ASPETTI NON MOTORI DELLA MALATTIA DI PARKINSON
4.5 Disturbi cognit
4.5.3 Basi neurobiologiche del declino cognitivo
Le modificazioni fisiopatologiche della MP mostrano un decorso progressivo della durata di molti anni. Malgrado le disfunzioni cellulari si manifestino precocemente, possono mantenersi per anni clinicamente silenti. In questo lasso di tempo, soltanto un occhio
esperto sarà in grado di orientarsi tra pochi sintomi apparentemente sconnessi, cogliendo alcune manifestazioni iniziali della malattia.
Successivamente, una volta raggiunta una deplezione dopaminergica striatale del 50/80%, iniziano a comparire le manifestazioni motorie ed i deficit cognitivi spesso associati (Bernheimer, Birkmayer et al. 1973).
Con la progressiva diffusione dei corpi di Lewy si va incontro ad una peggioramento della sintomatologia motoria (diventano più frequenti le cadute e l’instabilità posturale), neuropsichiatrica (allucinazioni e psicosi) e cognitiva. Parallelamente alla patologia da corpi di Lewy possono instaurarsi altri disturbi age-related (alterazioni vascolari, AD) che facilitano la definitiva conversione in demenza.
Williams Gray e colleghi hanno proposto due profili distinti di deterioramento cognitivo nella MP, a questi si associano sottostanti differenze neuropatologiche e differente prognosi (Williams-Gray, Foltynie et al. 2007; Williams-Gray, Evans et al. 2009). Questi autori parlano di un profilo definito “frontostriatal executive deficits” (deficit fronto- striatali esecutivi) e uno “posterior cortically based deficits” (deficit attribuibili ad alterazioni corticali posteriori).
I deficit fronto-striatali sembrano essere collegati ad una deplezione dopaminergica e sembrano essere più frequenti e comuni nelle prime fasi della malattia. Inoltre questi deficit sono influenzati da fattori genetici (polimorfismo del gene COMT) e fattori ambientali come la terapia dopaminergica.
I deficit posteriori sembrano invece collegati a una degenerazione delle fibre colinergiche afferenti a tali aree (Pagonabarraga and Kulisevsky 2012), ricoprono un ruolo più marcato negli stadi più avanzati della malattia e sono considerati fattori predittivi importanti per il successivo sviluppo della demenza (Williams-Gray, Evans et al. 2009).
Secondo Williams Gray e colleghi, i soggetti appartenenti al profilo frontale, i quali presentano performance deficitarie soprattutto nei test di fluenza fonemica e nel planning, valutato attraverso il test delle Torri di Londra, sembrano rimanere stabili per un periodo più lungo rispetto ai soggetti con profilo posteriore. Performance deficitarie nei compiti di fluenza semantica e copia di disegno, test utilizzati per valutare il profilo posteriore, sarebbero predittivi dell'evoluzione in demenza (Hughes, Ross et al. 2000; Williams-Gray, Evans et al. 2009).
Per quanto riguarda la genesi del PD-MCI, diversi studi suggeriscono che la disregolazione neurotrasmettitoriale ricopra un ruolo chiave in questa condizione (Kehagia, Barker et al.
2010; Pagonabarraga and Kulisevsky 2012; Ray and Strafella 2012; Narayanan, Rodnitzky et al. 2013).
In particolare, come affermato anche da Williams Gray e colleghi, la causa principale responsabile dei deficit cognitivi del PD-MCI risulta essere la deplezione dopaminergica nei circuiti fronto-striatali. La riduzione dell’assorbimento dopaminergico soprattutto a livello del nucleo caudato comporta alterazioni delle abilità cognitive, nello specifico, a carico delle funzioni esecutive (vedi paragrafo 2.3.3).
Nonostante queste evidenze, l’effetto della terapia dopaminergica su questi sintomi è eterogeneo. Ciò significa che alcune vie non-dopaminergiche sono altrettanto implicate nella genesi dei disturbi cognitivi (Levy, Tang et al. 2000).
In effetti, l’estensione della perdita neuronale nel locus coeruleus risulta essere proporzionale alla severità della disfunzione cognitiva nella MP (Zweig, Cardillo et al. 1993). In aggiunta, anche la riduzione delle modulazioni colinergiche corticali correla con l’impairment cognitivo (Dunois, Ruberg et al. 1983; Perry, Curtis et al. 1985).
Come precedentemente argomentato, il PD-MCI rappresenta un fattore di rischio importante per la successiva conversione in PDD.
I substrati patogenetici alla base della PDD possono essere diversi e talvolta sovrapponibili a quelli che sottendono altre sindromi demenziali. Non infrequentemente infatti i soggetti con PDD mostrano alterazioni istopatologiche compatibili con quelle presenti nella AD o nelle demenze cerebrovascolari.
Nonostante l’eterogeneità dei substrati fisiopatologici la densità dei corpi di Lewy, specialmente nella neocorteccia temporale, correla significativamente con i deficit cognitivi nella MP, indipendentemente dalla presenza o meno di una patologia di tipo Alzheimer (Harding, Broe et al. 2002; Irwin, White et al. 2012). Inoltre, la densità dei corpi di Lewy nel lobo temporale, ma non nelle aree frontali e limbiche, è in grado di differenziare i soggetti con PDD da quelli con MP senza demenza (Harding and Halliday 2001).
Altri autori hanno evidenziato che i corpi di Lewy a livello corticale sono dei marker neuropatologici sensibili (91%) e specifici (90%) per la PDD, inoltre sono indicatori di PDD migliori rispetto ai grovigli neurofibrillari, alle placche senili e ai neuriti distrofici (Hurtig, Trojanowski et al. 2000).
Nonostante la documentata importanza dei corpi di Lewy nella genesi della PDD, in letteratura sono presenti molti studi che indagano la presenza di una patologia di tipo
Alzheimer in questi pazienti. Alcuni studi hanno evidenziato soltanto 1 caso su 12 (Apaydin, Ahlskog et al. 2002), oppure 3 casi su 17 (Hely, Reid et al. 2008) soggetti con PDD che soddisfacevano i criteri NIA-Reagan per la AD. Altri studi hanno trovato una concomitanza più elevata, 18 casi su 41 (Mattila, Röyttä et al. 1998), 7 su 22 (Hurtig, Trojanowski et al. 2000), 18 su 48 (Irwin, White et al. 2012) e 28 su 51 soggetti con PDD (Sabbagh, Adler et al. 2009).
La concomitante patologia di tipo Alzheimer è stata riscontrata anche in alcuni casi di PD- MCI, in particolare in quei pazienti classificati come PD-MCI a singolo dominio mnesico (Adler, Caviness et al. 2010; Jellinger 2010). È probabile che alcuni disturbi di memoria presenti nei soggetti con PD-MCI possano riflettere una sottostante patologia di tipo Alzheimer. In questi casi dovremmo cogliere nel paziente non solo disturbi di memoria di matrice esecutiva (codifica e richiamo), tipici di questa entità nosografica, ma anche una difficoltà nel riconoscimento o nel richiamo facilitato (cued recall). Quest’ultimi deficit, documentati in alcuni soggetti con PD-MCI (Higginson, Wheelock et al. 2005; Whittington, Podd et al. 2006), indurrebbero quindi il clinico a pensare alla possibile concomitanza di un substrato neuropatologico di tipo Alzheimer.
Queste ipotesi potrebbero avere un importante risvolto in termini di prognosi del declino cognitivo.
Nella MP, la presenza corticale di placche amiloidi (tipiche della AD) si associa infatti ad un’evoluzione più rapida dei deficit cognitivi e ad un esordio più precoce di PDD (de Vos, Jansen et al. 1995; Jellinger, Seppi et al. 2002; Ballard, Ziabreva et al. 2006).
Parallelamente al recente lavoro svolto da Bondi e colleghi1 sulla classificazione del MCI (non associato a MP) (Bondi, Edmonds et al. 2014), si può ipotizzare che ad ogni sottotipo di PD-MCI si possano associare prognosi ed evidenze istopatologiche diverse.
Adottando questo tipo di prospettiva, al PD-MCI a singolo dominio attentivo o a singolo dominio esecutivo sarebbe associata un prognosi migliore in quanto i deficit sarebbero prevalentemente ascrivibili al solo malfunzionamento della circuiteria fronto-striatale. Il PD-MCI a singolo dominio mnesico o a multiplo dominio con interessamento della
1 Recentemente Bondi e colleghi (2014) hanno proposto una nuova classificazione del MCI basata
sull’analisi del liquido cerebrospinale (CSF), dei biomarker, delle frequenze alleliche di APOE e sulla valutazione neuropsicologica. Diversamente da quanto proposto da Petersen (vedi Petersen et al., 2008), questi autori hanno evidenziato la presenza di tre diversi sottotipi di MCI (disesecutivo, mnesico e linguistico) che presentano prognosi diverse (sarebbero maggiormente associati rispettivamente a demenza fronto-temporale, AD, afasia progressiva primaria).
memoria mostrerebbe, longitudinalmente parlando, una prognosi peggiore in quanto con più probabilità connesso ad una patologia di tipo Alzheimer. Infine l’impairment delle abilità visuo-spaziali in un soggetto con PD-MCI, cosi come affermato anche da altri autori (vedi Williams Gray et al., 2009), potrebbe essere un indicatore di una marcata diffusione dei corpi di Lewy e di una conversione prossima in demenza.
Considerata l’eterogeneità del disturbo, l’analisi a più livelli del fenotipo cognitivo della malattia nel singolo soggetto risulta fondamentale. Le basi neuropatologiche del declino cognitivo rappresentano dunque un importante elemento per migliorare l’accuratezza prognostica e favorire una presa di decisione motivata riguardo al trattamento farmacologico.