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Il fenomeno conciliativo moderno in Italia: mezzi autonomi e mezzi eteronomi Le peculiarità dell’arbitrato

5. L’arbitro Bancario Finanziario

La riforma generale della tutela del risparmio, inaugurata con Legge n. 262 del 28 dicembre 2005132, ha introdotto all’interno del nostro ordinamento una serie di norme dedicate agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, allo scopo di facilitare la tutela dei diritti dei clienti nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari. Si tratta di una materia, quella dei contratti bancari e finanziari, caratterizzata da elementi di forte complessità, principalmente poiché i soggetti coinvolti dalla contrattazione, gli utenti di questo genere di servizi, non

dottrina, facente capo a Guido Alpa, richiamati da F. BENATTI, Arbitrato di equità… op. cit., p. 837 e ss.

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In realtà l’art 29 del D.Lgs. 28 dicembre 2005, n. 262, rubricato proprio “Risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari”, più che fornire una compiuta ed esaustiva regolamentazione della materia, ha introdotto nel T.U.B. l’art. 128 bis il quale ha rinviato al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, d’intesa con Banca d’Italia, l’emanazione di una delibera per determinare i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie. La delibera del C.I.C.R. è intervenuta il 29 luglio del 2008 (n. 275) e il comunicato della Banca d’Italia, in attuazione di questa delibera è arrivato il 18 giugno del 2009. Insieme hanno disegnato un nuovo organismo nel panorama italiano denominato ABF.

possiedono, nella maggior parte dei casi, le conoscenze adeguate della materia in esame. Questa situazione di difficoltà, legata, appunto, alle asimmetrie informative, determina l’impossibilità per questi soggetti di riuscire a condurre una reale valutazione dei rischi legati al rapporto e aumenta, allo stesso tempo, il rischio di lesioni dei diritti degli utenti conseguenti ai comportamenti scorretti. Dopo un lungo iter legislativo è stato costituito presso la Banca d’Italia un nuovo organismo per la risoluzione stragiudiziale delle controversie, ossia l’Arbitro Bancario Finanziario. Si tratta, in sostanza, di un organo collegiale, costituito ex ante, cui gli utenti, le controparti contrattuali delle banche o degli intermediari, possono rivolgersi, anche senza l’assistenza di un legale e al solo scopo di avere contezza di quello che potrebbe essere il contenuto di una futura decisione giudiziale. Detto questo, ciò che interessa analizzare in prima battuta del procedimento dinanzi all’Arbitro Bancario Finanziario sono gli scopi della previsione di una possibilità di questo tipo. Oltre a quello più strettamente deflattivo, si ritiene che si tratti di uno strumento atto a realizzare una vera e propria risoluzione anticipata, promuovendo, al contempo, la correttezza dei rapporti in questo settore. Sebbene l’esigenza principalmente avvertita sia sempre la stessa, ossia quella di risolvere i conflitti133 per evitare la sede giudiziale, la stessa Banca d’Italia, però, ha premesso, nel suo Comunicato, che detto organismo assume una finalità di “vigilanza del credito”, il che dovrebbe incidere in maniera positiva sull’efficienza del sistema finanziario134. Ovviamente le

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Sul punto si tenga conto della distinzione elaborata da M. TARUFFO, Adeguamenti e tecniche

di composizione dei conflitti d’interesse, op.cit., p. 779 e ss, il quale distingue strumenti che hanno

per obiettivo la mera soluzione del conflitto e strumenti che mirano alla tutela di un diritto. Per i primi conta il risultato, potendo anche restare indifferenti i metodi; per i secondi non sono mai indifferenti nè i metodi, né i risultati.

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La presenza di meccanismi di questo tipo dovrebbe da un lato incentivare gli intermediari a rispettare obblighi di trasparenza e correttezza nei confronti dei clienti, migliorando la fiducia di questi ultimi, a beneficio della stabilità del sistema finanziario globale. Sul punto si veda N. SOLDATI, L’arbitro bancario finanziario della Banca d’Italia, in I contratti, 2009, p. 853 e ss.; ancora, taluno in dottrina ha ritenuto che il procedimento di fronte all’ABF integri un’attività di tipo amministrativo, che consiste appunto nella vigilanza da parte della Banca d’Italia. Pertanto la decisione dell’arbitro costituirebbe un parere pro-veritate. Sul punto si veda F. AULETTA, Arbitro

bancario finanziario e sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, in Società, 2011, p.

qualificazioni dello strumento in esame si riverberano sulla questione della sua natura che analizzeremo nelle pagine seguenti.

Il regolamento e le ipotesi in cui ricorrere all’ABF si trovano sul sito Internet e sono caratterizzati da un certo livello di chiarezza. Ciò che invece è necessario chiarire, in seconda battuta, è il rapporto con gli altri strumenti stragiudiziali e con il processo dello Stato. Il cliente che vuole agire contro la banca non ha l’obbligo di adire l’ABF che può competere con gli altri sistemi alternativi e col processo. In particolare, l’accesso ad altri strumenti stragiudiziali è sempre possibile a prescindere dal ricorso all’ABF, con ciò chiarendo come non spetti alle disposizioni di Banca d’Italia incidere sulla disciplina di altri strumenti ADR. E questo è tanto più evidente se si volge lo sguardo all’art. 5 comma 1 del decreto sulla mediazione civile e commerciale, a proposito di mediazione obbligatoria. Proprio per ciò che attiene i contratti bancari e finanziari, l’articolo in questione prevede che il potenziale attore possa indifferentemente o esperire il tentativo obbligatorio di mediazione, oppure attivare il procedimento previsto dall’articolo 128 bis del T.U.B135.

Nel quadro degli strumenti ADR in generale, l’ABF viene a ritagliarsi uno spazio diverso, poiché rappresenta una procedura aggiudicativa136. Sebbene sia stato considerato tra quelli di cui al decreto della mediazione, esso presenta comunque delle caratteristiche che non consentono di ascriverlo alla conciliazione. La sua natura non è quindi conciliativa, ma a parere di taluni saremmo di fronte ad uno

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Taluno ritiene che questa peculiarità prevista per i contratti bancari e finanziari dipenda dal fatto che la normativa speciale sulla mediazione bancaria ha origini più antiche della mediazione civile e commerciale per cui il legislatore non ha voluto smantellare un impianto ritenuto assolutamente funzionante. Sul punto si veda V. SANGIOVANNI, Regole procedurali e i poteri

decisori dell’ABF, in www.judicium.it

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il procedimento ex art 128 bis del T.U.B. è un procedimento aggiudicativo, a contenuto decisorio. Non sembra partecipare delle caratteristiche della mediazione poiché appare privo dell’attitudine a risolvere i conflitti eliminando gli antagonismi. La decisione dell’arbitro non ristabilisce la relazione. Di questo aspetto personalmente non sono persuasa poiché, se l’intermediario adempie volontariamente alla decisione dell’ABF, si evita il giudizio pertanto la questione si risolve. Sempre lo stesso procedimento non sembra nemmeno partecipare delle caratteristiche dell’arbitrato perché, in primo luogo, non vi è accordo di devolvere la controversie all’ABF, ossia non vi è nulla di assimilabile ad una clausola compromissoria o ad un compromesso; in secondo luogo, solo il cliente può attivare la procedura, non anche la banca; in terzo luogo perché la decisione è vincolante ma non è suscettibile di esecuzione coattiva. Sul punto si veda E. BRUSCHETTA, Le controversie bancarie e finanziarie, in I contratti, 2010, p. 422 e ss.

strumento di natura arbitrale. Taluno ancora ha ipotizzato di costruirlo secondo la logica dei procedimenti giurisdizionali preordinati alla tutela dei diritti, il cui compito è si quello di comporre il conflitto, ma anche quello di assumere una decisione, benchè inidonea a sostituirsi a quella dell’autorità giudiziaria, sulla base di un accertamento di ragioni e torti137. La peculiarità dell’ABF sta nel fatto che esso non è sempre destinato a porre fine al conflitto, ma si conclude con la formulazione di un giudizio. Detto giudizio è un “giudizio secondo diritto” poiché la normativa stessa esclude il ricorso all’equità, probabilmente in sintonia con la natura aggiudicativa dello stesso. La scelta di un giudizio di diritto vero e proprio, probabilmente nelle intenzioni del legislatore è stata escogitata per sollecitare un maggior grado di osservanza spontanea alle decisioni, così dotate di maggiore stabilità. Tant’è che si ritiene che una delle funzioni attribuite all’ABF sia quella interpretativa della normativa bancaria138.

Tutto ciò premesso, occorre soffermarsi ora sulla natura di questa decisione. In quale misura essa vincola le parti? Le parti mantengono in ogni caso il diritto di ricorrere al giudice, o ad ogni altro mezzo di risoluzione del conflitto, per la tutela dei propri diritti. Ma questo, astrattamente dovrebbe costituire per loro uno strumento economico e di agevole accesso. E’ opinione diffusa quella per la quale la decisione dell’ABF avrebbe il valore di un semplice parere sui torti e le ragioni dei litiganti; una sorta di giudizio prognostico del possibile esito giudiziario della lite, il quale, per la competenza tecnica e la terzietà dell’organo, dovrebbe spingere le parti a conformarvi risolvendo anche il conflitto139. Se così è, allora il

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Questo in linea di massima è desumibile dalla stessa norma primaria di derivazione la dove si parla di uno strumento in grado di assicurare l’effettività della tutela e dalla circostanza che il procedimento sia gestito da un soggetto imparziale e indipendente rispetto alle parti.

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La regola del giudizio secondo diritto esclude il ricorso all’equità nella decisione sulle pretese avanzate dal cliente e consente di prevedere la futura decisione di un giudice eventualmente investito della medesima controversia. Sul punto si veda E. CAPOBIANCO, Mediazione

obbligatoria e Arbitro Bancario Finanziario, in www.judicium.it

139 Sul punto si veda F. AULETTA, Arbitro bancario finanziario e sistemi di risoluzione stragiudiziale

delle controversie, op. cit., p. 83 e ss, il quale rileva come l’atto conclusivo del procedimento

dinanzi all’ABF sia privo dei caratteri tipici della decisione, in quanto il Collegio non è investito del potere di dirimere la controversia. Dalla decisione non deriva alcun nuovo diritto alle parti, né alcun obbligo di adempimento (se l’intermediario non rispetta la decisione dell’arbitro, il cliente non può far valere l’inadempimento). Dunque la decisione non produrrebbe alcun effetto tra le parti, a partire da quelli previsti dall’art. 1372 cc. Il che esclude che si tratti di una determinazione

procedimento dinanzi all’ABF assume la veste di un procedimento arbitrale vero e proprio140.

L’ABF non è la prima esperienza di Adr in materia bancaria. La prima vera esperienza è di matrice volontaristica e risale al 1993, quando venne concluso tra l’Abi e le associazioni di consumatori l’Accordo Interbancario sull’Ombudsman Giurì Bancario. Questo istituto disegna un articolato percorso di tutela per i clienti delle banche, in base al quale, sono tenuti a presentare i propri reclami su contratti e operazioni bancarie e finanziarie preliminarmente all’ufficio reclami presente all’interno di ogni banca aderente all’accordo. Soltanto dopo la mancata definizione della controversia “in prima istanza”, i clienti sono legittimati a rivolgersi all’Ombudsman giurì - organo collegiale, pertanto, “di seconda istanza” - le cui decisioni sono vincolanti solamente per la banca (o l’intermediario) aderente, mentre lasciano impregiudicato il diritto per il cliente di adire le vie giurisdizionali ordinarie. Quest’ultima caratteristica - insieme all’originaria composizione dell’organo che non ne garantiva la terzietà e l’imparzialità (sebbene nel suo seno compaiano adesso anche componenti designati dalla clientela e dalle associazioni dei consumatori) - rivela che l’Ombudsman, piuttosto che perseguire intenti deflattivi del contenzioso ordinario, si pone quale organo garante della regolarità dell’attività bancaria e mira a ricercare una forma di vera e propria pacificazione sociale, sottraendo al cliente della banca gli ulteriori costi di un procedimento giudiziario, come reso evidente dalla gratuità e

contrattuale frutto di un accordo. Sul punto si veda anche C. CONSOLO e M. STELLA, L’arbitro

bancario finanziario e la sua giurisprudenza precognitrice, in Le società 2013, p. 185 e ss, per il

quale l’ABF è chiamato a svolgere una valutazione di tipo prognostico sul verosimile esito finale della lite, qualora il giudice ordinario ne fosse investito.

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Sul punto si veda G. GUIZZI, L’arbitro bancario finanziario nell’ambito dei sistemi di ADR: brevi

note intorno al valore delle decisioni dell’Abf, in Le società, 2011, p. 1216 e ss, il quale identifica la

decisione dell’ABF come l’esito di una figura tipizzata di arbitrato “a modalità irrituale”. In seguito alla riforma del 2006 delle disposizioni generali in tema di arbitrato può dirsi ormai superata l’idea che l’essenza dell’arbitrato irrituale sia contrattuale, venendosi enfatizzando l’idea che si tratti di un giudizio, il cui esito sia costituito da una decisione (il cui carattere vincolante nell’ipotesi di ABF sia costituito dalla volontà, reciprocamente esternata, di affidarsi alla cognizione arbitrale). Una voce contraria è quella di C. CONSOLO e M. STELLA, op. cit., il quale ritiene che l’ABF difetti dei requisiti tipici dell’esercizio della iurisdictio e che quindi, se gli interpreti e la prassi dovessero assecondare la tentazione di giurisdizionalizzare troppo il procedimento, tutta la funzionalità e l’appeal dell’arbitrato bancario rischierebbero di andare presto perduti.

informalità della procedura. Questa esperienza autoregolamentare, tuttavia, non è stata ritenuta pienamente ottemperante ai sopravvenuti principi comunitari, soprattutto con riferimento all’effettiva garanzia d’imparzialità e terzietà dell’organo.

Capitolo III