CAPITOLO 3 – Le impugnazioni dei lodi arbitrali di lavoro
7. Arbitrato irrituale e ammissibilità della tutela cautelare
Oggi non vi è più alcun dubbio circa l' ammissibilità della tutela cautelare in presenza di un accordo per arbitrato irrituale o laddove un arbitrato di tale tipo sia già pendente: nonostante che tale aspetto sia stato completamente trascurato dal legislatore del d. lgs n. 40 del 200688 – l' articolo 808 ter c.p.c infatti rimane del tutto muto su
tale questione – la norma che dobbiamo prendere a riferimento per affrontare il nodo della tutela cautelare laddove la controversia sia compromessa in arbitri non rituali, è l' articolo 669 quinquies c.p.c89.
88 E tale inerzia si riscontra nonostante quello che era il criterio direttivo contenuto nella legge delega n. 80/2005 in base al quale in presenza di patto compromissorio comunque denominato doveva farsi salva la possibilità di fruire della tutela cautelare. In proposito è stato segnalato in dottrina che il legislatore ha perso l' occasione per disciplinare e coordinare il rapporto fra arbitrato irrituale e procedimento cautelare innanzi al giudice statale.
89 Art 669 quinquies. Competenza in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale. Se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri anche non rituali, o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice
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Nell'ipotesi di compromissione in arbitrato irrituale, dall'univoco testo dell'articolo 669 quinquies c.p.c, infatti emerge la figura del giudice astrattamente competente a conoscere del merito, reso in concreto incompetente dalla convenzione arbitrale: compromessa in arbitri non rituali la controversia, a tale giudice residuano poteri esclusivamente cautelari.
Dunque evidentemente vanno abbandonati quegli inutili allarmi di parte di dottrina e giurisprudenza con cui si gettavano ombre sulla concedibilità della tutela cautelare in presenza di un accordo arbitrale di tipo irrituale : ora , a seguito dell'aggiunta delle parole “ anche non rituali” all'articolo 669 quinquies c.p.c ad opera del D.L n. 35/2005 (convertito a sua volta nella L. n. 80/2005), sulla possibilità di ricorrere alla tutela cautelare anche se si è sottoscritta una clausola compromissoria per arbitrato irrituale o se una procedura arbitrale di tale tipo è già pendente, non possono più sussistere dubbi.
La norma in esame tuttavia lascia aperto un problema tutt'altro che secondario, rappresentato da come vadano articolati in termini di strumentalità i rapporti intercorrenti fra un provvedimento cautelare avente natura giurisdizionale e una pronuncia di merito a cognizione piena di carattere negoziale: fra i due provvedimenti infatti resta una irriducibile disomogeneità che impedisce il normale funzionamento del meccanismo di strumentalità.
Di fronte a tale disomogeneità fondamentalmente all'interprete non rimane che prendere atto di un elemento di novità introdotto dal legislatore della riforma, rappresentato dal fatto che il giudizio di merito nel cui ambito è richiesta la misura cautelare, può anche essere rimesso ad arbitri irrituali.
Da ciò consegue che ai fini della strumentalità che qui ci interessa, deve esserci equivalenza fra una sentenza del giudice togato ed un lodo avente natura negoziale, equivalenza che deve però essere realizzata tenendo conto del fatto che l' accertamento pieno e quello
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sommario sono entità fra loro disomogenee e che bisogna spiegare “se” e “in che modo” il primo prevalga sul secondo.
A proposito del “se“ non dovrebbero esserci dubbi, dato che è la legge a creare i presupposti per detta prevalenza, consentendo che la misura cautelare si inserisca in una procedura a carattere negoziale e conservando il meccanismo della strumentalità. Di conseguenza il lodo irrituale dovrebbe essere di per sé idoneo ad incidere sul provvedimento cautelare, senza bisogno di ottenere una pronuncia confermativa del giudice togato.
Quanto invece alle modalità tramite le quali si può ottenere, in concreto, il raccordo tra misura cautelare e merito, per quel che riguarda la pronuncia di accoglimento, la sostituzione dell'accertamento pieno negoziale a quello sommario cautelare discende dalla logica del sistema e dal trovarsi l' interprete con una normativa che gli impone di garantire il diritto alla cautela in presenza di un arbitrato irrituale.
Per quanto riguarda invece il lodo che dichiara l' inesistenza del diritto cautelato, il raccordo può essere ricavato facendo riferimento all'articolo 669 novies c.p.c il quale consente che la pronuncia che accerta l' inesistenza del diritto cautelato sia il presupposto per l' ordinanza o la sentenza che dichiara l' inefficacia del provvedimento cautelare e dà le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente, presupposto che può essere individuato anche quando la pronuncia di rigetto non ha forza di giudicato poiché ha natura negoziale.
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8. L'impugnazione del lodi emessi all'esito delle procedure arbitrali introdotte dal “Collegato Lavoro”
8.1 Segue. Impugnazione del lodo emesso ai sensi dell'articolo 412 c.p.c
All'articolo 412 c.p.c il legislatore ha stabilito che “il lodo emanato a conclusione dell'arbitrato produce tra le parti gli effetti di cui all'articolo 1372 e all'articolo 2113, comma4 c.c. Il lodo è impugnabile ai sensi dell'articolo 808 ter”.
Dunque emerge in maniera chiara che al provvedimento finale è attribuita l' efficacia di una determinazione contrattuale e che non può essere impugnata al pari delle rinunzie e transazioni sui diritti inderogabili dei lavoratori, ma è governato da una maggiore stabilità.
La non annullabilità del lodo ai sensi dell'articolo 2113 c.c non ne esclude però la controllabilità per altra via: il legislatore impedisce solo che la decisione arbitrarle possa essere posta nel nulla da parte del lavoratore con “qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale” entro sei mesi.
Per far valere i vizi del lodo l' articolo 412 c.p.c prevede che “ il lodo è impugnabile ai sensi dell'articolo 808 ter c.p.c “, dunque la disposizione generale a cui si dovrà fare riferimento, in caso di lacune della disciplina dettata dal legislatore per gli arbitrati di lavoro, è la norma generale in materia di arbitrato irrituale.
Ciò non deve stupire considerando che , come abbiamo dimostrato nel capitolo precedente, fra gli articoli 412 e ss c.p.c e l' articolo 808 ter c.p.c esiste un rapporto di genus ad speciem con la conseguenza che ogniqualvolta si riscontri un profilo non regolato dalla disciplina speciale, sarà possibile integrare la stessa con quella generale, nei limiti di compatibilità.
In realtà nelle prime stesure del disegno di legge sul collegato lavoro era previsto all'ultimo comma dell'articolo 412 c.p.c che il
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lodo fosse impugnabile ex articolo 808 ter c.p.c, “anche in deroga all'articolo 829, comma 4 e 5 , se ciò è stato previsto nel mandato”. Una simile previsione poteva far sorgere il dubbio che, in mancanza di diversa espressa opzione delle parti, la decisione arbitrale fosse impugnabile con il mezzo di censura riservato al lodo rituale: in questo modo evidentemente era difficile attribuire natura irrituale agli arbitrati in esame ed inoltre il richiamo all'articolo 808 ter c.p.c poteva assumere solo la funzione di individuare una alternativa per le parti che avessero previsto nel mandato una deroga all'articolo 829 c.p.c .
Oggi il richiamo alla impugnazione del lodo rituale è venuta meno, ed è rimasta quindi un' unica norma cui si rinvia per individuare le modalità di censura delle decisioni arbitrali e cioè l' articolo 808 ter c.p.c .
Va però rilevato che il richiamo all'articolo 808 ter c.p.c contenuto nell'articolo 412 c.p.c non è tuttavia assoluto dal momento che la struttura dell'impugnazione prevista per il primo è diversa da quella prevista dal legislatore all'articolo 808 ter c.p.c.
In particolare per quel che concerne la competenza il legislatore del 2010 ha scelto una soluzione promiscua, che costituisce una linea intermedia tra l' impugnativa del lodo rituale e l' impugnativa del lodo irrituale.
Come è noto in presenza di un lodo rituale l' impugnativa per nullità è devoluta in grado unico alla Corte d' Appello; l' impugnativa del lodo irrituale invece è devoluta al tribunale nell'ambito di un giudizio ordinario di primo grado.
Ebbene quando il lodo irrituale ha ad oggetto controversie di lavoro, l' impugnativa viene devoluta al tribunale del lavoro quale giudice unico. Competente per territorio è il tribunale del luogo nel quale ha sede l' arbitrato e l' impugnazione è retta dai principi del processo del lavoro: il ricorso introduttivo deve essere depositato entro trenta giorni dalla intervenuta notifica del lodo, rimanendo del tutto irrilevante la comunicazione effettuata dal collegio.
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Dunque il richiamo da parte degli articoli 412 e 412 quater c.p.c all' articolo 808 ter c.p.c consente di individuare non tanto le modalità di svolgimento della procedura di impugnazione del lodo, quanto piuttosto i motivi di doglianza che possono essere fatti valere contro la decisione arbitrale.
Detto in atri termini, dal momento che, tanto il giudice competente ( “decide in unico grado il tribunale in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato“), quanto le modalità di proposizione dell'impugnazione ( “il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo”) sono già specificatamente dettagliate nei nuovi articoli, il rinvio alla disciplina dell'arbitrato libero contenuta nel libro IV del codice di rito va limitato all'indicazione dei motivi di annullabilità. In particolare quindi il lodo potrà essere impugnato per: vizi del patto compromissorio; mancato rispetto dei limiti oggettivi di esso, a cui non è estranea neppure la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato tradotta nel vizio di ultrapetizione, purché l' esorbitanza del lodo rispetto alle conclusioni delle parti sia sollevata nel corso del procedimento arbitrale e , conseguentemente, oggetto di pronuncia, così che la mancata eccezione sana il vizio del lodo ex ante; violazione delle forme e dei modi di nomina degli arbitri stabiliti convenzionalmente dalle parti; incapacità legale di agire di chi ha ricevuto il mandato ad arbitrare; disattenzione da parte degli arbitri delle regole pattizie imposte come condizione di validità del lodo, così di fatto ampliandosi in modo indefinito lo spettro dei motivi di impugnazione del lodo; infine per qualsiasi tipo di negazione, purché concreta, del principio costituzionale del contraddittorio che abbia avuto effettive ripercussioni sul diritto di difesa della parte e quindi sull'esito della decisione.
Essendo dunque il richiamo all'articolo 808 ter c.p.c limitato ai motivi di doglianza che possono essere fatti valere contro il lodo emesso ai sensi dell'articolo 412 c.p.c, ne deriva che anche in
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ambito laburistico si ripropongono gli stessi problemi interpretativi sollevati dall'articolo 808 ter c.p.c ed in particolare la questione della tassatività o meno dei motivi di impugnativa ivi elencati: inoltre per quel che concerne l' impugnazione dei lodi di lavoro il tema si arricchisce per il richiamo, contenuto nell'articolo 412, 4°comma, all'articolo 2113 c.c .
Come abbiamo visto analizzando l' articolo 808 ter c.p.c la dottrina prevalente opta per la non tassatività ed esclusività dei motivi elencati dalla disposizione , ammettendo in particolare che il lodo pronunciato ai sensi della norma in questione possa essere impugnato anche per i motivi di doglianza basati sulle norme sostanziali inderogabili, nonché su quelle che non sono coperte dall'inoppugnabilità sancita dall'articolo 2113, 4° comma c.c, o sui principi generali dell'ordinamento ( in caso di giudizio equitativo) , o ancora su quelli che regolano la materia , ed anche su quelli processuali dettate dagli articoli 412 e 412 quater c.p.c se ed in quanto si dovessero considerare inderogabili90.
8.1.2 La richiesta di decidere secondo equità: conseguenze in sede di impugnazione.
Degna di nota è anche l'esplicita autorizzazione delle parti a richiedere una pronuncia secondo equità. È opinione comune ed assodata che l' equità non possa disattendere le norme inderogabili di legge ed è noto che in materia di lavoro è inderogabile la stragrande maggioranza delle disposizioni , dunque nelle liti di lavoro il criterio equitativo non può avere un grande spazio applicativo. Inoltre gli arbitri, nel decidere secondo equità devono comunque rispettare i principi generali dell'ordinamento ed i
90 Anche se tale questione non vi è unanimità di pensiero, ad esempio Borghesi, L' arbitrato ai tempi del collegato lavoro, 2010, in www.judicium.it , § 9,ritiene che le norme processuali dettate dagli articoli 412 e 412 quater c.p.c non debbano considerarsi inderogabili , fatta eccezione per il termine massimo per l' emanazione del lodo previsto all'articolo 412 c.p.c .
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principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.
Quali ricadute può avere questo disposto in sede di impugnazione del lodo ai sensi dell'articolo 808 ter c.p.c?
Bisogna distinguere a seconda che vengano in gioco norme inderogabili o meno.
Se non vengono in gioco norme inderogabili, il lodo è impugnabile, in virtù del n. 4 del comma 2° dell'articolo 808 ter c.p.c, lamentando in ipotesi che gli arbitri non si siano attenuti al criterio di valutazione imposto loro dalle parti, e questo nei trenta giorni indicati dal comma 4° dell'articolo 412.
Se invece vengono in gioco norme inderogabili il complesso impianto normativo fa emergere una contraddizione. Volendo applicare, puramente e semplicemente, i principi che valgono nell'ambito dell'articolo 808 ter c.p.c, si dovrebbe escludere ogni sanatoria per un lodo che si pone in contrasto con dette norme, perché l' articolo 808 ter c.p.c si occupa come abbiamo visto solo di motivi di annullabilità del lodo e non anche dei motivi di nullità tra i quali spicca appunto anche la contrarietà a norme imperative91. Tuttavia all'articolo 412 c.p.c viene richiamato anche il comma 4° dell'articolo 2113 c.c, che ben si collega all'inciso contenuto nel comma 1° dell'articolo 1418 c.c laddove si dice che viene comunque fatta salva una diversa disposizione di legge.
Ed allora è da accreditare la tesi per cui se non vengono in considerazione le disposizioni contenute nei primi tre commi dell'articolo 2113 c.c, è comunque sempre immaginabile l' impugnazione del lodo irrituale di cui all'articolo 412 c.p.c per violazione di norme imperative in virtù del peculiare rimedio disciplinato nel comma 4° dello stesso articolo 412 c.p.c : dunque
91 “Art 1418. Cause di nullità del contratto. Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l' illiceità della causa, la illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346.
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l' interessato potrà lamentare la violazione di norme imperative, ma solo tramite ricorso depositato entro trenta giorni dalla notificazione del lodo, presso il tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato, per veder decidere sull'impugnativa in unico grado.
8.1.3 Il termine lungo annuale, è applicabile?
Un altro quesito che viene in considerazione con riferimento alla disciplina che regola l' impugnazione dell'arbitrato di lavoro è se sia applicabile ad esso il termine lungo per l' impugnazione, laddove il lodo non venga notificato, ovvero se si debbano tenere fermi i termini di prescrizione dettati dal codice per l' azione di annullamento92.
In questo caso è da ritenere che si debba applicare il termine annuale fissato dall'articolo 828, 2° comma c.p.c93: a questa soluzione inducono alcuni rilievi. Innanzitutto, a differenza di quanto avviene per l' arbitrato irrituale di cui all'articolo 808 ter c.p.c, l' articolo 412 c.p.c prevede un termine breve per l'impugnazione: sarebbe difficilmente comprensibile che a fronte di un termine breve di natura processuale, si dovesse applicare un termine assai lungo ( 5 anni) di natura sostanziale per l' impugnazione in assenza di notifica. Inoltre la previsione di un termine breve accresce la processualizzazione di questo arbitrato e giustifica l' applicazione dell'ordinario termine annuale previsto per l' impugnazione contro i lodi rituali . Infine si deve sempre ricordare che la stabilità di una decisione, quand'anche di natura contrattuale, costituisca un valore dell'ordinamento da realizzare, e ciò evidentemente induce a sposare questa interpretazione.
92 L' opinione prevalente in caso di arbitrato irrituale ex articolo 808 ter c.p.c , ritiene inapplicabile il termine annuale , anzi sottolinea che questa norma non contenga alcun termine, neppure “ breve “ per la proposizione
dell'impugnazione, sicché prevale l' idea che si debba applicare l' ordinario termine di prescrizione per l' azione di annullamento.
93 In tal senso anche Bove, ADR nel c.d Collegato lavoro ( prime riflessioni sull' articolo 31 della legge 4 Novembre 2010 n. 183) , 2011, pag 18, nota 32.
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8.1.4 La tutela cautelare
Un aspetto non preso in considerazione dall'articolo 412 c.p.c è quello relativo agli effetti della proposizione della domanda arbitrale, e soprattutto con riferimento alla possibilità di richiedere la tutela cautelare.
Anche in questo caso deve ritenersi che possano operare le regole previste per l' arbitrato irrituale di diritto comune, integrate dalla disciplina contenuta nel titolo VIII, libro IV c.p.c.
Sostanzialmente la domanda di arbitrato è domanda di tutela di posizioni soggettive interferente con l' esercizio della tutela dinnanzi agli organi della giurisdizione, sicché alla tutela dello stesso diritto non può provvedere l' autorità giudiziaria che se sollecitata, deve rifiutarne l' erogazione: l' eccezione di arbitrato irrituale è idonea ad impedire la trattazione e a dar luogo a sentenza di rigetto in punto di rito.
Da tale conclusione deriva anche l' effetto di parificare pienamente la tutela cautelare in caso di arbitrato irrituale di lavoro al meccanismo di tutela cautelare nell'arbitrato rituale.
L' articolo 669 quinques c.p.c, novellato dalla L. n. 80/2005, prevede che “se la controversia è compromessa in arbitri anche non rituali la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere il merito”.
Dunque il legislatore ha così esteso la possibilità di tutela cautelare oltre che all'arbitrato rituale, anche a quello irrituale, e lo ha fatto tramite la previsione di una comune regola che consente di individuare il giudice competente a concedere la cautela quando le parti abbiano voluto compromettere in arbitri la lite.
L' articolo 669 quinquies c.p.c funge quindi da norma di coordinamento tra la tutela cautelare e l' arbitrato, indipendentemente dalla natura rituale o irrituale di quest'ultimo. Ne deriva che tale norma si applica anche all'articolo 412 c.p.c (ma lo stesso vale anche per le altre procedure arbitrali introdotte dal legislatore della L. n. 183/2010) il quale a prescindere dalla natura,
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in qualità di arbitrato è compatibile con la concessione delle misure cautelari.
8.2 Impugnazione del lodi emessi ai sensi dell'articolo 412 quater c.p.c e dalle camere arbitrali istituite presso gli organi di certificazione
Per quanto concerne l' efficacia e l' impugnazione del lodo, l' articolo 412 quater c.p.c – riprendendo pedissequamente il contenuto dell'articolo 412 c.p.c – richiama l' articolo 1372 c.c, l' articolo 2113 c.c nonché l' articolo 808 ter c.p.c .
Dunque quanto alle conseguenze che i predetti richiami normativi comportano in ordine alla procedura di impugnazione dell'arbitrato, si rinvia a quello che abbiamo detto sopra a proposito dell'impugnazione del lodo emesso ai sensi dell'articolo 412 c.p.c..
Lo stesso vale per il lodo emesso ai sensi del comma 12 dell'articolo 31 della l. 183/2010 ovvero a seguito della procedura arbitrale che si svolge dinnanzi agli organi di certificazione di cui all'articolo 76, d. lgs. 276/2003. Il legislatore infatti dice che al procedimento in esame si applicano – nei limiti di compatibilità94 - i commi 3 e 4
dell'articolo 412 c.p.c che, come abbiamo visto, disciplinano il regime di impugnazione e la procedura per l'esecutività del lodo stesso: dunque anche per questo caso si rinvia a quanto detto circa l' impugnazione del lodo ex 412 c.p.c .
94 In realtà non si comprende in che cosa debba consistere l' esame di compatibilità fra il modello ex art 31 comma 12 e quello contenuto nell'articolo 412 c.p.c : è il legislatore, che già selezionando le norme applicabili, compie una valutazione delle disposizioni compatibili con l' arbitrato del comma 12 articolo 31, l. 183/2010.
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8.3 Impugnazione del lodo emesso ai sensi dell'articolo 412 ter c.p.c
Il comma 6 dell'articolo 31, L. 183/2010 sostituisce il vecchio contenuto dell'articolo 412 ter c.p.c e disciplina l' arbitrato da svolgersi presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Come abbiamo già osservato la formulazione della disposizione in esame è molto generica infatti il nuovo 412 ter c.p.c si limita semplicemente a rinviare alla disciplina contenuta nei contratti collettivi in tutto e per tutto: nulla è prestabilito e neppure la natura rituale o irrituale della procedura arbitrale in questione.
Dunque anche per quel che concerne il regime di impugnazione della decisione finale saranno le parti sindacali a dover scegliere e laddove la scelta per la modalità arbitrale non fosse determinata da esse, allora saranno le parti individuali a poter scegliere quale forma utilizzare95.
In particolare laddove si sia optato per l'arbitrato rituale allora la decisione sarà impugnabile ex art 829 c.p.c, e sempre per la violazione di regole di diritto. Nel caso in cui invece si scelga la modalità irrituale allora il lodo sarà sottoposto all'impugnativa ex 808 ter c.p.c per i motivi ivi previsti con tutte le problematiche