• Non ci sono risultati.

(1992; ferro, acciaio inossidabile, otturatore, lampada al mercurio, fonditore, ruote, ventilatore, flash; 350 x 480 x 250 cm)

Sea Breeze è un’installazione composta da una teca trasparente in cui sono disposti

circolarmente fari spot dinanzi a Time Bokan18, altra opera dell’artista facente parte

dell’omonima serie, che raffigura un teschio bianco su fondo rosso. Le luci spot abbaglianti intorno a questa immagine, palese riferimento al tema della morte, simulano la luce paralizzante del fungo atomico. Il disastro nucleare è ovviamente connesso alla guerra, argomento di costante riflessione per Murakami, che di lì a poco comincerà ad aprirsi alla cultura americana ̶ e occidentale in genere ̶ , senza però dimenticare la terribile situazione del Giappone del dopoguerra, dalla quale il Paese si è dovuto riprendere.

Questo lavoro presenta alcune analogie con l’installazione In & Out of Love di Damien Hirst19 presentata a Woodstock Street a Londra nel 1991, costituita da tele

18

Per l’analisi completa di quest’opera, si faccia riferimento al paragrafo che le viene dedicato in seguito.

19

Artista inquadrabile nella corrente Posthuman, di cui tratterò nel paragrafo dedicato all’opera Inochi.

dipinte interamente di bianco su cui venivano intrappolate migliaia di farfalle, attraverso un composto creato dall’artista costituito da fiori, acqua, zucchero e uova. Nella seconda tela dell’installazione, l’artista componeva con le farfalle ormai senza vita dei disegni; il significato di questo lavoro è una riflessione sul momento di trapasso dalla vita alla morte che qui, proprio come avviene in Giappone, si è voluto monumentalizzare. Murakami deve ancora compiere il suo soggiorno a New York20, ma nonostante ciò è interessante notare come si avverta già in un contesto occidentale l’esigenza di ritrovare una qualche forma di spiritualità, di fronte ad una società che perde sempre più di vista i suoi valori. Non sarà quindi solo l’artista giapponese a lasciarsi influenzare in futuro dall’arte contemporanea anglosassone, bensì anche diversi elementi di natura orientale saranno assorbiti dagli artisti occidentali.

Miss ko

2

Miss ko2: versione rossa.

20

Murakami partirà per New York nel 1994; per ulteriori approfondimenti, si rimanda alla biografia dell’artista.

Miss ko2: versione rosa (fronte e retro).

(1997; colori a olio, acrilico, fibra di vetro e ferro; 187,9 x 88,9 x 6,3 cm)

Miss ko2, il cui primo schizzo risale al 1996, durante il suo soggiorno a New York, quando ancora l’artista non era ancora conosciuto, è una statua in fibra di vetro che rappresenta una ragazza dai lunghi capelli biondi e dai grandi occhi verdi. Il soggetto indossa un vestitino succinto, che lascia scoperte le gambe lunghissime, così tanto da non rispecchiare affatto le proporzioni tradizionali, proprio come il busto, decisamente minuscolo, e il seno procace. Risulta evidente l’ispirazione alle eroine di manga e anime: infatti, la giovane ricorda molto nell’aspetto Sailor Moon. L’abbigliamento, invece, è la rivisitazione delle divise della catena di ristoranti hawaiano- giapponese “Anna’s Miller”. Miss ko2 appare quindi come la versione otaku delle cameriere sui pattini a rotelle, simbolo dell’allegria e della spensieratezza lavorativa che l’America voleva far propria negli anni ’50. Nell’opera sono evidenti reminescenze pop nell’uso dei colori acrilici, tutti molto accesi, come il giallo per i capelli e il rosso (o rosa confetto, nell’altra versione della statua) coi dettagli bianco-candido della divisa. Le scarpe, tuttavia, sono più adatte a una diva che a una cameriera. Da questo

particolare si evince che Murakami, oltre alla cultura pop americana, intende far riferimento anche alla società giapponese, di cui smaschera le fantasie più intime.

La cultura giapponese ha uno stampo maschilista, ma nel contesto attuale vede profilarsi un nuovo tipo di donna, non più sottomessa alla figura maschile, bensì emancipata a livello sociale. L’uomo, comprendendo che di non avere più l’autorità che un tempo gli veniva normalmente conferita, continua a desiderare la donna “tradizionale”, ovvero la shojo, metà donna e metà bambina, fisicamente attraente ma al contempo remissiva, dicotomia che Miss ko2 incarna alla perfezione. Tuttavia, l’artista offre uno spunto di riflessione anche circa il desiderio comune tra le ragazze di essere belle, alte, magre e conformi a quei canoni inarrivabili che la società impone.

Hiropon

L’opera vista frontalmente (foto a sinistra) e di lato (foto a destra).

Hiropon è una scultura molto cara all’artista, tanto che darà lo stesso nome

alla sua azienda ̶ la Hiropon Factory appunto ̶ , che resterà tale fino al 2001. Hiropon raffigura una ragazza dalle lunghe gambe affusolate e i capelli azzurri (o rosa, dipende a quale delle tre versioni ci si riferisce) raccolti in due codini. Il suo corpo sarebbe completamente nudo, se non fosse per il reggiseno di un bikini all’americana che indossa. Dai suoi capezzoli esce del latte, che crea un nastro circolare,il quale sta a indicare che l’opera va fruita a tutto tondo, ovvero a 360 gradi. Il soggetto si ispira a un dojinshi21, il cui autore è noto come “Floppy Disc” e incarna un misto di dolcezza e perversione. Il titolo è preso da un termine slang giapponese, e indica i cristalli di metanfetamina, un additivo stimolante usato dopo la Seconda Guerra Mondiale fino al 1952, anno della sua messa al bando. Il riferimento è, chiaramente, al senso di vuoto lasciato dalla guerra nel Giappone sconfitto, ma anche al legame tra la cultura otaku e le forme illecite di divertimento, oltre che al rapporto arte e droga, da cui però Murakami ha sempre preso le distanze. L’artista per quest’opera trae spunto anche da La Grande Honda di Kanagawa di Hokusai (1830- 31) e da

The Old Plum di Sansetsu Kano (1965) per quanto riguarda lo sfondo

davanti il quale colloca le opere durante l’esposizione. Egli utilizza quattro pannelli di colore pastello, rosa e celeste, su cui è presente uno schizzo biancastro, denominato “milk”, o grigiastro, chiamato “cream”.

21

Una dojinshi (da dojin “persone con lo stesso interesse” e shi “rivista”) è una rivista giapponese pubblicata in proprio, il cui contenuto è solitamente riferito ai generi

anime e manga, ma esistono dojinshi riguardanti anche videogiochi e telefilm.

Vengono per la maggior parte pubblicati da amatori, ma non mancano anche artisti affermati che sfruttano questo canale come alternativo per pubblicare i loro lavori. Per ulteriori approfondimenti, si rimanda al capitolo “Il fenomeno degli otaku”.