• Non ci sono risultati.

Analogie tra teorie storiche e concezioni difformi, incidenza delle

5. L’apprendimento delle conoscenze scientifiche

5.6 Analogie tra teorie storiche e concezioni difformi, incidenza delle

incidenza delle variabili culturali sulla costruzione di teorie naif

Molti ricercatori hanno notato l‟esistenza di analogie tra le concezioni difformi e le teorie storiche (McClosey, 1988), infatti le nostre concezioni sono basate su criteri cognitivi percettivi, per cui quelle scientifiche non più accreditate di oggi, cioè quelle che tipizzano le epistemologie naif, assomigliano a quelle di ieri perchè “molte di queste erano costruite su un piano percettivo immediato, cioè non mediato da organizzatori astratti” ( Cavallini 1995, pag148)”.

Nel campo della fisica, ad esempio, della dinamica resistono conoscenze di senso comune le cui spiegazioni sono basate sulla fisica aristotelica. Un esempio è dato dalla concezione che occorra l‟azione di una forza costante per mantenere un corpo in movimento. Altre idee si basano sulla teoria dell‟impetus. Sia la fisica aristotelica che la teoria dell‟impetus hanno rappresentato teorie dominanti nel passato e sono state condivise da scienziati di grande livello che hanno condotto una strenua difesa su queste teorie.

Molte teorie naif hanno costruito una “dinamica del senso comune” messa in evidenza da ricerche pionieristiche effettuate da Mc Closkey e Kargon (1988) e Mayer (1990), i cui risultati non sono stati mai confutati, rilevano queste concezioni in studenti di tutte le età fino all‟Università evidenziate con test specifici. Mettendo a confronto le idee della dinamica naif con quelle delle dinamica aristotelica si possono rilevare le analogie tra le concezioni naif e le teorie storiche:

Teorie naif della dinamica Sintesi dei principi della dinamica Aristotelica

1. lo stato di quiete è profondamente diverso dallo stato di moto

2. se un oggetto si muove è perché qualcosa lo tiene in moto

3. la velocità è dovuta all’effetto di una forza

Moto e cause:

1. Ad ogni corpo per sua natura, determinata dalla miscela dei quattro elementi che lo compongono, compete un luogo naturale.

2. Nel luogo naturale, se non intervengono cause esterne, i corpi si mantengono in quiete.

3. Il moto è qualche cosa che si “trasferisce” momentaneamente ai corpi, trasformandoli in sé stessi e rispetto agli altri; è il “passaggio” all‟atto di ciò che è in potenza.

4. Ogni movimento, naturale o violento, necessita di una causa.

5. Causa del moto naturale è il ritorno del corpo al suo luogo naturale.

6. Causa del moto violento è un motore esterno in contatto (non sono ammesse azioni a distanza) con il mobile.

7. Soppressa la causa, naturale o violenta, il moto cesserà (cessante causa cessat effectus).

Spicca la forte corrispondenza tra il punto 2 della concezione naif sul moto con i punti 2 e 7, e la corrispondenza tra il punto 3 dell‟idea naif sul moto e il 6 della dinamica aristotelica.

Altre ricerche sono state condotte da A. Tiberghien (1985) riguardo alla concezione di calore, anche in questo caso si è messa in evidenza la corrispondenza tra teorie naif e la concezione di calorico, infatti i soggetti con i quali è stata condotta l‟indagine, ragazzi della secondaria, hanno espresso l‟idea di calore come “fluido” trasmissibile esattamente conforme alla vecchia teoria del calorico che dominava nel settecento, la teoria del calorico venne discussa per molti decenni prima di decretarne la fine, come teoria scientifica, ad opera di Clausius.

Le variabili socioculturali secondo alcuni ricercatori sono fondamentali fattori di credenze e di mutamenti concettuali. I mutamenti concettuali, infatti, non sono visti come processi cognitivi individuali interni ma come attività sociali che avvengono in un mondo socioculturale complesso (Vosniadou, 2007). Questo aspetto si avvicina al pensiero di Khunn relativo alla nozione di teoria concepita come set di proposizioni; tale concezione troppo ristretta per rappresentare l‟attività degli scienziati viene sostituita dalla concezione di “paradigma” che sposta la centratura dalla mente individuale al ruolo che gioca nelle scoperte scientifiche e nei cambiamenti, la comunità scientifica e il gruppo scientifico. La concezione di paradigma coniata da Khunn ha cominciato a dare l‟idea ai filosofi della scienza e agli storici della scienza che questa conoscenza sia una attività sociale (Machamer, 2007; Hoddeson, 2007). Lo stesso carattere socioculturale hanno le teorie naif. Questi aspetti si integrano con la visione di Vigotskij, secondo il quale negli individui la costruzione del pensiero razionale avviene non individualmente ma in interazione sociale, questo ovviamente accomuna sia l‟acquisizione di conoscenza scientifica accreditata, sia di conoscenza del senso comune. La concezione più indagata in questo campo che ha confermato l‟influenza che i paradigmi socioculturali hanno sulla costruzione di teorie del mondo naturale, è quella di vivente. Carey fin dal 1985 ha condotto

ricerche sulla concezione di vivente nei bambini della primaria, individuando che la concezione di vivente nella visione naif è strettamente connessa alle seguente teoria: “è vivente ciò che è dotato di movimento autonomo, cresce, si nutre, respira, si riproduce, muore”. Sempre Carey(1985) rileva nelle sue ricerche che i bambini fino a 10-11 anni escludono l‟uomo dal regno animale (dato confermato nella mia ricerca sui viventi), l‟esclusione riflette appunto criteri culturali e moralistici. Nel comune modo di dire tutti possono apprezzare il grande valore disonorante dell‟etichetta animale appioppato ad un uomo.

Le reazioni al darwinismo e la difficoltà del concepire l‟evoluzionismo hanno queste radici (Cavallini, 1995). La maggior parte delle culture, specialmente quelle occidentali, hanno un mito creazionista (Campbell 1972) che trae origine dalle scritture bibliche. Dio ha creato tutte le specie animali con una unica essenza tra i 6 e i 10000 anni fa (Numbers, 1992, 2003). Un punto chiave di questo approccio è l‟immutabilità degli esseri viventi, ogni essere vivente ha una struttura fissa e solo Dio può creare nuovi esseri viventi (Evans 2001). Proprio da questo punto, per la cultura creazionista, nasce l‟idea che le teorie evoluzionistiche siano soggette a fallimento, esse partono infatti dall‟accettare la mutabilità della specie. I creazionisti pensano che tale visione materialistica del mondo escluda il supernaturale, esponendo la gente alle miserie di un mondo immorale e senza Dio (Scott 2004). In aggiunta alla sua supposta immoralità, un criticismo molto usato nei confronti della teoria evoluzionistica è quello che l‟evoluzione è solo una teoria (Bybee, 2004; Scott 2004) anche perché basata su inferenze non documentate e non sull‟osservazione quotidiana dove la mutabilità delle specie non è percepibile e quindi non si coglie. Un punto classico è quello che la raccolta dei fossili è incompleta e perciò non può essere usata come evidenza che le specie hanno subito una evoluzione. Dalla religiosità cristiana, specialmente quella fondamentalista, nasce perciò, secondo Mazur (2005) la forte reazione che si ha negli USA verso la teoria darwiniana dell‟evoluzione. Anche tra coloro che accettano l‟evoluzione

della specie, la maggior parte invoca concetti teologici non darwiniani per spiegare i cambiamenti delle specie. E nella cultura cristiana la concezione della fissità delle specie teoria che è analoga alla teoria storica di Linneo, è strutturata in una vera e propria ontologia che inficia la comprensione della teoria evolutiva scientifica attuale.

6. L’insegnamento delle scienze a scuola e i modelli di