione teorica, perché legata al concetto di capacità produttiva massima non sempre univocamente individuabile, in quanto quest’ultima implica la stima, del grado di sfruttamento dell’impianto, medio della domanda”.174

Infine, sempre per quanto riguarda la produzione, si devono svolgere delle riflessioni in merito al

layout, ovvero la disposizione fisica di macchinari ed attrezzature: tale decisione va ad influenzare

l’ampiezza e l’utilizzazione degli spazi disponibili e per evitare successivi -costosi- spostamenti. “Principale obiettivo del layout è ottimizzare l’impiego di quelle che gli americani denominano le 4

M: men, materials, machines, money, ed anche in questo caso si deve affrontare il trade-off

produttività- flessibilità.

Gli schemi di layout che si possono individuare sono in linea di massima quattro:

Layout per prodotto o linea: riguarda i sistemi caratterizzati da una certa rigidità e ripetitività

nelle operazioni, tipici delle produzioni di beni standardizzati. In tale contesto il “layout prevede che l’insieme dei mezzi di produzione siano disposti secondo una sequenza di fasi successive poste in linea e che ogni ciclo di lavorazione realizzi un solo prodotto”.

173

Parolini Cinzia, “BUSINESS PLANNING : DALL'IDEA AL PROGETTO IMPRENDITORIALE”, Pearson, Torino. 2011. Pag. 200

107  Layout per processo: tipico dei processi di produzione job shop e/o per piccoli lotti, esso infatti

prevede la suddivisione della fabbrica in reparti omogenei in base alle operazioni da eseguire, perciò i prodotti, anche se estremamente diversi tra loro, vi affluiranno in base alla lavorazione che dovranno subire.

Layout a posto fisso: il layout qui è fisso attorno al prodotto, il quale starà fermo in una definita

ubicazione. Tale tipologia è riscontrabile per le grandi opere di ingegneria.

Group tecnology: layout di recente concezione, studiato per coniugare i benefici della

versatilità, tipico dei reparti funzionali, con quelli dell’efficienza, caratteristiche delle disposizioni in linea. Un esempio di questo tipo è dato dal layout a forma di U. 175

3.4.4.1 IT System

Pensando alla progettazione della struttura tecnologica, si potrà inoltre valutare anche l’adozione di un eventuale un sistema IT

:

gli ultimi anni infatti, sono stati caratterizzati dall’evolversi di tali sistemi che consentono di migliorare il processo di pianificazione e gestione delle imprese.

Uno dei più importanti di questo è rappresentato dall’Enterprise Resource Planning (ERP).

L’ERP è un application software che integra in modo profondo le varie funzioni d’impresa e permette la pianificazione e la sincronizzazione di tutte le sue risorse, permettendo sia l’acquisizione di informazioni molto analitiche circa lo svolgimento della combinazione produttiva, sia il confronto tra obiettivi passati e risultati futuri.176

“ERP has originated from integrating different registrations (and thus a variety of different data) into one single system and one single database environment.

175

Carriero F. e Ferrandina A., “IL BUSINESS PLAN- GUIDA STRATEGICO OPERATIVA”, IPSOA, Assago (MI) 2009. Pag. 62

176

Prandina D., “START UP. IL MANUALE DI RIFERIMENTO PER INIZIARE UN NUOVO BUSINESS”, Il Sole 24 ore, Milano 2001. Pag. 223

108 Nowadays ERP is characterized as a way of thinking and a way of organizing rather than just a computer system. The business target is to get all the information needed to manage the business to all parts of the enterprise”177.

D’altro canto, malgrado le sue funzionalità, va fatto presente come la sua implementazione richieda di sostenere un costo sostenuto, nonché eventuali license fees per l’uso del pacchetto software.

La crescita di tale software ha visto inoltre sviluppare ERP II (o x-ERP), ovvero la versione estesa di ERP, infatti mentre il primo faceva riferimento all’intra-enterprise cooperation, questo invece si ricollega al concetto di inter-interprese cooperation.

“By the way, nowadays there are no pure ERP I systems available. All ERP vendors have more or less integrated aspects of ERP II in their software”.

Le maggiori aree che costituiscono l’ERP II sono date dal Customer Relationship Management e dal

Supply Chain Management.

Il Customer Relationship Management (CRM) individua tipicamente un processo di gestione delle relazioni tra l’impresa e i suoi clienti esistenti con lo scopo di massimizzare la loro fedeltà e, di conseguenza, aumentare la profittabilità. ”The firm’s focus with CRM is to improve customers identification, conversion, acquisition and retention. The objective is to improve levels of customers satisfaction and increase revenue from existing in the face of high competition, high customer turnover and growing customer acquisition costs.” 178

La Supply Chain Management fa riferimento invece alla supply chain, ovvero il percorso all’interno dell’impresa che parte dalle materie prime per giungere al prodotto finito destinato al cliente. “The primary objective of supply chain management is to fulfill customer demands through the most efficient use of resources (…).179

177

Hoeven, Hans van der., “ERP and business processes : illustrated with Microsoft Dynamics NAV 2009”, Llumina Press, Coral Springs Fla. : 2010. Pag.19

178 Fitzroy P. e Hulbert J., “STRATEGIC MANAGEMENT: CREATING VALUE IN TURBULENT TIMES”, John Wiley & Sons-

Chichester 2005. Pag.338-339

179

Hoeven, Hans van der., “ERP and business processes : illustrated with Microsoft Dynamics NAV 2009”, Llumina Press, Coral Springs Fla. : 2010. Pag.22

109

Nel documento Il Business Plan (pagine 105-114)