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PARTE 3. SEZIONE SPERIMENTALE

18. MATERIALI E METODI

18.5 Analisi statistica

I dati sono presentati come media ± deviazione standard. Le variabili categoriche sono fornite come frequenza e percentuale. Le variabili continue sono state testate con la distribuzione normale tramite il test di Kolmogorov-Smirnov. Le variabili continue sono state poi comparate tra i gruppi usando il test di Student unpaired (per variabili con distribuzione normale) o il test di Mann-Whitney (per variabili a distribuzione non-normale)

Tutte le variabili nelle tabelle 8 e 9sono state valutate per la mortalità globale e per la mortalità cardiovascolare tramite l’analisi della regressione univariata di Cox, quelle con una associazione significativa (p<0,05) con l’endpoint sono state valutate con l’analisi della regressione multivariata di Cox per identificare i fattori predittivi indipendenti per la mortalità globale e per quella cardiovascolare. I risultati sono presentati come Hazard Ratio (HR).

93 Il cutoff di EDV 20mmHg per la predizione della mortalità globale (e cardiovascolare) ad 1 anno è stato determinato con l’uso di curve ROC (receiver operating characteristic), identificandolo come quel valore in grado massimizzare sensibilità e specificità, così da minimizzare il numero di falsi positivi e falsi negativi. Sulla base di tale cutoff è stata suddivisa la popolazione in due gruppi

Per comparare l’EDV20 mmHg ricavato in modo parzialmente invasivo con l’EDV20 mmHg ricavato in modo non invasivo è stata condotta un’analisi di bland-altman. Il valore incrementale delle variabili associate con la mortalità è stato valutato con il test del chi quadrato (Fig.21).

Per l’analisi dell’outcome sono state generate delle curve di sopravvivenza calcolate con il metodo di Kaplan Meier, le differenze tra le curve della mortalità globale e cardiovascolare sono state analizzate utilizanto il log-rank test. (Fig. 22).

94

19.

Risultati

Sono stati esaminati 166 pazienti consecutivi (63% femmine) con AS severa ed alto rischio per AVR (età 82,7±5,1 anni; Logistic Euroscore 17,1±8,72) sottoposti a TAVI con protesi CoreValve (Medtronic, Minneapolis, Minnesota). Le caratteristiche demografiche della popolazione sono elencate nella tabella 5. Dopo la TAVI è stato riscontrato rigurgito protesico (prosthetic regurgitation o PAR) in 155 pazienti (93,4%): 113 sono stati interessati da rigurgito lieve (68,1%), 36 da rigurgito moderato (21,7%) e 6 (3,6%) da rigurgito severo.

Dopo 30 giorni di follow up la mortalità per qualsiasi causa ha interessato 7 pazienti (rateo di mortalità del 4%), dopo 1 anno di follow up la mortalità per qualsiasi causa si è registrata in 21 soggetti (12,6%); la mortalità per cause cardiovascolari ad un anno è sopraggiunta in 15 individui (9%) (Tab.10).

All’analisi della regressione univariata di Cox sono stati identificati diversi parametri associati alla mortalità globale, l’analisi multivariata retrospettiva ha identificato come fattori di rischio indipendenti di mortalità globale: PAR moderato/severo (HR = 5.1, CI = 2,1-12,5, p=0,0003), classe NYHA ≥ II (HR = 2,6, CI =1,2-5,6, p =0,011) ed EDV 20mmHg (HR = 0,96, CI = 0,94-0,99, p = 0,008) (Tab.8). Di questi solamente EDV 20mmHg (HR 0,96 IC95% 0,93 to 0,99; p=0,019) e PAR moderato/severo (HR 5,7 IC 95% 2 to 16,3; p=0,001) sono stati associati alla mortalità cardiovascolare con la regressione multipla di Cox (Tab. 9).

Sono stati quindi calcolati i cutoff ottimali di EDV 20mmHg per la predittività di mortalità globale e cardiovascolare ad 1 anno con le curve ROC: per la mortalità globale il cutoff è stato fissato a 79,01ml con sensibilità (SE) 62% e specificità (SP) 80%; per la mortalità cardiovascolare il cutoff è stato fissato a 78,7 ml (SE:67%, SP:80%).

I pazienti con EDV 20mmHg < 79ml hanno mostrato ad 1 anno un rischio significativamente aumentato di mortalità globale (HR 4,4, CI 1,6 to 12,1, p=0,0002), così come per la mortalità cardiovascolare (HR 5,08, CI 1,5 to 16,9, p=0,0006) (Fig. 22A e 22B).

I pazienti con una capacitanza ridotta (EDV 20mmHg < 79ml, gruppo A) si sono differenziati da quelli con capacitanza conservata (EDV > 79ml, gruppo B) per un’AVA più piccola (0,424cm2/m2 gruppo A vs 0,50 cm2/m2 gruppo B, p = 0,02) e per un rimodellamento ventricolare più avanzato. In particolare, nonostante LVM, LVMsup ed LVMh siano rimaste simili, nel gruppo A si sono riscontrati valori elevati di RWT (0,50 vs 0,47 p = 0,017) e di LVM/EDV (3,4 g/ml vs 2,6 g/ml, p = 0,0001). Tale grado avanzato di rimodellamento è stato associato con valori di Svi ridotti (26,8 ml gruppoA vs 32,6 ml gruppo B; P=0,0001) e di Zva aumentati (8,4 mml/mmHg/mq gruppo A vs 6,6 ml/mmHg/mq gruppo B; p<0,0001), con un

95 aumento significativo dell’EF finalizzato a compensare tali condizioni fisiologiche (57% gruppo A vs 54,7% gruppo B; p = 0,019); tuttavia i due gruppi non hanno mostrato differenze emodinamiche significative prima e dopo la TAVI, con una EF paragonabile (Tab. 11).

Un confronto completo tra i parametri riscontrati nel gruppo A e nel gruppo B è osservabile nella tabella 11.

È stato possibile stratificare il rischio di mortalità globale ad 1 anno correlato al PAR per la capacitanza ventricolare sinistra: i pazienti con EDV 20mmHg < 79ml e PAR moderato/severo (11 soggetti in totale) hanno mostrato l’outcome peggiore (OR 11,2, CI 95% 3,04 to 41 p=0,0003; chi-quadrato: X2 = 6,75; P = 0,014) (Fig.21).

In questo studio è stata testata una procedura totalmente non invasiva per il calcolo della capacitanza ventricolare: l’EDV 20mmHg ricavato in modo non invasivo (NiEDV) ha mostrato un’ottima correlazione con quello calcolato in modo parzialmente invasivo (la cui EDP è stata ricavata durante la procedura chirurgica) con il test di Bland Altman (R2 = 0,95% SD 5,3 ml; p<0,0001).

Figura 21: Incremental Chi-square, X2 = 6,75; P = 0,014 6,15

11,9

96

Tabella 8: Analisi della regressione di Cox dell’associazione tra le variabili cliniche ed ecocardiografiche e la

mortalità globale ad un anno.

UnivariateCoxRegression Multivariate CoxRegression

Variable Exp(b) 95% CI of Exp(b) P value Exp(b) 95% CI of Exp(b) P value EDV20 0,97 0,95 to 0,99 0,02 0,96 0,94 to 0,99 0,008 EDVi20 ml/m2 0,946 0,90 to 0,99 0,019 0,9507 0,9096 to 0,9937 0,0257 EDV ml 0,97 0,95to 0,99 0,029 --- -- --- --- --- IA Sign 3,2 1,3 to 7,6 0,007 5,1 2,1 to 12,5 0,0003 NYHA 2,2 1,06 to 4,7 0,034 2,6 1,2to 5,6 0,011 Pegg.IA 2,7 1,17 to 6,5 0,020 --- -- --- ---- --- Sex 3,6 1,09 to 12,4 0,03 --- -- --- ---- --- Zva mmHg/ml/ m2 1,2 1,1 to 1,4 0,002 --- -- --- ---- ---

Tabella 9: Analisi della regressione di Cox dell’associazione tra le variabili cliniche ed ecocardiografiche e la mortalità cardiovascolare ad un anno.

UnivariateCoxRegression Multivariate CoxRegression

Variable Exp(b) 95% CI of Exp(b) P value Exp(b) 95% CI of Exp(b) P value EDV20 0,97 0,94 to 0,99 0,045 0,96 0,93 to 0,99 0,019 EDV ml 0,97 0,95to 1,004 0,09 --- --- --- -- --- IA Sign 4,4 1,5 to 12,4 0,0045 5,7 2 to 16,3 0,001 NYHA 2,3 0,97 to 5,6 0,058 --- --- --- -- --- Sex 3,9 0,90 to 17,4 0,069 --- --- --- - --- Zva mmHg/ml/ m2 1,2 1,07 to 1,4 0,005 --- --- --- - ---

97

Figura 22: Confronto delle curve di mortalità globale e cardiovascolare tramite log-rank test. A) Mortalità

globale ad 1 anno per EDV 20mmHg (p = 0,0002 HR = 4,4 IC 95%: 1,6-12,1) ; B) Mortalità cardiovascolare ad 1 anno per EDV 20 mmHg (p = 0,0006 HR = 5,08 IC = 95%: 1,5-16,9) ; C) Mortalità globale ad un anno per PVL (p= 0,004 HR: 3,2; IC 95%: 1,2 to 8,6); D) Mortalità cardiovascolare ad 1 anno per PVL (p= 0,001 HR: 4,4; IC 95%: 1,3 to 14,1).

Tabella 10: Morti per cause cardiovascolari nel primo anno.

Morte cardiovascolare Stroke 4 HeartFailure 4 Cardiacarrrest 3 Cardiactamponade 1 Pulmonayembolism 1 Pulmoraryaedema 1 Cardiacdeath 1 Total 15

98

Tabella 11: Parametri ecocardiografici e del cateterismo nel gruppo a capacitanza normale (B) e ridotta (A)

Capacitanza normale (Gr. B) Capacitanza ridotta (Gr. A)

Mean SD Mean SD P value

MEAN Grad 56,560 15,5124 57,476 14,2855 0,7

PEAK-Gradiente 65,840 23,4921 67,756 24,4783 0,3

PEAK Velo m/sec 4,745 0,5575 4,754 0,5787 0,9

AVA/sup cmq* 0,504 0,1940 0,424 0,1554 0,0272 Svi 32,667 8,1084 26,891 7,9035 0,0001 Zva 6,672 2,0643 8,425 2,3257 <0,0001 PAPs* 38,830 10,1528 37,632 9,2017 0,5 DT 255,566 95,1343 281,533 95,2075 0,19 E cm 90,520 40,8421 79,317 41,5707 0,1 E/Ès 22 8,4 25 9,8 0,07 E/ÈL 18,9 9,9 18,9 8,7 0,9 E/Èavg* 19,073 7,7964 19,858 7,9809 0,9 S’s 5,4 1,1 5,4 1,3 0,85 S’L 6,5 1,5 6,0 1,8 0,1 EDD 50,664 4,1339 46,256 3,0497 <0,0001 EDV* 100 21,6 66 7,0 <0,0001 LVMSup 145 26,8 136 23,3 0,08 LVMH 67,9 14,3 63,1 11,0 0,06 LVM/EDV 2,6 0,5 3,4 0,6 <0,0001 RWT 0,471 0,06006 0,507 0,08244 0,017 EDV 20invasivo/bsa 58,760 11,0490 42,207 5,0235 <0,0001 EF* 54,742 4,0618 57,068 5,8823 0,019 Emoglobina 11,520 1,5874 11,377 1,2438 0,6 Creatininemia* 1,375 1,0668 1,056 0,3347 0,1 EuroscoreLogistico 17,722 9,1787 15,520 7,1151 0,22 ETA* 82,528 5,1550 83,537 4,9603 0,19 AO Pressure* 139,232 30,5978 144,098 30,8527 0,43 AODP 62,232 11,8316 62,317 9,7454 0,9 LVEDP* 16,064 5,4665 16,268 5,3105 0,83 LVESP 205,072 31,4625 211,854 29,9404 0,22 POSTLVEDP 14,5 5,7 13,9 6,1 0,49 POSTLVESP* 156,832 28,8723 162,902 29,8419 0,18

POSTAO sis pressure 152 29 161 30 0,11

Post AODP* 59,5 13,3 61,0 13,5 0,4

PEAK to PEAK 65,840 23,4921 67,756 24,4783 0,3

ARIindex 30,117 9,4543 29,522 7,3779 0,7

Peak to Peak post* 3,20 5.3 1,8 3,4 0,25

Delta EDP -1,528 6,9203 -2,317 5,2461 0,5

Variazione PA Diastolica -2,782 14,5012 -1,220 15,5973 0,5

Ipertension** 106/125 84,8% 33/41 80,5% 0,6

CAD 54/125 43,4% 17/41 41,5% 0,9

99

20.

Discussione

Ricapitolando alcuni concetti espressi nel capitolo 6 è importante ricordare come la stenosi valvolare aortica rappresenti un modello di sovraccarico pressorio a cui il ventricolo sinistro risponde con un rimodellamento che generalmente determina lo sviluppo di ipertrofia. Tale processo, che inizialmente costituisce un appropriato compenso fisiologico, conduce infine ad un maladattamento che influenza negativamente la prognosi.

Il fenomeno è contraddistinto da apoptosi miocardiocitica e fibrosi (prima interstiziale e poi sostitutiva), che è stata associata all’aumento progressivo della massa cardiaca. Tali alterazioni portano ad un maggior grado di stiffness e ad una riduzione della funzione sistolica longitudinale, entrambi elementi che si riflettono sull’aggravamento della sintomatologia e sul peggioramento dell’outcome.

Tuttavia, indipendentemente dalla severità della stenosi, è possibile osservare un’ampia variabilità individuale sia nel grado che nel pattern di ipertrofia: ciò è dovuto alla molteplicità dei fattori in gioco (genetici, emodinamici e comorbidità). Infatti l’ipertrofia e la severità dell’AS non sono strettamente correlate con il grado di fibrosi, ne consegue che l’ipertrofia e la fibrosi sono processi multifattoriali e non prevedibili nei singoli pazienti, i quali devono essere considerati come un gruppo eterogeneo con differenti caratteristiche di rimodellamento e funzionalità ventricolari.

Ciò ha portato ad identificare quattro distinti gruppi di soggetti con AS: normal flow

high gradient (NF/HG), normal flow low gradient (NF/LG), low flow low gradient (LF/LG) e low flow high gradient (LF/HG) con caratteristiche ed outcome differenti fra loro.102

Ricordiamo a tal proposito che i pazienti LF/HG (Svi<35 mml/mq e gradiente medio >40 mmHg) hanno mostrato rischio di eventi cardiaci due volte superiori rispetto ai NF/LG.103

In particolare i soggetti del nostro studio con ridotta capacitanza ventricolare (gruppo A) presentavano uno Svi significativamente ridotto (<26,8 ml/m2), gradiente aumentato (>50mmHg), RWT aumentato (0,50) e LVM/EDV aumentato (3,4 g/ml), rientrando quindi nel gruppo LF/HG. Conseguentemente in tali individui il basso flusso (Svi ridotto) rappresenta un marker della presenza di disfunzione miocardica, come evidenziato anche da una marcata riduzione delle velocità sistoliche tissutali (TDI), malgrado una EF sostanzialmente conservata.

In questo gruppo di pazienti la presenza di un’aumentata stiffness (valutata come EDV 20mmHg) influenzava negativamente l’outcome, indipendentemente dalla presenza di

100 fibrosi non deve sorprendere che alcuni pazienti avesseto una compliance ventricolare conservata o normale (Gruppo B, EDV 20mmHg > 79ml) e, conseguentemente, miglior outcome.

Lam et al. hanno applicato la stessa formula utilizzata nel presente studio per calcolare la EDPVR in 244 pazienti con insufficienza cardiaca e normale EF (HFnEF) ed evidenziando come questi ultimi, rispetto ai controlli normali ed ai pazienti con ipertensione arteriosa, avessero una ridotta capacitanza ventricolare di EDVi 20mmHg di 55,7 ml/m2 (EDVi = EDV indicizzato per la superficie corporea >60 ml/m2 nei soggetti normali).203 I soggetti del nostro studio con capacitanza conservata (gruppo B) presentavano un EDVi 20mmHg in media di 58 ml/m2, significativamente maggiore rispetto al gruppo A (42,2 ml/m2), che mostrava un outcome peggiore. Sempre nei soggetti del gruppo B si evidenziava un grado di rimodellamento minore, inoltre, vista l’alta incidenza globale di leak lieve/moderato, è lecito ipotizzare che quest’ultimo non peggiori la prognosi in presenza di un EDV20 mmHg >70ml.

È probabile quindi che, proprio come come i pazienti con HFnEF, anche quelli con stenosi aortica e ridotta capacitanza ventricolare sinistra presentino un outcome peggiore sia in termini di risposta clinica che di mortalità, indipendentemente dalla strategia terapeutica adottata. Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, la mancata risposta clinica che, come già osservato, interessa fino al 20% dei pazienti sottoposti a TAVI.

L’interpretazione dei dati ha confermato quanto già messo in luce da studi precedenti, ovvero che lo sviluppo di un leak paravalvolare moderato/severo dopo la TAVI ha un’influenza prognostica negativa.171, 172, 173 È stato inoltre appurato che la presenza di un leak paravalvolare emodinamicamente significativo su un ventricolo estremamente rigido (o il peggioramento di una pre-esistente insufficienza valvolare aortica) può rappresentare un’importante complicanza in questi pazienti: lo sviluppo di un PAR su un ventricolo con capacitanza ridotta infatti conferisce un rischio incrementale di mortalità globale e cardiovascolare. Al contrario, in base a quanto osservato nei pazienti del gruppo B, è ipotizzabile il ruolo protettivo di una stiffness conservata in caso di leak lieve/moderato.

In questo gruppo di soggetti non si notano variazioni significative dell’EDP post- TAVI e lo stesso ARi index non risulta utile nella stratificazione prognostica.

Questo potrebbe essere secondario alla netta prevalenza di insufficienza paravalvolare aortica lieve/moderata registrata nei nostri pazienti, rispetto ai soli 6 soggetti nei quali era presente un’insufficienza aortica (IA) severa. Tuttavia, come dimostrato anche in precedenti studi,209 le pressioni telediastolica ventricolare ed aortica, subito dopo la TAVI, tendono generalmente a ridursi, mentre si assiste ad un aumento della pressione tele sistolica,dello Svi

101 ed una riduzione delle resistenze periferiche totali; il tutto associato ad un migliore accoppiamento ventricolo-arterioso (V/A).210 Pertanto la variazione di pressione telediastolica nell’immediato post TAVI è influenzata da numerosi fattori non prevedibili. È anche possibile che tali meccanismi non si mantengano nel lungo periodo (almeno non in tutti i pazienti), e che la presenza di IA possa quindi associarsi ad un aumento eccessivo della LVEDP. Per questo il ruolo fisiopatologico svolto da un modico incremento del sovraccarico volumetrico potrebbe risiedere in un’incapacità del ventricolo sinistro ad adattarsi, nel breve-lungo periodo, alle modificate condizioni emodinamiche. Saranno successivi studi prospettici multicentrici a valutare la veridicità di tali osservazioni.

Merita di essere sottolineato come l’analisi dei risultati del test di Bland Altman abbia confermato che è possibile stimare con ragionevole accuratezza l’EDPVR con l’ecocardiografia, in modo totalmente non invasivo, gettando le basi per la stabile introduzione di tale metodica nell’iter clinico-strumentale dedicato alla valutazione dei pazienti candidabili alla TAVI.

102

21.

LIMITAZIONI

Le limitazioni principali del presente studio sono rappresentate dal suo carattere monocentrico e dalla limitata popolazione considerata.

Inoltre, poiché sono stati presi in esame solamente pazienti sottoposti a TAVI con

CoreValve, i risultati potrebbero non essere altrettanto validi per le altre tipologie di protesi

transcaterere.

Immediatamente dopo la TAVI, l’AR postchirurgico è stato stimato tramite cateterismo, quando l’entità del rigurgito può essere influenzata da numerosi fattori emodinamici, nonostante ciò, ad oggi, il miglior metodo per stabilire l’AR rimane controverso.

La capacitanza ventricolare è stata valutata non invasivamente mediante equazione proposta da Lam.203 Pur non essendo stato possibile ricavare direttamente il volume telediastolico (EDV) mediante catetere ventricolare sinistro a conduttanza, precedenti lavori hanno mostrato una buona correlazione tra dato invasivo e non invasivo.202

103

22.

CONCLUSIONI

I dati sopracitati hanno ulteriormente confermato che lo sviluppo di insufficienza valvolare associata a PVL di grado superiore al lieveinfluenza negativamente la prognosi dei pazienti sottoposti a TAVI.

In maniera analoga anche le proprietà diastoliche ventricolari sinistre, come la capacitanza (descritta dall’EDPVR), si sono dimostrate associate indipendentemente con l’outcome a breve termine.

Si è inoltre evidenziato come lo sviluppo di un PAR su un ventricolo con capacitanza ridotta conferisca un rischio incrementale di mortalità globale e cardiovascolare.

Oltre a ciò è stato possibile appurare che l’uso della metodica single beat in associazione con l’equazione di Lam è paragonabile alle precedenti tecniche invasive e parzialmente non invasive impiegate per ricavare l’EDPVR. La possibilità di valutare le caratteristiche passive del ventricolo sinistro ed il pattern di rimodellamento in modo non invasivo prima della procedura di sostituzione trans catetere, può quindi rappresentare un utile strumento nella selezione dei pazienti da sottoporre a TAVI, permettendo di individuare i soggetti a maggior rischio e di predirne l’outcome.

Tali conclusioni potrebbero rappresentare un’ulteriore espansione delle nostre conoscenze sulla TAVI, contribuendo a colmare le lacune precedentemente evidenziate inerenti la selezione e la valutazione ottimale dei pazienti.

104

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