ASPETTI MOTORI DELLA MALATTIA DI PARKINSON
3.4 Atteggiamento posturale, equilibrio e disordini della marcia
I disordini della postura, dell’equilibrio e della marcia sono manifestazioni comuni nella MP. Questi disturbi contribuiscono ad aumentare il rischio di cadute e a peggiorare la qualità della vita di questi soggetti (Doherty, van de Warrenburg et al. 2011; Grabli, Karachi et al. 2012).
Per quanto riguarda l'atteggiamento posturale, questo presenta delle caratteristiche comuni in molti soggetti affetti da MP: si parla di una postura camptocormica. Questo atteggiamento posturale è strettamente intrecciato al progressivo aumento della rigidità e dell'instabilità, e le alterazioni tipiche sono: un tronco anteflesso, avambracci semiflessi e intraruotati, cosce adotte e in leggera flessione sul tronco.
Un ampio numero di alterazioni, sia a carico del sistema nervoso centrale, sia quello di periferico, sono state proposte per spiegare la patogenesi delle modificazioni dell’atteggiamento posturale che si manifestano in questi soggetti. Queste includono: l’asimmetria della deplezione dopaminergica a livello dello striato, la rigidità, la distonia, un processamento anormale delle afferenze vestibolari e propriocettive, la presenza di difficoltà nella cognizione spaziale, una focale miopatia dei muscoli paraspinali e alterazioni a livello spinale (Doherty, van de Warrenburg et al. 2011; Castrioto, Piscicelli et al. 2014).
Nonostante la grande mole di studi presenti in letteratura a riguardo, ad oggi, le conoscenze sulla fisiopatologia delle modificazioni dell’atteggiamento posturale dei soggetti affetti da MP risultano essere carenti.
Un'altra manifestazione frequentemente osservata nella MP è l'instabilità posturale. Questa origina da una perdita di riflessi posturali di raddrizzamento che si unisce agli altri sintomi come la bradicinesia e la rigidità. La perdita dei riflessi posturali avviene nelle prime fasi della malattia, ma diventa disabilitante nelle fasi più avanzate, nel momento in cui il paziente perde la capacità di correggere nel tempo debito la propria postura, determinando così un aumento della frequenza delle cadute e dei possibili danni che ne scaturiscono. Anche i disordini della marcia sono delle manifestazioni ordinarie della MP. La deambulazione è il risultato di un interazione dinamica tra la messa in atto di programmi motori e meccanismi di feedback di tipo visivo, propriocettivo e vestibolare. Data la complessità anatomica dei circuiti che sottendono questi movimenti apparentemente banali, si capisce come di disturbi della marcia e dell’equilibrio nella MP possono essere
eterogenei e variare da soggetto a soggetto (Grabli, Karachi et al. 2012).
Nelle prime fasi della MP i disordini della marcia possono riflettere la bradicinesia e l’ipocinesia. In questi casi la deambulazione si manifesta con una riduzione della velocità e dell’ampiezza dei passi.
In linea con questa ipotesi, si nota come in molti casi la marcia “bradicinetica” possa andare in contro ad un miglioramento in seguito alla somministrazione di farmaci dopaminergici (Grabli, Karachi et al. 2012).
La caratterizzazione dei disordini della marcia diviene estremamente più complicata nelle fasi più avanzate della malattia, quando alterazioni in diversi sistemi neuronali possono contribuire a tali manifestazioni. Nelle fasi avanzate della MP la deambulazione è chiaramente alterata, tuttavia risulta spesso difficoltoso definire gli specifici contributi dei deficit sensoriali, motori o cognitivi (funzioni esecutive ed attentive) così come di altri fattori, ad esempio l’equilibrio, la paura, la debolezza muscolare o la fatica (Giladi, Horak et al. 2013).
Inoltre, sono implicati differenti sistemi neurotrasmettitoriali, tra cui il sistema noradrenergico, serotoninergico e colinergico. In particolare, diversi studi suggeriscono che le disfunzioni del nucleo colinergico peduncolo-pontino svolgano un ruolo chiave nei disordini della marcia nelle fasi avanzate della MP (Karachi, Grabli et al. 2010; Yarnall, Rochester et al. 2011; Benarroch 2013; Kalia, Brotchie et al. 2013). In accordo con queste affermazioni, alcuni lavori hanno mostrato un miglioramento della deambulazione in soggetti affetti da MP in seguito alla somministrazione di anticolinesterasici (Yarnall, Rochester et al. 2011; Kalia, Brotchie et al. 2013).
3.4.1 Freezing
Un particolare disturbo della deambulazione che merita di essere trattato in un paragrafo a parte è il freezing detto anche fenomeno del “congelamento”.
Con il progredire della MP si può assistere a tale disturbo transitorio, caratterizzato dall’inabilità ad iniziare la marcia (esitazione iniziale) o a cambiare repentinamente direzione. Questo disturbo è associato ad un aumento del rischio di cadute, un peggioramento della mobilità e della qualità della vita (Perez-Lloret, Negre-Pages et al. 2014).
(shuffling gait), può mostrare un tremore alle ginocchia o una completa acinesia. Questi episodi vengono tipicamente descritti dai pazienti con la sensazione di avere i “piedi congelati” o “incollati al terreno”.
Il freezing può manifestarsi o peggiorare durante i cambiamenti di direzione (esitazione di svolta), l’avvicinamento a strettoie (ad esempio, passare attraverso una porta) o durante il passaggio in spazi affollati; inoltre può presentarsi quando il soggetto si trova a dover compiere più attività in modo simultaneo (dual tasking), come ad esempio deambulare e parlare allo stesso tempo (Giladi and Hausdorff 2006; Heremans, Nieuwboer et al. 2013). Anche fattori emozionali come lo stress o l’ansia possono contribuire all’esordio di un episodio di congelamento (Nutt, Bloem et al. 2011).
Per quanto concerne la basi fisiopatologiche di questo disturbo possiamo affermare che la deplezione dopaminergica da sola non può spiegare esaustivamente il fenomeno del freezing: infatti da un lato questo disturbo presenta una bassa risposta alla terapia dopaminergica, dall’altro si può manifestare anche in altre patologie “non dopaminergiche” (Nutt, Bloem et al. 2011; Benarroch 2013).
Nonostante la deambulazione sia stata per lungo tempo considerata un’attività motoria di basso livello, automatizzata, sottesa da funzioni corticali semplici e perlopiù da aree sottocorticali, ad oggi diversi marker biologici suggeriscono un cambiamento di prospettiva. Alcuni recenti studi hanno individuato che la riduzione dell’innervazione colinergica corticale, i depositi di amiloide e l’atrofia della sostanza grigia nel lobo parietale inferiore e nel giro angolare siano fortemente implicati nella fisiopatologia del freezing (Bohnen, Frey et al. 2014; Herman, Rosenberg‐Katz et al. 2014).
Questi lavori mettono in luce un importante ruolo svolto dalle funzioni cognitive superiori, come l’attenzione e le funzioni esecutive, nella patogenesi di questo sintomo.
Le più recenti ipotesi sulla fisiopatologia del freezing considerano infatti questo disturbo come una disfunzione multisistemica, nella quale le funzioni cognitive svolgono un ruolo decisamente significativo (Nieuwboer and Giladi 2013; Perez-Lloret, Negre-Pages et al. 2014). Basti pensare all’influenza dello stato emotivo o del dual tasking su questa manifestazione sintomatica per capire come ci sia una stretta relazione tra freezing e funzioni cognitive superiori (per un approfondimento su alcuni modelli vedi Lewis and Barker, 2009 o Factor et al., 2014).