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LA CERAMICA DI PANTELLERIA NEL MEDIOEVO

Nell’estate del 2012 è stata realizzata una prima campagna di indagini archeologiche a Pantelleria in località Favarotta, nell’area del cosiddetto “Castelletto”188. L’area in questione si trova in montagna, sul versante sud-orientale dell’isola, in contrada Khamma fuori e i resti del cosiddetto Castelletto, sono costituiti da possenti porzioni di murature conservate in alcuni casi fino a 2 m di altezza, che delimitano numerosi ambienti. Il sito è stato completamente avvolto dalla vegetazione, risulta quindi alquanto difficile comprendere la planimetria della struttura e la dimensione. Non vi sono fonti storiche che diano informazioni sulla storia del sito, anche se dalla gente del luogo è sempre stato definito “il castelletto”, utilizzato probabilmente in ultima fase di frequentazione come prigione. Dai primi saggi di scavo sono stati rinvenuti 37 frammenti di ceramica diagnostica. Si tratta di ceramica islamica (7 frammenti) decorata in blu cobalto e nero manganese, una produzione tunisina, probabilmente

188 Il progetto è stato diretto da Sebastiano Tusa (Soprintendenza BBCC AA Trapani),

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La produzione della ceramica a Pantelleria e la sua circolazione in età tardo antica. Tesi di dottorato in Storia,

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databile all’età Almohade e Hafside (fine XIII-XIV secolo) 189. Questa ceramica è ricoperta da uno smalto stannifero, applicato in seconda cottura ed è decorata con motivi vegetali, sono tazze catini, bottiglie e piatti (fig. 128-131). Ha un’ampia circolazione nel Mediterraneo, specialmente in Sicilia190, nell’Italia tirrenica, in Liguria a Genova191 dove è attestata con ceramica da mensa invetriata verde (bacini, catini, piatti).

Sono presenti anche 11 frammenti diagnostici di ceramica da mensa e dispensa invetriata verde, sono forme chiuse, bottiglie, giare, boccali (fig. 129).

In questo contesto sono stati rinvenuti 13 frammenti di ceramica di Pantelleria da fuoco. È molto frammentata, sono principalmente pareti, ma vi sono anche due orli di forme aperte; è impossibile capire la forma perché è conservato solamente il 5% dell’orlo, ma si dovrebbe trattare di un tegame. Fino ad ora non erano mai state trovate tracce che consentivano di pensare ad un proseguimento della produzione artigianale di vasellame fino al medioevo.

I tre orli presentano un’ansa a bugna, attaccata sotto l’orlo (fig. 125-127, tav. 28 3.4). La forma è assimilabile a produzioni sarde del XII-XV secolo192. Un altro piccolo orlo (tav. 28.5) ricorda la presa dei tradizionali tajin berberi193 oppure un braciere (fig. 123).

Il frammento più interessante è una parete decorata con graffiti impressi a forma di mandorla, con un’ansa purtroppo fratturata (fig. 121-122, tav. 28.1-2). L’analisi archeometrica di un campione prelevato da questo frammento (C1) ha confermato la produzione isolana. La ceramica risulta essere poco cotta rispetto a quelle di età tardo antica, purtroppo però per potere impostare un discorso di carattere tecnologico si dovrebbe avere a disposizione un numero maggiore di frammenti e di campioni194. Le forme rinvenute a Favarotta sono completamente diverse da quelle della produzione del villaggio di Mursia dell’Età del Bronzo e da quelle di età punica e

189 VITELLI 1981; CIRELLI, 2002; HOLOD,CIRELLI 2011. 190MANGIARACINA 2013.

191BENENTE, 2010. 192 MILANESE 2007. 193 MILANESE 2010.

194 La scheda descrittiva dell’analisi della sezione sottile è riportata nel capitolo 6 a cura di G. Montana, A.M. Polito (Università di palermo).

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romana, ma possono essere assimilabili allo stile delle forme medievali di ceramica da fuoco195.

Purtroppo queste prime indagini del contesto non aiutano a comprendere il sito, in ogni caso il contesto ceramico è omogeneo. Questo ritrovamento di ceramica medievale di produzione pantesca aggiunge nuovi dati alla storia dell’artigianato locale, da interpretare probabilmente come una manifattura funzionale al sito di Favarotta, in quanto al momento non vi sono altre attestazioni di ceramica di Pantelleria di questi secoli.

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Fig. 82: forme rinvenute nel relitto, dopo il restauro.

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Fig. 84: coperchi.

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Fig.86: coperchio con teglia . Relitto. Fig. 87: coperchio con teglia.

Fig.88: coperchi. Relitto Fig. 89: tegame con coperchio.

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Fig.92: tegami con coperchi. Fig. 93: tegame.

Fig.94: tegame 2.1 Fig.95: tegame 2.1

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Fig 97: teglia tipo 3. Relitto Fig. 98: teglia tipo 4. Relitto.

Fig 99: casseruola. Relitto Fig. 100: casseruole. Villaggio

Fig 101 pentola 6.1a. Villaggio UT1000. Fig. 102: pentola 6.1a. Villaggio

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Fig. 104: graffito latino Pascasius su fondo di teglia. Relitto

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Fig.107: olletta tipo 7. Relitto. Fig.108: olletta tipo 7. Relitto.

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Fig. 110: grande contenitore 8.2a con tracce di fumigazione esterna. Relitto

Fig.111: grande contenitore 8.2a con pece Fig. 112: fondo del contenitore bruciata . Relitto.

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Fig. 113: grande contenitore 8.2a. Fig.114: orlo grande contenitore 8.3. Villaggio UT 1300. Villaggio UT 1800

Fig. 115: teglia con tracce di zolfo. Relitto. Fig. 116: interno coperchio

Fig. 117: tracce di bruciatura su una pentola. Fig. 118: tracce di bruciatura.

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Fig. 119: pagliericcio pressato. Fig. 120: pagliericcio pressato. Relitto. Villaggio UT 1000.

Fig. 121: ceramica da fuoco locale . Fig. 122: ceramica da fuoco locale Favarotta. Favarotta.

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Fig. 125: orlo con ansa. Fig. 126: orlo con ansa. Fig. 127: orlo con ansa.

Fig. 128: ceramica islamica. Fig. 129: ceramica invetriata.

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