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La DIA/SCIA come atto soggettivamente e oggettivamente privato e la sua non equiparabilità con l’istituto del silenzio

assenso: un’ipotesi di liberalizzazione dell’attività privata

In base al secondo orientamento7 (seguito dalla stessa Adunanza plenaria), invece, viene ad essere contestata la tesi del silenzio significativo con effetto autorizzatorio, partendo dal rilievo che, detta soluzione, eliminerebbe ogni differenza sostanziale tra gli istituti della DIA/SCIA e del silenzio assenso e, quindi, si porrebbe in

7. Per la giurisprudenza si veda ad esempio: T.A.R. Liguria, Sez. I, 22/01/2003 n. 113, in Foro amm., TAR., 2003, n. 1, p. 61; Cons. di St., Sez. VI, 09/02/2009 n. 717, in Foro amm., CDS, 2009, 2, p. 488; si veda la stessa Adunanza Plenaria del Cons. di St., 29/07/2011 n. 15, in Dir. proc. amm., n. 1, p. 171 e seg. Per la dottrina, in una prospettiva generale, che muove dal netto rifiuto di una ipotetica equiparazione della DIA ad un provvedimento autorizzatorio surrogato del provvedimento, non possono non essere ricordate le osservazioni di A. ROMANO, A

proposito dei vigenti artt. 19 e 20 della l. 241 del 1990: divagazioni sull’autonomia dell’amministrazione, in Dir. amm., 2006,516: «[…] tenderei comunque a ricondurre

anche il nuovo testo dell’art. 19, alla ricostruzione che di esso prima ho delineato: nel senso che il privato che intenda esplicare una delle attività cui si riferisce non è più condizionato al previo ottenimento di un consenso prevalentemente preventivo da parte dell’amministrazione […] Anzi: questa lettura del nuovo testo dell’art. 19 confermerebbe quanto sopra sostenuto, a proposito di quello che era parso subito l’essenziale della sua portata: la demolizione del precedente regime autorizzatorio». Sull’inquadramento della DIA quale misura di liberalizzazione,possono valere anche gli efficaci rilievi di A. POLICE, Contributo allo studio delle dichiarazioni di inizio

attività e della loro natura giuridica, in Nuove aut., 2008, 20, secondo cui «La

considerazione della dichiarazione preventiva in termini d’esercizio di una potestà privata, a cui consegue un effetto legittimante ex lege, appare più coerente con il dato normativo ed ha il merito di marcare la differenza con il regime autorizzatorio […] ciò consente di conciliare l’acquisto della legittimazione esterno allo svolgimento della funzione amministrativa con la natura ablativa del potere di divieto. È evidente, infatti, che la norma di cui all’art. 19 non attribuisce alcun potere all’amministrazione di autorizzare, né l’omessa emanazione dei provvedimenti inibitori o conformativi può essere considerata inerzia significativa rispetto ad un provvedimento di consenso che è dalla norma medesima previsto». Ma si vedano anche L. BERTONAZZI

Natura giuridica della S.c.i.a. e tecnica di tutela del terzo nella sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 15/2011 e nell’art. 19, comma 6-ter della legge n. 241/90, in Dir. proc. amm., 2012, 215 ss. e R. FERRARA “La segnalazione certificata di inizio attività e la tutela del terzo: il punto di vista del giudice amministrativo”, in Dir. proc. amm., 2012, 193 ss., entrambi in commento

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distonia rispetto al dato normativo che considera dette fattispecie diverse con riguardo sia all’ambito di applicazione che al meccanismo di perfezionamento.

Infatti, la legge n. 241 del 1990, agli artt. 19 e 20, manifesterebbe, secondo i sostenitori di questa tesi, il chiaro intento di tenere distinte le due fattispecie, considerando la DIA/SCIA, come modulo di liberalizzazione dell’attività privata non più soggetta ad autorizzazione ed il silenzio assenso quale modello procedimentale semplificato, finalizzato al rilascio di un, pur sempre indefettibile, titolo autorizzatorio.

Ulteriore conferma della suddetta differenza, sarebbe data anche dalla disciplina recata dagli artt. 20 e segg. del testo unico sull’edilizia di cui al citato d.P.R. 380 del 2001, come modificato dal d.l. 70 del 2011, che andrebbe a distinguere il modello provvedimentale del permesso di costruire (il quale si perfezionerebbe con il silenzio assenso) dai moduli (DIA/SCIA) fondati sull’inoltro di un’informativa circa l’esercizio dell’attività edificatoria.

A sostegno dell’assunto deporrebbe inoltre, la formulazione letterale del primo comma dell’art. 19 della legge 241 del 1990, che, seguendo un disegno che contrappone la DIA/SCIA al provvedimento amministrativo di stampo autorizzatorio, comporterebbe la sostituzione di ogni autorizzazione comunque denominata, con una dichiarazione del privato ad efficacia legittimante.

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L’attività dichiarata potrebbe essere intrapresa, quindi, senza il bisogno di un consenso dell’amministrazione, surrogato dall’assunzione di autoresponsabilità del privato, insito nella DIA/SCIA, costituente, a sua volta, atto soggettivamente ed oggettivamente privato.

La lettura dell’istituto in termini di provvedimento tacito di assenso non sarebbe giustificata neanche dal richiamo legislativo all’esercizio dei poteri di autotutela di cui agli artt. 21-quinquies e 21- nonies della legge 241 del 19908; con tale prescrizione il legislatore, lungi dal prendere posizione sulla natura giuridica dell’istituto a favore della tesi sul silenzio assenso, avrebbe voluto solo chiarire la perentorietà del termine per l’esercizio del potere inibitorio doveroso e la conservazione da parte della pubblica amministrazione, di un potere residuale di autotutela, anche dopo il decorso di tale spazio temporale.

3.1.2 Natura giuridica del silenzio serbato dalla Pubblica

Amministrazione: l’opinione dell’Adunanza plenaria

Come esplicato nel precedente paragrafo, l’Adunanza plenaria ci da conto di un primo approccio al tema del silenzio eventualmente serbato dalla pubblica amministrazione allo scadere del termine

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previsto dalla legge per l’esercizio dei poteri inibitori dell’attività segnalata.

Con tale orientamento, si è inteso equiparare la DIA/SCIA ad un atto di iniziativa procedimentale e l’inutile decorso del termine per l’esercizio dei poteri inibitori ad un accoglimento dell’istanza (c.d. silenzio-assenso).

Molteplici, però, sono state le critiche riservate a tale concezione, a partire da quelle prospettate dallo stesso giudice amministrativo, il quale, lo abbiamo visto, contesta l’equiparabilità della DIA/SCIA al silenzio-assenso, sostenendo la distonia di questa teoria rispetto al dato normativo che considera dette fattispecie diverse con riguardo sia all’ambito di applicazione che al meccanismo di perfezionamento.

L’Adunanza plenaria procede poi ad analizzare un’ulteriore ipotesi di distinzione di detto silenzio, rispetto al c.d. silenzio-rifiuto (o inadempimento) considerato che, «mentre quest’ultimo non conclude il procedimento amministrativo ed integra una mera inerzia improduttiva di effetti costitutivi, il decorso del termine in esame pone fine al procedimento amministrativo diretto all’eventuale adozione dell’atto di divieto; pertanto», prosegue il collegio, «nella fattispecie in esame, il silenzio produce l’effetto giuridico di precludere all’amministrazione l’esercizio del potere inibitorio a seguito dell’infruttuoso decorso del termine perentorio all’uopo sancito dalla legge».

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«In definitiva,» sostiene l’Adunanza, «a differenza del silenzio- rifiuto che costituisce un mero comportamento omissivo, ossia un silenzio non significativo e privo di valore provvedimentale, il silenzio di che trattasi, producendo l’esito negativo della procedura finalizzata all’adozione del provvedimento restrittivo, integra l’esercizio del potere amministrativo attraverso l’adozione di un provvedimento tacito negativo equiparato dalla legge ad un, sia pure non necessario, atto espresso di diniego dell’adozione del provvedimento inibitorio».

A parere del giudice amministrativo, «che detta inerzia costituisca un silenzio significativo negativo lo si ricava anche dalla considerazione che l’attivazione di un procedimento doveroso finalizzato all’adozione della determinazione inibitoria implica l’esistenza di un potere il quale, all’esito della verifica circa la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’attività denunciata, può naturalmente essere speso tanto in senso positivo, con l’adozione dell’atto espresso di interdizione, quanto con una determinazione negativa tacita, alternativa all’esito provvedimentale espresso».

«Trattasi, quindi,» conclude l’Adunanza plenaria, «di un provvedimento per silentium con cui la pubblica amministrazione, esercitando in senso negativo il potere inibitorio, riscontra che l’attività è stata dichiarata in presenza dei presupposti di legge e, quindi, decide di non impedire l’inizio o la protrazione dell’attività dichiarata».

La decisione in esame, si concentra anche sulla differenza che vi sarebbe tra il silenzio-diniego e il silenzio-assenso di cui all’art. 20

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della legge n. 241 del 1990 considerato che il primo «si riferisce al potere inibitorio, mentre il silenzio-assenso presuppone la sussistenza di un potere ampliativo di stampo autorizzatorio o concessorio che nella specie si è visto non ricorrere. Ne consegue che, mentre nel silenzio-assenso il titolo abilitativo è dato dal provvedimento tacito dell’autorità, nella fattispecie in esame il titolo abilitante è rappresentato dall’atto di autonomia privata che, grazie alla previsione legale direttamente legittimante, consente l’esercizio dell’attività dichiarata senza il bisogno dell’intermediazione preventiva di un provvedimento amministrativo».

4.

LE

AZIONI

A

TUTELA

DEI

TERZI