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Capitolo 3: frammento e totalità

1. Il frammento

Abbiamo visto che il punto di partenza per Meneghello è sempre autobiografico. Tale scelta consente all’autore un controllo filologico del proprio materiale permettendogli di compiere un’indagine che giunga al fondo vero delle cose, oltre gli schemi di ogni apriori ideologico. Inoltre per poter dire il vero è essenziale ricostruire la forma dei fenomeni e delle loro prime percezioni; nelle opere ricorre l’immagine del contesto locale come teatro in grado di intensificare la percezione dell’autore acuendone le capacità conoscitive. L’immagine comparein LN:

Tutto quello che abbiamo qui è movimentato, vivido, forse perché le distanze sono piccole e fisse come in un teatro […] Qui tutto è come intensificato, questione di scala probabilmente e di rapporti interni258

Ma anche in BS, dove la figura è più razionalizzata:

Mi domando cosa ne sapevo io dell’Italia a metà degli anni ’40. Il paese, la scuola a Vicenza, l’Università a Padova; il fascismo nelle sue fasi pre-terminali, sia localmente che a livello metropolitano; gli ambienti (erano ambienti?) dell’antifascismo militante, e la Resistenza… In fondo ciò che ero venuto a conoscere e a sapere dell’Italia e della vita italiana non pare neanche poco. Ma in realtà dire “sapere” e “conoscere” è un’esagerazione. Io conoscevo intimamente soltanto il piccolo paesaggio che si sarebbe veduto andando a spiare (verso l’interno) per il buco delle mie pupille.

In qualche modo era come il mio “Teatro” di legno […]

Il campo della mia conoscenza era un simile teatrino domestico e paesano, una cucina, un tinello, un seciaro, una corte, un portico, un brolo; col suo contorno esterno di marciapiedi, vie selciate e sterrate, cortili, orti,

257 Dalla Nota a PM, p. 615.

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balaustre, pulpiti, altari. E coi suoi personaggi, parte sul proscenio parte sullo sfondo. C’era inoltre qualche quadro di vita di scolaro a Vicenza e di studente a Padova, e la lanterna magica delle cose imparate sui libri. Anche quest’ultimo settore formava una specie di teatro, almeno nel senso di una rappresentazione, una serie di quadri animati, roba veduta a squarci, dall’ombra al chiaro, apparizioni per spiragli […] l’ambiente che si intravedeva dalle aperture del mezzanino scolastico-umanistico mi affascinava proprio per certe sfumature meno rassicuranti, il disegno delle nuvole sui fondali, un principio di smorfia sulle facce in primo piano259

Il teatro, l’ambiente ristretto di ciò che si può conoscere con gli occhi, è il luogo dove la realtà si può verificare con mano, luogo di partenza da cui si può intravvedere una verità più ampia. In BS si tenta di capire il periodo del secondo dopoguerra italiano con un gesto conoscitivo focalizzato su quel pezzo di Veneto che l’autore ha avuto modo di osservare. Meneghello, però, è consapevole dei problemi di una visione parziale: «Certo non ignoro che il disegno generale degli eventi non si vede sempre bene dall’interno».

Ciononostante le tre opere di Meneghello sono costruite attraverso una poetica del frammento e il loro statuto è, appunto, frammentario. Tale forma è determinata da alcuni elementi. Il punto di vista e la voce appartengono a un singolo individuo, l’IO autoriale. A strutturare le tre opere citate sono brevi lasse narrative, episodi tratti da un recupero mnemonico del passato che emerge sempre in maniera frammentata: i ricordi sono punti di luce nell’oscurità dell’oblio, si rimbalza dall’uno all’altro per associazioni e non tanto seguendo un ordine temporale o causale. Inoltre, il focus è ristretto sia a livello temporale che spaziale: il paese (e qualche spicchio di Veneto in BS) è osservato solo durante un piccolo periodo di tempo, senza vera attenzione allo sviluppo cronologico, e tuttavia l’interesse per i cambiamenti storici è marcato [cfr., Cap. 4]. Infine, la frammentarietà è segnalata a livello tipografico: tutti i libri di Meneghello sono costruiti dalla successione di paragrafi intesi come lasse narrative, lacerti o nuclei testuali, separati l’uno dall’altro da una riga bianca che sembra, spesso, comportare l’elisione del rapporto logico, causale o temporale tra due nuclei adiacenti. È il lettore a dover legare le singole parti; se i motivi di vicinanza possono essere determinati da ragioni tematiche o da continuità nell’ordine dei contenuti, spesso però i collegamenti sono dovuti a procedimenti lirici e non argomentativi: ripresa di parole a inizio paragrafo, anadiplosi o altri procedimenti anaforici, come il parallelismo delle costruzioni sintattiche.

Il tentativo di ricostruire un ordine procede per accostamento di immagini, oppure offrendo una connessione di pensieri; a legare i diversi episodi contribuiscono relazioni di natura logica, a

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carattere più particolare che universale. L’autore procede per accumulo di scarti metonimici che, rielaborando diversi elementi, dovrebbero ricostruire una rete di legami sotterranei in grado di significare un ordine più generale. Eppure un’indagine cognitiva che voglia capire la totalità della vita sociale, a partire da alcuni suoi frammenti, incontra diversi ostacoli e rischi. Alcuni sorgono dalla stessa osmosi di autobiografia e saggio, e si collocano tra i due estremi del soggettivismo individualistico e dell’oggettivismo astratto: narcisismo; canto della singolarità; assolutizzazione della parzialità; ricostruzione di una quadro generale falsificato. Altri dipendono dai modi con cui si pensa la relazione tra totalità e le sue parti; il rischio è di assumere una visione essenzialista o, per dirla con Mazzoni260, un paradigma espressivo che concepisce le parti come determinazioni di un intero dotato di un essenza interna che si riflette, appunto, nelle sue parti. Nel frammento sarebbe custodita l’essenza, l’istanza che determina ogni fenomeno e quindi anche la totalità della vita. Non sembra, però, che le opere di Meneghello ricompongano la frammentarietà sulla scorta di un paradigma espressivo; piuttosto si tratta di un paradigma strutturale e intimamente dialettico in cui «la totalità è immanente a ciascuno dei suoi modi d’essere»261 e la complessità della struttura consiste nei suoi effetti. O per dirla con Jameson che riprende Marx: «La “struttura” è una causa assente, non essendo mai presente empiricamente da nessuna parte come elemento, non essendo una parte del tutto o uno dei livelli, bensì l’intero sistema dei rapporti tra quei livelli»262. Si chiarirà più precisamente il paradigma ricostruttivo operante nei testi in sede conclusiva, e alla luce delle analisi che si svolgeranno nel capitolo.

260 G. Mazzoni, Teoria del romanzo, cit., p. 22-25.

261 Ivi, p. 23.

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