• Non ci sono risultati.

L’estensione del potere negoziale dei privati alla fase della contestazione: il

Il fenomeno conciliativo moderno in Italia: mezzi autonomi e mezzi eteronomi Le peculiarità dell’arbitrato

1. L’estensione del potere negoziale dei privati alla fase della contestazione: il

recupero dell’autonomia privata

A seguito di una serie di fenomeni che si sono verificati nel corso degli ultimi anni a livello globale e poi nel nostro ordinamento69, l’autonomia privata ha recuperato spazi di operatività70. Una volta appurata la rottura del collegamento, da sempre considerato inscindibile, tra sovranità e giurisdizione, una nuova circostanza emerge prepotente: accanto alla giurisdizione statuale coesistono numerose forme di giustizia, ossia quella comunitaria, internazionale e, in generale quella “non statale”. Queste ultime forme di giustizia troverebbero la loro legittimazione nell’autonomia privata.

68 Il pregiudizio nei confronti delle stesse attiene pertanto il piano delle garanzie di un

procedimento conoscibile, spedito, semplice e meno costoso, quindi più conveniente. Sul punto si veda sempre G. ALPA, Riti alternativi.., op. cit., p. 407.

69

Ci si riferisce in primo luogo alla “contrattazione di massa” e quindi allo sviluppo di una normativa a tutela del contraente “debole”, in nome della quale è apparso necessario sottrarre una fetta di microconflittualità ai metodi tradizionali di risoluzione delle controversie, inadeguati alle istanze di speditezza che dette forme di conflitto esigono. In secondo luogo, la globalizzazione provoca un fenomeno che viene identificato come “contrattualizzazione” dei settori degli ordinamenti, per cui si rinuncia a norme imperative e inderogabili, per esaltare autonomia privata e quindi norme di derivazione pattizia. Così M. MARIANELLO, I procedimenti

complementari di risoluzione delle controversie, in Obbl. e contr., 2011, p. 531.

70

I cultori del diritto processuale sono alle prese con un movimento culturale e ideologico che dopo il collasso degli ordinamenti del socialismo reale, reclama una giustizia sottratta al monopolio statale , poiché è ormai chiaro che il diritto positivo non è compatibile con le esigenze di efficienza dei mercati. Sul punto si veda un contributo di uno dei più assennati “italici

supporters” delle ADR, ossia S. CHIARLONI, Brevi note sulla conciliazione stragiudiziale (e contro l’obbligatorietà del tentativo), in Giur. It., 2000, p. 209; ad una tesi di questo tipo si oppone quella

per la quale si ritiene che “alla prassi e agli usi commerciali non può essere confidato se non il compito di indicare gli strumenti efficienti”, F. CRISCUOLO, Modello arbitrale e strumenti

A questo punto è bene fare una premessa: il recupero degli spazi di operatività da parte dell’autonomia privata, cui si fa riferimento, attiene però anche e soprattutto alla valorizzazione del contratto, in questo momento storico, inteso alla stregua dell’accordo piuttosto che dello scambio71. Detto recupero appare coerente con i principi generali immanenti nel nostro ordinamento, per i quali il libero esercizio dei diritti soggettivi presuppone la speculare esistenza di rimedi da utilizzare per una corretta esecuzione dei rapporti giuridici, nelle ipotesi in cui vi siano, a monte, carenze di cooperazione ad inficiare gli stessi. Peraltro, esso è avvenuto non solo in settori dell’ordinamento in cui generalmente viene esaltato il principio di autodeterminazione, bensì anche per ciò che riguarda materie, come quella superamento delle contestazioni, fino a non molto tempo fa ad appannaggio esclusivo dello Stato. Tradizionalmente si riteneva, infatti, che le norme dell’ordinamento statale fossero in una posizione di preminenza rispetto a quelle dei coesistenti ordinamenti e questo sulla base della loro provata maggiore consistenza e autorità72.

Il movimento che incentiva l’autodeterminazione, a livello processuale, si traduce nella particolare attenzione nei confronti delle alternative al processo e quindi nei

71 Gli spazi lasciati dallo Stato vengono assunti dagli individui e dalla loro volontà. L’autonomia

privata è funzionale al recupero dei diritti della persona e all’esaltazione del mercato, come luogo in cui essi si realizzano e trovano adeguata protezione. Così A. SOMMA, Autonomia privata, in Riv. Dir. civ. 2000, p. 597 e ss.; sul punto si veda anche C. PUNZI, Le nuove frontiere dll’arbitrato, in Riv. trim. dir e proc. civile, 2015, p. 1 e ss, il quale afferma che ci si trova attualmente in un’epoca, quella contemporanea, nell’ambito della quale strumenti ontologicamente privatistici svelano la loro idoneità a produrre effetti ultra partes, senza mutare la loro natura. Si pensi al contratto, strumento in fase di espansione, sempre più duttile e, in quanto capace di operare al di fuori degli schemi tipici, svincolato dalla soggezione alla legge degli stati. Tanto è vero che anche l’odierno diritto pubblico fa frequente ricorso a detto strumento, ovvero a procedure di negoziazione tese a coinvolgere i destinatari, in modo da acquisirne preventivamente il consenso e ridurre i costi economici e sociali dell’inefficacia delle norme. Si pensi ancora alla lex mercatoria nell’ambito della quale, i grandi attori del mercato globale, utilizzando gli strumenti dell’autonomia privata individuano modelli sempre nuovi di organizzazione degli affari e di risoluzione delle controversie.

72 I giuristi, anche quelli più attenti, hanno probabilmente confuso estensione e incisività con il

concetto di esclusività, come se fuori dallo Stato non potesse constatarsi la presenza di altri ordinamenti, sempre giuridici in quanto espressione di discipline di comportamento. Emblematica è infatti una frase di Vittorio Scialoja, per cui “il diritto veramente degno di questo nome sorge con lo stato, nella cui unità si armonizzano le forze individuali. Lo Stato è superiore a tutti gli individui, i quali ad esso devono ricorrere per la tutela delle loro pretensioni”. Pensiero richiamato da G. B. FERRI, Decisione negoziale e giudizio privato, in Riv. Dir. comm. 1997, p. 17.

confronti di strumenti di diritto privato interni o esterni al processo. L’autonomia privata consente ai soggetti coinvolti nella controversia di definirla secondo dei criteri a loro graditi, non suscettibili di essere adottati dall’organo giudicante tradizionale che è invece vincolato al rispetto del principio di legalità e del contenuto delle norme giuridiche (il che lascia presupporre che il mediatore non debba essere vincolato alle regole giuridiche nell’eventualità della formulazione di una proposta). Su questo tema ci soffermeremo quando analizzeremo la possibilità del mediatore di discostarsi dalle norme giuridiche nell’ambito della sua attività decisoria. Quello che dobbiamo precisare in questa sede è che il tema della composizione privata delle liti rappresenta una delle sfaccettature del rapporto cui abbiamo fatto riferimento, tra due ordinamenti diversi, ossia tra l’ordinamento giuridico statale, cui generalmente la storia ha riconosciuto l’esclusività nel governo delle dinamiche socio-economiche, e l’ordinamento dell’autonomia privata, quale sistema di regole elaborate dai privati per regolare i loro rapporti. Il superamento delle contestazioni attraverso lo strumento dell’autonomia privata, e dunque l’abbandono del giudizio decisorio, ha riguardato materie che tendenzialmente venivano tenute al riparo da questo tipo di innovazioni. Si pensi alla materia della famiglia, per la quale peraltro sin dall’inizio si preferì invocare la mediazione, per l’inidoneità dell’arbitrato ad avere ad oggetto materie indisponibili dei privati 73 . L’introduzione della mediazione familiare, quale strumento per riequilibrare i conflitti familiari tenendo conto dei bisogni del gruppo e delle esigenze di unità dello stesso, venne salutata con favore dal momento che con essa si restituiva finalmente al diritto privato il diritto di famiglia, sempre nel rispetto dei principi fondamentali dell’uguaglianza dei coniugi, della libertà dei singoli e del rispetto della personalità dei figli.

73 L’arbitrato rappresenta sempre una manifestazione di autonomia e quindi una manifestazione

del potere dei privati di affidare i loro conflitti ad un giudice non statuale. Tuttavia esso, come vedremo, non può avere ad oggetto materie indisponibili dai privati e quindi materie che ineriscono lo stato e la capacità delle persone. Certo che il problema avvertito dai giuristi fu da subito quello di evitare che lo strumento della mediazione familiare finisse per l’assolvere una funzione non poi tanto diversa da quella dell’arbitrato. Sul punto si veda P. RESCIGNO, Interessi e