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Approvvigionamento, produzione e distribuzione

2. Fase di produzione dei vaccini anti Covid-19

2.5 Vaccino Astrazeneca:Overview

2.5.1 Approvvigionamento, produzione e distribuzione

virus per produrre una molecola del vaccino finale. La produzione in bioreattori riduce potenzialmente il rischio di contaminazione incrociata e migliora la sicurezza biologica del processo. Parametri nevralgici come il pH e la temperatura, sono costantemente controllate per garantire che la crescita avvenga a un ritmo ottimale.

Successivamente, una serie di passaggi di filtrazione e cromatografia permette di purificare il farmaco, che viene poi combinata con tamponi per ottenere una formulazione finale.

Quando le cellule produttrici raggiungono una fase di crescita tale da contenere la

concentrazione di particelle virali richiesta, il vaccino a vettore virale viene raccolto e le cellule vengono aperte utilizzando una sostanza chimica per rilasciare il vaccino. La coltura viene poi sottoposta a una serie di fasi di filtrazione per rimuovere i detriti cellulari, seguita da una serie di processi di filtrazione per migliorare la resa e la qualità del prodotto vaccinale. In questa fase, una parte del campione può anche essere rimossa per creare un altro lotto di stock di lavoro del vaccino vettoriale. Successivamente, viene applicata una cromatografia per purificare

ulteriormente il prodotto. Dopodiché, come del resto avviene per tutti gli altri vaccini, avviene la fase di riempimento delle fiale, l’etichettatura e il confezionamento. Il riempimento di ciascun flacone prevede 8 o 10 dosi da 0,5 ml ciascuna.

Lungo tutto il processo di produzione vengono naturalmente effettuati test approfonditi su ogni lotto per garantire coerenza e qualità. L’azienda è poi responsabile del trasferimento tecnologico ai partner e fornisce supporto e guida tecnica lungo la filiera logistica e oltre a questo sono condivisi gli strumenti e i metodi analitici per effettuare in maniera standardizzata i test di qualità necessari durante tutto il processo di produzione e fondamentali per il rilascio del prodotto sul mercato. In totale, vengono eseguiti oltre 60 test per lotto per garantire gli standard di sicurezza, purezza ed efficacia. In particolare, l’azienda ha adottato diverse piattaforme tecnologiche, ad esempio una tecnica di sequenziamento per verificare che il vettore porti il codice genetico della proteina spike oppure una tecnica di cromatografia liquida ad alta

pressione per valutare la purezza del vaccino. Di produzione ripetibile che assicura un prodotto di alta qualità in tutta la nostra catena di fornitura.

Per scalare la produzione e pianificare attentamente la fase di approvvigionamento, l’azienda ha avviato la collaborazione con più di 20 partner in più di 15 paesi differenti, potendo contare sulla disposizione di più di 20 siti per effettuare le attività di test e produzione. AstraZeneca ha

pertanto deciso di adottare un sistema di coordinamento di più CDMO in una rete globale di supply chain piuttosto che sfruttare le proprie strutture operando come un’azienda farmaceutica integrata. Essendo scevra di competenze e esperienza nella distribuzione su larga scala,

AstraZeneca e l’Università di Oxford hanno contattato in prima istanza la multinazionale Merck con sede negli Stati Uniti. I negoziati, secondo quanto riferito, sono tuttavia naufragati per diverse ragioni, comprese le preoccupazioni del governo britannico di legare il vaccino esclusivamente con una società statunitense, data la politica “America First”

dell’amministrazione Trump. A partire dal giugno 2020 sono andate in porto le prime trattative commerciali: alla Symbiosis Pharmaceutical e alla CP Pharmaceuticals sono stati affidati la fase di fill and finish nei relativi stabilimenti in Scozia e in Galles, per la produzione su scala

commerciale, è stato scelto come partner Cobra Biologics UK. Questa catena di

approvvigionamento centrata sul Regno Unito, è stata parzialmente facilitata dal governo, ma come anticipato, AstraZeneca si è adoperata per creare una rete logistica globale nonostante le difficoltà nel sostenere la propria catena di fornitura, visto un framework politico di tensioni soprattutto con gli ex partner europei e la politica vaccinale fortemente nazionalista degli USA.

In quest’ottica rientrano i contratti stipulati con numerose aziende globali durante la seconda parte del 2020 (Figura 14): negli Stati Uniti, nonostante la mancata autorizzazione da parte del FDA, è stato avviato un accordo con Catalent per la produzione un impianto nel Maryland, mentre la fase di riempimento e finitura dei vaccini prodotti è stata eseguita in Ohio, nell’unico stabilimento di AstraZeneca scelto per sostenere la fornitura globale; in Europa è stata avviata una rete logistica che comprende l’impianto belga della francese Novasep controllata da Thermo Fisher per la fase di formulazione e lo stabilimento olandese della Halix sempre per la fase produttiva, mentre la fase di fill and finish è stata affidata a IDT Biologika in Germania e a Catalent che ha accettato di utilizzare il suo impianto ad Anagni Italia; in America Latina, il vaccino viene prodotto in Argentina (da mAbxience), con riempimento e finitura in Messico, parzialmente finanziato dalla Fondazione Carlos Slim; con Siam Bioscience è stata avviata una partnership per produrre il vaccino per la Thailandia e altri paesi del sud-est asiatico; per il mercato cinese, Shenzhen Kangtai ha avviato un aumento della capacità di produzione annuale di 100 milioni di dosi; in Australia, la CSL ha prodotto il farmaco in un impianto a

Broadmeadows ed eseguedo la fase di riempimento e finitura a livello locale in un impianto a Parkville; la giapponese JCR Pharmaceuticals Company ha avvitato la produzione di vaccini in un impianto di nuova costruzione a Kobe, mentre la fase di riempimento e finitura è stata affidata alla Daiichi Sankyo e la KM Biologics.

La distribuzione negli stati acquirenti rientra, come per gli altri vaccini, in un meccanismo di coordinamento con lo stato di destinazione. La spedizione più semplice è naturalmente quella relativa al Regno Unito, dove sono situati i principali stabilimenti dell’azienda. La fase è gestita

dai distributori locali della Public Health England (agenzia governativa che si occupa di protezione della salute pubblica), che a partire dallo stabilimento di finitura di Wrexham in Galles, partizionano i vaccini da consegnare sulla base del fabbisogno dei territori locali calcolato dal Comitato congiunto indipendente del Regno Unito per la vaccinazione e

l’immunizzazione e inviano direttamente alle strutture ospedaliere, agli studi medici e ad altre strutture di assistenza sanitaria. Per quanto riguarda l’Europa, la fase distributiva è stata affidata a DHL

Figura 14: Stabilimenti e partner coinvolti nella produzione dei vaccini Janssen [48]

A livello di gestione della catena del freddo, il vaccino AstraZeneca è quello che presenta i requisiti meno stringenti. Infatti, viene conservato a 2-8°C con una durata massima di 6 mesi, in normali frigoriferi lungo tutta la fase logistica, dallo stoccaggio nel centro di produzione fino ai centri vaccinali prima della somministrazione e una volta tolto dal frigorifero, può essere conservato a una temperatura compresa tra 2 e 25°C per un massimo di 6 ore. Questo aspetto risulta particolarmente vantaggioso per quei paesi a basso reddito che generalmente hanno infrastrutture limitate e capacità di stoccaggio standard [48], [58], [59].

2.5.2 CRITICITÁ

La produzione del vaccino AstraZeneca è stata caratterizzata da molte vicissitudini. La prima emergenza affrontata ha coinvolto la partnership con il Serum Institute of India (SII), il più grande produttore di vaccini nel mondo prima della pandemia. Nel giugno 2020, AstraZeneca e SII avevano firmato un accordo, sostenuto finanziariamente anche dal CEPI e da Gavi, con cui l’azienda indiana si impegnava a partecipare al programma COVAX, assicurando di fornire 400 milioni di dosi del vaccino Covishield.

Nonostante le pianificazioni effettuate, il SII non è riuscita a garantire il target promesso a causa di diversi fattori. Tra questi si registra l’incendio avvenuto il 21 gennaio 2021 nella struttura di SII a Pune che ha fermato la produzione per diverso tempo e ha causato infine la rottura dei contratti d’acquisto di Brasile, Marocco e Arabia Saudita. Oltre a cause di forza maggiore, anche SII si è lamentata del collo di bottiglia nella fase a monte, che ha impedito di poter accedere immediatamente alle giuste quantità di input necessari, questo dovuto sia alle restrizioni di acquisto imposte dal governo indiano per bilanciare le esigenze del mercato interno sia alle restrizioni globali sempre in un’ottica di equilibrio delle richieste del resto del mondo. A questo si sono aggiunte le notizie poco rassicuranti sulla sicurezza ed efficacia del farmaco, con diverse sospensioni di lotti in vari paesi europei durante la primavera 2021, che hanno determinato significativamente la contrazione degli ordini, inducendo il SII a disinvestire nell’aumento di capacità produttiva. Le numerose interruzioni nella catena logistica hanno prodotto notevoli ritardi nelle campagne vaccinali dei paesi coinvolti nella distribuzione del vaccino tant’è che Gavi è stata costretta a comunicare ai paesi destinatari del programma COVAX una fase di stallo da parte del SII il 25 marzo seguito qualche giorno dopo da una sollecitazione legale da parte del partner AstraZeneca per i ritardi nella consegna del vaccino.

Una seconda catena di approvvigionamento che ha compromesso la distribuzione per

AstraZeneca ha riguardato la produzione negli Stati Uniti affidata ad Emergent BioSolutions, con il finanziamento del governo americano nell'ambito dell’OWS. L’accordo, inizialmente limitato alla produzione di dosi sperimentali da utilizzare nella ricerca clinica, si è esteso per la produzione commerciale. Come anticipato in precedenza sono stati rilevati a partire dal marzo 2021, problemi di controllo della qualità presso l'impianto di Emergent, a causa anche della produzione incrociata con i vaccini Janssen. La mancata osservazione della corretta

fabbricazione ha portato allo scarto di decine di milioni di dosi. In seguito allo scandalo, il governo americano è intervenuto per affidare l’intero funzionamento dell'impianto Emergent per

la produzione del solo vaccino Johnson & Johnson, estromettendo quindi Astrazeneca. Questo inconveniente, pur non essendo stata la reale motivazione della mancata autorizzazione all’uso emergenziale, ha impattato sul lancio del vaccino negli Stati Uniti e l’interruzione della

produzione nei giorni successivi ha impedito l'esportazione delle dosi, ritardando la campagna vaccinale di paesi poveri che necessitavano di partire al più presto.

Pure sul fronte europeo ci sono stati molte impasse, appesantite anche dagli strascichi del post-Brexit.

Il primo segnale di conflittualità di fra le due controparti è avvenuto il 22 gennaio 2021, quando la società ha informato Bruxelles di aspettarsi dei ritardi nelle consegne. La rapida campagna di vaccinazione che era in corso in Gran Bretagna grazie alla massiccia somministrazione di vaccini Astrazeneca e il contesto politico non facile alimentarono i sospetti della Commissione europea sulle reali capacità di adempimento contrattuale dell’azienda. Sono quindi state

effettuate delle ispezioni nello stabilimento belga della Novasep e dalle indagini interne è poi emerso che le mancate consegne erano da imputare al basso rendimento di produzione. Temendo la carenza di forniture e materiale necessario proveniente dall’Europa, il Regno Unito ha cercato di potenziare e avviare altre collaborazioni per dosaggi aggiuntivi del proprio vaccino e facilitato il quadro regolatorio, portando per esempio alla rapida autorizzazione da parte del MHRA dell’uso dei vaccini Covishield prodotti da SII in India. In base al contratto di acquisto siglato con la Commissione europea, AstraZeneca si era impegnata a consegnare in tutto 300 milioni di dosi di vaccino tra dicembre 2020 e giugno 2021, tuttavia, alla fine di marzo aveva consegnato solamente 30 delle 120 milioni di dosi pattuite e aveva previsto di consegnarne solo 70 delle 180 milioni rimanenti entro la fine di giugno. La Commissione europea alla fine ha deciso di non rinnovare un ulteriore contratto di acquisto e ha iniziato un proprio braccio di ferro legale per i mancati adempimenti contrattuali. A settembre si è poi arrivati ad una definitiva conclusione della causa legale che aveva avanzato a fine aprile per via del mancato rispetto dei tempi di consegna. L’accordo raggiunto prevede la consegna entro marzo del 2022 delle circa 200 milioni di dosi del vaccino che rimangono nel contratto firmato nel 2020. Di queste, 135 milioni

dovrebbero arrivare entro la fine del 2021. I casi sospetti per i coaguli di sangue segnalati nel primo semestre 2021, le evidenti difficoltà logistiche dell’azienda che hanno causato gli inadempimenti contrattuali, così come l'esistenza di alternative più efficaci come Moderna e Pfizer, hanno contribuito a ridurre gradualmente l’uso del farmaco in Europa. La Tabella 7 riassume le criticità pocanzi evidenziate [48], [58].