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ASPETTI NON MOTORI DELLA MALATTIA DI PARKINSON

4.5 Disturbi cognit

4.5.1 Declino cognitivo lieve associato a Malattia di Parkinson (PD-MCI)

4.5.1.2 Dominio mnesico

I disturbi della memoria sono frequentemente riscontrabili in soggetti con PD-MCI (Bosboom, Stoffers et al. 2004). Parlando della memoria a lungo termine, questi disturbi riflettono una difficoltà in compiti di free recall, cioè in compiti in cui le capacità mnesiche sono testate attraverso il richiamo libero dell'informazione precedentemente

presentata (Dubois and Pillon 1997; Dujardin and Laurent 2003), ma mostrano performance significativamente migliori in compiti di riconoscimento o in seguito alla presentazione di cue di recupero (facilitatori).

Presentano difficoltà in compiti in cui è richiesto l'utilizzazione di efficaci strategie nella fase di codifica e di richiamo, ad esempio in compiti di rievocazione con ordinamento temporale (nello stesso ordine in cui sono state presentate) o rievocazione secondo l'appartenenza alla categoria semantica (Buytenhuijs, Berger et al. 1994; Sprengelmeyer, Canavan et al. 1995).

La maggioranza degli studi presenti in letteratura sembrerebbe indicare che la difficoltà di questo gruppo di pazienti stia nella codifica e nel recupero attivo (strategico) della traccia mnestica, che tuttavia è presente nel magazzino semantico. Non mostrano difficoltà nell'immagazzinamento e consolidamento dell'informazione, attività proprie delle regioni temporali. Ad essere deficitari sono maggiormente quegli aspetti dipendenti dalle attività dei lobi frontali.

Alcuni studi recenti, sulle prestazioni dei pazienti con MP a test di riconoscimento, sembrano però indicare che non si possa escludere in toto la presenza di un disturbo nei lobi temporali. I risultati di alcuni studi mostrano, infatti, che pazienti con MP presentano prestazioni inferiori al gruppo di controllo in alcune prove di riconoscimento (Higginson, Wheelock et al. 2005; Whittington, Podd et al. 2006).

I deficit di codifica e di richiamo dell'informazione sarebbero dovuti ad un'alterazione delle capacità di controllo attenzionale interno, che determinerebbe una maggiore difficoltà nella strutturazione di strategie cognitive utili per questi processi (Dubois and Pillon 1997); tuttavia non può essere scartata l'ipotesi dell'interessamento dei processi di mantenimento e consolidamento dell'informazione in alcuni soggetti, soprattutto se in fasi tardive di malattia.

I disturbi della memoria di lavoro (working memory) sono, in parte, già stati esaminati nel paragrafo precedente in quanto sono in stretta relazione con le funzioni esecutive. Per memoria di lavoro si intende la capacità di mantenere temporaneamente e di manipolare “on-line” le informazioni durante l'esecuzione di differenti compiti cognitivi come il linguaggio o il ragionamento. Secondo Baddeley (Baddeley 1986) la memoria di lavoro sarebbe un sistema multicomponenziale costituito da un esecutivo centrale che opera su un numero di sotto-moduli chiamati sistemi schiavi. I moduli più investigati sono il loop fonologico, costituito dal magazzino uditivo-verbale (componente passiva) e dal ripasso

articolatorio (componente attiva) e il taccuino visuo-spaziale costituito a sua volta dal visual cache e dall'inner scribe. Le componenti del loop fonologico e del taccuino visuo- spaziale sono analoghe, ma si differenziano per il tipo di informazione che elaborano (udito-verbale vs visuo-spaziale).

Vari studi dimostrano che i deficit appartenenti al sistema della memoria di lavoro nella MP sono dominio-specifico; sembrerebbe presente una precoce compromissione del modulo visuo-spaziale in concomitanza di un iniziale risparmio di altre componenti tra cui il loop fonologico (Bradley, Welch et al. 1989; Owen, Iddon et al. 1997). Secondo studi più recenti ci sarebbe una diminuzione dell'efficienza del sistema della memoria di lavoro, nella sua componente di monitoraggio/manipolazione attiva dell'informazione, quindi un deficit di natura esecutiva che coinvolge l'esecutivo centrale (Pillon, Deweer et al. 1998; Costa, Peppe et al. 2003; Costa, Peppe et al. 2009).

Un altro aspetto mnesico che presenta una duplice valenza è la memoria prospettica, questa rappresenta un aspetto importante della memoria, in quanto sembra essere una caratteristica peculiare del disturbo cognitivo nei pazienti con MP, e allo stesso tempo ha importanti ripercussioni sull'autonomia funzionale della persona e dei propri familiari. La memoria prospettica, detta anche memoria del futuro, è considerata come la capacità di ricordare di eseguire un'azione nel futuro, è suddivisa in due componenti: una componente prospettica (time-related), che si riferisce alla capacità di eseguire una determinata azione al momento opportuno; e una componente retrospettiva anterograda che si riferisce all'azione stessa (event-related).

La componente propriamente prospettica coinvolge le attività superiori del sistema esecutivo mentre la componente anterograda sarebbe maggiormente legata al sistema della memoria episodica (Burgess and Shallice 1997; Costa, Carlesimo et al. 2012). In uno studio di Katai e colleghi sono state confrontate le prestazioni di un gruppo di pazienti con MP non dementi e un gruppo di controllo secondo dei paradigmi time-based (i soggetti dovevano eseguire una specifica azione allo scadere di un tempo debito) ed event-based (i soggetti dovevano eseguire una specifica azione in seguito alla presenzazione di una parola target) (Katai, Maruyama et al. 2003).

I risultati riportati mostravano dei deficit maggiori nei soggetti con MP nel compito event- based, ma non nel compito time-based. Inoltre era danneggiata solo la componente prospettica, ma non quella anterograda. Secondo Foster i deficit di memoria prospettica, nei soggetti con MP, sarebbero dovuti a un discontrollo esecutivo nel monitoraggio e nello

spostamento attenzionale (Foster, McDaniel et al. 2009). In un compito di tipo event-based il cue per il recupero non risulterebbe cruciale rispetto all’attività che il soggetto sta svolgendo.

Il controllo esecutivo, quindi, svolge un ruolo importante nella componente propriamente prospettica, ma può essere interessato anche nella componente retrospettiva. Di fatto, il numero delle risposte da produrre e la complessità dei loro contenuti (componente retrospettiva), influenza la quantità di controllo esecutivo necessario per la codifica e per il richiamo.

I risultati di molti studi, che hanno utilizzato dei paradigmi sperimentali dove il soggetto doveva produrre delle risposte semplici (ad esempio:“press a button when you see the word cookie”), hanno evidenziato un danneggiamento a livello della sola componente prospettica, in assenza di cambiamenti significativi della componente anterograda (Katai, Maruyama et al. 2003; Foster, McDaniel et al. 2009; Pagni and Frosini 2011). Due studi che hanno utilizzato dei paradigmi con richieste più complesse (ad esempio:“ask the experimenter to turn off the computer, write your name on a paper, and replace the telephone receiver”) hanno trovato un danneggiamento della componente retrospettiva più marcato rispetto alla componente prospettica, in quanto, i soggetti ricordavano che dovevano fare “qualcosa”, ma non il “cosa” (Costa, Peppe et al. 2008; Raskin, Woods et al. 2011).

La pratica frequente di utilizzare richieste semplici per la componente retrospettiva può provocare una sottovalutazione del ruolo dei processi di memoria dichiarativa nelle performance di memoria prospettica. Si possono verificare degli errori nel valutare le vere esigenze della memoria prospettica nelle attività di tutti i giorni, le quali coinvolgono spesso risposte complesse formate da più fini.