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Il cemento era freddo, mentre grattavo il viso sulla superficie ruvida e ripensavo al tempo passato insieme. L'unica cosa che mi teneva aggrappato alla realtà era quella sensazione di gelo; quando il muro si scaldava col calore del mio viso mi spostavo a cercarne un altro pezzo gelido. Mentre le ore in prigione passavano, ogni tanto ripetevo tra me le parole della sua ultima lettera.

'Non sono riuscito a dare un senso alla mia vita', eh? Non che io ci sia riuscito meglio di te, ti dirò.

I cinquantatré giorni passati in prigione non sono stati un abisso di disperazione, al contrario; quasi non mi sono bastati.

Quella notte ho continuato a guardare il suo viso e leggere la sua lettera all'infinito. Non che fossi riuscito ad accettare l'idea, ma alla fine gli ho detto addio e ho chiamato la polizia; saranno state le cinque del mattino, più o meno. Ormai avevo letto quella lettera talmente tante volte da essere riuscito a memorizzarla e i bordi erano diventati ondulati a causa del sudore delle mie mani.

Ho stretto così anche quel biglietto di cinque anni fa.

È sempre stato così con lui, io che stringo in mano con forza le sue parole.

Dopo aver chiamato la polizia ho preso la bottiglia di whisky e il sacchetto contenente gli asciugamani, i guanti, la corda e i vestiti e ho lasciato l'appartamento.

Avevo nascosto nel ritratto la lettera indirizzata a me e i cinque fogli che avevo scartato subito prima di fare la telefonata, pensando che sarebbe stato più sicuro che girare tenendoli in tasca.

Dovrò sicuramente presentarmi alla stazione di polizia, avevo pensato. Certo, capivo perfettamente

che si trattava di una cosa grave, ma non potevo premettere che i poliziotti trovassero e leggessero quelle parole, non era questo che Gocchi desiderava. Staccato il quadro dal gancio, avevo infilato le buste tra la cornice e il dipinto, per poi riattaccarlo lasciando tutto come se nulla fosse successo. Mentre tiravo giù il quadro, però, mi è tornata in mente l'immagine di lui appeso al soffitto e sono dovuto tornare in camera da letto e bere dell'altro whisky.

Dirigendomi verso Shibuya ho visto un Babbo Natale dall'aria stanca.

Mi sa che abbiamo la stessa faccia.

Ho continuato a bere whisky e camminare lungo la Meiji Dōri nella luce bianca dell'alba.

Il parco Mitake era stranamente luminoso. Mi sono seduto sulla solita panchina appoggiando il sacchetto ai miei piedi. Ho costretto le mie mani intirizzite dal freddo ad aprirlo e rovesciarne il contenuto e subito il fetore degli asciugamani si è diffuso nell'aria. Ho preso in mano il primo

asciugamano del mucchio, tirato fuori l'accendino da love hotel, gli ho dato fuoco e l'ho rimesso sopra il resto. Le fiamme si sono sparse sulla corda e sui vestiti e il fetore è diventato puzza di bruciato, mentre il fumo saliva verso il cielo.

Una fiammata si è alzata dal mucchio, il fumo sembrava quasi un mostro vivo e semovente; mi ha ricordato un libro che avevo letto anni prima, Fahrenheit 451.

Allora io non sono Babbo Natale, ma Guy Montag, quello che bruciava i libri. La scena è anche

simile. Se non sbaglio, alla fine Granger parla di una fenice mentre arrostiscono bacon su un falò, l'uccello immortale che brucia e rinasce dalle proprie ceneri. Qualcosa sul fatto che è la stessa cosa per gli uomini. Il mostro nel fumo è una fenice, allora? Una fenice che torna alla vita da quello che rimane di Gocchi. Però ormai Gocchi non può più tornare. Cosa sarebbe, una fenice morta? Aspetta, ma io sono River Phoenix, Kawatori Dai. Non sono io la fenice, allora? I tuoi resti che stanno bruciando sono in realtà i miei? Allora, Gocchi, sei tu Montag... Tu sei me, io sono te... No, no, qui c'è qualcosa di strano. Mi sa che sono sbronzo.

Ho bevuto un sorso di whisky e poi ho gettato la bottiglia nel fuoco. La fenice ha lanciato un grido e spalancato le sue ali di fiamme. Il falò continuava a bruciare e sembrava volermi consolare con il suo calore.

Alcuni degli abitanti delle case di cartone e teli di plastica sono venuti a gridarmi contro e persino a colpirmi, ma poi si sono arresi, forse a causa della mia mancanza di reazioni, e sono spariti. Avrei voluto che fossero Granger o il professore: gli uomini che Montag ha incontrato seguendo i binari sarebbero stati la mia salvezza.

Quando finalmente tutto si è trasformato in cenere ho sentito che il mio compito era terminato e mi sono addormentato sulla panchina. A svegliarmi non è stato il segugio meccanico ma due poliziotti. Mi chiedo se sia davvero necessario parlare di quello che accadde dopo, immagino che metà degli avvenimenti li conoscano tutti.

Come trasmesso dai telegiornali, io ero la prima persona ad aver trovato il cadavere e il primo sospettato per distruzione di prove. Senza contare che si trattava del cadavere di un personaggio famoso. Mi hanno accusato di essere suo complice, hanno detto che l'avevo ucciso e avevo fatto in modo che sembrasse un suicidio. Naturalmente ogni sospetto ricadeva su di me, non mi aspettavo che capissero il mio gesto. Avevo detto alla polizia cosa era successo, più o meno, ma le indagini procedevano con difficoltà e il fatto che mi avessero preso per un deviato era perfettamente normale. Dopotutto, non c'erano prove che dimostrassero che non lo fossi davvero.

venissi scarcerato, sbattuto in cella o condannato a morte, lui ormai non era più in questo mondo; quella verità non sarebbe cambiata. Peccato che a causa del mio comportamento e della nascita di falsi sospetti il suo cadavere abbia finito per essere sottoposto ad autopsia. Avrei voluto che venisse cremato senza le cicatrici dell'operazione.

Le lettere che avevo nascosto però non sono state trovate; questa era la cosa più importante per me. Sapevo cosa la gente pensava di me mentre mi trovavo in prigione solo grazie all'avvocato, non mi erano permesse altre visite. È stato il signor Koidemizu a trovarmene uno e mandarlo ogni tanto per aggiornarmi sulle novità, sia a livello legale che mondano, però io non ascoltavo più della metà di quello che diceva. Non è che lo facessi apposta, solo che le parole non mi entravano in testa. L'ultima volta che l'ho visto è stato quando mi ha informato del mio rilascio, una settimana dopo. Le indagini avevano permesso di fissare l'ora del decesso, ora in cui io non mi trovavo nell'appartamento. Grazie alle telecamere di sicurezza del lussuoso condominio e alla guardia sospettosa hanno potuto fissare con certezza il momento in cui ero arrivato e avevo trovato il corpo. Però io non avevo chiesto di essere rilasciato e ho preso nota della notizia con apatia. L'avvocato aveva sospirato un “mi sa che non ne valeva la pena” tra i denti.

Il giorno del rilascio mi è venuto a prendere il signor Koidemizu. Si è davvero preso un grande disturbo per me in questo periodo.

“Non preoccuparti di nulla, per ora ti ho prenotato un hotel. Non vuoi creare disturbo ai tuoi, vero?” Non riuscivo a capire il senso delle sue parole, ma non avevo le forze per fare domande. Ho preso il cellulare e gli altri oggetti che mi avevano confiscato in silenzio e l'ho seguito fuori dalla stazione di polizia.

Tenevo la testa bassa, per cui ci ho messo un po' ad accorgermi dei flash.

Quando ho alzato il viso ho visto una massa di giornalisti e telecamere affrettarsi verso di me. Non sapevo cosa pensare.

Mi sono limitato a fare un leggero inchino e a seguire il signor Koidemizu, ma i giornalisti ci hanno assaliti e hanno cominciato a fare domande indiscrete.

“Come si sente ora che è fuori?”

“Quali sono state le ultime parole di Shiraki Rengo?”

Mi sono gettato nell'auto per scappare da loro. Mi sembrava di capire come si sente un politico quando scoppia uno scandalo.

“Cosa significa tutto questo?”

“Sei diventato famoso, sono fiero di te.”

dei flash vedevo il mondo a macchie verdi. “Peccato che sia famoso solo come criminale.”

Ho cercato di distogliere l'attenzione dall'emicrania che mi era appena scoppiata pizzicandomi la coscia.

“Ti sbagli, sei diventato popolare tra la gente. Una star dall'oggi al domani.” “Perché?”

Il dolore non passava, al contrario aumentava.

“Le immagini di te che vieni portato alla stazione di polizia continuano ad andare in onda da due mesi, ecco perché. Ci sono anche un discreto numero di fotografie che girano. 'L'affascinante migliore amico di Shiraki Rengo!', dicono i tabloid. Non lo sapevi? All'agenzia sono arrivate un sacco di lettere dai tuoi fan. Shiraki era davvero fortunato ad avere un amico come te, eh?”

Non sono riuscito ad ascoltare di più. O meglio, non sono riuscito a capire. Ciononostante, le parole prive di delicatezza del signor Koidemizu in qualche modo arrivavano fino al mio cervello e lo stomaco sembrava mi stesse per scoppiare in fiamme.

“Hanno trovato la busta con le sue ultime parole, sai, per cui non ci sono molti sospetti su di te. Anzi, ci sono molte persone che approvano il tuo gesto.”

Qualcosa sembrava bloccarmi la gola e non riuscivo a parlare.

“Mi sembra quasi impossibile che fino a ieri tu non abbia avuto successo.” Non credevo che le parole del signor Koidemizu fossero davvero per me.

Alcune auto ci stavano chiaramente inseguendo e il nostro autista cercava di seminarle sterzando violentemente all'ultimo secondo. Sono scivolato a destra e a sinistra sul sedile a ogni curva brusca prima di riuscire a mantenere l'equilibrio aggrappandomi alla maniglia sopra il finestrino.

Non potevo fare a meno di pensare che l'autista sembrava essere abituato a questo tipo di guida e mi sono chiesto se per caso non avesse esperienza in macchine da corsa. Ero seduto subito dietro di lui quindi non riuscivo a vedergli la faccia, ma da dietro avrei detto che si trattava di uno sconosciuto. “Se la cava con la guida, eh?”

A dirla tutta gli avevo rivolto la parola perché sentire della vita di un perfetto sconosciuto era meglio delle chiacchiere seccanti del signor Koidemizu. Però lui non ha detto nulla ed è rimasto in silenzio. Al suo posto mi ha risposto il capo.

“Questa persona era il manager di Shiraki Rengo, sai?”

L'argomento sembrava tornare sempre allo stesso punto come un boomerang, eppure ho preferito continuare quella conversazione. Mi sono chiesto perché un impiegato di un'altra agenzia fosse venuto a fare l'autista per la nostra.

Non potevo fare a meno di essere indiscreto, me ne rendevo conto. Non mi ero ancora abituato a quell'atmosfera. Di nuovo, nonostante la domanda fosse per l'autista, mi ha risposto il direttore. “Sembra che si sia interessato a te dopo averti visto in televisione, abbastanza da voler lasciare la Kevin Company e trasferirsi da noi. Ha detto che non gli importava se lo stipendio era meno della metà di quello di prima.”

Ero nervoso e irritato. Mi sono appoggiato allo schienale e ho preso una sigaretta, ma quando ho fatto per accenderla all'improvviso mi è mancato il respiro e l'ho rimessa via.

L'autista ha continuato a guardare lo specchietto retrovisore per controllare se c'erano ancora auto dietro di noi e il motore si lamentava ogni volta che accelerava per seminare quelle rimaste. Dopo qualche acrobazia finalmente non ce ne erano più. Siamo arrivati all'hotel in una quindicina di minuti circa.

“Il check-in è già stato fatto, per cui limitati a salire nella stanza senza farti notare troppo.” Il signor Koidemizu mi ha passato una mascherina.

“Vedrò di spedirti tutto ciò di cui hai bisogno domani, per ora se ti serve qualcosa chiedi al manager, il signor Tanaka.”

Quando l'uomo mi ha allungato un biglietto da visita con il suo nome, il nome dell'agenzia e il suo numero di telefono l'ho accettato con un “Piacere, io sono Kawatori Dai, Kawada Daiki.” Ho detto entrambi i nomi perché non sapevo quale dei due fosse stato diffuso dai notiziari.

“Parliamo di quello che vuoi fare d'ora in poi. Vuoi riposarti per un po'? Sappi che di lavoro da fare ce n'è, dipende tutto da te. Prima o poi dovrai pur ricominciare a fare qualcosa.”

La sua espressione allegra tradiva la sua mancanza di delicatezza. “Va bene qualsiasi cosa.”

“Ah, sì? Allora domani ti faccio chiamare da Tanaka per informarti del lavoro e del comportamento da tenere con i giornalisti. Tieni acceso il cellulare, mi raccomando, e per oggi riposati. Il carica batterie è questo, vero?”

Mi ero dimenticato che il cellulare che mi avevano restituito era ancora spento. “La ringrazio. Grazie mille.”

Ho preso il carica batterie, sono sceso dal sedile posteriore dell'auto e ho ringraziato i due uomini, poi ho attraversato una delle porte scorrevoli dell'albergo.

Ho fatto per inchinarmi e aspettare che la macchina si allontanasse ma ho sentito il rumore di un finestrino che si abbassava e la voce del signor Koidemizu bisbigliare ad alta voce di muovermi e andare in camera. Ho alzato il busto, indossato la mascherina ricevuta, sono passato attraverso la lobby e ho cercato un ascensore.

stare tranquillo. Sentivo caldo perché indossavo gli stessi vestiti di quella sera e quando me ne sono reso conto sono ricominciate le vertigini e ho rischiato di cadere. Forse li avevano lavati, perché non c'erano più la sporcizia e le macchie che ricordavo essere finite sui tessuti. Il cambio di stagione, evidente anche se erano passati solo due mesi, mi ha trasmesso una sensazione irreale.

Salito sull'ascensore, ho premuto il tasto del nono piano e cercato la stanza corrispondente al numero scritto sulla chiave magnetica. Sono entrato in una stanza fin troppo grande per una persona sola, una doppia con due letti.

Mi sono steso a pancia in giù su quello più vicino alla finestra, ma a causa della troppa forza che avevo messo nel salto le molle mi hanno fatto rimbalzare cigolando; il suono è riecheggiato nella stanza silenziosa.

Sono rimasto sul letto, distratto. Non pensavo a nulla, non sentivo nulla. Ero in grado di fare una cosa del genere, di estraniarmi così. Improvvisamente il mio stomaco si è messo a gorgogliare e mi sono piegato per prendere il cellulare nella tasca. Ho attaccato il carica batterie a una presa di corrente e l'ho collegato al dispositivo per poi premere il pulsante di accensione. Mentre aspettavo mi sono tolto, ancora sdraiato, cappotto e scarpe.

Non appena il telefono si è acceso è arrivata una serie di sms e avvisi di messaggi lasciati in segreteria. Erano le sette e diciotto minuti.

Ho tirato un sospiro e cancellato tutti i messaggi in blocco, poi ho chiamato mia madre. Lei era sorpresa dalla telefonata improvvisa, non abbiamo parlato di nulla in particolare. Le ho detto solo di stare tranquilla e salutare papà. Ho fatto per chiudere la comunicazione quando l'ho sentita farmi un'ultima domanda con tono incerto.

“Sei davvero innocente, vero?” “Sì.”

Ho chiuso la chiamata e quasi contemporaneamente il telefono ha squillato. “Ehi, stai bene?”

Ishikawa mi ha parlato come se ci fossimo visti solo il giorno prima. “Non lo so.”

“'Non lo so'?! Ma tu sei davvero... Hanno appena mandato in onda un servizio speciale dicendo che sei stato rilasciato. Capisci in che condizioni ti trovi?”

“Per niente.”

La sua voce, che non sentivo da così tanto, mi faceva sentire stranamente tranquillo.

“Guarda, io ti credo, ma non tutti la pensano come me. La notizia della scomparsa di Shiraki Rengo ha causato un effetto Werther e i genitori delle vittime e i fan se la sono presa con te.”

“Non c'è niente da ridere, piantala subito.”

Ho riso per la prima volta da molto tempo e mi sembrava che i muscoli della bocca non sapessero più come muoversi.

“Però questo significa anche che stai ricevendo un sacco di attenzione. Ci sono anche persone che ti vedono come un eroe. Dicono che sei stato un vero amico.”

Un vero amico.

“Non è così.”

Ero stato costretto a chiudere il discorso. Per un attimo lei sembrò voler ribattere, ma poi ha deciso di tacere.

“Sai, Gocchi mi ha scritto di farti i suoi auguri per il matrimonio.”

Forse stavo sfogando la mia rabbia su di lei, per questo le parlavo così. Era come se lo facessi inconsciamente però, come se il cervello semplicemente fosse collegato alla bocca e facesse uscire quello che voleva.

Siamo rimasti in completo silenzio, ma sapevo che la chiamata non era stata chiusa perché sentivo ogni tanto il rumore della mano che si passava sul viso o di lei che tirava su col naso.

“Ormai... non è più... qui con noi... eh?”

Parlava a scatti, potevo sentirla prendere grosse boccate d'aria tra le pause. “Non c'è più, no.”

Dopo aver ripetuto all'infinito i fatti di quella notte alla polizia e all'avvocato, finalmente ero in grado di esprimere a voce quella realtà.

“Riattacco, ora.” “Mh.”

“Ti richiamo.” “Ciao.” “Ciao.”

Dopo averla salutata ho sentito un suono provenire dal telefono. Credevo fosse stata lei, ma poi l'ho sentita premere un tasto ed è partito il rumore crudo di comunicazione interrotta. Forse mi sbagliavo, ma mi sembrava di aver sentito un singhiozzo; se fosse davvero stato così non sarei riuscito ad andare avanti comunque con la conversazione.

Mi sono allungato e ho tirato fuori dalla tasca del cappotto il biglietto da visita del signor Tanaka. 'Tanaka Isaki'. Entrambi sembravano dei cognomi.

Ho digitato le cifre sul mio cellulare e l'ho chiamato. “Pronto?”

“Ah, sì, sono io.”

“Per caso si trova ancora nelle vicinanze?”

“Mi hanno detto di tenermi pronto, per cui per questa notte resterò lì vicino.”

Mi sono sentito un po' in colpa per le sue condizioni, ma ho continuato con le domande. “Mi scusi, sa se c'è stata una cerimonia funebre per Goc... Ah, per Shiraki Rengo?” “Si, c'è stata.”

“Per caso sa se è disponibile un video?” “Provo a controllare.”

“Grazie.”

“Nessun problema.” “Ah, un'altra cosa.” “Sì?”

“Cosa posso fare per cena?”

“Può usufruire del servizio in camera, altrimenti vuole che le vada a prendere io qualcosa?” “Sì, per favore.”

“Cosa preferisce?”

Dopo aver risposto che andava bene qualunque cosa, ho chiesto se poteva prendermi un gyūdon52;

non perché ne avessi particolare voglia, ma perché ero restio all'idea di disturbarlo troppo e farlo scervellare su cosa comprare per la mia cena. Gli ho chiesto anche una bottiglia d'acqua e un ginger

ale, non lo bevevo da molto.

All'improvviso mi sono reso conto che il cavo del carica batterie mi si era attorcigliato attorno al collo. Mi sono quasi fatto prendere dal panico mentre me lo toglievo di dosso e cercai di distrarmi e calmare il respiro irregolare accendendo la televisione. Ho girato un po' per i canali finché non ho trovato un telegiornale su una rete privata; uno dei servizi era sul mio rilascio. In alto a destra