Capitolo Terzo: Anestesia negli asin
3.1 Anatomia e fisiologia
Nella categoria “equidi” vanno inseriti, ovviamente, anche asini e muli, i quali però presentano caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali uniche e differenti rispetto al cavallo.
Gli asini fanno parte della specie Equus asinus, al cui interno, volendo, è possibile stilare un'ulteriore classificazione: negli Stati Uniti, ad esempio, il criterio di suddivisone è la stazza: si definiscono asini “in miniatura” quelli alti meno di 34 pollici al garrese; asini standard variano da 34 a 54 pollici, mentre asini “mammut” risultano alti più di 54 pollici (Matthews, 2009).
I muli nascono invece dall'allevamento e dalla riproduzione tra un asino maschio e ed una cavalla, mentre un bardotto da uno stallone e da un'asina. I muli sono più variabili nel comportamento e nella loro struttura corporea, che infatti dipende dalla madre: ad esempio, cavalle Purosangue Arabe danno alla vita puledri diversi da quelli nati da cavalle da tiro (Matthews, 2009).
Sebbene asini e muli possano apparire indistinguibili, viste, ad esempio, le lunghe orecchie, i secondi hanno caratteristiche che li avvicinano maggiormente ai cavalli, tra cui la coda e la testa più fine. Gli asini hanno invece una coda più simile a quella di un bovino: lunga, sottile e con un ciuffo di peli terminale (Matthews, 2009).
Per quanto riguarda l'anestesia, però, vale la pena ricordare altre differenze anatomiche importanti. Una prima peculiarità è riferibile alle vie aeree: se comparati a cavalli di pari taglia, asini e muli presentano narici, laringe e trachea
più strette: questo si traduce nella necessità di un tubo endotracheale di dimensioni minori rispetto ad un cavallo di peso simile (Doherty & Valverde, 2006). Altra caratteristica interessante è legata invece alla vena giugulare, sede elettiva per la cateterizzazione venosa negli equidi. Questa, pur non collocandosi in una posizione diversa rispetto al cavallo, è coperta da una fascia muscolare e da uno strato cutaneo molto più spesso (Herman, 2009), il che rende la vena meno visibile. Per questo motivo, il catetere dovrebbe essere abbastanza lungo (almeno 9 cm, secondo alcuni autori), in quanto si riduce il rischio di una dislocazione durante le varie fasi della procedura (Matthews & Van Loon, 2013) e bisogna inserirlo con un'angolazione quasi perpendicolare (Matthews, 2009). È inoltre consigliato un buon contenimento durante questa procedura: si può ricorrere ad esempio ad un'iniezione di lidocaina in sede transdermica per anestetizzare la zona. Parlando invece di cateterizzazione arteriosa, il decorso delle branche dell'arteria facciale, collocate sotto la cresta temporale, rendono più difficile tale procedura (Matthews, 2009).
Passando agli aspetti prettamente fisiologici, nell'asino, i valori basali di temperatura, frequenza cardiaca e respiratoria sembrano essere leggermente diversi rispetto al cavallo.
L'asino è un animale termolabile: per questo la temperatura può aumentare con un grado maggiore rispetto a quanto si pensi, soprattutto in condizioni climatiche calde ed in seguito ad esercizio prolungato (Matthews, 2009).
La frequenza cardiaca risponde in modo simile al cavallo e per questo motivo risulta essere un buon indicatore di dolore o stress, mentre altri parametri in apparenza risultano normali (Matthews, 2009): gli asini, infatti, nel loro essere
stoici di fronte al dolore, assomigliano molto di più ad un bovino, piuttosto che ad un cavallo (Matthews & Taylor, 2002). La frequenza respiratoria a riposo è invece più altra rispetto al cavallo: 20-30 atti al minuto sono considerati normali
(Matthews, 2009).
Sempre secondo Matthews, leggere differenze rispetto al cavallo si presentano anche per quanto riguarda i valori ematologici e biochimici e risulta di estrema importanza conoscerli (Svedsen, 2008a). Ad esempio, essendo, l'asino, un animale adattato alla vita in zone aride e desertiche, non si rileva un aumento dell'ematocrito finché non si raggiunga un grado di disidratazione di circa il 30%
(Matthews, 2009), in quanto presentano un sistema di bilancio idrico diverso rispetto al cavallo (Matthews & Taylor, 2002). La produzione urinaria è inferiore, anche quando l'acqua è disponibile; ogni qualvolta questa non sia accessibile e le temperature aumentino, la perdita idrica fecale viene ridotta (Maloiy 1970): il tratto terminale dell'intestino, quindi, funge da riserva d'acqua, come nei ruminanti (Kasirer-Izraely et al. 1994).
Altre differenze si rilevano nei valori basali di ACTH e trigliceridi, i quali risultano più alti anche in soggetti sani, mentre quelli di l'insulina sono significativamente inferiori (Dugat et al. 2010). Sebbene generalmente siano resistenti alle malattie, gli asini sembrano essere particolarmente suscettibili all'iperlipidemia in corso di anoressia (Watson et al. 1990).
3.2 Farmacologia
Pochissimi farmaci sono approvati e registrati per l'uso sull'asino, quindi la maggior parte deve essere somministrata “off-label”. I dosaggi sono spesso
estrapolati da quelli determinati per il cavallo, anche se diversi autori affermano quanto questa usanza sia errata (Grosenbaugh et al. 2011). Sono state, infatti, documentate differenze nel metabolismo e nella risposta a determinati anestetici e analgesici: in generale, sono richieste dosi maggiori di circa il 30% per l'asino
(Doherty & Valverde 2004).
L'impatto delle differenze fisiologiche deve essere considerato alla luce del loro
effetto sulla farmacologia: ad esempio, nell'asino il volume plasmatico è
mantenuto anche in soggetti disidratati, come già accennato, mentre il cavallo è notoriamente meno resistente. Sembra inoltre che gli asini possiedano un’aumentata capacità metabolica per determinate molecole, fattore forse correlabile a differenti isoenzimi nel citocromo P450 (Peck et al. 1997).
Le principali fonti di variabilità interspecie rispetto al farmaco, comunque, devono essere spiegate attraverso l'applicazione di nozioni di farmacocinetica e farmacodinamica. Partendo dalla farmacocinetica, è necessario prendere in considerazione tre parametri, utilizzati generalmente per determinare i regimi di dosaggio di un farmaco: biodisponibilità, distribuzione ed escrezione, o clearance. Con biodisponibilità si intende la velocità e il grado con cui un farmaco viene assorbito, a partire dal sito di somministrazione, ed entra nella circolazione sistemica. È determinata da tre parametri che insieme descrivono il tasso e l'entità della distribuzione della molecola: la concentrazione plasmatica di picco, il momento di picco della concentrazione plasmatica e la superficie totale sotto il tempo di curva della concentrazione (AUC).
Il volume di distribuzione (Vd) è definito come l'apparente volume in cui un farmaco viene disciolto e dipende dalla natura dei compartimenti corporei, che
ovviamente differiscono notevolmente tra le specie. Il Vd dipende da proprietà del farmaco come il pKa, la liposolubilità, le dimensioni molecolari e il tipo di legame con le proteine. Farmaci fortemente legati alle proteine, infatti, rimangono nello spazio vascolare, mentre farmaci liposolubili possono diffondersi con facilità in altri compartimenti come, ad esempio, il colon negli equidi. Il volume di distribuzione deve essere noto, per calcolare la dose da somministrare, al fine di raggiungere una certa concentrazione del farmaco nel plasma. Il tratto intestinale distale dell'asino funge da serbatoio d'acqua, come già detto, il che potrebbe spiegare alcune differenze nella distribuzione e nella biodisponibilità dei farmaci.
La clearance è definita come il volume di plasma depurato da un farmaco per l'unità di tempo, mentre la clearance corporea totale è calcolata sulla base di tutti i sistemi coinvolti nell'eliminazione del farmaco, sia a livello epatico che renale. Poiché essa costituisce un parametro utile per calcolare la dose, per unità di tempo, necessaria per raggiungere una data concentrazione nel plasma, queste differenze devono essere prese in considerazione durante la preparazione di un protocollo farmacologico. Il metabolismo epatico dell'asino ha dimostrato di essere più
rapido rispetto al cavallo per vari farmaci, come il fenilbutazone (Mealey et al.
1997) e guaifenesina (Matthews et al. 1997a). Per quanto riguarda quest'ultima, è stato dimostrato, in particolare, che la somministrazione endovenosa alla dose di 131 mg/kg provoca il decubito di un asino in circa 11 minuti, mentre sono
necessari 211 mg/kg e 39 minuti nel cavallo (Matthews et al. 1997b). Questa
caratteristica può però essere più una conseguenza comportamentale, piuttosto
Allo stesso modo, l'escrezione tubulare renale del sulfametoxasolo è maggiore nell'asino (Peck et al. 2002).
L'emivita di eliminazione è invece il tempo richiesto perché un farmaco raggiunga il 50% della concentrazione plasmatica di partenza. Si differenzia dalla clearence in quanto non separa il tasso di eliminazione di un farmaco dalla sua disponibilità. È utile per determinare gli intervalli di dosaggio, per ottenere i quali è indispensabile la conoscenza delle differenze farmacocinetiche tra cavallo e asino. Per i farmaci in cui l'escrezione tende ad essere più rapida rispetto al cavallo, ad esempio, potrebbe essere necessario aumentare il numero di somministrazioni, per mantenere una specifica concentrazione plasmatica, piuttosto che aumentarne
il dosaggio (Doherty & Valverde, 2004).
Parallelamente, l'aumento della biodisponibilità e il più piccolo volume di distribuzione dell'asino, per alcuni farmaci, possono predisporre all'insorgenza di effetti tossici (Grosenbaugh et al. 2011).
È invece competenza della farmacodinamica interessarsi dei processi che portano un farmaco a raggiungere il sito d'azione e ad esercitare il proprio effetto, dopo il legame con il corrispondente recettore di membrana. Questo legame provoca un cambiamento conformazionale che, una volta trasmesso attraverso la membrana cellulare, innesca eventi intracellulari. Se il recettore-bersaglio non è presente, non si ha l'effetto: questo spiega ad esempio la dimostrata e significativa variabilità inter-specie tra cavallo e cane, rispetto alla localizzazione e alla densità dei recettori per oppioidi e α2-agonisti nel sistema nervoso centrale (Hellyeret al. 2003). Queste differenze determinano altrettante differenti reazioni comportamentali tra le due specie in seguito alla somministrazione di oppioidi. È
possibile che esista una tale variabilità anche tra asino e cavallo, dovuta alla diversa densità dei recettori (Doherty & Valverde, 2004) in grado di spiegare alcune
differenze terapeutiche (Grosenbaugh et al, 2011). Per di più, la variabilità nella
taglia (tra asini “in miniatura”, standard e “mammut”) sembra essere legata ad una differente attività metabolica: i “miniature donkeys” sembrano generalmente
richiedere dosaggi maggiori (Matthews et al. 2002). Sono state valutate, ad
esempio, tre associazioni diverse negli asini "in miniatura": xilazina, butorfanolo e ketamina; xilazina e propofol; xilazina, butorfanolo, tiletamina e zolazepam (Matthews et al. 2002). Con le prime due, si è ottenuto un tempo medio di decubito di soli 14 minuti, mentre con la terza di 34 minuti: secondo gli autori il decubito è comunque più breve rispetto agli asini di taglia standard. Per questo è stato ipotizzato un metabolismo più rapido nei “miniature”.
Gli asini rispondono bene ad α2-agonisti come la xilazina, detomidina e
romifidina, con dosi paragonabili a quelle del cavallo (Matthews et al. 1997b).
L'aggiunta di un oppioide sembra produrre un effetto sinergico sulla qualità e sulla
lunghezza della sedazione (El-Maghraby & Atta 1997; Joubert et al. 1999).
Anche l'acepromazina, da sola o in combinazione con la xilazina, produce un
efficace effetto tranquillante alle dosi raccomandate per cavalli (Matthews & Van
Dijk 2004).
Per quanto riguarda la ketamina, questa viene metabolizzata più velocemente
(Matthews et al. 1997b). La farmacocinetica di questo anestetico dissociativo è
stata descritta, infatti, sia per i cavalli (Waterman et al. 1987; Kaka et al. 1979),
che per asini e muli (Matthews et al. 1994). È stato dimostrato che asini "mammut" hanno un volume di distribuzione apparente minore ma una maggiore clearance
totale rispetto al cavallo, il che si traduce in un'emivita abbreviata (Matthews et al. 1994). Somministrazioni ripetute, per prolungare l'anestesia, devono essere quindi effettuate con cautela, dal momento che aumentano le probabilità di incorrere in risvegli problematici (Matthews & Taylor 2000). Il propofol in combinazione con la ketamina è stato utilizzato con successo per l'induzione
dell'anestesia generale nell'asino (Abass et al. 2007). Il tiopentale da solo, o in
combinazione con la guaifenesina, è un'altra scelta potenziale per procedure di breve durata, ma l'apnea, facilmente riscontrabile, può costituire un problema
(Matthews 2010).
L'uso degli oppioidi nell'asino è segnalato, come già accennato in precedenza,
soprattutto in associazione con un α2-agonista. Il butorfanolo, ad esempio, agisce
sinergicamente con la detomidina sia sulla sedazione che sull'analgesia (El-
Maghraby & Atta 1997; Joubert et al. 1999). Combinato invece, con xilazina e ketamina, produce un'anestesia efficace con tempi di decubito più lunghi (in
media 37 min) in asini “mammut” (Matthews et al. 1992). Tuttavia, la stessa
combinazione, in uno studio condotto su asini "in miniatura", ha prodotto risultati variabili (Matthews et al. 2002).
Nel caso del fentanyl, livelli plasmatici coerenti con l'analgesia in cavalli sono stati
raggiunti in un asino “in miniatura” con un patch (Matthews, 2010).
La farmacocinetica del tramadolo, un analgesico con attività oppioide, è stata determinata invece nell'asino dopo somministrazione orale ed endovenosa
(Giorgi et al. 2009). Nell'uomo, l'efficacia analgesica del tramadolo è determinata principalmente dal suo metabolita inattivo M1 che è 300 volte più potente del farmaco originario. Rispetto all'uomo, nell'asino il metabolita inattivo M2 è
prodotto in quantità maggiore rispetto a M1, il che può diminuire l'efficacia
analgesica (Grosenbaugh 2011).