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- Area della finanza

Nel documento Articolo I. L impresa e l ambiente (pagine 52-57)

8.1 L’area finanziaria

la gestione di un’impresa ha come punto di arrivo e di partenza un fatto finanziario. Essa, attraverso l’apporto di mezzi finanziari, che verranno impiegati nei processi produttivi, da inizio al suo ciclo.

Dai processi produttivi avranno luogo i prodotti, i quali, posizionati sul mercato, apporteranno nuovi mezzi finanziari utili per iniziare un nuovo ciclo. Questa ruota continuerà a girare fin tanto che l’impresa avrà vita.

Lo scenario attuale è caratterizzato dalla difficoltà sempre maggiore di reperire mezzi sul mercato dei capitali, a questo, si aggiunga la concorrenza, sempre più incalzante, che induce le imprese a ricercare nuove ed originali strategie e quindi a determinare un ulteriore fabbisogno finanziario.

Alla luce di quanto detto, quindi, si può comprendere quanto sia difficoltoso il governo delle risorse finanziarie all’interno dell’azienda. Inoltre, l’efficienza gestionale, componente fondamentale di tutti i business, siano essi innovativi o consolidati, implica anche il governo efficiente ed efficace dei tempi di percorrenza e di stasi delle risorse finanziarie impiegate nei business. Questo, anche e soprattutto, a seguito delle profonde trasformazioni che hanno sovvertito il modo di intendere la produzione industriale, caratterizzata da continui e profondi cambiamenti di tendenza della domanda e che induce alla ricerca, a chi è preposto al governo aziendale, alla ricerca di nuovi, efficaci e sempre più efficienti mezzi che permettano di implementare continuamente l’impiego delle risorse produttive. In tal senso, le risorse finanziarie costituiscono la “rampa di lancio” per qualsiasi progetto.

In passato le disponibilità patrimoniali e finanziarie costituivano, tante volte, la parte determinante per le decisioni strategiche. Negli anni 90’ vi è stata, però, un’inversione di tendenza data dalla compressione dei cicli di vita del prodotto e dei settori e, quindi, una richiesta di maggiore rapidità nella sostituzione delle fonti finanziarie. Questa tendenza presenta velocità diverse da impresa a impresa e ha indotto il management alla ricerca di rapporti di interconnessione e di fiducia con molti dei soggetti appartenenti alla filiera strategica dell’azienda. Importanti sono i rapporti che l’impresa instaura con tre dei principali operatori:

• Fornitori - sicurezza nella qualità tecnica e nei tempi delle forniture soprattutto se il prodotto che occorre all’impresa possiede un elevato grado di know – how.

• Clienti – la clientela è sempre più esigente e sofisticata e si rivolge ad un dato prodotto se lo reputa utile ed insostituibile.

• Istituzioni di intermediazione finanziaria – è importante avere buoni rapporti con chi finanzia il capitale. Chi è interessato alla vita dell’impresa deve preoccuparsi che i circuiti produttivi, che direttamente si riflettono su singoli elementi del capitale aziendale, e circuiti finanziari, che si riflettono sulle forme di finanziamento del suddetto capitale, si sviluppino in forme armoniche sulla base delle informazioni riguardanti le cadenze temporali e i vincoli posti dalla gestione.

Gli studi in materia di finanza aziendale ebbero inizio negli anni venti in America. Tale periodo fu caratterizzato da una massiccia collocazione di titoli azionari emessi da grandi società. In seguito, gli anni trenta videro il crack della borsa di Wall Street – conseguenza - iniziarono molteplici studi al fine di comprenderne i motivi. Furono, a seguito di quest’evento, affinate le ricerche in materia finanziaria e, in particolare, sulla tematica delle minime condizioni di liquidità necessarie per la sopravvivenza dell’azienda. Oggi, la gestione finanziaria è diventata una protagonista nell’ambito gestionale, vale a dire che nelle imprese industriali, essa diventa attività parallela anche per la produzione di profitti. È proprio in base a questi concetti che, oggi giorno, chi intende la funzione finanziaria come l’area cui compete il reperimento di capitali occorrenti all’impresa rischia di avere una visione ristretta in materia. Oggi, di fatti, studi su studi ricercano le possibilità più innovative e vantaggiose per ricevere nuovi e sempre più voluminosi finanziamenti ponendo l’attenzione sul collegamento tra impresa e l’ambiente finanziario, il tutto finalizzato al sviluppo delle scelte strategiche e operative dell’impresa.

Negli anni 50’, gli studi di finanza aziendali si arricchiscono di nuovi contributi: al paradigma tradizionale si affianca congiuntamente il problema del reperimento delle risorse e quello del loro efficace impiego. La relazione, in questo caso, è tra gli investimenti ed i relativi finanziamenti, sia in termini di volume delle risorse finanziarie, sia in termini di correlazione tra rendimenti degli investimenti e costi delle risorse finanziarie acquisite. Il contenuto di questa visione può essere riassunto in tre punti:

• Definizione della composizione e della dimensione delle attività da acquisire.

• Definizione del volume totale dei mezzi da impiegare.

• Individuazione della composizione delle fonti di finanziamento.

Si parla di “funzione finanziarie allargata” , volta, cioè, non più solamente al reperimento, ma anche all’impiego di fondi, al fine di concorrere al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Fondamentale per la gestione finanziaria è determinare le combinazioni ottimali tra approvvigionamenti ed utilizzazione delle risorse nelle varie alternative di investimento, assumendo un ruolo base nella programmazione strategica. Per fare ciò l’area della finanza si è munita di strumenti analitici sofisticati.

Si parla anche di “nuova finanza” poiché caratterizzata da un sempre più pronunciato connotato di strategicità della funzione e con compiti sempre più ampliati.

Risulta, a seguito di quanto detto, semplice capire quanto la definizione del piano degli investimenti si pone quale aspetto prioritario nella gestione dell’azienda. La finanza, in altri termini, non è più semplicemente rivolta alle scelte relative al passivo e all’attivo, ma anche e soprattutto partecipa, tramite la formazione e l’afflusso di nuovo capitale, al processo di sviluppo delle risorse e dei valori che, nel loro insieme, rappresentano “quel riassuntivo investimento che è l’impresa”.

8.2 il ruolo della funzione finanziaria

Sia la funzione produttiva che quella finanziaria godono di un’elevata correlazione; la funzione finanziaria, infatti, ha il compito di determinare e coordinare le entità dei flussi monetari e finanziari che precedono, accompagnano e seguono la funzione produttiva dell’impresa, cosiddetta “attività reale”. Tale funzione, per questa ragione, assume un senso allargato, essa si occupa non solo dell’acquisizione dei finanziamenti ma anche del loro impiego.

L’attività finanziaria moderna, frutto dell’evoluzione, non è più schiava della funzione produttiva, essa non è più condizionata dalle strategie di portafoglio, anzi, riesce, invece, ad influire sulle scelte di portafoglio, sia attraverso la definizione dei limiti finanziari dello sviluppo e crescita sostenibili, sia attraverso l’individuazione delle soglie minime di reddito da non superare durante la selezione degli impieghi dei singoli business determinati in funzione del rischio aziendale ad essi correlato.

La gestione finanziaria deve essere inquadrata sotto il profilo tattico ed operativo: tattico perché si considerano le decisioni finanziarie, intese ad ottimizzare l’impiego e la raccolta dei fondi,

operativo perché si includono i compiti di attuazione e di controllo delle decisioni prese. La gestione finanziaria, quindi, richiede la creazione ed il mantenimento dell’equilibrio tra fonti ed impieghi nel lungo, breve e brevissimo periodo.

In effetti la gestione aziendale deve rispettare tre tipi di equilibrio:

• Equilibrio economico – la differenza tra costi e ricavi deve tradursi in un divario positivo per la formazione di un profitto congruo.

• Equilibrio finanziario – cioè il bilanciamento tra impieghi e fondi di provvista dello stesso.

• Equilibrio monetario – nel breve periodo deve preservare la liquidità.

Tutti e tre i punti sono interconnettibili l’uno in funzione dell’altro.

Per la gestione, secondo un processo logico dato dai tempi del ciclo di trasformazione dei costi e dei ricavi, c’è bisogno di un’attività di pianificazione, che si concretizza con la stesura di un preventivo finanziario, supportato e preceduto da uno economico. Nella gestione dell’impresa si avranno flussi in entrata e in uscita, in base a come si combinano, si genererà un disavanzo o un avanzo finanziario, che richiederà di essere coperto o impiegato dall’impresa, in quest’ultimo caso, a scadenze più o meno brevi, al fine di massimizzarne i profitti. Il responsabile della gestione finanziaria, quindi, concorrerà insieme all’alta direzione a valutare e scegliere tra le diverse opportunità d’impiego del capitale remunerato. Questa visione, in cui la finanza non si occupa più soltanto degli aspetti tecnici connessi alla ricerca delle fonti di finanziamento ma s’interessa del governo complessivo dei flussi, è data dal nuovo approccio che quest’ultima ha in campo aziendale.

Riassumendo, la gestione finanziaria può essere divisa in due momenti:

• Della pianificazione – se ne occupa l’alta direzione

• Dell’attuazione – se ne possono occupare anche i livelli più bassi.

I compiti fondamentali dei responsabili delle funzione finanziaria sono:

• Gestione diretta

• Governo della liquidità e relativa programmazione a breve termine

• Gestione del piano finanziario a lungo e a breve

• Controllo finanziario

• Compiti finanziari diversi di carattere atipico che sono svolti in coordinamento con altre aree funzionali (investimenti in materie prime, semilavorati e scorte in genere…)

I caratteri operativi del management finanziario sono delineati da requisiti di alta professionalità e conoscenza scientifica, ma mostrano anche l’esigenza di instaurare una serie di relazioni e informazioni che investano tutto l’ambiente operativo. Tutto ciò è finalizzato a perseguire meglio i fini aziendali. Le complesse attività finanziarie, infatti, prevedono un ampio decentramento funzionale, con lo scopo, però, di rendere unica la strategia che verrà applicata, frutto delle informazioni e decisioni da tutto l’ambiente finanziario.

Ci sono, quindi, due principi che emergono alla luce di quanto detto, quello dell’accentramento decisionale, riscontrabile nell’alta direzione ed il suo ruolo di pianificatore finanziario, e il decentramento funzionale, riscontrabile, come si è visto, proprio nel management finanziario che, per motivi di complessità, distribuisce i compiti.

8.3 l’evoluzione dell’ambiente finanziario

la complessità ambientale ha posto le imprese di fronte alla necessità di adeguare il loro assetto tecnico organizzativo e di adottare strategie di reperimento e gestione delle risorse finanziarie in linea con le esigenze derivanti dal nuovo scenario socio economico.

L’ambiente finanziario, soprattutto negli anni 70’, ha subito profonde modificazioni date dal susseguirsi di una serie di eventi. Tra questi, ad esempio, vi fu l’esplosione ed il successivo calo dei tassi d’inflazione, con il conseguente calo dei tassi d’interesse, i quali hanno rappresentato la causa scatenante dell’emergere di innovazioni finanziarie ed hanno influito pesantemente sul

comportamento delle istituzioni finanziarie. Altre sono le cause che si potrebbero enunciare, ma il fenomeno che forse più di tutti ha provocato l’evoluzione del mercato finanziario è stato il progresso tecnologico ed in particolare lo sviluppo dei sistemi di comunicazione e trasmissione dati.

In tal senso, i nuovi strumenti finanziari hanno permesso alle imprese di fronteggiare il congestionato ambiente, sempre più variabile, riducendo, con effetti positivi, il rischio e i costi. Di contro, il progresso tecnologico è, oggi giorno, la causa maggiore della diminuzione dei tempi di vita di un prodotto e di un settore, quindi, della variabilità dell’ambiente.

Altra conseguenza è il processo di globalizzazione e internazionalizzazione della competizione, in fase di sviluppo e crescita ormai da anni e le cui conseguenze sono riversate nell’ambiente della finanza d’impresa, la quale assume un nuovo ruolo che è possibile configurare nel passaggio da una logica “domestica” di approccio al mercato ad una di tipo internazionale. A livello finanziario, quindi, la globalizzazione – intesa sia in senso domestico che internazionale – per effetto dei traguardi raggiunti dalla tecnologia, come pure per la presenza di nuove figure di investitori e di strumenti finanziari, si sostanzia nella propensione verso una diminuzione della segmentazione ed un aumento delle interrelazioni tra i diversi mercati finanziari.

Oltre al fenomeno della globalizzazione e internazionalizzazione della competizione si affianca quello della convergenza verso sistemi maggiormente orientati al mercato, una crescita, quindi, dell’intermediazione mobiliare a scapito di quella creditizia.

Tutto quanto detto va inquadrato nell’ambito dei modelli relativi al rapporto tra impresa e sistema finanziario. Questi sono due, il primo, rappresentato da Gran Bretagna e USA, il secondo, da Giappone, Germania ed Europa in generale. I primi hanno sempre rappresentato, soprattutto negli anni 60’ e 70’, le espressioni più tipiche di un sistema orientato ai mercati finanziari ed all’auto finanziamento, i secondi, viceversa, si sono sempre caratterizzati per il preponderante ruolo degli istituti bancari nel soddisfacimento delle esigenze finanziarie delle imprese. L’inflessione degli istituti di credito, nell’ambito dei finanziamenti, si è avuto negli anni 80’, dovuto in parte al crescente sviluppo dimensionale e alla crescente articolazione dei mercati finanziari ed in parte alle modificazioni delle strategie d’impresa.

8.4 il processo di internazionalizzazione

il processo di internazionalizzazione ha avuto un ruolo più che rilevate nei mutamenti strutturali della funzione finanziaria. In particolare, l’apertura ai mercati esteri, permessa dal legislatore dopo lunghi anni di duro controllo, ha permesso la conoscenza di mercati finanziari più evoluti e quindi ha avuto un ruolo di stimolo per le imprese, nello sviluppo di nuove competenze professionali rese necessarie per operare sui mercati esteri.

La nascita di nuovi strumenti di classificazione del credito societario maggiormente adeguati all’identificazione del grado di rischio inerente alle singole operazioni finanziarie, ha portato le grandi imprese italiane, attraverso la direzione dell’alta finanza, alla crescente attenzione verso l’ottimizzazione dei flussi finanziari, sia interni che esterni.

Ruolo diverso hanno invece le imprese di minori dimensioni; queste, non potendo utilizzare gli stessi strumenti delle grandi, hanno più difficoltà nel reperire informazioni attendibili e soprattutto costanti o ad ottenere una conoscenza degli strumenti e regolamenti adatta all’internazionalizzazione. In altri termini se nelle imprese di grandi dimensioni la direzione finanza potrà assolvere le funzioni anzidette utilizzando le competenze acquisite in ambiti specifici, per le imprese di dimensioni medie la sfida sarà più difficile.

Per tutti gli operatori comunque sarà indispensabile allinearsi con le regole internazionali che impongono certificazione dei bilanci e rating (commisurazione delle imposte).

8.5 il processo di accentramento

Altro aspetto da considerare è l’evoluzione nell’organizzazione della funzione finanziaria, soprattutto nelle grandi imprese. Nei capitoli precedenti, abbiamo esaminato il decentramento e la deframmentazione del processo produttivo, al contrario, per quanto riguarda la funzione finanziaria

si può parlare di accentramento della gestione finanziaria. È a livello centrale, dunque, che si definiscono le strategie ed i fabbisogni finanziari e che si decide la corrispondente copertura tramite accesso al finanziamento a breve – medio – lungo termine.

In modo particolare, il fenomeno dell’accentramento ha riguardato la gestione della tesoreria ed attraverso i sistemi di tesoreria unica, infatti, le grandi imprese sono in grado di contenere il fabbisogno corrente sia nella gestione del capitale circolante che nella gestione degli incassi e pagamenti. I vantaggi:

• Generici – minimizzazione del costo delle risorse finanziarie raccolte.

• Specifici – relativi alla possibilità di gestire in proprio operazioni finanziarie di tipo straordinario quali copertura dei rischi di cambio, arbitraggi, impiego di risorse eccedenti…

Il fenomeno dell’accentramento deve avere alla base un valido supporto di tipo informativo.

L’obiettivo è quello che configura la tesoreria del gruppo come una “banca interna operante a condizioni concorrenziali rispetto al mercato”.

8.6 Dalla flessibilità alla mobilità finanziaria

la flessibilità, perno basilare ai fini della vita aziendale, si traduce a livello finanza, nell’adattabilità di questa alle scelte di gestione del mutamento. In termini pratici, la flessibilità finanziaria si concretizza nel predisporre una struttura di mezzi propri e di terzi in grado di fronteggiare eventi imprevisti all’atto della formulazione del piano di gestione. All’interno del concetto di flessibilità finanziaria si trovano altri due concetti:

• il grado di liquidità – indica la misura in cui un imprevisto può essere fronteggiato dall’impresa con mezzi propri.

• il grado di elasticità. – la possibilità di far fronte a tale fabbisogno ricorrendo ai mercati finanziari.

All’inizio, si riteneva che per ottenere flessibilità finanziaria bisognava mantenere delle riserve finanziarie disponibili alla copertura degli imprevisti. Tale obiettivo veniva raggiunto, dal lato passivo, utilizzando le risorse raccoglibili e dal lato attivo, ricercando più elevati valori dal rapporto valore aggiunto e capitale investito.

Questo modo di vedere la flessibilità fu dopo poco, a seguito dell’aumento della complessità, messo in crisi. Si comprese che non bastava semplicemente conservare fondi o saperli gestire in modo prospettico ed ordinario per ottenere un buon andamento dell’attività finanziaria ma bisognava raggiungere un buon grado di elasticità. Per il perseguimento di quest’obiettivo, la componente base era riscontrabile nella capacità di gestire sempre nuove e proficue relazioni sui mercati finanziari. A questo presupposto si inserisce un nuovo concetto: la mobilità finanziaria. Questa racchiude in sé altri due aspetti che si sostanziano nella:

• flessibilità strategica: attitudine a modificare gli obiettivi e, se necessario, le scelte di lungo termine.

• Flessibilità operativa: connessa all’operatività delle diverse funzioni aziendali.

In altri termini, sono la mobilità strategia ed operativa che divengono la premessa più rilevante della mobilità finanziaria e dunque, sono le scelte in chiave reale a salvaguardare in prospettiva l’equilibrio finanziario.

Le imprese, alla ricerca di flessibilità, hanno già imparato a predisporre il la struttura del capitale ad una maggiore capacità di adattamento, questo ottenibile attraverso:

✓ L’ampliamento dei mezzi propri

✓ Il decentramento di alcuni servizi

✓ Gestendo in modo più accurato il capitale circolante

✓ Attuando forme d’investimento più facilmente smobilizzabili

✓ Ricorrendo a forme di finanziamento più elastiche.

8.7 problematiche finanziarie e alcuni strumenti tecnici

8.7.1 la pianificazione finanziaria

la pianificazione finanziaria è un processo articolato in quattro punti:

I. Analisi delle opportunità di finanziamento e investimento che si presentano all’impresa II. Previsioni delle conseguenze che le decisioni di oggi avranno in futuro

III. Decisioni rispetto alle alternative disponibili

IV. Confronto dei risultati ottenuti con gli obiettivi definiti nel piano finanziario.

I pianificatori dovranno valutare non solo i risultati previsionali più probabili ma anche quelli con la minor possibilità che accadano.

Un piano finanziario è un documento costituito da:

• Stato patrimoniale

• Conto economico

• Rendiconto finanziario previsto

Una corretta previsione deve possedere alcuni requisiti:

➢ Le previsioni devono essere il più possibile attendibili. Per fare ciò ci si avvale di modelli econometrici che tengano conto delle relazioni tra le diverse variabili oppure dei dati statistici, in particolare storici.

➢ Per ovviare una mal distribuzione di informazioni e competenze all’interno dell’impresa, c’è bisogno di procedure amministrative che garantiscano che tali informazioni non vengano ignorate.

Il manager finanziario dovrà decidere quale sia il piano migliore. Per fare ciò non esiste alcun modello o teoria che fornisca un sistema preciso di decisione né che tenga conto della complessità e dei fattori imponderabili che rientrano nella pianificazione finanziaria.

Altro problema è quello della dipendenza delle future opportunità d’investimento dalle attuali decisioni in materia. Facciamo un esempio: spesso le imprese investono per entrare in un mercato per ragioni strategiche, senza valutare se il netto possa o meno essere superiore allo zero, semplicemente per entrare in quel mercato e creare delle opportunità per possibili investimenti futuri profittevoli. Tale strategia viene denominata “opzione reale”. Si tratta di una decisione a due stadi – nel primo stadio il progetto può essere considerato valido o meno in base alle opzioni che crea mentre nel secondo il manager si trova semplicemente innanzi ad un problema di capital budgeting (prevedere le spese). In tal senso, si può pensare al ciclo di innovazione tecnologica che ha inizio nella ricerca di base e che deve passare attraverso lo stadio di sviluppo del prodotto, della produzione pilota, e dei test di mercato prima di essere commercializzato. La commercializzazione è un tradizionale problema di capital budgeting, ma quella di dare avvio alla produzione pilota e dei test di mercato equivale ad acquistare un opzione sulla produzione su scala commerciale. L’impiego di fondi per lo sviluppo del prodotto equivale a sua volta all’acquisto di un opzione sulla produzione e sui test di mercato.

8.7.2 fonti e forme di finanziamento

Nel documento Articolo I. L impresa e l ambiente (pagine 52-57)

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