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Le sepolture di Scauri fanno parte di una tipologia di necropoli ampiamente diffusa sull’isola. Il primo ad identificare queste aree cimiteriali fu Paolo Orsi che definì le tombe di Piana della Ghirlanda, “bizantine”, attribuendo la loro realizzazione al periodo in cui le truppe dell’Impero Romano d’Oriente, guidate da Belisario, vennero a Pantelleria per liberarla dalla presenza dei Vandali nord africani.

In realtà, in seguito alle indagini archeologiche nella baia di Scauri, si è visto come la datazione del sito di Scauri e della sua necropoli, sia almeno di un secolo precedente la presenza bizantina a Pantelleria. Le tombe di Scauri sono ottenute scavando i blocchi di roccia affioranti dal terreno e sono organizzate in gruppi, privi di orientamento definito, che comprendono un minimo di quattro sepolture individuali. Pur mantenendo la peculiare caratteristica di essere scavate nella roccia, tombe a vasca litica, le sepolture di Scauri possono essere divise in almeno due tipologie: quelle a forma antropoide, cioè con le estremità corrispondenti alla testa e ai piedi più ristrette rispetto alla parte centrale, e quelle rettangolari con angoli arrotondati. In entrambe è presente, sulla sommità del perimetro esterno, una risega

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La produzione della ceramica a Pantelleria e la sua circolazione in età tardo antica. Tesi di dottorato in Storia,

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per l’appoggio delle lastre di copertura che venivano poi sigillate con la calce. La presenza di tale rivestimento lascia pensare ad una particolare cura dell’allestimento del sepolcro,e il fatto che le due tombe siano di tipologia antropoide e lunghe più di 180 cm potrebbe far pensare che questo uso fosse riservato a uomini che rivestivano un ruolo particolare all’interno della struttura sociale dell’insediamento. Una seconda ipotesi è che i residui di calce rinvenuti, siano la testimonianza di un riutilizzo della tomba come vasca per lo spegnimento della calce viva, argomento che verrà affrontato nel capitolo 6.

Quasi tutte le tombe rinvenute si presentano prive delle lastre di copertura a causa delle spoliazioni successive e del loro riutilizzo nelle strutture dei terrazzamenti. Sono state rinvenute al momento una cinquantina di sepolture, delle quali la metà si trova nell’area C, disposte a raggiera nei terrazzi sovrastanti l’area residenziale e produttiva.

L’altra metà delle sepolture si trova nell’area A, l’area di culto, tra il porto ed il villaggio, realizzata sui resti di strutture più antiche di una villa romana di III secolo d.C. Qui sono presenti i resti di un fonte battesimale, affiancato da un grande lacerto di pavimentazione in coccio pesto con una croce a decorazione, realizzata con tesserine musive di calcare bianco. Nel terrazzo dove vi sono i resti della chiesa, vi è un’ampia necropoli, della quale sono state scavate ad oggi solamente 6 sepolture. Le sepolture, dello stesso tipo di quelle sopra il villaggio, si presentavano integre, spesso con doppia deposizione, e senza alcun tipo di corredo32. Le tombe sono colmate con terra e detriti di reimpiego e frammenti musivi policromi in opera in stile nord-africano, che probabilmente costituivano le pavimentazioni della villa che, in epoca imperiale, occupava quest’area. (Fig. 44-45 ).

Dalle numerose ricognizioni effettuate nei terrazzi dove vi sono i resti di strutture di culto, provengono oltre 60 frammenti di mosaici in opera, con tessere policrome in calcare, ossidiana locale, ceramica e pasta vitrea, utilizzati per il riempimento delle sepolture e sporadici frammenti di ceramica locale. Oltre alle tessere musive vi sono

32 Al momento sono state realizzate due campagne di scavo dell’area di culto in collaborazione con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani (dott.ssa R. Giglio) e del Parco Archeologico di Pantelleria ( L. Biondo), nel 2008, ABELLI 2009; e nel 2012 a cura dell’Università di Sassari (P.G. Spanu, L.

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anche frammenti di lastrine di marmo bianco e rosa, porfido rosso egiziano e serpentino, importati probabilmente per la messa in opera di opus sectile.

I frammenti ceramici diagnostici sono sporadici e comunque riferibili alla frequentazione dell’area che va dal II secolo fino alla fine del V.

Dallo scavo delle tombe e dell’area del fonte battesimale (UT 2200), realizzato nel 200833 e nel 2012 proviene pochissimo materiale, rinvenuto negli strati di pulizia a copertura delle sepolture, male conservato, seppur diagnostico e coerente con il resto della baia.

Sono attestati sette frammenti di anfore Keay 25, una di Keay 6, e anfore orientali LRA 2, 3, 5/6. Tra la ceramica da mensa tunisina vi è un orlo di olla tipo Peacock tipo 22 fig. 144 2a, e altri tre frammenti di orli e anse di piccole brocche male conservati. Vi sono inoltre 7 frammenti (Atlante VIII-X e Deneauve VIII , Bonifay 04, p. 328) e sigillata africana (Hayes 32, 66, 67, 76, 81, 87), in particolare vi è un frammento del fondo di un piatto con un chrismon e un uccello (fig. 45). In questa area sono maggiormente attestati invece i laterizi, che nell’area dello Scalo sono completamente assenti. Si tratta di qualche coppo ma soprattutto tegole fratturate (22 frammenti), di diverse tipologie e dimensioni. La ceramica locale da fuoco è presente solamente con 15 frammenti diagnostici, ma si tratta di piccolissimi frammenti diagnostici e sporadici.

Il terrazzamento a fianco in direzione est (UT 1900) è stato scavato nel 2008 e presenta resti di strutture che sono probabilmente pertinenti una villa romana di media età imperiale (III secolo), riutilizzate e riadattate in epoca successiva. Sono stati individuati due ambienti contigui parzialmente scavati nella roccia, addossati alle fondazioni di un possente muro; nel primo è presente una piccola cisterna campanulata, collegata attraverso una canaletta ad una cisterna dell’ambiente contiguo, di dimensioni maggiori.

Dallo scavo degli ambienti proviene poco materiale ceramico, rinvenuto principalmente all’interno della grande cisterna, come 4 brocche d’acqua con fondo ombelicato, del tipo Pupput 1(47-50), prodotte in Tunisia nell’area del Golfo

33 ABELLI 2009

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d’Hammamet e databili a tutto il III secolo. 34 Dalla cisterna provengono anche due orli di brocche tipo Peacock form 20, databili invece alla prima metà del V secolo35. Alcuni frammenti diagnostici provenienti dagli ambienti sono in sigillata africana (Hayes 45c, 63, 71), e anfore LRA1, Keay 55, Keay 25 e LRA5/6. Le forme di ceramica locale da fuoco sono poco conservate, al massimo per il 20% del diametro; si tratta di 19 esemplari, 6 di coperchi, 6 di tegami, 4 di teglie, 1 casseruola e 1 pentola, di forme e varianti databili al V secolo.

Quest’area vive una seconda fase di vita nel V secolo, quando le strutture vengono parzialmente riadattate alle nuove esigenze. Sorge una piccola chiesa con battistero e la necropoli. La piccola cisterna viene riutilizzata come vasca per la lavorazione della calce, necessaria per gli inumati, le pavimentazioni musive vengono smontate e utilizzate come copertura e riempimento delle sepolture. Sono presenti due tipi di pavimentazioni; la prima è un approntamento di intonaco bianco che si lega con il fonte battesimale, databile al IV-V secolo, la seconda è una pavimentazione pertinente l’ultima fase di occupazione dell’area, in malta di tufo rosso, decorata con due piccole croci stilizzate, realizzate con tessere musive di calcare bianco di reimpiego.

Fig. 43: aerofotogrammetria dell’area di culto e della necropoli (UT 1900-2200).

34BONIFAY 2004, 284 tipo 50 , 280 fig.155 tipo 47 35PEACOCK 84, Fig. 80, 206, n. 20

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Fig.44: frammento musivo. Fig. 45: antefissa fittile.

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2.5 – TABELLE DEI MATERIALI CERAMICI