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Fig. 5: Angus Wilson (1913-1991).

Di padre inglese e madre sudafricana, Angus Wilson nasce nel 1913 nel Sussex e mostra fin da bambino una propensione per il mondo delle lettere, strada che decide poi effettivamente di percorrere da adulto.

Nel 1937 entra infatti a far parte dello staff del British Museum in qualità di bibliotecario, ma ben presto è costretto a rinunciare al suo posto a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Come è successo anche a Peter Calvocoressi, Angus viene assegnato, grazie alle sue ottime qualifiche, a Bletchley Park, presso la sezione “Hut Eight”, dedicata alla decodificazione dei messaggi cifrati della Marina Militare Italiana. In questo rigido ambiente militare, diventa ben presto conosciuto per la sua omosessualità: “it was during this period that he suffered the nervous breakdown which would, in effect, unlock his talents as a writer”.5

Alla fine del conflitto, torna tra gli scaffali del British Museum, ma dimostra di avere anche alte ambizioni nell’ambito della letteratura, che diventa per lui anche “a form of therapy”:6

la sua carriera di scrittore inizia, proprio come quella di McEwan, con la pubblicazione di short stories e decolla in poco tempo a livello internazionale.

Raggiunta una certa notorietà, il passo per entrare a far parte del mondo accademico è breve, e Angus decide di compierlo: dal 1966 al 1978 insegna Letteratura Inglese presso l’Università dell’East Anglia, dove fonda nel 1970 un Master in Creative Writing insieme al collega esperto di Letteratura Americana Malcolm Bradbury. L’iniziativa riscuote molto successo e tra gli studenti del corso si annoverano molti nomi noti dell’universo letterario contemporaneo, come quello dello scrittore giapponese naturalizzato britannico Kazuo Ishiguro e quello del nostro Ian McEwan.

Come già per Peter Calvocoressi, anche in questo caso siamo di fronte ad un personaggio che l’autore ha evidentemente avuto la possibilità di conoscere in modo diretto e verso cui si sente in un certo senso debitore. Insieme a Malcolm Bradbury, Angus Wilson è stato in effetti tra i primi ad incoraggiare McEwan a seguire le sue aspirazioni letterarie e a premiare il suo talento: il corso “offered

5 Davies, Mark, “Profile: author Angus Wilson – ʻThe great unknown novelistʼ”, The Oxford

Times, 21 November 2013.

http://www.oxfordtimes.co.uk/news/features/10825380.Profile__author_Angus_Wilson___The_gr eat_unknown_novelist_/ (ultimo accesso: 27/07/2014).

him [McEwan] the, at that time unusual, possibility of submitting ʻa little bit of fictionʼ to make up about a sixth of the course work for the master’s degree”.7

Wilson ha dunque senza dubbio ricoperto un ruolo fondamentale nella vita e nel percorso professionale dell’autore, che sceglie di dedicargli poche righe all’interno di Sweet Tooth, sia per ringraziarlo da un punto di vista strettamente personale, sia per rendergli giustizia in quanto uomo e in quanto scrittore.

Oltre alla difficoltà di essere omosessuale negli anni del dopoguerra, Wilson è in effetti oggi “virtually unknown”:8 nonostante l’investitura a baronetto per meriti letterari nel 1980, le sue opere non sono note al grande pubblico come quelle di altre personalità del suo tempo. Tra l’altro, la “rapid mental and physical deterioration due to a disease of the brain”,9 che lo colpisce alla fine degli anni Ottanta e lo uccide nel 1991 all’età di soli settantasette anni, non gli concede altre occasioni di far conoscere il proprio nome, e McEwan, consapevole delle sue qualità umane e professionali, si sente in dovere, da allievo, di rendergli omaggio come merita.

Così, è ancora una volta la componente autobiografica a giocare un ruolo decisivo per quanto concerne la contaminazione tra fact e fiction in Sweet Tooth: a partire dalla propria esperienza personale, McEwan trova spazio nel romanzo per questa figura che è stata per il giovane Ian un punto di riferimento e che, pur non entrando direttamente in scena, viene presentata attraverso le parole degli altri personaggi.

Come avviene per Peter Calvocoressi poche righe prima, anche Angus Wilson viene tirato in ballo da Peter Nutting durante il colloquio per il reclutamento di Serena all’interno dell’operazione “Sweet Tooth”: lasciando da parte i suoi trascorsi militari ed accademici, McEwan sceglie di porre l’accento sulla sua partecipazione all’Arts Council, organo presente in molti Paesi e dedito alla promozione dell’Arte in tutte le sue forme.

Wilson ha effettivamente fatto parte del suddetto consiglio, ma il

personaggio si sovrappone nuovamente alla persona, poiché Nutting evoca un

incontro nell’ufficio di Angus, interpellato realisticamente in qualità di

7 Malcolm, David, op. cit., p. 2. 8 Davies, Mark, op. cit. 9 Ivi.

rappresentante dell’Arts Council, ma per discutere di eventuali finanziamenti per la missione “Sweet Tooth”, nata nella mente di McEwan.

È Serena che fa riferimento al “government department that hands out money to artists” (p. 89) come possibile fonte per ottenere i fondi necessari all’operazione, ma Nutting risponde con ironia mista ad amarezza che quella strada è già stata percorsa senza successo.

It’s a novelist in charge of the literature section, Angus Wilson. Know of him? On paper just the sort we could have worked with. Member of the Athenaeum, naval attaché in the war, worked on secret stuff in the famous Hut Eight on the uh, at, well, I’m not allowed to say. I took him to lunch, then saw him a week later in his office. I started to explain what I wanted. D’you know, Miss Frome, he all but threw me out of a third-floor window. (p. 89)

McEwan coglie innanzitutto l’occasione per offrire ai lettori un breve ritratto del professore, citando la sua importanza nel campo della letteratura e i suoi trascorsi in ambito militare. In seguito, però, l’autore abbandona i fatti oggettivi della vita e della carriera dell’uomo per concentrarsi sul contributo che egli può dare all’intreccio. Nutting rievoca l’incontro-scontro che ha avuto con lui qualche tempo prima e ne sottolinea la violenta reazione di fronte alla proposta di coinvolgere il dipartimento nella sovvenzione di progetti finalizzati alla propaganda antisovietica.

A questo punto, a partire proprio dall’episodio inventato da McEwan, si apre una doppia riflessione, che porta il nostro autore da una parte a dichiarare indirettamente la propria ammirazione nei confronti di Wilson, e dall’altra a soffermarsi sulla triste realtà con cui egli ha dovuto convivere quotidianamente e dalla quale trovava sollievo soltanto di fronte alla macchina da scrivere.

Nutting continua in effetti il racconto, descrivendo la reazione e la persona di Wilson dall’alto della sua visione conservatrice e retrograda:

One moment he was behind his desk, nice white linen suit, lavender bow tie, clever jokes, the next his face was puce and he had hold of my lapels and

was pushing me out of his office. What he said I can’t repeat in front of a lady. And camp as a tent peg. God knows how they let him near naval codes in ‘forty-two. (p. 89)

In questa breve dichiarazione di Nutting, si concentrano tutte le difficoltà e le discriminazioni che Angus Wilson ha dovuto subire nel corso di un’intera vita a causa del suo orientamento sessuale. McEwan mette in bocca al suo personaggio parole molto dure, che rispecchiano tuttavia in modo preciso gli insulti di cui Wilson fu vittima.

In risposta a tanta ingiustizia, il nostro autore si impegna però a far capire ai suoi lettori come la descrizione di Nutting sia superficiale e denigrante: dietro a quel “lavender bow tie” (p. 89), c’è un uomo intelligente ed integerrimo, che si rifiuta di piegarsi ai perversi meccanismi della Guerra Fredda.

Memore forse di una conversazione avuta con Wilson, McEwan gli attribuisce infatti quelle che sono anche le proprie idee sulla trasparenza a cui le missioni come “Sweet Tooth” avrebbero dovuto sempre appellarsi.

In merito ai progetti promossi dalla CIA in quegli anni, l’autore si è espresso in termini positivi, ma allo stesso tempo non si è potuto esimere dal criticare la segretezza con cui tali operazioni furono condotte:

[…] their cause was not that bad. They were backing all the writers who spoke for pluralism and freedom of expression, but they sullied the ground by backing them in secret and making fools of them. […] All that’s really required is that anything the state does in relation to the arts is laid on the table where we can see it.10

Non solo McEwan dedica un piccolo cameo ad Angus Wilson, celebrandone in particolare i meriti letterari ed elogiandone il temperamento e l’integrità, ma ne approfitta anche per inserire nel romanzo il suo pensiero, attribuendolo ad un personaggio reale e da lui conosciuto, che potrebbe senza dubbio condividere le sue idee.

10 Tonkin, Boyd, “Ian McEwan: Why I’m revisiting the Seventies”, The Independent, 25 August

2012, http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/books/features/ian-mcewan-why-im- revisiting-the-seventies-8076683.html (ultimo accesso: 27/07/2014).

Le figure storiche come quella di Wilson conferiscono dunque spessore e veridicità al testo e, quando poi si inseriscono in modo fluido e deciso anche da un punto di vista narrativo, il risultato è una perfetta contaminazione tra fact e fiction, spesso arricchita, proprio come in questo caso, da un genuino ed interessante contributo autobiografico dell’autore.