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Analisi del valore incrementale della capacitanza ventricolare sinistra nel predire l'outcome di pazienti sottoposti a TAVI

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

F

ACOLTÀ DI

M

EDICINA E

C

HIRURGIA

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

ANALISI DEL VALORE INCREMENTALE DELLA CAPACITANZA

VENTRICOLARE SINISTRA NEL PREDIRE L’OUTCOME DI

PAZIENTI SOTTOPOSTI A TAVI

Relatore

Chiar.

mo

Prof. Vitantonio DI BELLO

Candidato

Riccardo SCATTINA

(2)

Dedicato a tutta la mia “Tribù”, che mi ha premesso di crescere nel sostegno e

nell’amore incondizionato, facendomi dono di un privilegio inestimabile.

Ad Ilaria, compagna di viaggio paziente, saggia consigliera e presenza costante in questa incredibile avventura.

(3)

È doveroso ringraziare il Prof. Vitantonio Di Bello, relatore di questa tesi, per l’opportunità concessami, per i consigli di natura scientifica e personale, per l’aiuto e la disponibilità con i

quali mi ha guidato in questi mesi appassionanti.

Voglio inoltre esprimere la mia sincera gratitudine ai Dottori Lorenzo Conte e Iacopo Fabiani, per il tempo dedicatomi, la pazienza, il sostegno ed i suggerimenti preziosi che mi sono stati

di fondamentale aiuto nella stesura di questo lavoro.

Grazie di cuore alla Dottoressa Ilaria Orlandini, per il tempo che mi ha dedicato, per lo scrupolo posto nella revisione bibliografica, per i consigli, il supporto e l’aiuto

incondizionato.

Grazie al Dottor Alessandro Cagnolo, sempre pronto ad offrire la sua esperienza per risolvere i piccoli ed i grandi dubbi che inevitabilmente colgono uno studente di medicina in tesi.

Grazie ai miei compagni di corso, che hanno affrontato con me questo folle viaggio, rendendolo più bello.

Grazie a mio padre e a mia madre, che mi hanno permesso di diventare la persona che sono adesso.

(4)

INDICE GENERALE

INTRODUZIONE ... 1

PARTE 1. LA STENOSI VALVOLARE AORTICA

1. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE ... 5

2. CENNI ANATOMICI ED ISTOLOGICI ... 6

3. EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA ... 8

3.1 Stenosi calcifica-degenerativa senile (CAVD) ... 8

3.2 Stenosi da febbre reumatica ... 10

3.3 Stenosi congenita da valvola aortica bicuspide ... 12

3.4 Forme meno frequenti di stenosi aortica ... 12

4. PATOGENESI ... 13

4.1 Stenosi calcifica-degenerativa senile ... 13

4.2 Stenosi congenita da valvola aortica bicuspide (BAV) ... 17

4.3 Stenosi reumatica ... 18

5. FATTORI DI RISCHIO ... 20

6. FISIOPATOLOGIA ... 26

6.1 Relazione tra area valvolare aortica e gradiente pressorio trans valvolare ... 26

(5)

6.3 Relazione tra ipertrofia, stenosi ed insufficienza cardiaca ... 28

6.4 Aspetti istologici dell’ipertrofia ventricolare ... 30

6.5 End diastolic pressure-volume relationship (EDPVR) ... 32

7. ASPETTI CLINICI ... 34 7.1 Sintomi ... 34 7.2 Esame obiettivo ... 36 8. METODOLOGIA DI DIAGNOSI ... 38 8.1 Elettrocardiogramma ... 38 8.2 Radiografia toracica ... 38 8.3 Ecocardiografia ... 38 8.4 Cateterismo cardiaco ... 41 8.5 TC torace ... 41 8.6 RM cardiaca ... 42 8.7 Test da sforzo ... 42 9. TERAPIA MEDICA ... 43 10. TERAPIA CHIRURGICA ... 46

10.1 Aortic valve replacement (AVR) ... 46

10.2 Valvuloplastica (balloon aortic valvuloplasty) ... 56

10.3 Transcatheter aortic valve implantation (TAVI) ... 56

PARTE 2. TRANSCATHETER AORTIC VALVE IMPLANTATION (TAVI)

11. INTRODUZIONE E CENNI STORICI ... 57

(6)

12. PROTESI E METODICHE DI INTERVENTO ... 59

12.1 Valvole espandibili tramite catetere a palloncino... 59

12.2 Valvole auto espandibili ... 63

12.3 Valvole di nuova generazione ... 64

12.3 Particolari problematiche connesse alle bioprotesi ... 65

13. TRIALS CLINICI ... 68

13.1 Il trial PARTNER ... 68

13.2 Il trial STACCATO ... 73

13.3 Altri studi ... 74

14. RISCHI CONNESSI ALLA TAVI ... 76

15. VALUTAZIONE E SELEZIONE DEL PAZIENTE ... 79

15.1 Iter clinico-strumentale ... 79

15.2 Errori di selezione ... 79

15.3 Tipologie di pazienti e potenziali candidati ... 80

16. IMPIANTI VALVE IN VALVE ... 83

PARTE 3. SEZIONE SPERIMENTALE

17. OBIETTIVI DELLO STUDIO ... 84

18. MATERIALI E METODI ... 86

18.1 Popolazione studiata ... 86

(7)

18.3 Valutazione dell’EDPVR e determinazione della stiffness ventricolare sinistra ... 90

18.4 Tecnica e protesi utilizzate ... 92

18.5 Analisi statistica ... 92 19. RISULTATI ... 94 20. DISCUSSIONE ... 99 21. LIMITAZIONI ... 102 22. CONCLUSIONI ... 103 BIBLIOGRAFIA ... 104

(8)

1

INTRODUZIONE

Tra le principali patologie cardiache non possiamo non considerare con particolare attenzione la stenosi valvolare aortica (AS), sia perché essa rappresenta la prima forma di malattia valvolare cardiaca nei Paesi industrializzati, sia perché i suoi fattori etiopatogenetici interessano in modo significativo una porzione rilevante della popolazione mondiale.1

L’AS, definibile come un’inappropriata restrizione dell’anello valvolare aortico, si presenta in tre forme etiopatogenetiche principali: calcifica senile, bicuspide malformativa e forma reumatica, ciascuna in grado di colpire soggetti assai diversi, accrescendo quindi globalmente l’incidenza del disturbo.

Nel mondo occidentale, a seguito del progressivo miglioramento delle condizioni socio-sanitarie ed dell’introduzione della terapia antibiotica, le patologie valvolari reumatiche hanno visto un rapido calo di incidenza, nelle regioni sottosviluppate la febbre reumatica rimane tutt’oggi un’emergenza sanitaria: non stupisce quindi che nel mondo vi siano attualmente circa 15.000.000 di casi accertati di tale disturbo,2 che a livello globale rimane una significativa causa di stenosi valvolare aortica ed interessa particolarmente gli individui in giovane età.3

Nei Paesi occidentali è invece preponderante la forma calcifica, strettamente correlata all’età avanzata. Recenti analisi identificano infatti la popolazione con più di 65 anni di vita come quella a maggiore rischio.4 Ciò costituisce un fattore di capitale importanza: dato che la tendenza all'invecchiamento globale è destinata ad aumentare, in futuro il fenomeno patologico assumerà proporzioni sempre maggiori. Negli USA si prospetta un raddoppiamento dei casi di stenosi valvolare aortica nei prossimi 20 anni ed è ragionevole proiettare tale dato anche sulla situazione italiana, con un conseguente impatto sulla spesa sanitaria.5

L’importanza della conoscenza e della gestione dell’AS risulta ancor più evidente alla luce di quegli studi che, ormai da anni, hanno evidenziato come i processi che portano alla calcificazione valvolare presentino affinità importanti con i fattori di rischio dell’aterosclerosi: sono ormai state dimostrate sia una stretta somiglianza tra le lesioni calcifiche valvolari precoci e la deposizione lipidica propria dell’aterosclerosi,6 sia un’altrettanto stretta associazione tra la comparsa delle lesioni aortiche e le iperlipidemie.7 Da ciò si deduce che l’infiammazione e l’infiltrazione cellulare lipidica giocano un ruolo non

(9)

2 trascurabile in entrambe le sopracitate patologie. Di una così evidente somiglianza è necessario tenere conto nell’ottica di una prevenzione cardiologica efficace e completa, anche perché la diffusione nella popolazione di fattori di rischio quali fumo, obesità, dislipidemia, diabete mellito ed ipertensione (tutti alla base del processo aterosclerotico) non potranno che accrescere la dimensione del fenomeno.

Nemmeno la fascia di popolazione più giovane può considerarsi protetta dalla stenosi: mirati studi epidemiologici dimostrano infatti che lo 0,5%-2% dei bambini in età scolare è affetta dalla malformazione nota come valvola aortica bicuspide (BAV),uno dei più frequenti difetti valvolari congeniti.8

Inoltre, grazie al lavoro di Pachulski et al, è stato possibile osservare che la presenza di solo due cuspidi determina un’alterata emodinamica con un aumentato shear stress, in grado di indurre la stenosi calcifica con circa due decenni di anticipo rispetto ai pazienti con normale apparato valvolare aortico.9

Indipendentemente dal primum movens la stenosi valvolare aortica induce un aumento dell’afterload e dello stress di parete, con conseguente sviluppo di un’ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro che, pur determinando compenso nel breve termine, vede un progressivo aggravamento della sua entità; inoltre come già osservato dai celebri studi di Framingham esiste una stretta correlazione tra l’ipertrofia e la comparsa di scompenso cardiaco.10 D’altra parte la presenza di aumentata massa ventricolare (LVM) espone il paziente ad un alto rischio di complicanze cardiovascolari gettando le basi per un quadro pluripatologico di complessa gestione clinica.

Il tutto appare ancor più drammatico se consideriamo che, al momento, non esiste alcuna terapia medica in grado di ottenere significativi benefici per il paziente sintomatico, il quale, dal momento della comparsa delle manifestazioni cliniche (angina, sincope ed infine scompenso), se non trattato opportunamente è soggetto ad un rischio di mortalità che varia tra il 30% ed il 50% ad un anno.11

Il trattamento chirurgico si profila quindi come l’unica alternativa valida per i soggetti affetti da AS. La metodica utilizzata con successo da più tempo è rappresentata dalla sostituzione valvolare aortica a cuore aperto (aortic valve replacement o AVR), che prevede l’inserimento di una protesi biologica o meccanica in luogo della valvola nativa calcifica. Tuttavia, nonostante gli anni di esperienza e le conoscenze accumulate abbiano reso la AVR una metodica affidabile, la sua natura invasiva non la rende sempre applicabile con successo: uno studio del 2009 mostra come circa il 34% dei soggetti con stenosi valvolare aortica severa e sintomatica non sia candidabile all’intervento chirurgico o per un alto rischio operatorio o, in misura minore, per un rifiuto da parte del paziente stesso o dei familiari.12

(10)

3 Nel 2002 si è perfezionata una nuova alternativa nella cura della AS: grazie all’intervento di sostituzione valvolare aortica trans catere (Transcatheter Aortic Valve

Implantation o TAVI), praticato per la prima volta all’Ospedale Charles Nicolle di Rouen dal

Prof. Alain Cribier.13 La metodica prevede la sostituzione della valvola malata tramite il posizionamento (effettuato con catetere periferico, introdotto per via trans femorale, trans aortica, trans clavicolare o trans apicale) di una nuova protesi espandibile, inserita all’interno dell’anulus aortico ristretto.

Questo tipo di intervento, che si pone in evidente contrapposizione con l’alternativa chirurgica invasiva, ha introdotto nuove prospettive terapeutiche per quei pazienti inoperabili (altrimenti condannati ad una mortalità a 3 anni del 75%)14 o ad altissimo rischio operatorio (che se trattati con AVR presenterebbero un mortalità perioperatoria ed a 3 anni rispettivamente del 16% e del 44%).15 Gli studi che hanno fatto seguito alla nuova metodica interventistica hanno dimostrato un significativo beneficio in alcuni sottogruppi di individui (soggetti in età avanzata, con funzione sistolica ridotta o con comorbidità presenti)16,17 nei

quali non solo è spesso possibile intervenire terapeuticamente con la TAVI in luogo di un’impraticabile AVR, ma si è anche appurato che il rischio di complicanze maggiori legate all’intervento (come mortalità ed insufficienza renale acuta) è paragonabile a quello della chirurgia tradizionale.18 È emerso inoltre come la TAVI presenti un vantaggio in termini di aspettativa di vita e di costi sanitari rispetto al trattamento medico19 o alla tradizionale AVR. anche se in quest’ultimo caso il dato potrebbe essere falsato dalla scarsa quantità di dati riguardanti l’outcome a lungo termine dei pazienti sottoposti a TAVI.20

Nonostante gli incoraggianti risultati finora ottenuti, siamo ben lontani dall’aver esaurito le nostre conoscenze sui nuovi interventi trans catetere di sostituzione valvolare: la scarsità di dati disponibili (dovuti all’introduzione relativamente recente della tecnica) non consente di predire con precisione l’outcome del paziente, inficiando così la possibilità di selezionare i candidati ottimali. Inoltre è importante specificare come le tecnologie ed i materiali impiegati necessitino di ulteriore sviluppo: lo testimonia il fatto che un rigurgito protesico (di entità variabile e di possibile impatto sull’outcome) è riscontrabile nella maggioranza dei pazienti operati.21 Colmare tali lacune permetterebbe di evitare interventi inutili, diminuendo ulteriormente la mortalità ed aumentando le percentuali di soggetti in grado di associare al miglioramento emodinamico una concomitante attenuazione del quadro clinico, cosa che attualmente non si verifica nel 20% dei pazienti.22

Un importante supporto allo studio dei soggetti affetti da AS è rappresentato dalle metodiche di imaging, tra le quali spicca l’ecocardiografia che, con le sue varie applicazioni

(11)

4 (monodimensionale, bidimensionale, doppler, ecc.), consente non solo di valutare precocemente le alterazioni strutturali ed anatomiche caratteristiche dell’AS, ma anche di analizzare gli eventuali deficit funzionali.

Ci troviamo quindi di fronte ad un momento fondamentale per lo sviluppo delle conoscenze sull’impianto di protesi valvolare transcatetere, momento nel quale emerge la necessità di individuare parametri che permettano di operare una selezione adeguata dei pazienti sottoponibili alla TAVI, così da garantire il miglior beneficio possibile in termini di sopravvivenza, qualità di vita e costi sanitari.

La valutazione dell’end diastolic pressure volume relationship (EDPVR), pur caratterizzando in modo accurato le proprietà passive del ventricolo sinistro, non è risultata adatta sino ad ora alla selezione dei pazienti candidabili alla TAVI in quanto bisognosa di cateterismo invasivo per l’estrapolazione dei parametri P e V. Tuttavia, a seguito della recente introduzione di metodiche non invasive per la valutazione di questi ultimi, si sono aperte nuove opportunità di ricerca.23

Sulla base di quanto esposto e con l’intento di esplorare queste nuove potenzialità si sviluppa il presente lavoro di tesi, basato su uno studio dell’ U.O. di Malattie Cardiovascolari dell’Università di Pisa.

(12)

5

PARTE 1. LA STENOSI VALVOLARE AORTICA

1.

DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE

La stenosi valvolare aortica (AS) può essere descritta come un’inappropriata restrizione dell’ostio valvolare aortico. Normalmente la misura dell’area valvolare varia tra i 2,5cm2 ed i 3,5cm2 (in riferimento alla superficie corporea): al restringersi di quest’ultima si assiste ad una progressiva variazione di parametri emodinamici quali la velocità di flusso trans valvolare ed il gradiente pressorio. Secondo le linee guida della ACC/AHA possiamo definire i vari parametri di cut-off ecocardiografici della stenosi valvolare aortica:24

- Stenosi significativa di lieve entità: area > di 1,5 cm2 - Stenosi moderata: area < di 1,5 cm2 e > di 1 cm2 - Stenosi severa e sintomatica: area < di 1cm2

È opportuno precisare che i valori dell’area vengono ricavati indirettamente tramite la misurazione all’ecocardiografia della velocità di flusso trans valvolare e l’utilizzo dell’equazione di continuità, come si potrà approfondire nell’apposita sezione “metodologia di diagnosi”.

Oltre all’interessamento della valvola aortica, per completezza descrittiva, possiamo identificare due forme di stenosi, che non saranno oggetto della seguente trattazione:

Stenosi sopravalvolare (SSVA): caratterizzata da un restringimento dell’aorta in

prossimità della sua origine. È causata da una mutazione del gene dell’elastina (ELN), localizzato sul cromosoma 7q11.23.25

Stenosi sottovalvolare: caratterizzata da forme da cercine fibroso o fibromuscolare (con

uno sperone sottoaortico), forme a tunnel (con restringimento della parte di efflusso del ventricolo sinistro), forme derivate dal difetto del setto e forme determinate dalla presenza di tessuto aberrante nel tratto di efflusso. Spesso, in corso di cardiomiopatia ipertrofica, possiamo avere ostruzione del tratto di efflusso da ispessimento del setto interventricolare: tale forma, distinta dalle precedenti, prende il nome di cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva.

(13)

6

2.

CENNI ANATOMICI ED ISTOLOGICI

La valvola aortica, interposta tra la camera ventricolare sinistra e l’aorta ascendente, è normalmente costituita da tre cuspidi di forma semilunare:

- Cuspide coronarica destra (dal cui seno origina la coronaria destra); - Cuspide coronarica sinistra (dal cui seno origina la coronaria sinistra); - Cuspide non coronarica

La loro caratteristica conformazione conferisce all’apparato valvolare un aspetto a nido di rondine. Sulla sommità di ciascuna sono presenti dei piccoli ispessimenti fibrosi detti noduli di Aranzio che permettono, a valvole chiuse, un più intimo contatto tra i lembi valvolari, garantendo una maggior tenuta emodinamica; questi ultimi presentano uno spessore minore di 1mm e sono costituiti da 4 strati di tessuto (Fig. 1):1

Endoteliale: presente sia sul versante aortico, sia sul versante ventricolare;

Fibroso: costituito per la maggior parte da fibroblasti e fibre collagene;

Spongioso: prevalentemente distribuito alla base dei foglietti valvolari, è uno strato di

tessuto connettivo lasso ricco di mucopolisaccaridi, fibroblasti e cellule mesenchimali ed ha l’importante funzione di resistere alle forze compressive agenti sui lembi valvolari;

Ventricolare: contenente fibre di elastina orientate perpendicolarmente al collagene

Alla base delle cuspidi è presente un complesso apparato di fibre collagene che prende il nome di anulus fibroso. Quest’ultimo nell’adulto misura dai 25 ai 28mm e garantisce un’appropriata interfaccia delle cuspidi con la radice aortica, risultante in una migliore distribuzione dello stress meccanico e conseguentemente in una maggior longevità dell’intera struttura.26

(14)

7

Figura 1: Schema anatomico dell'apparato valvolare aortico. Tratto da:

Dweck MR, Boon NA, Newby DE. Calcific Aortic Stenosis. A disease of

(15)

8

3.

EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA

Le principali forme etiologiche di stenosi valvolare aortica possono essere suddivise in quattro gruppi fondamentali:

1. Stenosi calcifica-degenerativa senile (valvola tricuspide) 2. Stenosi valvolare da febbre reumatica

3. Stenosi congenita da valvola aortica bicuspide 4. Forme meno frequenti quali:27

- Endocarditi - Malattia di Fabry - Infezioni aspecifiche - Lupus Eritematoso - Malattia di Paget - Iperuricemia

- Insufficienza renale cronica in stadio terminale

Nel prendere in esame l’epidemiologia della stenosi aortica risulta fondamentale precisare la diversa distribuzione delle cause in relazione alle regioni geografiche ed all’età: nei Paesi occidentali emerge infatti una netta prevalenza delle forme degenerativo-calcifiche senili, rispetto alle aree in via di sviluppo dove, a causa delle sempre precarie condizioni socio-sanitarie, la forma reumatica rimane prevalente con spiccato interessamento dei giovani individui.

3.1 Stenosi calcifica-degenerativa senile (CAVD)

È la principale forma di stenosi aortica dei Paesi occidentali, secondo i dati dell’Euro

Heart Survey on Valvular Heart Disease (Fig. 2) in Europa la riscontriamo nell’81,9% dei

casi totali. Seguono nell’ordine le forme reumatica (11,2%), congenita (5,4%) ed infine i quadri meno frequenti che contribuiscono per il restante 1,5%.28

(16)

9

Figura 2: distribuzione delle varie forme eziologiche secondo l’Euro Heart Survey on Valvular Heart Disease.

Tratto da: Iung B, Baronb G, Eric G, et al. A prospective survey of patients with valvular heart disease in

Europe: The Euro Heart Survey on Valvular Heart Disease. Eur Heart J 2003;24:1231-1243

È altresì rilevante la stretta associazione della stenosi calcifica con l’età. L’osservazione dei dati raccolti in numerosi studi evidenzia come la popolazione over 65 sia a maggior rischio di sclerosi e stenosi valvolare,4 con un progressivo aumento dell’incidenza proporzionale all’età dei soggetti presi in esame: si assiste ad una presenza della patologia dell’1,3% nella fascia tra i 65 e i 75 anni e del 4% in quelli al di sopra agli 85 anni (Tab. 1). Globalmente l’1,74% degli individui con età maggiore di 60 anni soffre di stenosi aortica e considerando che nel mondo il 10% degli individui è ultrasessantenne, ricaviamo l’impressionante dato di 12.000.000 di potenziali pazienti valvulopatici.29, 30

81,9%

11,2%

5,4%

1,5%

(17)

10

Tabella 1: Prevalenza di alterazioni valvolari aortiche riscontrate all'Ecocardiografia. Tratto da: Stewart BF,

Siscovick D, Lind BK, et al. Clinical factors associated with calcific aortic valve disease. Cardiovascular

Health Study. J Am Coll Cardiol 1997;29:630–634

Aortic Valve Abnormality

None Sclerosis Stenosis Valve

Replacement All Subjects 3736 (72%) 1329 (26%) 88 (2%) 23 (0,4%) Women 2249 (76%) 641 (22%) 43 (1,5%) 12 (0,4%) Men 1487 (67%) 688 (31%) 45 (2%) 11 (0,5%) 65-74 years old 2684 (78%) 697 (20%) 43 (1,3%) 16 (0,5%) Women 1654 (82%) 344 (17%) 20 (1%) 9 (0,4%) Men 1030 (73%) 353 (25%) 23 (1,6%) 7 (0,5%) 75-84 years old 962 (62%) 542 (35%) 37 (2,4%) 7 (0,5%) Women 546 (66%) 259 (31%) 22 (2,7%) 3 (0,4%) Men 416 (58%) 283 (39%) 15 (2,1%) 4 (0,6%) 85+ years old 90 (48%) 90 (48%) 8 (4%) 0 (0%) Women 49 (56%) 38 (43%) 1 (1%) 0 (0%) Men 41 (41%) 52 (52%) 7 (7%) 0 (0%)

3.2 Stenosi da febbre reumatica

Come già esposto in precedenza è noto che il quadro epidemiologico europeo e statunitense è la conseguenza di una migliore condizione socio-sanitaria: nei Paesi del terzo mondo, e più in generale a livello globale, gli studi evidenziano ancora una netta persistenza di valvulopatie (compresa la stenosi aortica) da febbre reumatica. Globalmente è stato riscontrato almeno un episodio di reumatismo in 15,6 milioni di individui con 282.000 nuovi casi annui e quasi altrettanti decessi (233.000).2 Stando alla World Health Organization (WHO), circa il 97% del totale di questi casi sono attribuibili ai Paesi del terzo mondo, inoltre è opportuno considerare che, a seconda dell’aggressività e dell’efficacia delle terapie, l’evoluzione verso una miocardite reumatica può subentrare nel 10%-40% dei casi dopo il primo attacco,31 anche se la probabilità aumenta qualora gli episodi siano ripetuti. I soggetti più colpiti sono prevalentemente bambini e giovani adulti: in Etiopia, per esempio, il 20% dei pazienti con malattia reumatica muore prima dei 5 anni.32 La patologia affligge in primis la

(18)

11 valvola mitralica, ma in circa 1/3 di questi casi, si sviluppa una concomitante stenosi aortica causata dalla fusione e dall’ispessimento delle commessure.

È comunque opportuno precisare che i dati epidemiologici provenienti dai Paesi in via di sviluppo sono quantitativamente insufficienti e probabilmente sottostimano le dimensioni reali del fenomeno.

A ulteriore testimonianza della stretta dipendenza dell’eziologia con le condizioni di vita socio-sanitarie è interessante riportare i dati di uno studio che, dal 1981 al 1985, ha potuto constatare un importante cambio di incidenza tra stenosi reumatica e stenosi calcifica in un gruppo di 646 pazienti sottoposti ad intervento di sostituzione valvolare: la frequenza della stenosi reumatica è scesa dal 30% al 18% mentre la forma calcifica è aumentata dal 30% al 46%.33 Analizzando anche i dati proposti dall’Euro Heart Survey notiamo come, in un periodo di più di vent’anni, il fenomeno si sia ulteriormente accentuato (Fig. 3).

Figura 3: Confronto tra stenosi calcifica e stenosi reumatica nel periodo 1981-2003 nei Paesi industrializzati.

Tratto da: Iung B, Baronb G, Eric G, et al. A prospective survey of patients with valvular heart disease in

Europe: The Euro Heart Survey on Valvular Heart Disease. Eur Heart J 2003;24:1231-1243

È lecito supporre che questa sensibile variazione sia una diretta conseguenza del miglioramento delle condizioni socio sanitarie e delle metodiche profilattiche e terapeutiche nei confronti della febbre reumatica nel corso degli anni.

30% 46% 81,90% 30% 18% 11,20% 1981 1985 2003

(19)

12

3.3 Stenosi congenita da valvola aortica bicuspide

La valvola aortica bicuspide (BAV) costituisce il più frequente difetto valvolare congenito. Può presentarsi sia in forma isolata sia in associazione con altre malformazioni cardiache; uno studio di follow up durato vent’anni ha constatato come un individuo affetto da BAV abbia un rischio del 24% di sviluppare stenosi o rigurgito aortico clinicamente significativo, con conseguente necessità di intervento chirurgico di sostituzione valvolare.34

Da uno screening ecocardiografico condotto su bambini in età prescolare l’alterazione è stata riscontrata nello 0,5% dei casi, con una significativa prevalenza nei maschi (0,75%) rispetto alle femmine (0,24%).8 Tuttavia studi basati su esami autoptici hanno evidenziato la presenza del BAV nel 2% della popolazione,35 probabilmente a causa di una minore sensibilità della metodica ecocardiografica nell’individuare i difetti più lievi. La presenza di un anomalo apparato valvolare bicuspide predispone a turbolenze emodinamiche in grado di accelerare i processi di calcificazione,36 portando alla eventuale manifestazione sintomatologica di stenosi aortica attorno ai 40 anni d’età, con ben due decenni di anticipo rispetto a quanto riscontrato nella forma senile.37

3.4 Forme meno frequenti di stenosi aortica

Le forme meno frequenti di stenosi aortica incidono per meno dell’1.5% del totale. Tra queste ricordiamo l’endocardite, che da sola copre lo 0,5% dei casi di stenosi. Come per la febbre reumatica anche in questo caso si notano discrepanze tra i Paesi sottosviluppati e quelli occidentali: nei primi l’endocardite interessa soprattutto pazienti in giovane età, molti dei quali affetti da febbre reumatica, mentre in Europa e negli USA la maggior parte dei casi è imputabile all’impianto di protesi valvolari, emodialisi e pacemakers.38 Non stupisce quindi che in questo caso i soggetti prevalentemente interessati siano anziani, anche se una piccola percentuale di episodi può essere riscontrata in individui giovani che fanno uso di droghe intravenose.

(20)

13

4.

PATOGENESI

4.1

Stenosi calcifica-degenerativa senile

Il processo patogenetico della CAVD è estremamente complesso poiché causato da molteplici interazioni tra più fattori: i risultati sono il progressivo irrigidimento e la calcificazione delle cuspidi, che dalla base dei foglietti valvolari si estende all’apice, provocando stenosi funzionale.

4.1.1Ruolo dell’età

Come si è già avuto modo di osservare, l’età avanzata è uno dei maggiori responsabili della CAVD. Ciò è dovuto al fatto che con l’invecchiamento vengono meno numerosi sistemi di regolazione e di omeostasi, è da considerare inoltre che lo stress meccanico dato dal flusso ematico ha il tempo necessario per agire e perpetrare il danno endoteliale. Infatti, la capacità delle cellule endoteliali di resistere ad un simile insulto, è direttamente proporzionale alla rapidità ed efficacia con cui avviene la divisione cellulare ed al numero di cellule progenitrici presenti, tutte caratteristiche che vengono progressivamente compromesse con l’invecchiamento.39 Diversi studi inerenti i fenomeni patogenetici della CAVD hanno ridimensionato il ruolo dell’età: essa non deve essere considerata come l’elemento centrale, ma come un fattore predisponente al quale si sovrappongono meccanismi biologici attivi come fattori di rischio clinici, genetici e vie di trasduzione del segnale in grado di innescare e far progredire il processo degenerativo-calcifico. Jan-Hung Chen e collaboratori hanno infatti dimostrato come siano spesso riscontrabili markers osteoblastici ed osteoclastici e tracce di matrice ossea all’interno delle cuspidi valvolari,40 segno che, per comprendere meglio questa malattia, è necessario indagare nei meccanismi patogenetici che legano i fenomeni di osteogenesi e la risposta al danno valvolare. Sempre secondo queste ricerche ogni strato dei lembi valvolari contiene cellule interstiziali che assolvono compiti fondamentali nella riparazione e mantenimento dello strato stesso, fra tali gruppi di cellule sono individuabili isole di tessuto mesenchimale che possono differenziarsi in senso osteogenico.

(21)

14 Nel processo che porta alla formazione della sclerosi e della stenosi calcifica clinicamente manifesta possiamo distinguere tre eventi principali interconnessi tra loro:

- Infiammazione - Accumulo lipidico - Calcificazione

Le complesse interazioni in gioco possono quindi essere schematicamente distinte in una fase precoce, caratterizzata dallo sviluppo e comparsa di una sclerosi subclinica ed una fase tardiva, contraddistinta da calcificazioni evidenti e determinanti la comparsa di sintomatologia clinica. Il processo degenerativo descritto, si sviluppa in genere dalle basi delle cuspidi verso le estremità.

4.1.2Fase patogenetica precoce (Fig. 4)

In seguito all’aumento delle forze meccaniche in gioco e all’alterato shear stress, si ha un progressivo danno dell’endotelio valvolare che presenta similitudini con le alterazioni visibili nelle lesioni precoci dell’aterosclerosi.41 Al danno endoteliale fa seguito l’infiltrazione di cellule infiammatorie tra le quali predominano linfociti T e monociti.42 Questi ultimi prendono contatto con la superficie dell’endotelio tramite molecole di adesione e si differenziano in macrofagi, mentre i linfociti T rilasciano citochine pro infiammatorie quali il

transforming growth factor (TGF1β) e l’Interleukina1β (associata ad un’aumentata

espressione di metallo-proteinasi) le quali contribuiscono alla sintesi di matrice extracellulare con conseguente ispessimento e fibrosi di quest’ultima.43, 44

Studi condotti sull’uomo hanno mostrato come già nelle primissime fasi della patologia, ben prima dell’avvento dei fenomeni di calcificazione, negli strati più profondi delle cuspidi valvolari sia rilevabile all’immunoistochimica un’anomala espressione di tenascina-C.45 Quest’ultima è una proteina espressa nella matrice extracellulare e vi sono evidenze sperimentali che indicano come una sua possibile interazione con le metallo-proteinasi possa essere uno dei fattori favorenti i processi di sclerosi e calcificazione valvolare.46

I mediatori infiammatori inoltre possono determinare un’angiogenesi patologica, caratterizzata da un aumento del vascular endotelial grow factor (VEGF-A) e del

transforming growth factor (TGF1β),47 contribuendo così anch’essi ai fenomeni di fibrosi e di calcificazione.48

(22)

15 Parallelamente, le cellule macrofagiche neo-formate accumulano progressivamente lipidi extracellulari, trasformandosi in foam cells: è possibile infatti riscontrare agglomerati lipidici nella regione sub endoteliale dei foglietti valvolari. Poiché nei pressi di queste aree si ritrovano apolipoproteine B, A ed E è presumibile che tali lipidi provengano dal plasma.49

Il ruolo delle lipoproteine (in particolare LDL) è ritenuto fondamentale anche nel trasporto all’interno della lesione dell’enzima ACE, dove esplica la sua azione di conversione dell’angiotensina I in angiotensina II. L’ACE è infatti rintracciabile in quantità apprezzabili nei foglietti valvolari e probabilmente riveste un ruolo importante nel mantenimento dell’infiammazione, del danno ossidativo e della fibrosi.50

I processi di infiammazione e deposizione lipidica risultano fondamentali per la genesi del processo di calcificazione, che rimane il principale responsabile di questa forma di ostruzione valvolare aortica: le LDL ossidate infatti stimolano le cellule fibroblastiche valvolari a rilasciare le cosiddette granulazioni PAS+ (o globuli calcificanti), vescicole ritenute responsabili dell’inizio dei processi di mineralizzazione ossea,51 mentre i macrofagi contribuiscono al fenomeno grazie alla produzione di osteopontina. Quest’ultima è in grado di legarsi all’idrossiapatite e fornisce la matrice di base per l’osso, ha quindi un ruolo di primo piano nei processi di calcificazione: già da diversi anni, grazie agli studi di O’Brien, è stato possibile rilevare un’associazione statisticamente significativa tra i livelli di espressione di osteopontina ed il grado di calcificazione valvolare.52 Le LDL ossidate inoltre agiscono assieme al TGFβ1 secreto dai linfocitiT inducendo una differenziazione nei miofibroblasti valvolari verso un fenotipo osteoblastico e facilitando quindi la comparsa di nodularità calcifiche.53

Nella modulazione della calcificazione è stato inoltre dimostrato un ruolo dell’infiammazione e delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), che potrebbero alterare le interazioni tra RANK, RANK-L ed Osteoprotegerina determinando uno sbilanciamento verso i fenomeni di consolidamento e calcificazione valvolare. Questo aspetto si ripercuote non solo sulle valvulopatie aortiche calcifiche, ma nel più vasto ambito delle patologie cardiovascolari:54 l’osteoprotegerina è infatti una proteina in grado di interagire con RANK-L e di inibire il fattore di trascrizione NF-KB, con una conseguente diminuzione dell’osteoclastogenesi. L’aumentato stress ossidativo (implicato nel processo appena descritto) è dovuto ad un’anormale funzione dell’ossido nitrico sintasi (NOS) presente nell’endotelio della valvola.55

(23)

16 Per completare il quadro dei principali pathways implicati nell’osteogenesi è necessario riportare il ruolo delle Bone Morphogenetic Proteins (BMP) e delle Wnt/β-Catenine.

Le prime sono espresse prevalentemente dall’endotelio valvolare del versante aortico (a seguito delle forze non laminari e della minor presenza di inibitori specifici)56 e il legame con i loro recettori, localizzati nelle cellule interstiziali valvolari, determina una forsforilazione del complesso Smad1/5/8, con una sua conseguente traslocazione nel nucleo ove induce la sintesi di proteine pro-osteogeniche.57

Inoltre, nello strato fibroso dei tessuti valvolari calcifici, sono stati rinvenuti livelli anomali del ligando Wnt: quest’ultimo interagisce con diversi complessi di trasduzione del segnale il cui culmine è l’attivazione e la traslocazione nucleare di β-Catenine, che possono anch’esse promuovere la sintesi di proteine pro-osteogeniche.58

Figura 4: Pathways coinvolti nella calcificazione valvolare aortica. Tratto da: Freeman RV, Otto CM.

Spectrum of Calcific Aortic Valve Disease Pathogenesis, Disease Progression, and Treatment Strategies

(24)

17

4.1.3Fase patogenetica tardiva

È lecito supporre che i meccanismi che agiscono nella fase precoce determinino un circolo vizioso in grado di perpetrarsi nel tempo, accrescendo l’entità ed il numero delle lesioni sclero-calcifiche sino all’insorgenza di manifestazioni clinicamente apprezzabili.

L’elemento macroscopicamente visibile diventa la calcificazione ossea, come testimoniato da uno studio del 2001 basato sull’analisi istologica di valvole aortiche rimosse a seguito di intervento di sostituzione: su 347 interventi eseguiti, l’83% dei tessuti presentava calcificazioni distrofiche, nel 13% di queste erano visibili tracce di osso lamellare maturo dotate di elementi ematopoietici ed evidenze di rimodellamento osseo. Sempre nell’ambito dello stesso studio a queste osservazioni si è aggiunto il riscontro delle principali molecole coinvolte nei pathways di ossificazione già descritte nella fase precoce.59

4.2 Stenosi congenita da valvola aortica bicuspide (BAV)

Generalmente la valvola aortica bicuspide (BAV) è composta da due foglietti di dimensioni non simmetriche, la cuspide più grande presenta al centro un ispessimento (o rafe), traccia della fusione delle commissure. Spesso si riscontra la fusione tra la cuspide coronarica destra e quella sinistra, ma è ravvisabile anche quella tra la cuspide destra e non coronarica. Raramente la valvola ha un aspetto simmetrico oppure è assente il rafe (Fig. 5).60

La BAV si può presentare in forma isolata nel’80% dei casi, mentre nei restanti è in associazione con altre malformazioni cardiache, più spesso rappresentate dalla coartazione aortica o dalla persistenza del dotto di Botallo.

Le lesioni calcifiche della BAV presentano le medesime caratteristiche anatomo-patologiche dei quadri di stenosi calcifica-degenerativa senile. Presumibilmente la malformazione congenita determina turbe dell’emodinamica valvolare, tali da accelerare i processi degenerativi precedentemente descritti. Non stupisce quindi che i pazienti affetti da BAV debbano ricorrere ad interventi di sostituzione valvolare con in media vent’anni d’anticipo rispetto a quelli con una valvola tricuspide calcifica.61 Nonostante la BAV sia presente dalla nascita, spesso viene diagnosticata attorno alla quarta o quinta decade di età, quando i processi patogenetici sono già progrediti con velocità e gravità tali da manifestarsi clinicamente.

(25)

18

Figura 5: Valvola aortica bicuspide in configurazione chiusa (a) e aperta (b).

Tratto da: Siu SC, Silversides CK. Bicuspid Aortic Valve Disease. J Am Coll Cardiol 2010;55(25):2789-2800

4.3

Stenosi reumatica

La febbre reumatica colpisce i bambini da i 5 ai 15 anni, generalmente a 1-5 settimane di distanza da un episodio di faringite da streptococco beta emolitico del gruppo A. L’elemento scatenante è dato da una reazione immunitaria dovuta al mimetismo molecolare tra la miosina umana e la proteina M dello streptococco, e fra il tessuto valvolare e i carboidrati della parete batterica,30 tra i quali l’N-acetilglucosammina (GlcNAc) (l’epitopo più rappresentato). Uno studio del 2008 ha mostrato un collegamento tra deficit di lectina legante il mannosio (Mannose Bindng Lectin o MBL) e insorgenza di valvulopatia cronica reumatica. La MBL, codificata dal gene MBL2 normalmente ha alta affinità per la GlcNAc: nel caso in cui, a seguito di mutazioni genetiche, venga a mancare l’attività di MBL2, si registrano bassi livelli di MBL circolanti, con aumentata suscettibilità al quadro reumatico.62

Lo sviluppo di patologia reumatica cronica è strettamente dipendente da fattori quali il numero di episodi, l’età al momento del primo episodio, la qualità delle cure e l’efficacia della profilassi.63, 64 La cardiopatia reumatica colpisce prevalentemente la valvola mitralica, mentre solo successivamente può interessare quella aortica, determinando insorgenza di stenosi. Il

(26)

19 quadro clinico è di complessa gestione essendo coesistenti due distinti difetti in due differenti strutture valvolari.

Dal punto di vista anatomopatologico, la cardiopatia reumatica cronica è contraddistinta da infiammazione proliferativa ed essudativa del collagene dell’anulus, si ha inoltre il riscontro di istiociti caratteristici detti noduli di Aschoff.30 Inizialmente la valvola e l’anulus hanno aspetto edematoso ed infiammato63 e con il passare del tempo subentrano i processi di fibrosi e stenosi caratterizzati da una fusione delle cuspidi valvolari in senso apico-basale, che si contrappone alla tendenza alla slcerocalcificazione baso-apicale vista nella CAVD.

(27)

20

5.

FATTORI DI RISCHIO

Esaminando con attenzione i molteplici fenomeni coinvolti nell’insorgenza delle varie forme di stenosi aortica, è possibile estrapolare i principali fattori di rischio implicati.

È doveroso specificare che, data la complessità dei meccanismi patogenetici e la quantità di interazioni reciproche fra essi, spesso risulta difficile isolare e quantificare la responsabilità di un solo elemento rispetto all’insieme: infatti, diversi studi clinici incentrati sull’eradicazione di singoli fattori di rischio, ritenuti responsabili di alcuni aspetti della patologia, generalmente non hanno raggiunto i risultati sperati.

Età

È uno dei fattori principalmente correlati alla stenosi calcifica. Come già descritto nella sezione 4.1.1 si ha una progressiva alterazione dell’integrità endoteliale, che favorisce lo sviluppo dei successivi fenomeni patogenetici.

Sesso

Globalmente gli studi concordano nel definire il genere maschile più soggetto sia alla CAVD che alla BAV rispetto a quello femminile, il rapporto è all’incirca M:F=3:2.65

Etnia

Per la prima volta uno studio retrospettivo del 2012 ha evidenziato delle differenze etniche nell’incidenza della BAV, con una frequenza nei caucasici (1,1%) prevalente rispetto agli afroamericani (0,17%).66

Per quanto riguarda la CAVD i dati non sono ancora chiari: la maggior parte di essi proviene esclusivamente da studi inerenti popolazioni caucasiche, inoltre l’incidenza dei fattori socio economici potrebbe essere un importante elemento di disturbo nella formulazione di ipotesi accettabili.

Antropometria

L’interpretazione dell’influenza dei dati antropometrici, trattandosi del risultato tra l’interazione di numerosi fattori genetici e non, è di difficile attuazione. Accanto ad ipotesi non ancora accreditate che vogliono la sclerosi particolarmente associata agli individui di alta statura,4 si affiancano delle osservazioni maggiormente condivise circa il ruolo del Body Mass

(28)

21 Index (BMI). È comunque difficile capire quanto il quest’ultimo influisca indipendentemente

da altri fattori legati ad esso, quali insulino-resistenza e disglicemia.

Ipertensione

Nonostante gli studi abbiano confermato la presenza di ipertensione in 1/3 dei pazienti con stenosi aortica severa,67 la relazione tra i due quadri patologici non è completamente chiara. L’ipertensione stessa può sicuramente contribuire all’ aumentato stress meccanico ed endoteliale alla base dei processi patogenetici descritti in precedenza, ma è altresì appurato che la presenza di AS partecipa nell’insorgenza di ipertensione sistolica.68 Ne consegue che sono diversi le ipotesi da prendere in considerazione: una relazione causale, dei pathways eziologici in comune ed anche la casuale associazione tra due frequenti patologie cardiovascolari.69

È stato comunque appurato che il sistema renina-angiotensina svolga un compito rilevante nella patogenesi della stenosi calcifica, infatti, come già descritto in precedenza, sono stati riscontrati alti livelli di enzima ACE e di Angiotensina II in sede valvolare. Questo ha portato alla valutazione di ACEinibitori ed antagonisti dei recettori dell’Angiotensia I e II come possibile soluzione terapeutica tesa a rallentare la progressione della sclerosi e della fibrosi nell’AS: se l’uso di ACEinibitori si è rivelato di scarso successo,70 gli inibitori dei recettori dell’Angiotensina I hanno mostrato risultati più promettenti, con un rallentamento apprezzabile del rimodellamento tissutale patologico.71

Dislipidemie ed aterosclerosi

L’analisi dei meccanismi patogenetici alla base della CAVD, tra i quali il riscontro di alti livelli di colesterolo e la definizione del coinvolgimento delle LDL nella genesi della sclerosi e della calcificazione, ha portato inizialmente a formulare l’ipotesi che la CAVD fosse scatenata da un processo assai simile a quello aterosclerotico. Studi incentrati sul possibile rapporto tra CAVD in fase precoce e dislipidemie hanno trovato conferma positiva, questo ha spinto alla ricerca di possibili vie terapeutiche atte a controllare ed ostacolare il processo patogenetico dell’AS.72

Diversi trials eseguiti su gruppi di pazienti con diagnosi di AS in fase avanzata, hanno confrontato l’uso di statine quali Atorvastatina, Simvastatina e Rosuvastatina rispetto al placebo.73, 74, 75 I risultati non sono stati incoraggianti: hanno infatti evidenziato uno scarso impatto dei farmaci nel controllo della progressione della sclerosi e della stenosi; in

(29)

22 particolare il secondo studio ha riscontrato un numero di interventi di sostituzione valvolare sostanzialmente paragonabile tra i due gruppi analizzati (28,3% vs 29,9%).

Quindi, quantunque vi sia una relazione tra dislipidemie e CAVD, il rapporto tra stenosi calcifica ed aterosclerosi non è ancora completamente definito e l’associazione causale tra i due elementi non sembra essere così stretta come ipotizzato in origine.

È stato comunque riscontrato un modesto beneficio dato dal controllo lipidico farmacologico effettuato nelle primissime fasi dello sviluppo della CAVD, probabilmente dovuto ad un generale miglioramento delle condizioni cliniche del paziente, piuttosto che ad un’azione specifica sul tessuto valvolare:65 per definire ulteriormente questi aspetti si renderanno necessari ulteriori studi dedicati.

Sindrome metabolica

La International Diabetes Federation (IDF) ha ridefinito nel 200476 la sindrome metabolica (MetS) come:

- Presenza di obesità centrale, definita come una circonferenza vita oltre i 94 cm nei maschi ed 80 cm nelle femmine per i pazienti di etnia europide (i parametri variano in base al gruppo etnico di appartenenza).

- Più la presenza di almeno due dei seguenti fattori di rischio:

• Ipertrigliceridemia >150mg/dL (1.7mmol/L) o specifici trattamenti per questa dislipidemia;

• Ridotti valori di colesterolo HDL: <40mg/dL (0.9mmol/L) nell’uomo e <50 mg/dL (1.1mmol/L) nella donna o specifici trattamenti per questa dislipidemia;

• Pressione arteriosa elevata: >130/85 o trattamento per diagnosi di ipertensione;

• Elevata glicemia a digiuno: >100mg/dL (5.6mmol/L) o diagnosi di DM tipo 2 (se è superiore a 5.6 mmol/L or 100 mg/dL è fortemente raccomandato un test orale di tolleranza al glucosio, ma non è indispensabile per definire la presenza della sindrome)

(30)

23 La sindrome metabolica rappresenta quindi una condizione clinica complessa, nella quale sono presenti numerosi elementi coinvolti nell’AS: appare logico ritenerla a pieno titolo un elemento rilevante nello sviluppo della stenosi. Uno studio del 2012 ha confermato questa ipotesi, identificando nella MetS un fattore di rischio indipendente per AS in grado di accelerare sensibilmente la progressione della sclerosi e della calcificazione. Lo stesso studio ha ribadito il possibile beneficio nei confronti della CAVD derivato dall’uso delle statine se somministrate in pazienti giovani ed in fasi precoci della patogenesi valvolare.77

Fumo

È uno dei più importanti e studiati fattori di rischio cardiovascolare, strettamente connesso con l’insorgenza di aterosclerosi e disturbi coronarici.

Il suo ruolo nell’aggravare ed accelerare il processo di stenosi valvolare si compie attraverso meccanismi di danno ossidativo, di induzione di uno stato infiammatorio cronico, contribuendo allo sviluppo dell’aterosclerosi, alterando il profilo lipidico e inducendo ipertensione. Non stupisce quindi che siano assai numerosi gli studi che hanno appurato il ruolo del fumo come fattore di rischio implicato anche nella genesi dell’AS. 78, 79

Fattori Socio-Economici

Possono influire in modo significativo nello sviluppo di stenosi aortica reumatica: è già stato dimostrato come la tempestività nelle cure e l’efficacia della profilassi possano determinare una diminuzione del numero degli attacchi, così come una migliore medicina preventiva possa influire sulla ridotta diffusione della faringite da streptococco βemolitico del gruppo A, elementi che mancano nei Paesi del terzo mondo dove la cardiopatia reumatica è tutt’ora presente in modo significativo.

I medesimi concetti sono applicabili anche alla CAVD ed alla BAV: l’appartenenza ad un basso ceto sociale equivale ad un maggior rischio di sviluppo di fattori di rischio cardiovascolari (fumo, alimentazione scorretta, ipertensione, obesità, sindrome metabolica, scarsa attività fisica)80 così come ad un ritardo nella diagnosi e nella terapia, aggravando il rischio di AS ed aumentando la mortalità correlata.

Insufficienza renale cronica ed alterazioni del metabolismo calcio-fosforo

Negli stadi avanzati dell’insufficienza renale cronica (IRC) si possono riscontrare importanti alterazioni del metabolismo calcio-fosforo, caratterizzate da iperparatiroidismo secondario, ipocalcemia ed iperfosforemia. Le conseguenze sono una marcata osteopenia, una

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depauperazione del pa con alto rischio di eventi

CAVD proporzionale alla progressiva riduzion

considerare quindi il paziente con IRC in stadio 5 come ad alto rischio per lo sviluppo di AS.81

I recenti

valutando periodicamente in 1938 pazienti i e la 25-idrossivitamina D

correlazione con i livelli di calcificazione valvolare

Da queste osservazioni deriva l’ipotesi che, più in generale, patologie sistemiche che determinino un’alterazione del metabolismo calcio

possano essere coinvolte nella

depauperazione del patrimonio di calcio dall’osso e un rischio di eventi cardiaci avversi.

CAVD proporzionale alla progressiva riduzion

considerare quindi il paziente con IRC in stadio 5 come ad alto rischio per lo sviluppo di

I recenti lavori di Linefsky ed O’Brien hanno fatto ulteriore luce sul fenomeno, periodicamente in 1938 pazienti i

idrossivitamina D: tra questi il fosfato è risultato l’unico elemento in stretta correlazione con i livelli di calcificazione valvolare

Figura 6: Probabilità di sclerosi aortica

relazione all’aumento dei livelli di fosfatemia. Tratto da: Linefsky JP, O'Brien KD, Katz R, et al.

Phosphate Levels With Aortic Valve Sclerosis and Annular Calcification: The Cardiovascular Health Study

Cardiol 2011;58(3):291

Da queste osservazioni deriva l’ipotesi che, più in generale, patologie sistemiche che determinino un’alterazione del metabolismo calcio

possano essere coinvolte nella genesi e nel mantenimento della

trimonio di calcio dall’osso e un’aumentata calcificazione vascolare, Gli studi hanno mostrato un rapporto tra IRC e CAVD proporzionale alla progressiva riduzione della filtrazione glomerulare:

considerare quindi il paziente con IRC in stadio 5 come ad alto rischio per lo sviluppo di

di Linefsky ed O’Brien hanno fatto ulteriore luce sul fenomeno, periodicamente in 1938 pazienti i livelli di fosfato, il calcio sierico,

: tra questi il fosfato è risultato l’unico elemento in stretta correlazione con i livelli di calcificazione valvolare (fig. 6).82

: Probabilità di sclerosi aortica in relazione all’aumento dei livelli di fosfatemia. Tratto da: Linefsky JP, O'Brien KD, Katz R, et al. Association of Serum

Phosphate Levels With Aortic Valve Sclerosis and Annular Calcification: The Cardiovascular Health Study. J Am Coll

):291-297

Da queste osservazioni deriva l’ipotesi che, più in generale, patologie sistemiche che determinino un’alterazione del metabolismo calcio-fosforo e dell’omeostasi del tessuto osseo

genesi e nel mantenimento della CAVD.83

24 aumentata calcificazione vascolare, Gli studi hanno mostrato un rapporto tra IRC e filtrazione glomerulare: dobbiamo considerare quindi il paziente con IRC in stadio 5 come ad alto rischio per lo sviluppo di

di Linefsky ed O’Brien hanno fatto ulteriore luce sul fenomeno, livelli di fosfato, il calcio sierico, il paratormone : tra questi il fosfato è risultato l’unico elemento in stretta

Da queste osservazioni deriva l’ipotesi che, più in generale, patologie sistemiche che e dell’omeostasi del tessuto osseo,

(32)

25

Fattori genetici

La patogenesi della calcificazione valvolare è estremamente complessa, ed è logico ipotizzare quindi che alterazioni di geni coinvolti nella genesi e regolazione di questo fenomeno, possano giocare un ruolo significativo nell’aggravare o accelerare il processo stesso. È stata dimostrata un’associazione variabile tra polimorfismi del recettore della vitamina D e la CAVD, in particolar modo legata alla presenza dell’allele B,84 così come polimorfismi genetici dell’interleuchina-10, del Connective Tissue Grow Factor (cTGF, fattore che interagisce a sua volta con il TGF-β), del chemokine receptor-5 (CCR5)85 e delle apolipoproteine:86 nonostante ciò tali studi necessitano di ulteriori approfondimenti per valutarne la validità statistica.65

Per quanto riguarda i possibili fattori genetici implicati nella valvola aortica bicuspide, significativa è invece la mutazione mendeliana del singolo gene NOTCH1,87 che causa alterazione della genesi dei foglietti valvolari e, più in generale, anormalità nello sviluppo dei tessuti aortici valvolari. Mutazioni di NOTCH1 potrebbero essere anche coinvolte nello sviluppo della CAVD:88 il gene è infatti implicato nella differenziazione osteoblastica tramite l’interazione con il fattore di trascrizione RUNX2.89

Altri geni che hanno un ruolo nella determinazione della BAV (e di altre possibili malformazioni cardiovascolari), sono stati identificati nelle regioni 18q, 13q, 5q e 10q: quest’ultima contiene il gene ACTA2, coinvolto nella sintesi dell’α-Actina del muscolo liscio e determinante più spesso aneurismi toracici.90,91

Per quanto concerne la stenosi reumatica sono stati citati in precedenza si il ruolo del deficit di lectina legante il mannosio (MLB), codificata dal gene MBL2, sia l’alta suscettibilità al quadro reumatico.62

(33)

26

6.

FISIOPATOLOGIA

6.1 Relazione tra area valvolare aortica e gradiente pressorio trans valvolare

A prescindere dall’eziologia, l’AS esita in un’ostruzione dello svuotamento del ventricolo sinistro, con aumento della turbolenza di flusso distalmente alla valvola: normalmente il gradiente pressorio trans valvolare misurato all’ecocardiografia risulta essere minore di 30 mmHg (per valori superiori, stando alle linee guida della ACC/AHA,24 rientriamo in una situazione di stenosi aortica), ed il suo aumento è proporzionale all’entità della stenosi e all’intensità del flusso trans valvolare. Osservando la legge di Gorlin per il calcolo dell’area valvolare aortica (A), espressa in cm2 si avrà che:

= /

44.3 √∆

CO = Cardiac Output (cm3/min), DFP = Diastolic Refilling Period (sec/battito), SEP = Sistolic Ejection Period (sec/battito), HR = Heart Rate (battiti/minuto), C = costante empirica, P = gradiente pressorio

possiamo notare come A sia direttamente proporzionale al flusso transvalvolare ed inversamente proporzionale alla radice quadrata del gradiente pressorio, quindi, a parità di flusso trans valvolare, al diminuire dell’area avremo un aumento del gradiente. 92

A seguito del progressivo restringimento della valvola aortica si va incontro a un proporzionale sovraccarico pressorio ai danni del ventricolo di sinistra. Tenendo conto di ciò e considerando la legge di Laplace:

= ×

T = Tensione di Parete, Ptm = pressione transmurale, r = raggio del ventricolo,

d = spessore di parete, è prevedibile un aumento di T.

notiamo come questo porti a rimodellamento ed ipertrofia concentrica compensatoria, che determina diminuzione di r ed aumento di d, inizialmente in grado di riportare T entro parametri accettabili e normalizzare la funzione ventricolare sinistra.93

(34)

27

6.2

Differenze tra rimodellamento ed ipertrofia (Fig. 7)

È opportuno effettuare una distinzione tra rimodellamento ed ipertrofia poiché sono termini che sottintendono situazioni differenti e non possono essere considerati sinonimi: per rimodellamento si intende un ispessimento della parete ventricolare con riduzione del volume interno (non associato quindi ad una variazione della massa totale muscolare), mentre un ventricolo in cui lo spessore, e la massa risultino aumentati ed il volume invariato è caratterizzato da un’ipertrofia concentrica.94 L’ipertrofia eccentrica non interessa le condizioni di stenosi, bensì il rigurgito aortico ed è caratterizzata da un aumento della massa e del volume senza ispessimento di parete.

Figura 7: Diagramma illustrante la variazione di volume, massa ed ispessimento ventricolare

nelle varie situazioni di rimodellamento, ipertrofia concentrica ed ipertrofia eccentrica. Tratto da: Chambers J. The left ventricle in aortic stenosis. Evidence for the use of

angiotensin-converting enzyme inhibitors. Heart 2006;92:420-423

Nell’ambito della stenosi aortica, l’ipertrofia concentrica è quindi vista come un mezzo di compenso in grado di riportare lo stress di parete verso valori tollerabili, anche se da

(35)

28 tempo vi sono evidenze che aumenti progressivi dell’ipertrofia determinano l’instaurarsi di una condizione di rischio cardiovascolare. Gli studi di Framingham10 hanno stabilito un legame tra ipertrofia e progressione dell’insufficienza cardiaca, così come è appurato che la presenza di ipertrofia espone il paziente a rischio di infarto miocardico acuto (IMA), stroke e morte improvvisa.95

6.3

Relazione tra ipertrofia, stenosi ed insufficienza cardiaca

Spesso, in corso di AS, l’ipertrofia non riesce a contrastare completamente l’afterload, determinando una significativa riduzione della gittata sistolica: abbiamo quindi un insufficiente sviluppo di ipertrofia. Al contrario esistono anche situazioni cliniche di AS che sono caratterizzate da un eccesso di ipertrofia compensatoria, per esempio nei soggetti anziani di sesso femminile e nei bambini affetti da BAV:96 questo dimostra come vi sia una notevole variabilità nei rapporti che legano ipertrofia e stenosi aortica e che questi ultimi probabilmente siano modificati da numerose variabili.

Tali osservazioni contrastano con la vecchia ipotesi che ipertrofia, stenosi ed insufficienza cardiaca fossero strettamente correlate tra loro: la pubblicazione di numerosi studi ha progressivamente ridimensionato questa supposizione e trovato una spiegazione, osservando come l’ipertrofia sia influenzata maggiormente da parametri come età, obesità, genetica ed ipertensione.1,97,98 Uno studio del 2005, condotto tramite ecocardiografia e cateterismo cardiaco su 135 pazienti affetti da AS in forma isolata, ha mostrato come all’aumentare dell’ipertrofia la gittata sistolica diminuisca linearmente ed che la probabilità di insufficienza cardiaca sia aumentata, mentre la CHF rimane relativamente indipendente dalla gravità della stenosi aortica sottostante.99 Nel 2012 gli stessi risultati sono stati ribaditi anche con l’uso della risonanza magnetica su un gruppo di 91 pazienti con AS isolata.100

È ipotizzabile quindi che la relazione tra ipertrofia ventricolare e stenosi aortica debba essere considerata come non lineare e modificata da altri elementi concomitanti. Ad ulteriore sostegno di tale ipotesi citiamo un lavoro del 2006 che ha chiarito l’impatto che ipertensione e stenosi hanno sull’ipertrofia ventricolare sinistra: valori lievi e moderati di ipertensione hanno un’influenza maggiore sull’ipertrofia rispetto a valori modesti di stenosi. L’AS severa, invece, sembra avere un impatto sull’ipertrofia che cresce in modo esponenziale quando i valori dell’area aortica scendono al disotto di 0,8cm2-1cm2, limite soglia per definire la stenosi severa (Fig. 8). Questo è suffragato anche dal fatto che i pazienti con AS isolata non

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29 manifestano sintomi cardiovascolari rilevanti sino a che la stenosi non diventa severa, momento in cui il quadro clinico da origine ad un rapido e drammatico deterioramento.101

Figura 8: Aumento teorico dell’ipertrofia ventricolare sinistra per differenti gradi di stenosi

aortica in concomitanza di ipertensione moderata (150/95 mmHg). AS = Aortic Stenosis, HPT = Hypertension. Tratto da: Garcia D, Pibarotb P, Kadema L, et al. Respective impacts

of aortic stenosis and systemic hypertension on left ventricular hypertrophy. Journal of

Biomechanics 2007;40:972–980

Date queste premesse i pazienti con AS dovrebbero essere considerati come un gruppo eterogeneo, che presentano differenti tipologie di rimodellamento e diverse funzionalità ventricolari (sistoliche e diastoliche).

A testimonianza di ciò riportiamo come negli ultimi anni, grazie a diversi studi (tra i quali ricordiamo il lavoro di Dumesnil et al),102 si siano progressivamente identificate quattro principali categorie di pazienti affetti da AS severa (AVA < 1cm2): normal flow high

gradient, normal flow low gradient, low flow low gradient e low flow high gradient; la

(37)

30 gradiente (< or ≥ 40 mmHg). Questi gruppi presentano caratteristiche cliniche ed outcome differenti: in particolare i low flow high gradient mostrano un rischio doppio di eventi cardiaci rispetto ai normal flow low gradient. L’outcome peggiore è invece appannaggio dei low flow

low gradient, contraddistinti da una cavità ventricolare più piccola, da un afterload

particolarmente pronunciato, da disfunzione contrattile e da fibrosi estesa.103

Il ruolo della genetica nell’influenzare l’ipertrofia in corso di AS è stato approfondito in uno studio di Orlowska-Baranowska et al che ha mostrato come polimorfismi del gene codificante l’enzima ACE (in particolar modo la forma I/D), abbiano la capacità di modulare l’entità dell’ipertrofia, specie nei pazienti con età inferiore a 66 anni.104

6.4

Aspetti istologici dell’ipertrofia ventricolare (Fig. 9)

Le due principali caratteristiche istologiche osservabili in un ventricolo ipertrofico sono la progressiva apoptosi dei cardiomiociti e l’instaurarsi di fibrosi: con il passare del tempo i due fenomeni si rendono protagonisti nel passaggio da una situazione di compenso ad una maladattativa, esitante in un quadro di insufficienza cardiaca dove il ventricolo non riesce più a far fronte all’aumentato postcarico. Alla disfunzione ventricolare si aggiungono le problematiche intrinseche all’alterazione istologica del miocardio (quali aumento della mortalità, aritmie, morte improvvisa), che verranno discusse nell’apposita sezione dedicata alla clinica.

La presenza di ipertrofia, fibrosi ed apoptosi può portare ad un progressivo irrigidimento (o stiffness) della parete ventricolare,105 ad un’alterata compliance diastolica e ad una riduzione della funzione sistolica longitudinale.106, 107 Questo comporta aumenti pressori nelle camere cardiache di sinistra, a sua volta correlati alla comparsa dei sintomi ed all’outcome chirurgico negativo dei soggetti affetti.

Apoptosi dei cardiomiociti

L’angiotensina II riveste un ruolo rilevante nella genesi di entrambi i processi di apoptosi ed ipertrofia: questo è confermato dagli studi sull’influenza genetica dei polimorfismi dell’enzima ACE,104 così come dalle analisi incentrate sul ruolo dei suoi recettori AT1 ed AT2.108

La presenza di ipertrofia comporta un’aumentata richiesta di O2 da parte del miocardio, che spesso non può essere soddisfatta adeguatamente dalla perfusione coronarica, non supportata da un’adeguata espansione del letto vascolare: questo genera i presupposti per

(38)

31 una sofferenza ischemica del miocardio che, a livello clinico, si estrinseca come angina emodinamica e, a livello microscopico, come apoptosi dei miocardiociti.109

Anche gli stress meccanici determinati dall’aumento del postcarico possono causare una progressiva perdita di fibrocellule muscolari: nel 2010 uno studio di Dewachter et al ha mostrato come l’aumento di afterload determini nei miocardiociti l’attivazione di pathways pro-apoptotici, una liberazione locale di citochine pro-infiammatorie e l’iperespressione del fattore di necrosi tumorale α (TNF-α).110

Fibrosi

La fibrosi è determinata dalla deposizione nel miocardio di fibre collagene di tipo I e III da parte dei miofibroblasti.111 Alla stregua dell’apoptosi, essa è un’altra componente essenziale del processo di ipertrofia ventricolare che sopraggiunge con meccanismi simili a quanto visto nella patogenesi dell’AS. Sono quindi coinvolti l’Angiotensina II, l’azione del TGF-β, ed una sperequazione nell’attività delle metallo proteinasi. Il processo rappresenta un fenomeno di cicatrizzazione delle zone interessate dall’apoptosi dei miocardiociti.1, 112

Figura 9: Illustrazione schematica dei meccanismi di rimodellamento ventricolare nell’ipertrofia da

sovraccarico pressorio. Tratto da: Hein S, Arnon E, Kostin S, et al. Progression From Compensated

Hypertrophy to Failure in the Pressure-Overloaded Human Heart Structural Deterioration and Compensatory Mechanisms. Circulation 2003;107:984-991

(39)

32

6.5

End diastolic pressure-volume relationship (EDPVR)

È risaputo che le proprietà meccaniche del ventricolo sinistro variano periodicamente durante il ciclo cardiaco: il massimo grado di compattezza (o stiffness) delle fibre muscolari è presente in telesistole, mentre il massimo grado di distensione muscolare è raggiunto alla fine della diastole. Il ventricolo sinistro, nell’istante in cui si trova in telediastole, è paragonabile ad un pallone elastico nel quale, man mano che viene immesso sangue proveniente dall’atrio sinistro (aumento di volume), le pareti oppongono una resistenza progressivamente maggiore, inducendo un aumento pressorio interno. Inizialmente, per grandi quantità di sangue introdotte, avremo trascurabili aumenti pressori, questo sino al raggiungimento del punto V0 (definito come punto di massimo volume nel quale la pressione è ancora 0 mmHg) a partire dal quale si avranno aumenti della P sempre maggiori per aumenti di V sempre minori.

La complessa relazione che lega P e V in telediastole è definibile come end diastolic

pressure volume relationship (EDPVR), ed è descritta da una funzione non lineare del tipo:

= 0 +

dove EDP è la pressione telediastolica, P0 è la pressione a bassi volumi (generalmente assai vicina a 0 mmHg e quindi trascurabile), EDV è il volume telediastolico, α e β sono due costanti determinate dalle proprietà meccaniche e strutturali del ventricolo (Fig. 10A).113

Se le il precarico e gli intervalli temporali tra i battiti sono regolari, il loop del ciclo cardiaco transiterà sempre per il medesimo punto pressione-volume tele diastolici: se viene però effettuata una variazione acuta nel precarico senza alterare la contrattilità miocardica (es. occlusione transitoria della vena cava inferiore), otterremo una “famiglia” di cicli cardiaci il cui punto P-V telediastolici giacerà sulla curva rappresentata dall’EDPVR (Fig. 10B).

L’end diastolic pressure-volume relationship è quindi uno dei parametri più importanti per caratterizzare le proprietà del ventricolo sinistro: rappresenta un’espressione globale della geometria ventricolare, dello spessore di parete e delle proprietà passive della camera ventricolare. Per definizione l’EDPVR indica il riempimento diastolico richiesto per una specifica pressione telediastolica ventricolare ed è un fattore determinante del precarico.114

Sin dai primi studi sperimentali la valutazione di tale relazione si è affermata come elemento fondamentale per lo studio accurato della fisiopatologia del rimodellamento ventricolare nell’insufficienza cardiaca ed in risposta a trattamenti farmacologici e chirurgici come la TAVI.115 Tuttavia le applicazioni dell’EDPVR in ambito clinico sono state molto

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