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Approfondimento: Louis Vuitton loves Japan: Kusama Yayoy e l’invasione dei pois

Kusama Yayoi.

Dettaglio dell’installazione presentata dall’artista alla Biennale di Venezia nel 1993.

Alcuni pezzi della collezione disegnata da Kusama Yayoi per Louis Vuitton.

L’allestimento dello store di Selfridge’s, a Londra, in occasione del lancio della collezione di Kusama.

Dopo aver collaborato proficuamente con Murakami Takashi per la realizzazione di spot pubblicitari e collezioni di borse al fine di rinnovare il proprio brand, Louis Vuitton, sempre su iniziativa del suo direttore artistico Marc Jacobs, volge nuovamente lo sguardo ad un’altra artista giapponese: Kusama Yayoi.

Il marchio francese ha ormai compreso come l’avvalersi di grandi esponenti dell’arte contemporanea sia un valido aiuto per dar vita a un’operazione di mercato sofisticata: il mercato del lusso, si sa, non conosce crisi, e quello dell’arte si presenta come il migliore in cui investire, in quanto è difficile che un’opera subisca svalutazioni. Un capo d’alta moda inoltre può essere un buon investimento, sicuramente più accessibile rispetto a un’opera d’arte. Da qui nasce l’idea di una collaborazione con l’artista giapponese Kusama, dopo che nel 2006 Marc Jacobs stesso aveva visitato il suo studio a Tokyo, rimanendo impressionato sia dalla sua personalità che dalla sua arte.

Kusama Yayoi nasce nel 1929 a Matsumoto e studia la pittura Nihonga, seguendo un percorso di formazione tradizionale, proprio come farà Murakami. Nel 1958 si trasferisce a New York, desiderosa di conoscere quello che era già a tutti gli effetti il fulcro dell’arte contemporanea. Dal 1959 crea i suoi primi lavori, noti come Infinity

Net: grandi tele lunghe quasi una decina di metri su cui sono dipinte monocromie o

vibranti contrasti a tinte psichedeliche, nate dal paradosso filosofico di voler rappresentare l’infinito entro la superficie arbitraria di una tela. Nel 1967 inizia anche a dar vita a performance provocatorie contro la guerra in Vietnam, dipingendo pois sui corpi degli spettatori o facendoli entrare nelle sue installazioni: stanze interamente decorate con pois e rese infinite con l’ausilio di specchi, dove chi vi si trovava dentro aveva la possibilità di vedere ciò che l’artista dichiarava di vedere. Kusama infatti fin da bambina soffre di allucinazioni: i pois ricoprono qualsiasi superficie, che si tratti di tele, sculture, installazioni o persone. Tale motivo, secondo l’artista, “oblitera” l’oggetto, rendendo la sua funzione secondaria. Non a caso, il suo procedimento artistico viene definito di “auto-obliterazione”: l’artista si immerge nelle sue visioni e fobie e, con finalità quasi “terapeutiche”, dichiara in questo modo di superarle. Nel 1970 torna in Giappone, dove si dedica anche alla scrittura di poesie e romanzi surreali. Nel 1993 espone alla 45° Biennale di Venezia, dove ricrea una sorta di sala degli specchi dove pone anche delle zucche, che diventano un suo alter ego. Ogni superficie è interamente ricoperta di pois, realizzando un’installazione che le fa ottenere un enorme successo. I lavori di questa visionaria artista sono esposti nei più illustri musei del mondo, come il Museum of Modern Art di New York, la Tate Modern a Londra e il National Museum of Modern Art a Tokyo.

Quando avviene l’incontro tra Jacobs e l’artista giapponese, questa ha bisogno di uno sponsor per la sua mostra presso la Tate Modern a Londra, e il successivo trasferimento della stessa al Whitney Museum di New York. Così Jacobs, coadiuvato dal consulente artistico nonché curatore della maison Mikaeloff, la ingaggia per un progetto che inizialmente prevedeva la customizzazione da parte dell’artista di sei classici modelli di borse, iniziativa che ben presto divenne di portata assai più ampia. Il 10 luglio 2012 infatti, viene lanciata quella che tuttora viene riconosciuta come la più grande collaborazione del brand, che ottiene immediatamente popolarità e successo. I caratteristici pois dell’ormai ottantaquattrenne Kusama invadono non solo le borse Louis Vuitton, ma anche i capi d’abbigliamento, gli occhiali da sole, ogni

tipo di accessorio, scarpe, gioielli e foulard. I pezzi forti della collezione sono rappresentati da una linea di borse, che riprendono i modelli più iconici sui quali però la classica tela monogram viene sostituita con la Monogram Vernis Dots Infinity, dove compaiono colorati pois sullo sfondo che solitamente presentava solo il monogramma LV. Altre borse hanno invece subito un restyling ancora più fantasioso: i manici, la parte superiore e il fondo sono stati realizzati in pelle verniciata Dots

Infinity, mentre la parte centrale si presenta in nylon Monogram. Non sono esclusi gli

articoli di piccola pelletteria quali portafogli, pochettes e portamonete che oltre ai

pois si ritrovano ricoperti di zucche e nervi biomorfici, gli altri motivi che

caratterizzano le opere di Kusama. Lo stesso avviene per i restanti accessori: bracciali a modello bangle, scarpe decolté e ballerine, nonché teli mare, parei e foulard. In un articolo del 9 luglio 2012, scritto da Ella Alexander per la celebre rivista di moda

Vogue UK, i capi d’abbigliamento della collezione presentati già come i più

desiderati sono: un vestito giallo a vita alta con gonna a balze, ricoperto di grandi

pois neri, pantaloni a modello pinocchietto rossi e neri, i classici cappotti trench e le

sciarpe in seta, totalmente ricoperti dagli ormai celeberrimi pallini.

Da una foto riportata dalla rivista W Magazine notiamo che, anche per quanto riguarda la scelta del testimonial, nulla è lasciato al caso. L’attore George Clooney infatti, siede su una sedia, appoggia il braccio sinistro sul tavolo che ha a fianco e indossa un completo. Giacca, pantaloni, e ogni superficie della stanza, oggetti compresi, sono neri ma letteralmente tempestati di pois bianchi. L’esatto opposto avviene per la camicia che Clooney indossa sotto la giacca, che è bianca a pois neri. La foto è particolarmente d’effetto poiché a livello cromatico i capelli sale e pepe dell’attore, tratto distintivo del suo look, ben si amalgamano con il bianco e il nero, unici colori ̶ anzi, non colori ̶ , in essa presenti.

A livello di visual merchandising, in 460 negozi di ben 64 nazioni, le vetrine sono state tappezzate di pois da cima a fondo, con al loro interno opere dell’artista e, in alcuni casi, perfino di statue di cera a grandezza naturale dell’artista stessa.

Emblematico è il caso del department store di Selfridge’s a Londra, che ha allestito ben 24 vetrine a tema, oltre che aver sostituito le bandiere sul tetto con stendardi rossi a pois bianchi. È stato inoltre creato un pop-up shop temporaneo dove vendere la collezione, collegato alla boutique ufficiale di Vuitton tramite un sentiero di pois rossi al cui ingresso, sopra l’entrata principale, si ergeva una statua in cera di Kusama Yayoi. Oltre all’esempio londinese, sono stati ideati altri sei concept store47, tra cui uno Parigi e uno a Tokyo.

47

Punto vendita che si differenzia rispetto all’esperienza tradizionale del negozio, sia dal punto di vista gestionale, sia merceologico che architettonico. L’obiettivo è infatti quello di allestire un’esperienza di esplorazione e scoperta da parte del cliente attraverso molteplici suggestioni, derivanti sia dai prodotti venduti, sia dalla struttura del negozio in sé. In questo modo si cerca di prolungare la permanenza del cliente all’interno, poiché più tempo vi si passa dentro, maggiore sarà la possibilità di acquisto.