• Non ci sono risultati.

Capitolo 3: frammento e totalità

4. Alterità

4.2 Animali

«L’attenzione di Meneghello per gli animali non è dettata soltanto dal fatto che essi rivestano una parte non trascurabile nell’universo paesano, anche linguistico, fatto oggetto della sua rappresentazione»402. Il bestiario dell’autore è composto soprattutto di animali domestici, dei campi o della campagna circostante; non mancano però animali esotici, come il leone e la iena. Ad ogni modo l’uso degli animali non è in Meneghello manipolatorio, ma per lo più realistico, determinato da una spinta conoscitiva. Nelle opere si sente il fascino e insieme l’inquietudine per «un mondo altro, indagato però con l’occhio lucido della ragione e della scienza, non con le pupille dell’inconscio»403. Si veda la descrizione della casa paterna invasa dalle lumache, con cui il narratore finisce per simpatizzare assumendone il punto di vista:

E vennero le lumache […]. Il sale è nemicissimo della lumaca, gliene spargi sopra una manciatella, la sua pelle lo beve, e il sale rapidamente la attacca dall’interno e la dissolve; resta un grumetto di schiuma che si cancella con uno strofinaccio […], Io m’ero intestato ad andarci a fondo in questa faccenda, e mi misi a leggere libri e articoli sulle lumache […] sorgeva invece più potente che mai la mia antica passione di mettermi dal punto di vista degli animali, specie quelli piccoli e primitivi. Avevo studiato a lungo i vermi, anni prima in Inghilterra, e cercato di pensare e di sentire con loro: fu una delle svolte della mia vita intellettuale, quell’anno che studiai i vermi. Ora con le lumache tutto questo mi tornava con più forza. Cominciavo a vedere la situazione in casa nostra dal loro punto di vista, e la cosa mi affascinava: mi trovai a rivivere la storia della piccola (non tanto piccola) comunità assalita da questa peste bianca del sale […] la storia di una tribù di lumache, un gruppo di famiglie numerose, gente con nomi umani, e una loro lingua simile alla nostra, ma rovesciata in certi concetti chiave, come giorno che voleva dire notte, e notte giorno. La lingua di una schiatta con occhi rudimentali404

Il rapporto con il mondo animale è attraversato da un misto di fascino e repulsione per l’alterità, un desiderio di rapporto con le forze oscure della natura che non esita a personificarle narrandole con il lessico umano. È il caso della descrizione dell’incontro con una vipera «modernissima» che alla vista fa rabbrividire,ma suscita anche un impulso d’attrazione:

402 F. Caputo, Le galline dello stile. Sondaggi nel campo del bestiario maladense, in G. Barbieri e F. Caputo, Per libera nos a malo, cit., p. 171. In particolare si rimanda a questo saggio per un approfondimento del bestiario meneghelliano.

403 Ivi, p. 172.

173

una cosa allucinante, grassa, come un vitello, color tabacco e foglia secca, modernissima, anziché nei soliti toni verdastri, che attraversava la strada ancheggiando, senza un pensiero al mondo, e io che rabbrividivo alla vista di quei fianchi opimi, quelle spire tranquille e potenti […] mi venne la voglia di vederla meglio, e tornai indietro in retromarcia, per conoscerla di più, per dare migliore appiglio alla mia sorpresa, al mio rispetto forse venato da un torbido impulso d’amore: mi sentivo pieno di una forza e un benessere (senza importanza oggettiva s’intende, ma straordinari) che spartivo con lei405

La tensione conoscitiva e il desiderio di confronto, ma anche la sfida all’altro da sé, sono segnate da un sentimento di scoperta e di avventura, soprattutto nei bambini e nel popolo. Inoltre il rapporto con gli animali è per il bambino uno dei primi modi per orientarsi nel mondo che lo circonda e imparare a relazionarsi anche con la crudeltà della vita:

La cavalletta verde non mangia la cavalletta castana; invece alle cavallette castane provvedevamo una dieta di cavallette verdi opportunamente trinciate, galloni magri e flaccidi a mezzogiorno, pasticcio di occhi e antenne, e alla sera la squisitezza dei petti. Molte facevano una specie di sciopero della fame, rifiutavano quei bocconi girando la testina di qua e di là, ed eravamo costretti a ingozzarle con la forza. È inutile, una certa forza ci vuole nei rapporti delle creature più grosse con quelle più piccole406

Il gioco dei bambini con gli animali applica gli schemi di comportamento umani a un regno altro, consente quindi di ridicolizzare le convenzioni, le idee, i valori e l’ufficialità dell’uomo:

Tutto è moralizzato. «A l’inferno! la va l’inferno!» sussurrava la Franca scandalizzata e felice, avendo colto la nostra gatta, che camminava con la coda alzata, in una condizione che non merita e non ottiene perdono: era senza mutande407

Si riscontra, nel presente estratto, un caso di interazione tra poli realizzato attraverso il comico, parimenti a quello che accade nell’esempio successivo in cui il gioco, per certi versi crudele, dei bambini con i «brombóli» genera il riso, l’oggetto della comicità è qui di natura fisica, motivo per cui

405 BS, pp. 122-23.

406 LN, p. 71.

174

«si ride di chi fa più fatica perché impedito o impacciato»408. L’atmosfera di leggerezza divertita che accompagna la descrizione del gioco dei bambini, tuttavia è attraversata da un’inquietudine generata dallo straniamento: il racconto dei «brombóli» (i maggiolini) che si arrampicano sul «monumento ai Caduti» fornisce al narratore l’occasione di pronunciare i nomi dei morti nella Grande Guerra. L’interazione tra serietà e divertimento, tra tragedia e commedia, raggiunge il suo culmine nella frase che esplicita l’analogia sottesa all’estratto: la morte dell’animale come figura della morte umana: «Ma quanti ne sono morti in questo maledetto paese?» domanda il narratore.

I brombóli muoiono tranquillamente nel sonno; e siccome dormicchiano un po’ sempre, sono esposti a un rischio continuo.

Il brombólo è soprattutto un arrampicatore: appoggiandolo alle superfici del monumento ai Caduti in Castello, lui s’aggrappa al marmo e ràmpica pazientemente. Salivano sfruttando le minute rugosità del marmo, e i solchi delle lettere; cadevano senza preavviso, e si sentiva la piccola bòtta della nua ai piedi dei paretoni bianchi. Il brombólo non muore quando batte la nuca; lo si mette in infermeria, a una dieta di minestra che si versa direttamente sul cucchiaio sopra il malato, questi mangia e s’addormenta, ma spesso, secondo la sua natura, muore nel sonno con la pancia piena.

Ricordiamo ancora con affetto i nostri brombóli migliori, e specialmente quello bravissimo che si chiamava Soga. Gli altri partivano sullo spigolo a destra, raggiungevano subito ZANELLA e VANZO, più rapidamente STERCHELE e SAGGIN, qualche volta anche i primi PAMATO; uno si spinse una volta fino in mezzo alle P che sono dieci, poi cadde, batté la nuca e morì in seguito all’infermeria.

Ma Soga si spostava subito vivacemente a sinistra, passava LAIN, passava LAPO, e poi su: su per GALIZIAN, fratello di mia zia Lena, via per FESTA, dove già stentavamo ad arrivare per fargli sicurezza con la mano. Quando passava i due DESTRO, entrambi 16 maggio 1916, non ci arrivavamo più neanche in punta di piedi; scendevamo dalla base e stavamo semplicemente a guardare.

Era solo ora. Solo come DE MARCHI Antonio, classe ’95, con l’altro DE MARCHI un anno più vecchio; solo col lampo del sole sulle roccette dove c’è CIMBERLE. Avevamo paura per lui, lo vedevamo salire lassù di riga in riga, pareva che non finissero mai. Ma quanti ne sono morti in questo maledetto paese?

Si trepidava per Soga mandato così allo sbaraglio senza una vera ragione, piccolo lassù come un ometto che s’arrampichi sul Dente del Pasubio;

175

come l’ultimo nome che si vede appena là in cima, AGOSTI Alessandro, zio di Sandro che rinnova il nome409

Un sistema di analogie trasforma prima la violenza dell’uomo sull’animale in figura della violenza «senza vera ragione» dell’uomo sull’uomo – la costrizione alla guerra –; poi l’apprensione per il destino di Soga – maggiolino a cui è attribuito un nome – rimanda a quella per i soldati durante la Grande Guerra; lo scarto dal riso alla morte fa risaltare inaspettatamente la seconda dimensione, evitando di ridicolizzarla.

Gli animali possono essere la chiave d’accesso a forze misteriose, si ripensi all’ava dell’estratto citato nel secondo capitolo; oppure lo specchio dei comportamenti umani in cui è possibile riconoscere una versione artefatta del regno animale, senza per forza ricorrere alle antropomorfizzazioni. È per questa via che alcune esperienze della modernità possono essere ritradotte nel proprio orizzonte esperienziale come nel caso dei bambini che, «esposti come tutti alle influenze delle comunicazioni di massa»410, sanno adattarle alle proprie esperienze quotidiane. Nell’estratto seguente avviene un riconoscimento, si traccia un legame tra desiderio amoroso e violenza:

«Guarda guarda!» disse Enrico la prima volta che lo portarono al cinema coi grandi. «Si bèccano!» Infatti l’attore s’era messo a baciare ardentemente l’attrice. La buona critica cinematografica non dovrebbe solo distruggere, riconoscendo nei baci di celluloide un’involontaria parodia del beccarsi delle galline, ma deve anche ristabilire la natura profonda della cose svisate sullo schermo, riassociando il bacio umano al resto delle cose che bèccano, l’anda e l’ortica, e il morso oscuro della tarantola411

La rappresentazione dell’alterità animale in Meneghello è complessa e segue direttrici diverse. L’autore si muove in uno spazio segnato da due confini: da un lato fascinazione per un mondo altro, con cui riesce a simpatizzare e di cui assume talvolta il punto di vista; dall’altro repulsione e paura per forze oscure che sfuggono a una totale comprensione umana. Tra questi due estremi il confronto con il regno animale permette di dare corpo a una tensione conoscitiva: la violenza animale e la lotta tra specie come presa d’atto dei rapporti di forza attivi nel mondo umano; messa in ridicolo delle costruzioni culturali; straniamento della quotidianità; immersione negli abissi apparentemente insondabili dalla ragione. Inoltre, e non va dimenticato, l’impiego della metaforicità animale

409 LN, pp. 71-72.

410 LN, p. 295.

176

appartiene all’invenzione letteraria, vivacizza la pagina e serve intenti espressivi chiari nel gusto di alcune descrizioni.

177