2.3.3 Circuiti fronto-striatali e funzioni cognitive
2.3.3.5 Apprendimento e memoria
L’apprendimento associativo tra stimoli e risposte è un abilità fondamentale di ogni specie animale, in quanto favorisce l’adattamento all’ambiente. Lo striato, in particolare il nucleo caudato, svolge un ruolo chiave in questo tipo di apprendimento (Seger and Cincotta 2006).
È stato evidenziato come i circuiti fronto-striatali siano alla base di alcune forme di apprendimento, nello specifico, sarebbero implicati nel sistema di apprendimento procedurale (Shohamy, Myers et al. 2004). Infatti, alcuni studi rivelano che soggetti affetti da MP impiegherebbero più tempo durante l’apprendimento in un compito associativo implicito ma, successivamente, non avrebbero problemi nel generalizzare quanto appreso. Viceversa, soggetti con lesioni ippocampali mostrerebbero un pattern opposto, con una buona capacità di apprendimento associativo, ma gravi difficoltà nel generalizzare le informazioni apprese quando stimoli familiari venivano presentati in una combinazione nuova (Swainson, Rogers et al. 2000; Myers, Shohamy et al. 2003; Shohamy, Myers et al. 2006).
Questi dati dimostrerebbero come lo striato sia implicato nell’apprendimento inflessibile tra stimolo e risposta (associativo), mentre l’ippocampo sia necessario per una generalizzazione di quanto appreso in contesti nuovi.
Il ruolo dello striato nell’apprendimento procedurale sarebbe strettamente collegato al suo ruolo nel chunking di sequenze di azioni. Attraverso la pratica ripetuta, sotto-azioni di un comportamento complesso potrebbero diventare unite in una singola procedura (Graybiel 2008; Barnes, Mao et al. 2011). Il processo di chunking comporta l’idea che una volta che una sequenza di azioni sia unita in una singola procedura, le diverse componenti del comportamento perdono la flessibilità e non sono più accessibili separatamente. Lo sviluppo di questa sequenza unitaria è associato con un cambiamento delle aree anatomiche implicate; da un interessamento iniziale del nucleo caudato dorsale si avrebbe un passaggio dell’elaborazione dell’informazione al putamen (Hikosaka 1998).
Dati provenienti da studi sulla MP, uno dei modelli più influenti sulle disfunzioni dei BG, dimostrerebbero che i BG sottendono l’apprendimento prova ed errori, guidato da feedback, così come l’apprendimento di procedure. Queste funzioni, connesse ai BG,
sembrerebbero essere indipendenti dal fatto che l’apprendimento sia implicito o esplicito (Henke 2010; Seger, Dennison et al. 2011).
Abbiamo evidenziato come la capacità di apprendere da feedback, piuttosto che la capacità di apprendere implicitamente, dipenderebbe dai BG. In aggiunta alla presenza del feedback, risulta essere di fondamentale importanza il tempo (timing) entro il quale viene presentato il feedback (Foerde and Shohamy 2011).
La dopamina favorisce l’apprendimento nei BG facilitando la plasticità cortico-striatale, presumibilmente rinforzando la rappresentazione della risposta rinforzata o dello stimolo (Reynolds and Wickens 2002). Inoltre, importante per la suddetta tesi, la risposta dopaminergica avverrebbe approssimativamente 100 ms dopo il rinforzo (Redgrave and Gurney 2006). Il rinforzo contingente e il ridotto intervallo di tempo tra azione ed esito, faciliterebbero il rafforzamento dell’azione appropriata nello striato.
Quest’idea è stata validata in uno studio che metteva a confronto soggetti affetti da MP e soggetti sani. Veniva manipolato l’intervallo di tempo tra la risposta fornita dall’esaminato e il feedback in un compito apprendimento probabilistico (Foerde and Shohamy 2011). Ai partecipanti veniva chiesto di categorizzare uno stimolo come appartenente alla categoria uno o alla categoria due. Come nel “weather prediction” task, l’associazione tra stimolo ed esito era probabilistica e veniva appresa attraverso un apprendimento prova ed errori. L’apprendimento poteva avvenire in due condizioni differenti. Nella prima condizione, alla risposta dell’esaminato seguiva immediatamente il feedback; nell’altra, il feedback veniva mostrato dopo 6 secondi di ritardo. Soggetti affetti da MP sarebbero risultati deficitari nell’apprendimento con il feedback immediato, ma non quando il feedback era ritardato di 6 secondi (ibidem). Diversamente, i soggetti sani apprenderebbero nella stessa misura in entrambe le condizioni (fig.7).
Questi risultati suggerirebbero che, nonostante le simili performance dei controlli in entrambe le condizioni sperimentali, i sistemi neurali che supportano questi due tipi di apprendimento potrebbero differire.
Questo è proprio quello che sarebbe stato evidenziato da uno studio di imaging funzionale che esaminava l’attivazione cerebrale nelle due condizioni del compito sopra descritto. Gli autori evidenziano che quando l’apprendimento avviene per mezzo di un feedback immediato si assiste ad un coinvolgimento dello striato; apprendere attraverso feedback ritardati invece, coinvolge principalmente l’ippocampo (Foerde and Shohamy 2011).
Figura 7; Apprendimento tramite feedback immediato o differito. (A) Esempio di una prova dove il feedback veniva presentato immediatamente e dopo 6 secondi. (B) performance dei soggetti affetti da MP e controlli
appaiati per età (Foerde and Shohamy, 2011).
Quindi l’intervallo temporale del feedback, e non solo la sua presenza, giocherebbe un ruolo fondamentale nel modulare il coinvolgimento di sistemi di memoria differenti e nel determinare il pattern di apprendimento deficitario/normale nei soggetti affetti da MP. Oltre al timing, un altro fattore importante da tenere in considerazione è la valenza (positiva o negativa) del feedback. Infatti, è chiaro che un soggetto possa apprendere sia ottenendo feedback positivi (rinforzo positivo), sia evitando feedback negativi (rinforzo negativo). La capacità di un soggetto di apprendere in un modo o nell’altro è strettamente dipendente dalla via diretta e indiretta dei BG, quindi, come le definisce Frank (2005) dalla via Go e dalla via No-Go. In accordo con questa idea, sono state evidenziate dissociazioni nell’apprendimento tramite rinforzi o tramite punizioni nei soggetti affetti da MP (Frank, Seeberger et al. 2004; Moustafa, Cohen et al. 2008).
In paradigmi di apprendimento probabilistico, soggetti affetti da MP non sottoposti a trattamento dopaminergico sarebbero in grado di apprendere da feedback negativi, ma non da feedback positivi; un pattern inverso si osserverebbe invece, nei soggetti trattati farmacologicamente.
Questi studi mostrerebbero come l’apprendimento sia influenzato differentemente dalla valenza del feedback in accordo ai livelli di dopamina, i quali possono a loro volta essere
influenzati dalla malattia, dall’intervento farmacologico o da polimorfismi genetici individuali.
Durante il decorso della MP si assisterebbe all’interessamento fisiopatologico di diverse vie sia a livello mesencefalico sia a livello dei BG. I dati esposti suggerirebbero quindi, che potrebbero esserci conseguenze diverse nell’apprendimento tramite rinforzi o tramite punizioni durante tutto il corso della malattia.
Per concludere, nella MP è presente un danneggiamento di aree mesencefaliche dopaminergiche essenziali per il corretto funzionamento cerebrale. Nelle prime fasi della malattia, la deplezione dopaminergica interessa perlopiù i BG, e ciò comporta la comparsa delle manifestazioni motorie spesso accompagnate da deficit cognitivi (che possono includere: set-shifting, pianificazione, decision-making, memoria di lavoro visuo-spaziale, apprendimento associativo e procedurale) e disturbi neuropsichiatrici.
Come abbiamo visto, le afferenze dopaminergiche mesencefaliche e i BG sono delle componenti chiave per lo sviluppo appropriato di comportamenti intenzionali (goal- directed). Sottendono la capacità di valutare correttamente diversi aspetti di un rinforzo, incluso il suo valore, il rischio e la prevedibilità; l’abilità di inibire scelte maladattive attraverso le esperienze passate; sostengono la capacità di pianificazione; l’abilità di spostarsi da un set cognitivo ad un altro e la capacità di mantenere “on-line” e di maneggiare più informazioni.
Il soggetto affetto da MP può presentare già dal momento della diagnosi, difficoltà connesse al comportamento organizzato ed intenzionale che contribuiscono a peggiorare ulteriormente la qualità della vita.
È infine importante ricordare che, fattori come il trattamento farmacologico e le differenze genetiche individuali influenzano fortemente le manifestazioni cliniche della MP. Gli effetti benefici della terapia dopaminergica sono dovuti ad un aumento dell’azione della DA in diversi distretti neuroanatomici; allo stesso tempo però, possono emergere effetti avversi (ad esempio il ICD) dovuti ad un overdose dopaminergica in aree prevalentemente risparmiate dalla malattia.