• Non ci sono risultati.

Analisi dei fl ussi di carbonio

Nel documento Annual report IASMA Research Centre (pagine 91-94)

L’integrazione di misure di eddy covariance e di misure spettrali a scala di ecosistema può fornire una migliore comprensione dei meccanismi ecolo- gici che controllano i fl ussi di carbonio. A scala più vasta, i sensori aerei e satellitari permettono di descrivere pattern spaziali con copertura regionale o globale. Il nostro lavoro si focalizza sulla ricerca di relazioni tra fl ussi di carbonio a livello ecosiste- mico (NEE, GPP) e gli indici di vegetazione calcolati da piattaforma remota, utilizzando le bande dispo- nibili dal satellite MODIS e CHRIS- Proba.

L’approccio di optical sampling è basato su misu- re a terra, che permettono di evitare limitazio- ni legate alla risoluzione spaziale (tipiche delle immagini satellitari). I parametri biofi sici (come

LAI, contenuto d’acqua a livello fogliare, conte- nuto di azoto, biomassa) sono misurati con metodi adatti alla scala di osservazione, permettendo la comparazione di dati ottici e variabili biofi siche. Nell’approccio di optical sampling, dati ad alta risoluzione spaziale raccolti con lo spettroradio- metro (raccolti episodicamente) oppure dati più semplici provenienti da sensori multispettrali (raccolti in continuo) sono stati utilizzati, al fi ne di studiare le relazioni tra i dati spettrali e i para- metri/fl ussi degli ecosistemi. In questo contesto, un meeting SPECNET Europe si è tenuto al Mon- te Bondone per creare una rete europea di siti di optical sampling.

A partire dai dati raccolti a terra, i parametri eco- sistemici possono essere estesi a scala più vasta tramite le osservazioni aeree e satellitari, con la produzione di mappe dettagliate dei parametri ana- lizzati. Questo approccio di scala è stato utilizzato con successo sia per le praterie che per le foreste. Per quanto riguarda le praterie, correlazioni signifi - cative sono state trovate tra dati aerei (AISA Eagle hyperspectral sensor) ed i parametri biofi sici della vegetazione.

I dati ottici hanno dimostrato le loro potenzialità nel monitoraggio della produttività delle praterie, dello stadio fenologico (curing ratio) e del rischio di incendio. Negli ecosistemi di foresta, correlazioni signifi cative si sono osservate tra dati satellitari di tipo ottico (LANDSAT) e biomassa.

Figura 3

Figura 4 l’integrazione dei dati iperspet-

trali con quelli LIDAR per capire se l’uso combinato di questi dati può essere utile per la classifi ca- zione di aree forestali. Infi ne è stata effettuata un’analisi sulla relazione esistente tra risoluzio- ne spettrale e complessità del sistema di classifi cazione.

U

na tematica su cui la Comunità Europea pone particolare attenzione, è nei confronti di quelle malattie, note come “zoonosi emergenti della fauna selvatica”, che generalmente circolano tra le popo- lazioni di animali selvatici, ma occasionalmente vengono trasmesse all’uomo. La comparsa di queste malattie nelle aree alpine non è infrequente e la diffusione in passato della rabbia nelle volpi ne è un drammatico esempio.

Molti altri micro-organismi responsabili di causa- re malattie sono ancora poco studiati o addirit- tura non sono mai stati identifi cati. Inoltre per la maggior parte di questi agenti patogeni non si possono adottare misure di controllo quali la vac- cinazione di specie selvatiche o la riduzione della popolazione, come è stato fatto invece in passato

Cambiamenti

globali e

malattie

emergenti

trasmesse

all’uomo dalla

fauna selvatica

nelle Alpi

Annapaola Rizzoli Heidi C. Hauffe Valentina Tagliapietra Daniele Arnoldi Francesca Cagnacci Giovanna Carpi Markus Neteler Roberto Rosà Fausta Rosso

per la rabbia. Questo è il caso, ad esempio, delle malattie trasmesse da zecche o da zanzare, e/o mantenute nell’ambiente da popolazioni di rodi- tori selvatici.

Vista l’importanza dell’argomento a livello regiona- le oltre che europeo, negli ultimi 10 anni il nostro gruppo di ricerca ha avviato una serie di proget- ti inerenti lo studio di diverse zoonosi emergenti della fauna selvatica, fi nanziati sia dalla PAT che dall’Unione Europea. L’attività di ricerca che viene svolta all’interno del gruppo segue un approccio di tipo multidisciplinare, combinando la tradizionale ricerca ecologica della fauna selvatica con le tecno- logie più avanzate, quali l’ecologia molecolare e la genomica, le applicazioni GIS e di Remote Sensing e la modellistica matematica.

Le due principali malattie di cui ci siamo occupati recentemente han- no come vettore la zecca dei boschi Ixodes ricinus e sono l’encefalite da zecche (TBE o Tick-Borne Encephalitis) e la malattia di Lyme (o Borreliosi di Lyme, LB).

La TBE è provocata da un virus che nel suo esordio provoca sintomato- logia simil-infl uenzale seguita o meno da meningoencefalite e/o mie- lite. Fino a un terzo dei pazienti presenta sintomi con lungo decorso, frequentemente accompagnati da disfunzioni cognitive e sostanziale riduzione della qualità della vita, con conseguenti costi sociali e sani- tari particolarmente elevati nei casi più gravi. Il virus della TBE che si trova in Europa è spesso trasmesso all’uomo da zecche che hanno acquisito l’infezione nutrendosi su roditori selvatici, specialmente il topo selvatico dal collo giallo (Apodemus fl avicollis), diffuso in tutto il continente. Nell’Unione Europea, il numero di casi di TBE è aumentato del 400% negli ultimi 30 anni e, in Italia, la malattia è stata diagno- sticata in tutte le regioni del nord-est (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia) con un totale di 198 casi registrati dal 1992 al 2006. Per il virus della TBE è disponibile in commercio un vaccino. La Borreliosi di Lyme (LB) è invece causata dalla spirocheta Borrelia burgdorferi. Il decorso clinico della LB spazia dall’infezione asintoma- tica alla malattia cronica, generalmente colpendo la pelle, il sistema nervoso e muscolo-scheletrico, e più raramente il cuore. Comunque,

PARTE

2

| DIPARTIMENTI | CENTRO DI ECOLOGIA ALPINA

i casi con esito mortale riportati in letteratura sono tuttora contenu- ti. Le differenze nelle manifestazioni cliniche di LB in diversi pazien- ti possono essere imputate ai diversi tipi di B. burgdorferi esistenti all’interno dell’Unione Europea, chiamati genospecie, i quali sono riscontrabili nella zecca vettore e negli ospiti vertebrati che compren- dono specie di micromammiferi, uccelli e rettili. Questa varietà di specie evidenzia la complessa ecologia di questo micro-organismo e la varietà di nicchie ecologiche che è in grado di occupare. Negli stati membri dell’UE ogni anno vengono riportati almeno 85.000 nuovi casi di LB, con un’incidenza annuale che raggiunge i 135-200 casi/100.000 abitanti in alcune zone dell’Europa centrale. In Italia la malattia è endemica nella maggior parte delle regioni centrali e settentrionali, con circa 20 casi/100.000 abitanti in media all’anno, ma tale valore è probabilmente sottostimato. Per la Borreliosi di Lyme non esiste un vaccino, ma la terapia antibiotica risulta effi cace qualora la diagnosi venga effettuata nei primi stadi della malattia.

Studi recenti, compresi quelli condotti dal nostro gruppo di ricerca, hanno mostrato come il numero di zecche stia aumentando in molte parti dell’UE in seguito ai cambiamenti del clima, della composizio- ne forestale e dell’abbondanza degli ungulati selvatici, soprattutto capriolo e cervo. L’abbandono dei pascoli e delle aree marginali ha favorito non solo la creazione di un habitat favorevole per le zecche, ma ha anche aumentato il rischio di contatto tra zecche, ospiti e uomo, favorendo la circolazione delle malattie trasmesse dalle zecche. Altri studi hanno anche dimostrato l’esistenza di ceppi endemici e cep- pi introdotti dall’esterno, sia nel caso del virus della TBE che per le genospecie di Borrelia isolati in Trentino.

Le analisi genetiche, infatti, hanno evidenziato che alcune genospecie locali di Borrelia e alcuni ceppi del virus della TBE sono diversi da quelli europei, mentre altri sono strettamente affi ni a quelli isolati in altre parti d’Europa. I nostri risultati indicano che la circolazione di ceppi endemici è aumentata gra- zie ai cambiamenti ambientali citati in precedenza, mentre l’introduzione di nuovi ceppi si ritiene lega- ta alla migrazione di uccelli e mammiferi terrestri. I nostri risultati confermano la necessità di prosegui- re le ricerche in questo settore al fi ne di garantire una rapida identifi cazione di questi patogeni e di monitorare continuamente la loro capacità potenzia- le di trasmettere malattie all’uomo. Recentemente, i nostri studi si sono estesi alle malattie trasmesse all’uomo dagli uccelli migratori, dalle zanzare, sia la specie di zanzara comune che la zanzara tigre che si sta diffondendo nelle Alpi, e dai roditori selvatici che vivono in ambienti forestali e agrari.

I nostri risultati hanno importanti ricadute per il benessere delle persone che abitano e lavorano sul territorio in Trentino, fornendo un continuo migliora- mento della conoscenza dell’ecologia della fauna sel- vatica e delle malattie da essa trasmesse. Inoltre, la rilevanza delle nostre ricerche è stata riconosciuta a livello internazionale dalla comunità scientifi ca, come appare evidente dalle presentazioni ai convegni, dalle pubblicazioni su libri e su riviste di alto livello scien- tifi co. L’attività del gruppo di ricerca è anche inseri- ta in una serie di network che coinvolge molti paesi Europei e diverse università nord americane.

Flussi di gas

Nel documento Annual report IASMA Research Centre (pagine 91-94)