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PARTE 1. LA STENOSI VALVOLARE AORTICA

7. ASPETTI CLINICI

10.1 Aortic valve replacement (AVR)

Tra le metodiche in uso rappresenta quella impiegata da più tempo ed è l’unica (assieme alla TAVI, laddove indicata) a garantire un concreto miglioramento del quadro sintomatologico. Dal primo intervento, effettuato con valvola meccanica nel 1960, si sono progressivamente avvicendate tipologie di protesi e tecniche chirurgiche differenti tutte accomunate dalla natura invasiva della procedura, che tutt’oggi rappresenta il principale problema nel valutare l’eventuale candidabilità del paziente alla chirurgia.

10.1.1Protesi e tipologie di intervento.

Le protesi oggi disponibili comprendono:

Bioprotesi valvolare stented (Fig. 12)

Caratterizzata da un supporto rigido, è fabbricata in pericardio bovino o suino e non richiede una terapia anticoagulante specifica. L’intervento in genere è eseguito tramite diverse tipologie di aortotomia e prevede l’accurata rimozione di placche calcifiche dall’anulus, ponendo particolare attenzione a non danneggiare il fascio di conduzione.

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Figura 12: Bioprotesi valvolare stented. Tratto da:

http://www.edwards.com/it/products/porcinevalves/p ages/savaortic.aspx

Bioprotesi valvolare stentless (Fig. 13)

È fabbricata in pericardio porcino e priva di struttura rigida, disponibile dal 1990. Dal punto di vista emodinamico garantisce risultati comparabili alla stented, anche se gli studi hanno mostrato un suo migliore impatto sulla funzionalità del ventricolo sinistro.138 Per contro, l’intervento è più complesso (detto mini root) poichè è necessario sostituire la radice aortica, andando a re-impiantare l’origine delle coronarie.

Figura 13: Bioprotesi valvolare stentless. Tratto da:

http://www.edwards.com/it/products/porcinevalves/pages /primaplusstentless.aspx

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Homograft aortici

Il primo intervento di questo genere risale al 1962, quando la valvola del paziente venne sostituita con quella di un donatore. È evidente come tale soluzione garantisca miglior emodinamicità e durabilità, così come la relativa indipendenza da anticoagulanti. Per contro l’operazione è complessa in quanto richiede l’esecuzione di un mini root.

Intervento di Ross (Fig. 14)

Donald Ross, lo stesso sviluppatore della tecnica con Homograft, ha ipotizzato la sostituzione della valvola aortica malata con quella polmonare sana del paziente stesso (autograft polmonare), impiantando poi una valvola Homograft al posto della polmonare stessa. L’intervento presenta il vantaggio di posizionare una valvola perfettamente compatibile ed in grado di svilupparsi assieme all’individuo (l’utilità nei bambini è quindi evidente). Per contro l’operazione risulta molto più complessa e lunga, senza contare che si ha sempre il rischio di causare nel paziente potenziali problemi a due strutture valvolari distinte.

Figura 14: Intervento di Ross. Tratto da: Stelzer P, Adams DH. Surgical

approach to aortic valve disease. In: Otto CM, Bonow RO. Valvular heart disease: a companion to Braunwald’s heart disease. 3rd ed.

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Protesi meccaniche

Le valvole meccaniche, oggi disponibili in diversi materiali e strutture, hanno l’innegabile pregio di essere progettate per durare ben più a lungo della vita del paziente ed in genere richiedono un’unica soluzione chirurgica. Per contro comportano un aumentato rischio trombo embolico ed il paziente rimane dipendente da terapia anticoagulante a vita, con tutte le problematiche connesse ad essa; aggiungiamo anche il difetto della rumorosità, che può inficiare notevolmente la qualità di vita del soggetto portatore.139

La scelta della valvola da utilizzare è determinata dalla tipologia di protesi e dalla modalità di intervento, così come dalle caratteristiche del paziente. Secondo l’ESC/EATS 2012 Guidelines ogni valvola comporta pregi e difetti che devono essere attentamente ponderati:140 le stentless e le homografts hanno ottima emodinamica ma una durabilità inferiore rispetto alle valvole meccaniche, in quanto soggette a possibile deterioramento e ricalcificazione (Structural Valve Deterioration o SVD),141 mentre le valvole meccaniche hanno lunga durata ma richiedono l’uso di anticoagulanti per il resto della vita del paziente. Tra le bioprotesi le stentless sono più longeve delle homografts le quali, a seguito di SVD, possono richiedere un successivo (e complesso) intervento dai 10 ai 25 anni dopo la prima operazione. Aldilà delle differenze significative tra le varie tipologie di device elencate, la questione fondamentale rimane la scelta tra una protesi biologica ed una meccanica. L’età gioca un ruolo importante: le linee guida della ACC/AHA24 suggeriscono l’uso di protesi meccaniche nei pazienti con età minore di 65anni (Classe IIaC) e biologiche in quelli con età maggiore di 65 anni (Classe IIaC). Quest’ultime sono anche contemplate in pazienti di età < di 65anni nel caso in cui, per motivi legati allo stile di vita, essi preferiscano non effettuare terapia anticoagulante, accettando piuttosto il rischio di un successivo intervento per sopraggiunta SVD.

Confrontando le indicazioni della ACC/AHA e dell’ESC/EACTS si possono individuare le varie situazioni nelle quali propendere per la protesi meccanica (Tab. 3) o per quella biologica (Tab. 4):24, 140

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Tabella 3: Linee guida a favore delle protesi meccaniche ACC/AHA

GUIDELINES24

ESC/EACTS GUIDELINES140

Patient already undergoing anticoagulation for mechanical prosthesis in another position

Classe IC Classe IC

Patient preference Classe IIaC Classe IC

Accelerated risk of structural valve deterioration (Age <40 years, hyperparathyroidism)

Nessuna Classe IC

Patient already undergoing

anticoagulation due to high risk of thromboembolism (atrial fibrillation, venous thromboembolism,

thrombophilia, severe left ventricular dysfunction)

Classe IIaC Classe IIbC

Reasonable life expectancy (>10 years) and high risk for future “repeat” aortic valve replacement

Nessuna Classe IIaC

Tabella 4: Linee guida a favore delle protesi biologiche ACC/AHA

GUIDELINES24

ESC/EACTS GUIDELINES140

Anticoagulation contraindicated Classe IC Classe IC

Patient preference Classe IIaC Classe IC

Reoperation of mechanical valve thrombosis despite good long-term anticoagulation

Nessuna Classe IC

Woman of child-bearing age contemplating pregnancy

Classe IIbC Classe IIaC

Low risk for future “repeat” aortic valve replacement

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10.1.2Paziente sintomatico ed asintomatico: criteri decisionali

Se in passato si considerava l’opzione chirurgica solo per quei pazienti con stenosi sintomatica, oggi tale modus operandi è messo in discussione. Abbiamo già specificato come la AS tenda a rimanere silente per lungo tempo, per poi, una volta resasi clinicamente manifesta, dar luogo ad una rapido peggioramento: la durata di tale periodo libero da sintomi è estremamente variabile da paziente a paziente, così come sono variabili le condizioni fisiopatologiche pur con lo stesso livello di stenosi aortica documentata.142 È utile ribadire ulteriormente come alcuni soggetti possano essere solo apparentemente asintomatici, in quanto inconsciamente portati a limitare la propria attività fisica in funzione della stenosi presente: questo non fa altro che determinare un quadro emodinamico già gravemente compromesso (e di difficile gestione chirurgica) al momento d’esordio conclamato dei sintomi.

Considerando che modificazioni quali l’apoptosi e la fibrosi miocardica potrebbero inficiare la sopravvivenza post-chirurgica (poiché fenomeni non completamente reversibili), si evince come il paziente in fase asintomatica debba essere preso in considerazione per la chirurgia. Quindi non sempre il momento della manifestazione dei sintomi è quello ideale per ottenere il miglior outcome, in quanto potrebbero essersi già prodotti danni irreversibili al miocardio in grado di alterare la buona riuscita dell’intervento e la sopravvivenza.

Si prospetta l’ipotesi di intervenire sia sui pazienti che, sfuggiti ad una diagnosi precoce, mostrino segni e sintomi tangibili di una AS avanzata, sia in quelli in fase asintomatica, al fine di prevenire l’instaurarsi di alterazioni permanenti del ventricolo sinistro.143

È importante ricordare inoltre che, oggigiorno, grazie alla diffusione capillare dell’ecocardiografia, più del 50% dei pazienti perviene ad una diagnosi di AS in fase ancora asintomatica: in futuro quindi la classe medica dovrà poter fornire soluzioni terapeutiche ottimali ad un sempre crescente numero di soggetti in stadio precoce della malattia. Per facilitare ulteriormente il processo decisionale sono stati individuati alcuni fattori di rischio del paziente asintomatico, correlati sia al rapido progresso della stenosi, sia al possibile outcome chirurgico negativo:

- Età avanzata - Aterosclerosi

- Calcificazione valvolare

52 - Aumento del gradiente transvalvolare sotto sforzo145

- Rapida progressione della stenosi

In tali condizioni, una volta comparsa la sintomatologia, la prognosi è negativa con un’alta mortalità entro breve tempo.146 Questo costituisce un incentivo ad intervenire prima che la situazione clinica precipiti ulteriormente. Pazienti con sintomi evidenti mostrano una mortalità intraoperatoria più alta rispetto a quelli asintomatici e a quelli con sintomatologia lieve. La Society of Thoracic Surgeons ha raccolto dati di soggetti sottoposti ad AVR e ne ha considerato la mortalità in relazione alla classificazione della New York Heart Association (NYHA): pazienti in classe I e II avevano una mortalità minore del 2%, mentre quelli in classe III e IV avevano un rischio rispettivamente del 3.7% e del 7.0%. Lo studio ha confermato anche l’intuitiva osservazione che l’intervento in elezione presenta una mortalità nettamente più bassa rispetto a quello eseguito in urgenza.147

Date queste premesse, potremmo quindi individuare il timing ottimale per l’esecuzione dell’intervento chirurgico in quel momento fisiopatologico nel quale:

- Non si sono ancora instaurate alterazioni strutturali miocardiche persistenti - Il paziente è ancora asintomatico

- I primi sintomi si svilupperanno entro poco tempo

Questo rappresenterebbe il miglior compromesso tenendo conto che la qualità della vita in fase asintomatica è generalmente ottima e che la chirurgia, pur eseguita in elezione, comporta una quota di rischio che dovrebbe essere soppesata. Naturalmente non sempre è possibile stabilire con precisione la situazione clinica e patologica del paziente: numerose sono le linee guida ed i flow charts che permettono la valutazione del malato e la scelta del miglior percorso terapeutico possibile, tra le quali citiamo il recente lavoro del 2012 della ESC/EACTS (Fig. 15):140

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Figura 15: Management dell’AS severa.

AS = aortic stenosis; AVR = aortic valve replacement; BSA = body surface area; LVEF = left ventricular ejection fraction; Med Rx = medical therapy; TAVI = transcatheter aortic valve implantation.

a) Echocardiographic criteria for the definition of severe valve stenosis.

b) Surgery should be considered (IIaC) if one of the following is present: peak velocity >5.5m/s; severe valve calcification + peak velocity progression ≥0.3 m/s/year. Surgery may be considered (IIbC) if one of the following is present: markedly elevated natriuretic peptide levels; mean gradient increase with exercise >20 mmHg; excessive LV hypertrophy.

c)The decision should be made by the ‘heart team’ according to individual clinical characteristics and anatomy. Tratto da: Vahanian A, Alfieri O, Andreotti F, et al. Guidelines on the management of valvular heart disease

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10.1.3Controindicazioni all’intervento

Nell’analisi dei criteri di operabilità devono essere considerati attentamente quei fattori che si sono dimostrati strettamente correlati con un’alta mortalità intra e post operatoria. Uno studio condotto su più di 6000 soggetti con AVR ha identificato caratteristiche specifiche quali:148

- Età ≥ 80 anni: - Classe NYHA ≥ III

- Frazione di eiezione ≤ 30% associata a precedente IMA - AS associato a bypass aorto-coronarico

Età

Sebbene, stando alle attuali linee guida,21,32 l’età di per sé non debba essere considerata una controindicazione all’intervento, è possibile che il medico tenda a sconsigliare l’AVR nel paziente molto anziano. È evidente che, in ambito chirurgico, l’età avanzata costituisce un rischio operatorio maggiore, così come è più strettamente associabile a maggior frequenza di complicanze successive all’intervento e ad una ridotta sopravvivenza.149 A sostegno di tali osservazioni riportiamo il lavoro di Hannan et al. che ha analizzato un gruppo di 6359 pazienti sottoposti ad AVR: considerando solamente quelli affetti da AS isolata, si è riscontrata una sopravvivenza a 30 mesi nel 90,1% dei pazienti sotto i 75 anni e dell’86,2% negli individui sopra i 75.

Comorbidità

Numerose problematiche quali insufficienza renale, epatopatia, diabete, aterosclerosi, ipertensione, neuropatie ed insufficienza respiratoria possono compromettere notevolmente le possibilità del malato di sopravvivere all’intervento. Questo è un problema non trascurabile, in quanto la presenza di pazienti pluripatologici sarà sempre più consistente, date l’aumentata durata della vita media e le migliori metodiche diagnostiche e terapeutiche, che consentono ad un sempre maggior numero di individui di raggiungere la terza età nonostante le possibili patologie concomitanti.

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Patologia coronarica

Nonostante la coronaropatia possa essere inclusa nel più ampio quadro delle comorbidità, essa merita una trattazione separata poiché riveste un ruolo di primo piano in qualità di fattore controindicante l’intervento di sostituzione valvolare. La presenza di coronaropatia implica un paziente con un miocardio fisiologicamente ischemico e quindi meno preposto ad affrontare i possibili stress correlati ad un intervento chirurgico. Spesso, in virtù della maggior diffusione delle patologie cardiovascolari, i soggetti che si sottopongono ad AVR richiedono anche un concomitante bypass aorto-coronarico (CABG), che arriva a raddoppiare la mortalità rispetto ad un intervento di sola sostituzione valvolare.149 Le motivazioni non possono essere ricercate solo nell’aumentato tempo di bypass cardiopolmonare richiesto, ma anche nelle profonde alterazioni miocardiche (funzionali ed ischemiche) determinate dalla coronaropatia, senza contare che la presenza di uno o più grafts rappresenta un elemento di complicazione dell’intervento. Non dobbiamo tralasciare inoltre che la coronaropatia è a sua volta correlata a fattori di rischio quali aterosclerosi, obesità, ipertensione, diabete, e fumo, ciascuno in grado di incidere sul buon esito dell’intervento.

Riserva contrattile

È già stato discusso come l’aumentata ostruzione permetta l’insorgenza di fibrosi ed ipertrofia ventricolare, e come un eccessivo ritardo nell’esecuzione dell’intervento possa favorire la cronicizzazione di tali alterazioni. In alcuni casi l’ipertrofia può non essere in grado di compensare l’eccessiva ostruzione, portando quindi ad una precoce insufficienza cardiaca. Connolly et al. hanno osservato come la mortalità in pazienti con AS associata a bassa gittata e ridotto gradiente fosse del 21% (sensibilmente più alta rispetto alla media, che si assesta sul 4%).150 Monin et al. hanno stabilito come, in questo gruppo di malati, la riserva contrattile ridotta (riscontrata all’eco-stress con dobutamina) abbia un ruolo determinante nel causare la mortalità operatoria: questo a parità di frazione di eiezione (<35%).151

Limiti tecnici

Oltre alle problematiche connesse con la presenza di bypass coronarici, altri limiti tecnici all’esecuzione dell’AVR sono rappresentati da precedenti radioterapie mediastiniche, cardiotossicità da radiazioni ed aorta a porcellana.

Esistono diversi modelli, quali l’STS Predicted Risk Of Mortality (STS-PROM),152 o l’European System for Cardiac Operative Risk Evaluation (EURO-SCORE) II,153 che consentono di valutare rapidamente la globalità delle complicanze del paziente ed assegnare il

56 rischio operatorio. L’STS-PROM permette inoltre di analizzare la probabilità di insorgenza delle più frequenti complicanze post-operatorie quali ospedalizzazione prolungata, stroke, insufficienza respiratoria, mediastiniti, insufficienza renale e necessità di reintervento.

Il numero di controindicazioni all’AVR fa sì che più di 1/3 dei pazienti con AS sintomatica non sia candidabile all’intervento chirurgico. In quest’ampio pool di individui i fattori che maggiormente incidono sono l’età avanzata e la ridotta riserva contrattile.154 Questo sottolinea l’esigenza di metodiche alternative: le più moderne tecniche di sostituzione valvolare trans catetere (TAVI) rappresentano una possibile risposta a tali problematiche.

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