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L’arbitrato irrituale: il dibattito sull’assenza di procedimentalizzazione

Il fenomeno conciliativo moderno in Italia: mezzi autonomi e mezzi eteronomi Le peculiarità dell’arbitrato

4. Altre questioni in tema di arbitrato

4.1. L’arbitrato irrituale: il dibattito sull’assenza di procedimentalizzazione

Generalmente, a causa del retaggio culturale cui accennavamo nei paragrafi precedenti, ciò che è procedimentalizzato per legge fa meno paura. Fa paura e desta preoccupazioni ciò che sfugge alle regole prestabilite. Per questo motivo, l’arbitrato irrituale è la forma di arbitrato che ha suscitato nel tempo un dibattito acceso sulla natura giuridica e sulla necessità di attribuirgli delle regole. Con l’inserimento della disciplina dell’arbitrato irrituale all’interno del codice, ad opera del D.lgs 2 febbraio 2006, n. 40 il quale ha assegnato regole103 ben precise all’istituto in questione, il tema è tornato di grande attualità104. Le ragioni stesse dell’introduzione di una disciplina vanno ricercate nello sviluppo del dibattito incentrato sulle differenze tra le due forme di arbitrato. Sono riemerse le

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Il nuovo articolo 808 ter cpc prevede che le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che, in deroga a quanto disposto dall’art 824 bis, la controversie sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. Altrimenti si applicano le disposizioni del presente titolo. L’art 824 bis disciplina l’efficacia del lodo, prevedendo che salvo quanto disposto dall’art 825, il lodo ha, dalla data della sua sottoscrizione, gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria. Ecco allora è in questo la differenza essenziale tra arbitrato rituale e irrituale e cioè il primo si conclude con un lodo, il secondo con determinazione contrattuale. Sul punto si veda F. CORSINI, Prime riflessioni sulla nuova riforma dell’arbitrato, in I contratti, 2006, p. 515 e ss.; emerge come carattere peculiare dell’istituto riformato una sproporzione fra il metodo adottato, ovvero quello del processo e il risultato ottenibile, ovvero la determinazione contrattuale. Sul punto si veda P. BIAVATI, Il nuovo art 808 ter cpc sull’arbitrato irrituale, in Riv. Trim. dir. e pro. Civ. 2007, p. 1159 e ss.

104 Non è la prima volta che un contratto innominato riceve una disciplina da parte del legislatore.

Ciò che probabilmente desta un po’ di stupore è la circostanza di una introduzione di questo tipo, a scopo di rifuggire gli eccessivi formalismi dell’arbitrato rituale. Sul punto si veda P. CAMPANILE,

L’arbitrato irrituale da negozio innominato a contratto tipico: sviluppo della figura e ipotesi interpretative della nuova disciplina, in Contratto e Impresa, 2006, p. 819 e ss.

questioni, peraltro non molto sopite, della natura giuridica dell’istituto, da sempre divisa tra negozialità e processualità, dell’arbitrato di equità e dell’autonomia della convenzione di arbitrato. Quest’ultima peraltro strettamente connessa alla prima.

In premessa, la giurisprudenza, all’indomani del decreto in questione, ha da subito chiarito come l’arbitrato irrituale debba essere considerato, in senso positivo, alla stregua di uno strumento di composizione negoziale delle liti, liberamente scelto dalle parti e non in senso negativo, come sottrazione delle stesse alla tutela giurisdizionale105 . Si tratta di uno strumento di completa negozialità, in contrapposizione con la processualità dell’arbitrato rituale. In pratica, ciò che si vuole mettere in evidenza, è la presenza costante di una funzione ben precisa, ovvero quella conciliativa, per cui gli arbitri liberi avrebbero gli stessi poteri dispositivi dei mandanti. Questa funzione si evince dalla circostanza che per il tramite della convenzione le parti rinunziano alla tutela giurisdizionale e affidano al terzo il compito di dare un contenuto al contratto. Il relativo procedimento si conclude con un lodo, inteso come espressione di un potere funzionalmente giurisdizionale. Ciò che si demanda106 non è una decisione, ma probabilmente la conclusione di una transazione che però viene riferita alla volontà delle parti per effetto del negozio per relationem 107 . Il sistema italiano tra quelli che

105 Era questa una tendenza non solo giurisprudenziale. Anche autorevole dottrina ha sempre

negato autonomia all’istituto, riconducendolo all’ambito degli istituti negoziali, il più delle volte ricollegandolo alla figura dell’arbitraggio, ma anche della transazione e dell’accertamento. Sul punto si veda P. SRAFFA, Compromessi e lodi stabiliti…op.cit., p. 429 e ss.; A. SCIALOJA, Gli

arbitrati liberi, in Riv. Dir. comm. 1992, p. 496 e ss.

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“Le attività demandate agli arbitri si svolgono in esecuzione di un rapporto di mandato e hanno identica natura nell’arbitrato rituale e irrituale, pur essendo diverso il risultato finale, dato che solo il provvedimento terminale dell’arbitrato irrituale ha natura di contratto, sicchè non sussiste alcun motivo per ritenere che tutta la normativa contenuta nel titolo ottavo del cpc sia inapplicabile a tale tipo di arbitrato, essendo al contrario necessario procedere all’esame dei singoli articoli, onde individuare il contenuto sostanziale e quindi l’eventuale applicabilità all’arbitrato irrituale”. Cosi Trib. Di Venezia, decreto del Presidente 10 aprile 2008, con nota di V. SANGIOVANNI, in I contratti 2008, p. 874 e ss.

107 La composizione della lite viene conclusa dalle parti, le quali si impegnano ad accettare come

espressione della loro volontà quanto gli arbitri irrituali, nella loro veste di mandatari, avranno determinato nella definizione della controversia. La soluzione negoziale può essere frutto di un giudizio ma non è essa stessa un giudizio. Così C. ARRIGONI, Arbitrato irrituale… op. cit., p. 323 e ss.

attribuiscono notevole spazio all’autonomia privata. In particolare è stato sancito il principio per cui l’arbitrato, sia esso rituale o irrituale, costituisce espressione dell’autonomia negoziale e rinviene il suo fondamento nel potere delle parti di disporre dei diritti soggettivi, rinunciando alla giurisdizione e all’azione giudiziaria. Detto potere si esprime mediante atti negoziali espressione della volontà di vincolarsi reciprocamente.

La storia negoziale dell’arbitrato irrituale non è stata però sempre costante. Per un certo periodo (che è coinciso con le riforme del 1983 e del 1994)108 si arrivò anche a sostenere che l’arbitrato libero dovesse essere ricompreso nell’istituto dell’arbitrato rituale quale istituto di etero-composizione della lite109. In pratica, la processualità, come abbiamo detto nel paragrafo precedente, non è una prerogativa della giurisdizione statale. L’arbitro libero dunque, si disse, giudica e decide la controversia. La conseguenza di un’impostazione di questo tipo fu quella di estendere la disciplina codicistica anche all’arbitrato irrituale. In realtà però, una tappa intermedia importante in tema di arbitrato può essere individuata nella svolta negoziale di quello rituale. In pratica la Corte ha ribadito l’esistenza di una distinzione tra le due forme di arbitrato, ma ha elaborato contemporaneamente un criterio distintivo diverso. In effetti, ricollegandosi alla pronuncia del 2000 (527), che aveva riconosciuto la natura privatistico negoziale anche dell’arbitrato rituale è evidente quindi che il criterio distintivo rispetto a quello irrituale muta e va riconosciuto nella circostanza che nell’arbitrato rituale, le parti intendono ottenere un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 cpc (“Deposito del lodo”); in quello irrituale le parti avrebbero di mira

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Il processo di unificazione fra arbitrato rituale e arbitrato libero trovò anche conferma in una sentenza della Corte di Cassazione per la quale anche l’arbitrato irrituale doveva intendersi alla stregua di un processo che, come quello rituale, si instaura e si svolge sul piano dell’autonomia privata. A differenza però del rituale, esso non ha prospettive di potenziamento del risultato, non essendo prevista l’omologazione del lodo. Sul punto si veda Cass., sez., un., 3 agosto 2000, n. 527, in Foro it., 2001, c. 839.

109 A questa conclusione si arrivò assimilando struttura e funzione dei due istituti, comunque volti

alla risoluzione di una controversia tramite un giudizio e all’esito di un procedimento. Si disse infatti “l’arbitrato o è processo o non è”. Anche l’arbitrato irrituale è un mezzo di attuazione di giustizia alla stregua di quello del codice. In esso devono essere rispettati i principi di ordine pubblico e le garanzie del giusto processo. Sul punto si veda sempre C. ARRIGONI… op. cit., p. 332.

solo la risoluzione delle controversie110. Dunque, l’art. 808 ter introdotto con il dlgs 40, ha avuto il merito di ricondurre l’arbitrato irrituale nella sfera negoziale, in cui era tradizionalmente collocato.

4.2. La convenzione di arbitrato e il problema dell’autonomia della stessa