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Il Tribunale amministrativo di Napoli è stato chiamato a pronunciarsi, nel caso di specie, a) su un ricorso, presentato in via principale, per l’annullamento previa misura cautelare del

160. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 06/03/2013 n. 1247, in

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provvedimento di data e contenuto ignoti con cui il Comune di Napoli aveva autorizzato la realizzazione di lavori edilizi di trasformazione della destinazione funzionale e strutturale del solaio di copertura di un fabbricato compresa, se del caso, l’autorizzazione implicita formatasi a seguito di DIA nonché ogni altro provvedimento connesso, afferente e consequenziale, con particolare riferimento all’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Soprintendenza; b) su un ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento, previa misura cautelare di una determinazione dirigenziale, nonché dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune e di una nota della Soprintendenza in cui si prevedeva insussistenza degli estremi per procedere all’annullamento.

Prescindendo dal considerare le altre questioni è opportuno concentrarci sugli argomenti che destano particolare interesse ai fini della presente tesi, ovvero la parte della controversia concernente a) il termine per presentare ricorso contro la DIA, b) la natura giuridica del silenzio serbato sulla DIA e c) (che è una diretta conseguenza della natura attribuita al silenzio di cui sopra) la tutela giurisdizionale che possa esperire il terzo controinteressato all’attività denunciata.

Circa la prima questione, si ricorda che il Comune aveva formulato un’eccezione di tardività del ricorso principale e di quello per motivi aggiunti in quanto l’impugnativa della DIA e la contestazione della legittimità dei lavori avrebbero dovuto essere trasmesse nell’ordinario termine di decadenza di 60 giorni derivanti dalla data di conoscenza dell’atto o evento lesivo che, secondo la

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difesa Comunale, si avrebbe dovuto far risalire alla posa in opera della pavimentazione poi sanzionata con Determinazione Dirigenziale.

Ebbene il Tribunale, nel dichiarare infondata l’eccezione di tardività, afferma: «l’onere di provare la tardività del ricorso grava sulla parte che eccepisca tale tardività. Inoltre, similmente a quanto avviene per l’impugnativa del permesso di costruire da parte del terzo, l’effettiva conoscenza dell’atto, ai fini della decorrenza del temine a quo, può dirsi conseguita quando la costruzione realizzata riveli in modo certo ed univo le caratteristiche essenziali dell’opera e l’eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica, sicché, in mancanza di altri in equivoci elementi probatori, il termine decorre non con il mero inizio dei lavori bensì con il loro completamento, a meno che non si deduca l’inedificabilità assoluta dell’area o analoghe censure, nel qual caso risulterebbe sufficiente la conoscenza dell’iniziativa in corso161

».

Passando, poi, alla questione sulla natura giuridica del silenzio sulla DIA e a quella riguardante la possibilità di impugnare detto istituto con ricorso ordinario, il Collegio sottolinea: «il silenzio serbato dalla p.a. su di una denuncia di inizio attività si differenzia dal silenzio-rifiuto (che costituisce un mero comportamento omissivo, ossia un silenzio non significativo e privo di valore provvedimentale) e dal silenzio accoglimento - o assenso - di cui all'art. 20 legge 7 agosto

161. Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 08/07/2002, n. 3805 in www.giustizia-

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1990 n. 241 (che presuppone la sussistenza di un potere ampliativo di stampo autorizzatorio o concessorio); nel caso di D.I.A., infatti, il silenzio serbato dall'Amministrazione nel termine perentorio previsto dalla legge per l'esercizio del potere inibitorio, producendo l'esito negativo della procedura finalizzata all'adozione del provvedimento restrittivo, integra l'esercizio del potere amministrativo attraverso l'adozione di un provvedimento tacito negativo equiparato dalla legge ad un, sia pure non necessario, atto espresso di diniego dell'adozione del provvedimento inibitorio. Inoltre nel caso di D.I.A., il terzo che si ritenga leso dallo svolgimento dell'attività dichiarata e dal mancato esercizio del potere inibitorio, venendo in rilievo un provvedimento per silentium, può esperire l'azione impugnatoria ai sensi dell'art. 29 del codice del processo amministrativo - da proporre nell'ordinario termine decadenziale, che decorre solo dal momento della piena conoscenza dell'adozione dell'atto lesivo - la quale può essere ritualmente accompagnata, ai fini del completamento della tutela, dall'esercizio di un'azione di condanna (c.d. di adempimento) dell'Amministrazione all'esercizio del potere inibitorio. Infine, il terzo che subisce da una denuncia di inizio di attività una lesione in un arco di tempo anteriore al decorso del termine perentorio fissato dalla legge per l'esercizio del potere inibitorio della Pubblica amministrazione, può esperire innanzi al giudice amministrativo una azione di accertamento tesa ad ottenere una pronuncia che verifichi l'insussistenza dei presupposti di legge per l'esercizio dell'attività

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oggetto della denuncia, con i conseguenti effetti conformativi in ordine ai provvedimenti spettanti all'Autorità amministrativa».

In ciò il Tribunale ritiene di dare attuazione, dunque, alla giurisprudenza della plenaria formatasi prima dell’entrata in vigore (successiva alla proposizione del ricorso in esame) del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, come modificato dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148.

7. CONCLUSIONI

Giunti alla fase conclusiva di questo elaborato è opportuno concentrarci sugli esiti dell’indagine.

Il complesso dibattito inerente la DIA/SCIA e le forme di tutela giurisdizionale dei terzi controinteressati, è stato apparentemente sopito dalla pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 15/2011, la quale, come abbiamo visto, ha fin da subito escluso la configurabilità degli istituti in termini di provvedimento amministrativo a formazione tacita, qualificandoli come atti oggettivamente e soggettivamente privati, volti a comunicare l’intenzione di intraprendere una determinata attività, in ciò ripercorrendo la tesi già avallata dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 717 del 2009.

Tramite tali ricostruzioni, il supremo Consesso amministrativo aveva formulato una teoria, peraltro innovativa, circa il modo di

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qualificare il silenzio, eventualmente serbato dalla pubblica amministrazione alla scadenza del termine di legge per l’esercizio dei poteri inibitori, intendendolo come diniego dell’espletamento di tali poteri.

Di fronte al provvedimento tacito che si verrebbe a configurare in questa ipotesi, il terzo controinteressato disporrebbe di un complesso meccanismo di tutele, a partire da un’azione di annullamento del silenzio significativo negativo, alla quale poter affiancare un’azione di condanna pubblicistica (c.d. azione di adempimento), fino alla possibilità di ricorrere ad un’azione accertamento, per così dire, ultra anticipata, usufruendo di apposite misure cautelari.

È evidente come l’intenzione della plenaria fosse quella di riconoscere ai terzi cotrointeressati un ampio ventaglio di azioni utilizzabili, con l’obiettivo di rendere maggiormente efficace la loro tutela.

Alla decisione dell’Adunanza plenaria tuttavia ha fatto seguito, dopo pochi giorni, un intervento legislativo che, sebbene abbia confermato la configurabilità della DIA/SCIA come atto oggettivamente e soggettivamente privato, ha messo in discussione le ricostruzioni operate dal giudice amministrativo circa le forme di tutela riconosciute in capo ai terzi: infatti, con il d.l. n. 138/2011, convertito con la l. n. 148/2011, è stato aggiunto il comma 6-ter all’art. 19, della l. n. 241/1990 il quale, dopo aver premesso che la DIA e la SCIA non

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costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, prevede che gli interessati possano sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31 commi 1, 2 e 3, c.p.a. vale a dire l’azione avverso il silenzio-rifiuto (o inadempimento).

In particolare, l’utilizzo dell’avverbio “esclusivamente” ha accentuato la discussione, sia in giurisprudenza che in dottrina, sulla eventualità che il legislatore abbia con ciò manifestato la volontà o meno di precludere il ricorso da parte dei terzi controinteressati ad altre tipologie di azioni, diverse da quella avverso il silenzio-rifiuto e, in caso di risposta affermativa a tale quesito, se tale scelta abbia potuto pregiudicare l’effettiva tutela del terzo che si ritenga leso dall’attività segnalata.

Al riguardo, la dottrina risulta divisa tra chi, da un lato, ritiene che il legislatore in questo modo abbia precluso il ricorso alle altre forme di tutela, in ciò ponendosi in contrasto con il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale e chi, dall’altro lato, sostiene che l’azione contro il silenzio-rifiuto possa, comunque, da sola, assicurare al terzo una tutela adeguata.

Le molteplici pronunce giurisprudenziali consultate ai fini della presente tesi, inoltre, hanno dato modo di riscontrare ancora un certo tasso di incertezza specie con riferimento all’applicabilità della novella legislativa del 2011 ai casi concreti di volta in volta affrontati.

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Alcuni giudici, infatti, hanno dato attuazione a quanto stabilito in precedenza dall’Adunanza plenaria, rigettando la possibilità di ricorrere all’azione avverso il silenzio-rifiuto, in altri, invece, è prevalsa l’idea di dare applicazione al nuovo art. 19, comma 6-ter della Legge sul procedimento amministrativo.

Il nuovo istituto della SCIA, poi, ha scatenato decise critiche soprattutto a livello regionale dove, al di là delle questioni di incostituzionalità relative alle norme introduttive del suddetto istituto, sono sorti molti dubbi circa la sua applicabilità nel settore dell’edilizia nonché relativamente ai poteri di vigilanza della pubblica amministrazione rispetto all’attività oggetto di segnalazione.

La questione sull’applicabilità della SCIA all’edilizia sembra aver avuto un chiarimento definitivo con il d.l. n. 70/2011, il c.d. Decreto sviluppo, convertito con l. n. 106/2011, che ha previsto l’estensione dell’istituto a detto settore (la Regione Toscana ha recepito il tutto con la legge regionale n. 40/2011).

Il dettato normativo, infatti, chiarisce che uno degli obiettivi che il legislatore ha inteso perseguire è stato quello della “estensione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) agli interventi edilizi precedentemente compiuti con denuncia di inizio attività (DIA)”.

Il d.l. n. 70/2011 inoltre, aggiungendo il comma 6-bis all’art. 19 della l. n. 241/1990, ha previsto che il termine di 60 giorni dal ricevimento della segnalazione certificata di cui al comma 3 dell’art.

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19, previsto per l’esercizio dei poteri inibitori da parte della pubblica amministrazione, in edilizia sia ridotto a 30.

La previsione di un termine di scadenza entro il quale l’Amministrazione è chiamata ad esercitare un controllo sull’attività oggetto di DIA/SCIA apre, quindi, una problematica che consiste nel contemperare da un lato, le esigenze di tutela dell’affidamento del denunciante, il quale non può avere continuamente il timore che i propri lavori possano essere pregiudicati in qualsiasi momento, anche a distanza di molto tempo, dall’altro, l’esigenza della pubblica amministrazione di assicurare un’adeguata tutela dell’interesse pubblico eventualmente leso da un’attività non conforme alla legge.

L’intenzione del legislatore sembra sia stata quella di evitare con un termine più breve, l’accrescere del rischio che le verifiche della pubblica amministrazione comportassero uno stop dei lavori, in pregiudizio dell’affidamento del privato denunciante; un termine più breve eviterebbe conseguentemente anche un aumento del contenzioso. Per quanto concerne, infine, l’eventualità, sostenuta dall’Anci Toscana nella nota del 17 settembre 2010, di prevedere una tipologia di controllo preventivo anziché successivo rispetto all’inizio dell’attività edilizia, essa contrasterebbe, a parere dello scrivente, con la ratio stessa della disciplina sulla SCIA, vale a dire l’idea di una liberalizzazione dell’attività nel settore edilizio nonché quella, conseguente, di responsabilizzazione del privato cittadino attraverso la

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possibilità di dare avvio alla propria attività, fin dal momento della presentazione della segnalazione certificata.

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