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2.3.3 Circuiti fronto-striatali e funzioni cognitive

2.3.3.4 Decision-Making

Le patologie che coinvolgono i BG, come ad esempio la MP, la sindrome di Tourette, il disturbo ossessivo compulsivo, ci insegnano molto sulla relazione tra queste aree e i lobi frontali nel determinare la capacità di decision-making.

La selezione intenzionale ed adattiva (goal-directed) di un’azione non poggia soltanto sui meccanismi alla base dell’associazione stimolo-risposta (mediati dal loop associativo e motorio), ma anche sulla previsione e sulla valutazione dell’esito della risposta. A questa seconda funzione partecipa il circuito fronto-striatale limbico.

Il decision-making implica un’ampia rete di strutture multifunzionali che coinvolge la corteccia orbitofrontale, la corteccia del cingolo anteriore, i gangli della base e strutture emotive come l’amigdala.

Una serie di studi (effettuati su uomo, scimmie e topi) hanno indicato che il network neurale che comprende la corteccia frontale mediale, quella orbitale e il nucleo basolaterale dell’amigdala svolge un ruolo critico nella valutazione dello stimolo che seguirà un’azione scelta (Baxter and Murray 2002; Griffiths, Morris et al. 2014). Inoltre, sia nell’uomo che negli animali, lesioni del nucleo basolaterale dell’amigdala, delle regioni prefrontali associate o delle vie di connessione tra queste aree determinano difficoltà nell’adattare decisioni al valore dell’esito dell’azione (Balleine, Killcross et al. 2003; Camille, Griffiths et al. 2011; Zeeb and Winstanley 2013).

Alcuni autori (Puig, Antzoulatos et al. 2014) ritengono che il network amigdala-corteccia prefrontale computi il valore dell’esito dell’azione predetta e invii tale informazione ai BG, in particolare allo striato ventrale, il quale può dunque intervenire, tramite la via diretta e la via indiretta, nella selezione di un’azione tra le diverse opzioni proposte.

Secondo altri autori invece (Foerde and Shohamy 2011), alle porzioni ventrali dello striato sarebbe assegnato un ruolo critico nell’apprendimento, ma anche nel prevedere esiti gratificanti e nell’agire per ottenerli.

Questa seconda ipotesi è sostenuta da tutta una serie di studi sulla registrazione dei neuroni dopaminergici delle scimmie che dimostrano il ruolo della dopamina mesencefalica nell’apprendimento reward-related. Primo, i neuroni dopaminergici mesencefalici rispondono a rinforzi inaspettati con un’attività di scarica fasica e immediata. Secondo, se un cue predice regolarmente un rinforzo, la risposta dopaminergica si verifica immediatamente dopo la presentazione del cue invece che a ricompensa avvenuta. Terzo, se un rinforzo previsto non si presenta, si osserva una diminuzione del firing (Schultz, Apicella et al. 1993; Waelti, Dickinson et al. 2001; Fiorillo, Tobler et al. 2003). Ad ogni modo, è raro che un cue predica un rinforzo certo, più spesso un cue predice un esito in termini di probabilità. In questo caso la risposta fasica dei neuroni, sia al cue sia all’esito, varia con la probabilità che si presenti il rinforzo, in modo che un esito con un alto livello di prevedibilità comporta una elevata attività di scarica, mentre si ha un basso tasso di scarica per eventi rinforzanti che presentano una bassa probabilità di verificarsi (Fiorillo, Tobler et al. 2003).

È dunque chiaro che le regioni dopaminergiche mesencefaliche e lo striato ventrale (nucleo accumbens e caudato ventrale) svolgano un ruolo fondamentale nel decision making. In particolare, per ognuna delle alternative tra le quali il soggetto si trova a dover scegliere, lo striato ventrale permette di “pesare” e prevedere la probabilità che sussegua un esito gratificante.

Queste affermazioni sono avvalorate da tutta una serie di risultati ottenuti da studi fMRI nell’uomo, che si pongono a favore di una stretta relazione tra regioni dopaminergiche mesencefaliche, striato ventrale e decision making (Aron, Shohamy et al. 2004; O'Doherty, Dayan et al. 2004; Schonberg, Daw et al. 2007; D'Ardenne, McClure et al. 2008; Schonberg, O'Doherty et al. 2010).

Come è stato descritto anche in precedenza (vedi paragrafo 2.3.3.1), nelle fasi iniziali della MP il ciruito fronto-striatale limbico sembra meno interessato dai processi di deplezione dopaminergica.

Compiti di apprendimento inverso (reversal learning), che valutano il bilanciamento tra segnali “go” e “no-go” (Frank, Seeberger et al. 2004), vengono frequentemente usati in clinica per valutare l’efficienza della circuiteria fronto-striatale limbica (OFC/ACC, caudato ventrale/nucleo accumbens) (Swainson, Rogers et al. 2000).

Se si considerano le differenze riguardanti il grado di captazione di dopamina tra le diverse regioni striatali lungo tutto il decorso della malattia, appare evidente che nelle prime fasi soggetti affetti da MP in assenza di trattamento farmacologico (off medication) ottengono prestazioni migliori nei compiti di apprendimento inverso rispetto ai compiti che implicano i circuiti dorso-caudati (Swainson, Rogers et al. 2000; Cools 2006; Cools, Lewis et al. 2007; Cools, Miyakawa et al. 2010).

All’opposto, la terapia dopaminergica migliora i compiti connessi al circuito associativo e peggiora i compiti di apprendimento inverso, connessi al circuito limbico (Swainson, Rogers et al. 2000; Cools 2006; Cools, Lewis et al. 2007; Graef, Biele et al. 2010; MacDonald, MacDonald et al. 2011; Vo, Seergobin et al. 2016).

Questi effetti paradossi del trattamento farmacologico sono probabilmente dovuti all’over- dose dopaminergica a livello dello striato ventrale relativamente risparmiato in queste fasi della malattia (Gotham, Brown et al. 1986; Gotham, Brown et al. 1988; Cools 2006; Cools, Lewis et al. 2007; Cools, Miyakawa et al. 2010).

Soggetti affetti da MP tendono, come i soggetti sani, ad evitare outcome negativi quando sono in assenza di trattamento farmacologico; diversamente sono estremamente sensibili agli outcome positivi quando sono sotto trattamento (Frank, Seeberger et al. 2004). In altre parole, le terapia dopaminergica favorisce i segnali e le risposte “Go” a sfavore di quelle “No-Go”.

Alcuni autori hanno cercato di distinguere due componenti funzionalmente differenti del circuito fronto-striatale limbico. Alcune evidenze suggeriscono che il circuito OFC- caudato ventrale moduli comportamenti sociali/emotivi mentre il circuito ACC-nucleo accumbens sia implicato nella motivazione e nell’integrazione di aspetti cognitivi ed emotivi (Tekin and Cummings 2002).

Di conseguenza, una ipoattivazione del circuito limbico, specialmente del circuito ACC- nucleo accumbens, porterebbe verso sindromi amotivazionali come apatia, abulia o anedonia. Diversamente, una iperattivazione porterebbe a comportamenti impulsivi.

Studi clinici infatti, suggeriscono che nel 10% circa dei soggetti affetti da MP e trattati con farmaci dopaminergici si assista allo sviluppo di disturbi del controllo degli impulsi (ICD) (Giovannoni, O'Sullivan et al. 2000; Weintraub, Koester et al. 2010). Questi possono includere: gioco d’azzardo patologico, sindrome da acquisto compulsivo, binge-eating, ipersessualità e perfino comportamenti da dipendenza (addictive behaviours).

È riconosciuto come il rilascio di dopamina a livello del nucleo accumbens abbia effetti gratificanti (Schultz 2002); se quindi si pensa all’eccessivo rilascio di dopamina a livello dello striato ventrale si capisce come questo possa portare al perpetuarsi di comportamenti impulsivi.

I disturbi da discontrollo degli impulsi sono quindi dei distrubi iatrogeni conseguenti perlopiù alla somministrazione di farmaci dopamino-agonisti; difficilmente compaiono in seguito al trattamento con L-DOPA. Infatti, in uno studio longitudinale effettuato su pazienti con MP e ICD, la riduzione della dose dopamino-agonista e concomitante aumento della dose di L-DOPA, portava generalmente alla scomparsa dei comportamenti impulsivi (Mamikonyan, Siderowf et al. 2008).