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1.4 Resistenza agli antibiotic

1.4.2 Antibiotici, resistenza ai β-lattamici e β lattamas

Sito d’azione degli antibatterici e meccanismi di resistenza.

1.4.2 Antibiotici, resistenza ai β-lattamici e β lattamasi

I β-lattamici sono farmaci che impediscono la sintesi della parete cellulare dei batteri, interferendo nella formazione dei legami peptidici tra le molecole di peptidoglicano (presente in particolare nella parete dei batteri gram positivi).

Il primo β-lattamico, molto conosciuto per il suo grande utilizzo nella seconda guerra mondiale, è la penicillina, scoperta negli anni ‘30. Questo antibiotico aveva le capacità di inibire i batteri resistenti ai sulfonamidi inducendo febbre per aumentare l’effetto terapeutico. Nel corso degli anni, nuovi β-lattamici sono stati sviluppati in risposta all’insorgere di resistenze nei batteri.

La resistenza ai β-lattamici da parte dei batteri patogeni risulta essere un grosso problema a livello mondiale. I β-lattamici sono suddivisi in gruppi e sotto-gruppi secondo la loro struttura molecolare (Tabella 3).

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Tabella 3. Suddivisione dei β-lattamici

Classe

Sottoclasse

Penicilline Penicilline Aminopenicilline Ureidopenicilline Carbossipenicilline Peniccillasi Amidinopenicilline

Cefemici Cefalosporine di prima generazione

Cefalosporine di seconda generazione Cefalosporine di terza generazione Cefalosporine di quarta generazione Cefamicine

Oxacefemici

Cefemici (orali) Cefalosporine Carbapenemici

Monobattamici Non presenta sottoclassi

Penemici Carbapenemici

Penemici

I β-lattamici possono penetrare all’interno della cellula batterica grazie all’affinità con alcune proteine di scambio della membrana batterica che permettono il collegamento tra lo spazio extracellulare e quello intracellulare. Alcuni β-lattamici presentano un’affinità particolare per enzimi specifici chiamati penicillinbinding proteins (PBPs). Oltre ad avere una funzione di sintesi della parete cellulare questi enzimi risultano essere un punto di legame con alcuni β-lattamici.

I meccanismi di resistenza ai β-lattamici sono molteplici ed a seconda delle caratteristiche del batterio e del bersaglio del β-lattamico si avranno degli effetti dell’antibiotico differenti. Durante il corso degli anni sono stati scoperti i vari meccanismi di resistenza ai β-lattamici che sono:

 la diminuzione dell’assorbimento dell’antibiotico a livello citoplasmatico dato dalla mutazione delle proteine di membrana che riducono il grado di penetrazione del β- lattamico all’interno della cellula;

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 l’alterazione del bersaglio dell’antibiotico causato dalle alterazioni delle proteine quali le PBPs che portano ad una minore affinità tra il recettore e l’antibiotico;  la produzione di enzimi capaci di degradare o alterare il β-lattamico, le β lattamasi

che rappresentano la causa principale della resistenza batterica agli antibiotici β- lattamici.

La produzione di enzimi capaci di idrolizzare i β-lattamici rappresenta oggi uno dei meccanismi più importanti di resistenza a questi antibiotici nei bacilli gram negativi, soprattutto nelle Enterobatteriacee e quindi della K. Pneumoniae.

1.4.2.1 ESBL

Un batterio viene designato come produttore di ESBL al momento in cui l’enzima prodotto conferisca una resistenza la quale possa idrolizzare oximino-cefalosporine di seconda e terza generazione. Tra le β-lattamasi, il termine ESBL (Extended spectrum β-lattamase) si riferisce a:

 Geni d’origine che hanno subito mutazioni che conferiscono all’enzima la capacità di idrolizzare le oximino-cefalosporine. I geni si trovano su plasmidi e sono designati dalle sigle blaTEM, blaSHV, blaOXA;

 β-lattamasi simili alle precedenti ma derivanti da altri geni. Designati bla CTX-M e blaVEB, possono anch’essi trovarsi su plasmidi che spesso trasportano geni di resistenza anche per altri antibiotici;

 Enzimi AmpC plasmidici. Questi enzimi sono derivati da geni presenti sul cromosoma di molti batteri. Conferiscono una resistenza ai β-lattamici molto estesa.

Il termine ESBL si riferisce quindi il momento in cui nel gene di origine avviene una mutazione che porta quindi ad uno spettro di resistenza più ampio rispetto al gene d’origine. Da sottolineare però il fatto che non tutte le β-lattamasi possono essere designate come ESBL visto che molte di queste non presentano mutazione nel gene d’origine, come ad esempio il blaTEM-1.

Le ESBL più diffuse e studiate sono TEM, OXA, SHV e AmpC.

Questi enzimi conferiscono al ceppo batterico una multiresistenza che causa difficoltà al medico nel prescrivere una terapia antibiotica adeguata. Oltre alla produzione di ESBL

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esistono altri meccanismi che sono in grado di conferire ai batteri un fenotipo di resistenza ai β-lattamici simile a quello ESBL. Questi meccanismi sono:

 l’iperproduzione delle β-lattamasi cromosomiche AmpC (Enterobacter spp.)  l’iperproduzione delle β-lattamasi di tipo K1 cromosomiche (Klebsiella oxytoca)  la resistenza dovuta alle pompe ad eflusso (P. aeruginosa)

 la resistenza dovuta a vari meccanismi (Acinetobacter spp.)

Alcune ESBL, come ad esempio le CTX-M, oltre a conferire la multiresistenza ai βlattamici, sono anche in grado di indurre una resistenza ad antibiotici quali chinoloni, aminoglicosidi e trimethoprim che non appartengono alla famiglia dei β-lattamici. I batteri con fenotipo ESBL positivo sono isolati in modo preponderante in luoghi quali ospedali acuti o in strutture di soggiorno a lungo termine.

Si stima che nel paziente il tempo di acquisizione di batteri producenti ESBL varia dai 10 ai 17 giorni dal ricovero ed è molto simile al tempo di esposizione di batteri quali MRSA (Stafilococco aureo meticillino resistente). E proprio per questo motivo che si studiano i comportamenti di questi batteri, affinché si riduca il rischio di infezione in luoghi di cura, adottando misure preventive appropriate.

Attraverso parecchi studi, si è scoperta una prevalenza degli ESBL localizzata in regioni specifiche del globo. Alcuni esempi possono essere la scoperta di una prevalenza in Francia dell’enzima TEM-3, oppure la presenza negli Stati Uniti dell’enzima TEM-10. Nel corso degli anni la classificazione delle β-lattamasi è stata cambiata svariate volte. Attualmente si è deciso di utilizzare un metodo di classificazione basato sulla sequenza aminoacidica in quattro semplici gruppi designati dalla A alla D.

1 4.2.2 Meccanismo di resistenza

In presenza di β-lattamasi, i β-lattamici vengono idrolizzati a livello del sito attivo dell’enzima grazie alla presenza di un gruppo ossidrile presente nella serina terminale della catena laterale della β-lattamasi. Dopo un legame non covalente tra i due, l’anello β- lattamico viene attaccato da un gruppo ossidrile libero creando un legame covalente con l’enzima. A questo punto, mediante una molecola di acqua, avviene l’idrolisi dell’anello del medicamento liberando l’enzima e inattivando il β-lattamico. Questo processo mediante serina terminale avviene solo con le β-lattamasi di classe A, C e D; per le β-

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lattamasi di classe B l’enzima presenta nel sito attivo uno ione di zinco ma il principio è simile.

1.4.2.3 TEM, SHV, OXA e AmpC TEM

La prima β-lattamasi plasmatica fu scoperta negli anni sessanta e fu riscontrata in un batterio presente nell’organismo di un paziente di nome Temoniera, da cui il nome TEM. Questo gene codifica per una β-lattamasi di classe A.

Le β-lattamasi TEM, numerate da TEM-1 a TEM-161, si incontrano maggiormente in batteri gram negativi e sono responsabili della resistenza all’ampicillina, alle penicilline nonché alle cefalosporine. Le varianti del gene bla TEM sono la conseguenza di mutazioni puntiformi a livello nucleotidico che causano la sostituzione di singoli aminoacidi e quindi la mutazione dell’enzima.

SHV

Un’altra β-lattamasi importante è SHV ossia Sulphydryl variabile. L’enzima codificato dal gene blaSHV appartiene alla classe A delle β-lattamasi. Il gene codificante questa β- lattamasi può essere presente sia su plasmidi che sul cromosoma del batterio ed è spesso riscontrato in ceppi di K. pneumoniae. La maggior parte di questi enzimi presentano una sostituzione di un aminoacido in posizione 240 (da una Lisina ad un Glutamato). Questa sostituzione conferisce al batterio il fenotipo ESBL. Altre variazioni di aminoacidi sono necessarie per conferire le resistenze ad antibiotici quali ceftazidime o cefotaxime.

OXA

Un altro gene che conferisce resistenza ai β-lattamici appartiene al tipo OXA. A differenza dei geni blaTEM e blaSHV, questo gene (blaOXA) conferisce al batterio una resistenza all’ampicillina e alle cefalotine, e grazie alla sua forte attività idrolitica è capace di idrolizzare pure l’oxacillina e la cloxacillina. Questa β-lattamasi è riscontrata in ceppi di E. coli e K. pneumoniae ma la maggior parte di questi enzimi è stata trovata in Acinetobacter baumanni e P. aeruginosa. Le β-lattamasi del tipo OXA appartengono al gruppo D. È però anche in questo caso necessaria una mutazione del gene per conferire al ceppo batterico un fenotipo ESBL.

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Un altro tipo di β-lattamasi è rappresentata da AmpC, che si presenta come un gruppo eterogeneo di geni che possono essere localizzati sul cromosoma o sul plasmidio. Molti ceppi appartenenti alla famiglia delle Enterobatteriacee presentano uno di o più geni AmpC, i quali però vengono espressi soprattutto in ceppi di K. pneumoniae. Appartenente alla classe C, l’enzima codificato può causare resistenza alle cefalosporine ed alle penicilline. La particolarità, che rende poi così difficile identificare la presenza di una di queste β-lattamasi e quindi del gene, è che non viene inibita dall’acido clavulanico, a differenza di altre β-lattamasi a spettro esteso, dando così risultati falsamente negativi.