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- L’area organizzativa

Nel documento Articolo I. L impresa e l ambiente (pagine 24-38)

5.1 La funzione organizzativa

Possiamo definire l’azienda come un “istituto economico amministrativamente organizzato” al fine di esplicare quanto l’organizzazione rappresenti uno degli elementi fondamentali per la gestione aziendale. L’organizzazione interessa tutte le funzioni in modo orizzontale, diversificandosi di caso in caso a seconda delle circostanze temporali ed ambientali. In generale, organizzare significa ordinare un sistema attribuendo ruoli specifici ad ogni parte – le parti, all’interno dell’impresa, sono gli organi che la compongono e l’organizzazione, quindi, si rivolge in primo luogo a disciplinare i compiti, i poteri e le responsabilità che ciascuno di questi dovrà assumere nel corso della gestione.

Avendo, quindi, assodato che il ruolo organizzativo dell’impresa serve ad ordinare un sistema attribuendo ruoli specifici ad ogni parte, possiamo elencare i vari punti su cui l’organizzazione va ad avere effetto:

• I centri decisionali, di controllo ed esecutivi da istituire nell’impresa.

• L’autorità e la responsabilità da attribuire a ciascuno di essi.

• La struttura formale dei rapporti fra i vari centri e dei compiti (organigramma e descrizione delle mansioni).

• Le procedure di decisione, di informazione e di esecuzione necessarie per l’ordinato svolgimento della gestione.

• La politica delle ricompense e gli altri provvedimenti adottati dal management per influenzare il comportamento dei dipendenti ed indirizzarlo verso determinati obiettivi.

Tali problemi vengono proposti all’attenzione dell’imprenditore nel momento in cui l’impresa si costituisce, diventano però, nel tempo, sempre più numerosi e di maggior spessore, provocando, in tal caso, un continuo rinnovamento nelle scelte organizzative.

Per capire, possiamo enunciare le quattro fasi del modello del ciclo di vita dell’organizzazione - Grenier, discutendo sull’argomento, ha dimostrato che le organizzazioni in espansione attraversano delle fasi ben determinate ( vedi grafico pag. 134), caratterizzate all’inizio da una relativa calma e alla fine con una “crisi manageriale”.

Tali fasi sono:

• Imprenditoriale non burocratizzata – semplice e con pochi beni da gestire, è il solo titolare che provvede all’innovazione dell’impresa e l’obiettivo principale è sopravvivere. Lo stile dell’alta direzione è individualistico o imprenditoriale.

• Collettiva preburocratizzata - in tale contesto i bene sono maggiori, non è più il titolare che provvede all’innovazione ma i manager ed i dipendenti, l’obiettivo è crescere. Lo stile dell’alta direzione è carismatico o direttivo.

• Formale burocratica – sono presenti linee di beni o servizi, l’innovazione viene gestita da un gruppo di specialisti che ne ha l’incarico e l’obiettivo è consolidarsi all’interno ed espandersi nel mercato. Lo stile dell’alta direzione è delegante, in un contesto di controllo.

• Evoluta molto burocratica – si gestiscono più linee di beni o servizi e l’innovazione è affidata ad un gruppo di ricerca e sviluppo. L’obiettivo è consolidare il proprio nome e completare la struttura organizzativa. Lo stile dell’alta direzione è partecipativo, attraverso il lavoro in team.

L’autore individua nella fine della terza fase la crisi riferita al controllo e nella quarta la crisi riferita agli eccessi burocratici. In ogni modo prevenire e prevedere tali crisi è fondamentale per evitare la rottura – l’alta direzione in tali situazioni deve essere all’altezza di fronteggiare la crisi nel migliore dei modi, può fare questo solo seguendo i parametri enunciati negli stili dell’alta direzione alla fine dei punti su scritti.

5.2 La struttura organizzativa

la struttura organizzativa di un’impresa è rappresentata da tutte le relazioni interne ad essa. Ad esempio, fanno parte di essa: le relazioni strutturali tra la componente personale e quella materiale dell’organizzazione, il sistema dei ruoli e dei livelli decisionali, la distribuzione delle autorità e delle responsabilità.

Può essere quindi definita:

• Un insieme di relazioni tra le persone che operano al suo interno.

• La distribuzione delle autorità e delle responsabilità al suo interno.

• Un insieme di processi elementari con i quali la stessa si costituisce.

La struttura organizzativa non può essere costruita da una schematizzazione a priori ma, anzi, deve essere modellata in base alla fisionomia dell’azienda ed ai fini che la stesa vuole perseguire.

In particolare possiamo fare una distinzione in:

• Elementi di hardware o di struttura:

o Assoggettamento ad una funzione determinata dai fini o dagli obiettivi delle persone operanti all’interno dell’impresa.

o Elementi o parti della struttura la cui collaborazione o meglio, combinazione è necessaria per assolvere una funzione dell’organizzazione.

o Differenziazione delle parti o degli elementi al fine di attribuire ad ognuna di queste/i uno specifico ruolo all’interno dell’impresa.

o Integrazione delle parti o degli elementi al fine di coordinare tutte le specifiche parti in unico sistema.

• Elementi di software o decisionali:

o Tali sono riconducibili ad un centro di potere decisionale. Questo, oltre a coordinare gli obiettivi, gli scopi e le finalità, stabilisce e elabora le norme e le relazioni tra le parti.

Altra divisione da fare è quella riguardante i rapporti aziendali, i quali possono essere:

• Formali – tali rapporti possono essere rappresentati anche negli organigrammi poiché ufficiali.

• Informali – detti anche spontanei poiché non rappresentabili all’interno degli organigrammi.

Si differenziano da quelli formali poiché sono spontanei.

Gli organigrammi sono la rappresentazione più evidente della struttura organizzativa di un’impresa poiché evidenziano i collegamenti salienti tra le varie parti dell’impresa. Essi sono il frutto della progettazione della struttura stessa e tengono conto dei criteri di flessibilità e adattamento all’ambiente.

5.3 Le rappresentazioni grafiche delle strutture organizzative: gli organigrammi.

Cosa sono gli organigrammi?

Sono rappresentazioni grafiche globali, d’immediata percezione visiva, della struttura organizzativa formale dell’azienda. Lo scopo è di evidenziare gli aspetti fondamentali del funzionamento dell’organizzazione, le posizioni strutturali ed i collegamenti tra le diverse funzioni aziendali.

Tali strutture presentano dei limiti:

• Mancanza di informazioni sulle posizioni rappresentate - non sempre, infatti, ad un dato livello di dipendenza gerarchica corrisponde una pari importanza nelle decisioni strategiche.

• Mancanza di informazioni sui rapporti non gerarchici ed informali.

• Difficoltà nell’estrapolare notizie sull’ambiente di riferimento. Spesso si tenta di dedurre dal tipo di organigramma quale possa essere l’ambiente di riferimento. Ad esempio, una struttura gerarchica o monofunzionale da ad intendere un ambiente rigido, mentre uno organigramma flessibile e funzionale indica un ambiente più turbolento.

Nei prossimi paragrafi parleremo dei vari organigrammi.

5.4 il modello gerarchico

Partiamo da una prima analisi storica:

la struttura gerarchica può essere divisa in tre principali categorie, rispettivamente collegabili a diversi periodi storici:

• Gerarchica pura – periodo pre – fordista

• Gerarchica funzionale – periodo fordista e post – fordista

• Line staff – periodo fordista e post – fordista

Il “gerarchico – puro” è tipico di sistemi semplici in cui la velocità di cambiamento del mercato è più lenta rispetto a quella di adattamento dell’azienda – tutto si fonda sulla stabilità e si può rappresentare semplicemente con una piramide dove i livelli superiori impartiscono funzioni meno complesse, per delega, ai livelli sottostanti. Tale sistema viene definito monofunzionale, ha la particolarità di avere un processo di delega molto ridotto, un coordinamento per gerarchia, il controllo totale, un processo decisionale accentrato e una comunicazione verso il basso. È l’imprenditore che si occupa della gestione di quasi tutte le funzioni aziendali lasciando solo alcune sub – funzioni ad altri dipendenti.

I criteri su cui fonda tale modello sono:

• Principio di gerarchia – l’autorità, la responsabilità e le competenze sono massime al vertice dell’impresa.

• Le funzioni vengono delegate verso il basso.

• In caso di difficoltà impreviste il problema deve tornare al vertice.

• Ciascuno deve sapere chiaramente da chi prendere ordini e a chi rivolgersi quando non sia in grado di decidere da solo.

Tale sistema presenta i suoi limiti non appena l’ambiente inizia a diventare più complesso, si necessita di conseguenza di un sistema decentrato, in grado di prendere decisioni più velocemente e più efficacemente. Nasce, alla luce di tali cambiamenti, il sistema gerarchico – funzionale.

Esso può essere suddiviso in:

• Direzione generale – scelte strategiche, miglioramento dell’efficienza, del coordinamento e dell’integrazione nonché dell’allocazione delle risorse tra i diversi dipartimenti funzionali sono i compiti attribuiti al vertice.

• Aree o dipartimenti funzionali – tali dipartimenti hanno il compito di svolgere nel modo più efficiente i compiti loro affidati.

• Unità di base – ogni dipartimento ha varie unità base, queste corrispondono alle unità di produzione, di vendita, ecc. ed hanno il compito di rendere operativi i piani dei dipartimenti.

Come si può notare, oltre al principio di gerarchia, troviamo il principio di competenza – tale non delega al top, bensì controlla e coordina attraverso meccanismi operativi e mediante il principio di eccezione.

Resta da dire che, nonostante possa sembrare un sistema ottimale - quello gerarchico – funzionale - ci sono tanti limiti che lo rendono ancora troppo rigido. Il principio base su cui si fonda, infatti, è quello della specializzazione delle singole aree. Ciò facilità l’apprendimento e la diffusione delle conoscenze tra gli appartenenti ad una medesima funzione – non coopera però, alla sinergia tra i vari reparti andando, per questo, contro i presupposti su cui nasce l’impresa, cioè la massimizzazione dello sfruttamento delle conoscenze presenti nell’impresa. D’altro canto, la struttura funzionale permette di conferire la dimensione ottima ad ogni singolo dipartimento, ciò permette di sfruttare al meglio le economie di scala tipiche del fordismo e, anche se in forme diverse, del post fordismo. E’ facile quindi intuire, alla luce di quanto detto, i motivi per cui tale modello abbia avuto tanto successo negli appena citati periodi storici e la successiva crisi che colpi il fordismo e il modello in questione.

5.5 il modello divisionale

il modello divisionale, a differenza del gerarchico, sottintende un ambiente relativamente instabile ed una struttura caratterizzata da ampia delega nei riguardi delle divisioni operative. In particolare, l’azienda viene divisa in un manager principale, o top manager, e subito sotto un manager per ogni attività, raggruppate per prodotto/progetto/area geografica – in tale modello, quindi, la responsabilità di ogni manager aumenta anche se la struttura di base rimane sempre quella gerarchica funzionale - in termini pratici, la struttura, anche se divisionale o multidivisionale, resta funzionale ma a livelli più bassi.

Tale modello potrebbe essere così descritto:

• Alta direzione – funzione strategica ed imprenditoriale, pianificazione degli obiettivi, allocazione delle risorse tra le diverse divisioni operative.

• Staff della direzione generale – fornisce consulenza all’alta direzione e alle divisioni operative.

• Dipartimenti funzionali delle divisioni operative – sono presenti nel caso di complessità delle attività svolte dalle stesse, coordinano le attività delle unità di base delle quali sono responsabili.

• Unità di base – svolgono la loro attività nell’area operativa di un dipartimento funzionale.

Primo elemento di discussione è la specializzazione, la quale rappresenta il motivo per cui l’azienda viene gestita secondo il criterio della multidivisione. Ogni divisione, in particolare, viene

denominata “quasi impresa” poiché gode di un elevato grado di autonomia, data dal numero di dirigenti che vi sono al vertice - quanto più saranno numerosi tanto minore sarà l’autonomia di ogni singola divisione e viceversa - Lo scopo della divisione per attività è quello di affidare, per l’appunto, alla specializzazione talune attività che più ne potrebbero beneficiare – in tutti i casi, altre attività vengono invece centralizzate, il motivo sta nella necessità di un più elevato coordinamento sul piano aziendale come può esserlo ad esempio la finanza.

Parametro fondamentale nell’analisi di tale modello è l’introduzione della separazione tra attività strategica ed amministrativa ed inoltre e l’aver stabilito che la divisione di un’azienda va fatta seguendo i punti : prodotto/progetto/area geografica. Tali parametri rendono più efficienti i risultati dell’azienda in quanto più facilmente si può ottenere un quadro chiaro dell’impresa correggendo più diretta nelle divisioni in cui la redditività non è profittevole come dovrebbe.

I limiti di tale modello sono:

• Il poco scambio di know – how

• La poca adattabilità agli svarioni del mercato o ad un’accentuata diversificazione la quale richiederebbe un elevata divisione con conseguente perdita di economie di scala.

• La mancanza di un forte gruppo funzionale dedito alla ricerca & sviluppo.

5.6 il modello a matrice

Tale modello ha la particolarità di adattarsi a sistemi dinamici sviluppando ai massimi termini il concetto di impresa aperta ad un ambiente elastico e dinamico.

Il fine sta nel coordinare al meglio l’organizzazione per funzioni e quella per progetti.

L’azienda matriciale dispone di responsabili per i progetti e per i reparti funzionali, viene quindi divisa in due categorie che dipendono entrambe da un unico vertice. Queste due categorie si occupano delle medesime risorse umane e materiali, hanno però fini e responsabilità differenti.

La configurazione può essere permanente se è rivolta al prodotto mentre temporanea se viene sviluppata in base al progetto. La struttura di una matrice può essere permanente, ad esempio, quando si gestiscono più linee di prodotti con i quali bisogna utilizzare le medesime conoscenze, o rotante, quando si gestiscono più progetti ed il personale dell’azienda si sposta sui vari progetti adattandosi alle diverse circostanze; più in generale, una struttura matriciale è formata da un capo funzionale, che gestisce e coordina le varie attività in modo verticale, e da un projet manager, il quale svolge il suo ruolo in modo orizzontale. Si nota, alla luce di quanto detto, che la vera originalità sta nella non unicità del comando il quale è diviso sotto due categorie di manager – l’autorità derivante dalla conoscenza professionale viene infatti separata dalla responsabilità di dirigere le risorse.

I punti di forza della matrice sono:

• Equilibrio ed evidenza degli obiettivi.

• Coordinamento delle funzioni.

• Rapidità di risposta ai cambiamenti del mercato.

• Controllo del progetto da parte del project manager mediante il controllo di tutte le risorse.

• Maggior possibilità di utilizzo del personale.

I principali problemi sono:

• Possono sorgere conflitti tra manager funzionali e di progetto.

• Un’organizzazione dei progetti separata può far duplicare gli sforzi.

• I tempi per la definizione di politiche e procedure all’inizio dei progetti possono essere lunghi.

• Per evitare l’anarchia la struttura a matrice deve essere mantenuta flessibile ed aperta.

• Uno specialista può dover rispondere a numerosi capi.

5.7 l’organizzazione a fiore

i presupposti su cui fondare la nostra analisi sono:

• il cambiamento organizzativo può mutare strategie, ruoli, obiettivi, in tutti i casi, bisogna che le persone facenti parte dell’impresa, condividano le motivazioni a monte e le conseguenze a valle di tali cambiamenti – più sono motivate a finalizzare nel migliore dei modi gli obiettivi aziendali, più il cambiamento sarà di successo.

• La partecipazione ai progetti aziendali, da parte di tutti gli elementi, sviluppa creatività;

questa, se ben incanalata e sfruttata al meglio, può apportare grandi vantaggi all’impresa.

• Non bisogna creare strutture predefinite, come avviene nell’organizzazione a progetti, ma

“collettivamente diffuse”. Significa quindi che devono dare spazio a tutti al fine di liberare creatività e sviluppare consenso.

Il vertice presidia i criteri di fondo, i valori, i macro obiettivi, cioè il clima organizzativo e la cultura tra i suoi e dei suoi dipendenti. Questo porta l’impresa ad accordarsi sulle soluzioni e modalità migliori per il cambiamento. In tale modello non è solo il vertice che si rivolge alla periferia ma anche la periferia che si rivolge al vertice, il risultato è la condivisione da parte di tutti del cambiamento poiché tutti hanno partecipato alla sua realizzazione.

Capitolo VI - L’area logistica – produttiva 6.1 La funzione di produzione

l’impresa soddisfa i bisogni della società attraverso la produzione di beni o servizi, la funzione produttiva, infatti, è il presupposto su cui nasce un’impresa. Ma cos’è la funzione produttiva?

Semplicemente, è la trasformazione economica di input in output destinati all’uso. Questa definizione, comunque, risulta essere generica in quanto diverse sono le classificazioni alternative, esponiamone qui di seguito alcune:

• Approccio tecnico fisico – consiste nell’insieme delle tecniche disponibili per produrre un dato output determinate le quantità di input disponibili. Tale approccio è riassunto da una funzione di produzione y  f(x), (vedi appunti di microeconomia pag. 2) dove y è l’output e x è l’input. L’output, quindi, è funzione di x dato un livello tecnologico. Tale funzione esprime, però, solo l’aspetto quantitativo, mentre, come sappiamo, efficienza ed economicità sono fondamentali per la produzione dell’impresa. In tal caso, si può affermare che un impresa per conseguire risultati ottimali deve massimizzare i profitti e minimizzare i costi.

La massimizzazione del profitto la si ottiene sfruttando al massimo le tecnologie a disposizione e, quindi, utilizzando il più possibile le risorse disponibili. La minimizzazione dei costi è data dalla relazione tra l’input/ output, cioè, minimizzare i costi attraverso la razionalizzazione dei fattori produttivi.

• Produzione in senso economico – si sottolinea il ruolo che l’impresa ha come strumento di creazione del valore. La trasformazione di input in output e la conseguente emissione sul mercato di questi ultimi ha come fine un utile il quale lo si ottiene detraendo le spese di produzione, di acquisto degli input, e altre varie, al guadagno ottenuto dalla vendita.

• Visione manageriale – si esamina l’aspetto imprenditoriale, perno principale nelle scelte strategiche ed economiche dell’impresa. Come i precedenti punti, anche questo è fondamentale per il giusto andamento aziendale.

Fino ad ora abbiamo separato l’output in beni materiali e servizi. Tale distinzione, tecnicamente, risulta essere giusta, infatti, i metodi di erogazione e produzione del prodotto hanno strade differenti

se sono, per l’appunto, beni o servizi. L’obiettivo finale è, però, uguale, infatti, la produzione di beni o servizi è finalizzata all’adattamento delle risorse per soddisfare la domanda. Oggi giorno, in tutti i casi, anche la distinzione dal punto di vista tecnico perde sempre più velocemente peso, ogni prodotto dispone intrinsecamente di una serie di servizi finalizzati al soddisfacimento della clientela, sempre più esigente e pronta a modificare la domanda, e si può, quindi, parlare di un mix di beni e servizi. Il Volpato esprime il suo pensiero sull’argomento dicendo che la funzione produttiva deve rispondere all’esigenza di fornire, di volta in volta, i prodotti/servizi giusti nella qualità che risulta competitiva per la posizione scelta sul mercato, nella quantità utile, in condizioni di economicità e relativa flessibilità. Il tutto in linea con gli obiettivi strategici dell’impresa.

La centralità della funzione di produzione è confermata anche dalla presenza delle attività a monte e a valle del processo produttivo. Le attività a monte sono la R&S, l’approvvigionamento, la finanza (la funzione finanziaria è stata inserita per la sua essenzialità nel definire la fattibilità o meno delle iniziative produttive, è , però, una funzione orizzontale che attraversa trasversalmente tutte le attività dell’impresa), in pratica tutto quanto serve per predisporre l’impresa ad attuare la funzione di produzione. Le attività a valle sono quelle finalizzate alla connessione tra impresa e mercato.

Dimostrata l’importanza del processo produttivo, discutiamo di quanto esso, con il passare del tempo, si sia evoluto fino a diventare uno dei punti più difficili da gestire dai manager aziendali:

Chiamato anche ciclo produttivo, in quanto costituito da fasi che si ripetono allo stesso modo nel tempo, attualmente, ha la caratteristica di non essere più incentrato completamente all’interno dell’impresa – le fasi che lo costituiscono possono essere gestite tutte insieme o autonomamente, inglobate semmai in altre aree funzionali, possiamo parlare, quindi, di scomposizione del ciclo produttivo e possiamo dividerlo su larghe linee in due distinte macrofasi: fase di progettazione e fase operativa.

• Fase di progettazione: è la prima fase poiché viene progettato il prodotto attraverso lo sviluppo delle idee creative, lo studio e la reperibilità dei materiali, la scelta degli impianti, la loro tecnologia, la capacità produttiva e quella di automazione.

• Fase operativa: composta dalla programmazione delle operazioni, il controllo dei processi, l’armonizzazione della logistica in entrata e uscita, la gestione della qualità e delle scorte e tutto quanto serve ad armonizzare l’andamento dell’azienda, a minimizzare i costi e a massimizzare i profitti. Tale risultato lo si può ottenere solo attraverso lo studio del coordinamento, la ricerca e la gestione ottimale delle risorse.

6.1.1 Tipologia dei processi produttivi

Discusso sulle fasi del processo produttivo possiamo fare una prima classificazione dei vari processi che lo caratterizzano. Le variabili che possono differenziarli sono infinite. La tecnologia, l’automazione, il numero di prodotti da trattare, la flessibilità degli impianti, e cosi via, sono solo

Discusso sulle fasi del processo produttivo possiamo fare una prima classificazione dei vari processi che lo caratterizzano. Le variabili che possono differenziarli sono infinite. La tecnologia, l’automazione, il numero di prodotti da trattare, la flessibilità degli impianti, e cosi via, sono solo

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