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Capitolo 1. Come è cambiata la comunicazione

1.10 Apocalittici e integrati

La dicotomia apocalittici e integrati è una delle espressioni più famose coniate da Umberto Eco, ed è anche il titolo di un suo saggio67 pubblicato nel 1964: questo saggio diede il via allo studio semiotico delle comunicazioni di massa in Italia. Eco usò questa espressione per definire una dicotomia, gli apocalittici “’avevano la tendenza estrema di condannare tutta la cultura di massa, gli integrati ci sguazzavano dentro senza porsi grossi problemi morali’”68. Cinquant’anni dopo la pubblicazione dell’articolo, Eco affermò che il conflitto fra apocalittici e integrati si è spostato sulla rete:

se ci pensate, oggi gli apocalittici sono quelli che criticano internet e ricevono in risposta “ah! lo odi”; dall’altro lato gli integrati odierni che lo usano incondizionatamente e ricevono la critica di chi li biasima “uso ancora la stilografica”. Però siamo ancora indietro a livello di elaborazione teorica69.

Anche Nicholas Carr, come Eco, ha identificato in Internet il nuovo terreno di scontro tra apocalittici e integrati:

quello che è un florido Eden per una parte è una sterminata terra desolata per l’altra. Internet è l’ultimo medium, in ordine di tempo, ad aver suscitato un simile dibattito. Lo scontro tra entusiasti e scettici della Rete (…) si è più che mai polarizzato con i primi che preconizzano una nuova età dell’oro dell’accesso e della partecipazione e i secondi che lamentano l’avvento di nuovi secolo bui di mediocrità e narcisismo70.

Proprio Nicholas Carr, come Evgeny Morozov e Manfred Spitzer, sono studiosi che possono rientrare nella categoria degli apocalittici. Ovviamente non sono apocalittici nel senso che non usano la Rete e condannano chi ne fa uso, per esempio Carr si è sempre definito un tecnofilo, non un tecnofobo (anche se con il tempo il suo entusiasmo è scemato). Possono essere definiti apocalittici perché

67 Umberto Eco, Apocalittici e integrati: comunicazioni di massa e teorie della cultura di

massa, Milano: Bompiani, 1964.

68 Davide Turrini, “Umberto Eco: ‘Apocalittici ed integrati? 50 anni dopo la battaglia è sul web’”, Il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2014.

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non si limitano ad elencare ed esaltare le caratteristiche positive della rete, bensì perché hanno dedicato la loro carriera accademica a mettere in guardia dai pericoli e dalle conseguenze dell’utilizzo della rete. Le loro posizioni sono spesso state attaccate e oggetto di forti critiche.

Carr nel suo saggio Internet ci rende stupidi? (libro con cui è stato finalista per il Premio Pulitzer nel 2011 nella categoria General Nonfiction), scrive che la rete sembra avergli mandato in frantumi la capacità di contemplazione e concentrazione; dopo alcuni anni che utilizzava Internet notò che la Rete esercitava su di lui:

un’influenza molto maggiore rispetto a quanto non facesse il mio vecchio computer privo di connessioni. (…) a mano a mano che mi abituavo a usare il Web ero sempre più dipendente dai siti e dai servizi della Rete. Sembrava cambiato il modo stesso in cui il mio cervello funzionava. È stato allora che ho cominciato a preoccuparmi della mia incapacità di prestare attenzione a un’unica cosa per più di due minuti71.

Affermando inoltre che “Internet non sta cambiando le nostre abitudini intellettuali contro la nostra volontà. Ma le sta cambiando”72.

Il neuroscienziato Manfred Spitzer, in una conferenza tenuta a Padova il 18 ottobre 2016 sul tema della demenza digitale, ha spiegato come l’uso delle tecnologie vada ad influenzare i nostri processi mentali; in particolare Spitzer ha affermato tra le altre cose che “Google riduce le capacità di imparare informazioni nuove, perché induce a non ragionare sulle informazioni stesse” e anche che “leggere rende più intelligenti, cliccare no”.

Evgeny Morozov, invece, è un giornalista e sociologo bielorusso esperto di Internet e di nuovi media. In una video intervista rilasciata al settimanale Internazionale, afferma che quando abbiamo a che fare con le grandi aziende della Silicon Valley la privacy non è l’unico problema:

oggi dietro Internet ci sono delle aziende private – Google, Amazon, Facebook – che gestiscono la rete e tutti i servizi collegati. Ma queste piattaforme, anche se sono molto utili, vogliono solo guadagnare. Difendere la privacy nell’era dei big data è importante, ma è fondamentale

71 Ivi, p. 31.

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riflettere sull’economia e la rete del futuro, per fare in modo che Internet sia al servizio della democrazia e non dei colossi della Silicon Valley73.

Inoltre Morozov, in uno dei suoi ultimi libri74, ha preso una posizione forte soprattutto nei confronti di chi vede e pensa alla Rete come a un propagatore naturale di democrazia.

Tra i difensori della Rete troviamo Wu Ming, che nella prefazione al libro Cultura convergente di Henry Jenkins, già citato in precedenza, parlando del multitasking lo descrive come uno stato di “attenzione parziale continuata” e afferma che:

si tratta di un’abilità necessaria per affrontare il nuovo ambiente: mantenere un’attenzione diffusa e “a bassa intensità” su una molteplicità di stimoli, per poi focalizzarla ad alta intensità quando uno di questi stimoli si modifica in maniera significativa, ovvero ci avverte di prestare “più attenzione”. Il multitasking dovrebbe essere insegnato a chi non ce l’ha nel sangue, non bruciato sul rogo75.

Concludiamo con un dato a sostegno delle posizioni apocalittiche. Secondo un’indagine dell’Istat, nel 2015 in Italia si sono verificati più di centosettantamila incidenti d’auto; le principali fonti di distrazione identificate dall’Istat per ordine di pericolosità sono: postare sui social network, scrivere un messaggio, leggere un messaggio e fare una telefonata. Per dirla all’americana always on, sempre connessi, anche alla guida dell’automobile.

73 Evgeny Morozov, video intervista rilasciata al settimanale Internazionale.

74 Evgeny Morozov, The Net Delusion. The Dark Side of Internet Freedom, New York: Public Affairs, 2011, trad. it. di Marilena Renda e Fjodor Ardizzoia, L’ingenuità della rete. Il

lato oscuro della libertà di internet, Torino: Codice edizioni, 2011. 75 Wu Ming, op. cit., pp. X-XI.

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