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Gli approfondimenti

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 124-128)

Sezione 6: Comunicazione della partnership tra azienda profit e azienda non profit

5.4 Gli approfondimenti

predominanza è senz’altro della televisione. Gli attori profit e non profit per comunicare la partnership si avvalgono di agenzie pubblicitarie rispettivamente nel 18% e nel 22% dei casi; le ANP fanno più spesso ricorso alla conferenza stampa rispetto alle imprese (60% vs 41%).

Circa nel 70% dei casi ciascun partner ha messo a disposizione dell’altro i propri strumenti di comunicazione. Tuttavia dai focus group anche la comunicazione è risultata un’area da migliorare: da un lato le imprese lamentano una scarsa attenzione alla comunicazione (in termini quantitativi) da parte della ANP partner, dall’altro e ANP lamentano uno scarso supporto in termini di cessione di know how e di strumenti sulla comunicazione da parte delle imprese.

In sintesi l’analisi dello stato attuale delle partnership mostra come lo sviluppo delle stesse sia ancora in una fase embrionale; le aziende si stanno organizzando, ma non sono ancora strutturate per la gestione del processo; la relazione si basa ancora in gran parte su rapporti personali piuttosto che aziendali; e sebbene l’orientamento e l’intenzione sia quella di spingere verso la strutturazione di partnership strategiche, ancora oggi gran parte del processo è ancora tattico e l’approccio di imprese profit e aziende non profit alla partnership è in buona parte eterogeneo.

partnership ..oggi …in tutte le operazioni sociali, da quelle più piccole a quelle più significative si cerca …di strutturare in maniera più intelligente e più coerente con gli obiettivi dell’impresa” e consente all’impresa di assumere un ruolo più attivo, di non solo mero finanziatore di un progetto “abbiamo scelto di dare una priorità a tutte quelle attività che hanno un legame con il business. E perché questo? Perché per il gruppo si rende conto che può far molto per lo sviluppo della società, per cui è meglio enfatizzare tutti quei progetti in cui da nostro corebusiness si può dare un certo valore aggiunto” “quando c’è questa capacità delle associazioni di prendere cose che non sono solo soldi, ma anche competenze che si riferiscono più all’impresa di cui noi portiamo il nome è aver capito ed è avere capacità di andare avanti.” Inoltre il legame con il business favorisce la continuità nella relazione “se l’azienda ha in qualche modo intenzione di fare volontariato di impresa e quindi di coinvolgere i dipendenti e migliorare il clima aziendale o per farli convergere verso un obiettivo sociale e quindi dare molto più valore alla collaborazione reciproca tra azienda e stato, ecco che la continuità ha un valore imprescindibile perché laddove io riesco a dare continuità riesco a dare continuità nella relazione tra dipendente e non profit e riesco a dare più valore” e favorisce il coinvolgimento del management aziendale che non si occupa strettamente di CSR, garantendo continuità e risorse all’iniziativa.

Le imprese risultano più orientate a favorire partnership su iniziative legate al proprio territorio, in quanto a loro avviso generano un maggior coinvolgimento degli stakeholder, in primo luogo dei dipendenti. Ciò costituisce un limite per le aziende non profit, il 72% delle quali non realizza investimenti nella comunità (dato emergente dall’analisi quantitativa), non solo perché riduce il numero di partner potenziali, ma anche perché incide sulla continuità della relazione. Le imprese, infatti, dichiarano che “nel caso di partnership sul territorio non è strategica la continuità, ma è anzi il contrario perché è importante sostenere diverse realtà locali”.

Grafici 25 e 26: continuità della partnership

Rispetto a quest’ultimo punto, ovvero alla continuità della relazione con il medesimo partner, mentre le non profit spingono per partnership durature (graf.32), anche per ragioni di mera convenienza “la continuità non è solo auspicabile, … è più facile e meno dispersivo tenersi un cliente in questi tempi difficili, che prenderne uno nuovo”, le imprese sono maggiormente orientate a modificare i partner (graf.33), in quanto percepiscono una minore efficacia della comunicazione “laddove l’azienda si muove nel contesto del sociale per aver un’

ulteriore occasione di comunicazione ecco che la continuità fa venir meno l’occasione di comunicazione che è di solito un elemento di rottura, di novità”, e ritengono che la continuità possa determinare un minore engagement dei dipendenti“le iniziative sono presentate da dipendenti. ..quindi è importante ottenere relazioni diverse in modo da poter rispondere all’esigenze che di volta in volta emergono dai dipendenti”. Inoltre il legame con una singola ANP viene percepito come poco trasparente e meritocratico “tendenzialmente la nostra impresa non vuole avere dei partner fissi, questa è stata la nostra intenzione fin dall’inizio perché volevamo garantire trasparenza e democraticità di accesso,

per cui si organizzano sistematicamente bandi aperti per dare a tutti la possibilità di rispondere”.

Tuttavia più la partnership è evoluta, più l’impresa percepisce strategica la continuità della relazione: “la partnership strategica invece è più interessata al concetto della continuità” (graf. 27).

Grafico 27

Sono stati successivamente indagati i motivi per i quali la partnership si può interrompere, in particolare le cause si possono così sintetizzare:

(1) cause esterne, macroambientali come ad esempio la crisi economica globale

“c’è la crisi, non abbiamo più le risorse economiche e il personale per rispondere a richieste del genere” o esterne alla relazione, dovuti a cambiamenti organizzativi dell’impresa “in un caso specifico in cui siamo partiti con una campagna che è andata molto bene ma c’è stato un cambio di strategia aziendale, si trattava di una multinazionale che ha smantellato la sede italiana perché hanno portato tutte le decisioni a livello strategico a Londra e quindi …”;

(2) conflitto con i valori/procedure della funzioni di impresa non direttamente coinvolte nel progetto di partnership “se tu non hai il tuo business che funziona bene e……anche se fai della formazione, non puoi fare partnership”,

“non erano ancora così chiari e trasparenti nei processi legati al business, avranno fatto un passo indietro”;

(3) relazioni di uno dei partner con altri soggetti “se vengono a mancare le esperienze personali e il contatto personale si buttano per aria tutte le strategie e le politiche di marketing che ci possiamo inventare”;

(4) difficoltà a misurare il ritorno dell’investimento “la partnership può finire perché l’organizzazione, o associazione no profit …non ha strumenti in corso d’opera per valutare quello che è stato investito, cioè a volte si investe ma poi non si riesce a metter in campo quello che gli è stato dato …”;

(5) incompatibilità dei tempi “I tempi delle imprese sono asincroni rispetto a quelli del non profit”.

Tutte e cinque queste tipologie di cause, comprese quelle esterne, possono essere superate grazie alla cultura e agli strumenti manageriali: se il partner è infatti in grado far percepire la collaborazione come investimento anche il management non direttamente coinvolto può valutare l’opportunità di portare avanti la strategia.

In ultima analisi una visione strategica della partnership e l’investimento in strumenti e competenze adeguate, in particolar modo di tipo manageriale, potrebbero consentire il superamento di questi punti di debolezza nel rapporto tra i partner, rispetto ai quali le affinità culturali al momento risultano più basse.

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 124-128)