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Le aree fabbricabili

d) Last not least. Alterazione profonda del-

B) Le aree fabbricabili

1. Non vi ha forse investimento che, meglio di questo, abbia dato luogo in molti casi a guadagni tali da colpire le immaginazioni; e ciò non solT

tanto dopo la formidabile spinta data dalla evo-luzione economica moderna alla tendenza urba-nistica, ma fin da quando incominciò lo sviluppo di molte città entro i limiti invarcabili di ristrette mura o fortificazioni. Nei paesi nuovi poi, dove i centri abitati si dilatarono spesso con fantastica rapidità, il fenomeno procedette talora con ritmo vertiginoso, sollevando le proteste scandolezzate dei sognatori della giustizia economica, tuonanti, come Enrico George, contro l'enormità dei «red-diti non guadagnati ». A sentire costoro, basta, per far fortuna, acquistare comunque un terreno

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scettibile di valorizzazione edilizia e poi dormire fra due guanciali attendendo nella più beata inerzia che il frutto maturi. Mentre il suo possessore riposa il capitale lavora per conto suo e produce frutti, che, accumulati e moltiplicati, si ritrovano dopo pochi anni nel prezzo del realizzo.

La cosa è però assai men facile e men sem-plice. Né occorre riflettere molto per rendersene conto.

Conviene anzitutto osservare che, se enormi plusvalenze furono effettivamente realizzate in quasi tutte le grandi città, ciò avvenne quasi sempre per aree non comprate in virtù di tale eve-nienza, bensì possedute, spesso da lungo tempo, a titolo e con scopi affatto diversi. I proprietari di giardini interni, di vasti cortili, di ville o di poderi posti al margine degli agglomerati urbani, che, dopo secoli di immobilità quasi assoluta, presero subitamente ad espandersi spasmodicamente, si trovarono di fatto, senza averci mai pensato, in possesso di una ricchezza, che, in alcuni casi pro-verbialmente citati, potè toccare altezze favolose. (D'Avene! calcola che un pezzo di suolo parigino trasmesso dal medioevo in poi di padre in figlio, avrebbe fatto guadagnare ai suoi proprietari il 500 per 1). Ma la loro fortuna nulla assolutamente ha di comune con la speculazione di chi, come impiego di risparmi, compri dei terreni fabbrica-bili per rivenderli con benefizio.

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Giova intanto tener presente che la differenza fra il prezzo d'acquisto e quello di vendita è, anche nelle eccezionali e felici circostanze sovra accen-nate, ben lontano da rappresentare il lucro netto dell'operazione compiuta. Bisogna evidentemente dedurne l'interesse del capitale investito rimasto per molti anni totalmente infruttifero. Occorrono assai meno di 20 anni per raddoppiare il prezzo di acquisto, a un saggio del 5 %. E, facendo il calcolo per periodi secolari, come si verificarono per buona parte delle proprietà realizzate con profìtto così ingente, il cumulo degli interessi non percepiti assorbe, in numerosi casi, l'intiero incremento. Leroy-Beaulieu ha confrontato il guadagno rica-vato da possessori di aree parigine, variamente situate e di pregio diverso, fra il 1860 ed il 1900 con quello di chi alla prima data impiegò semplice-mente in rendita francese una somma corrispon-dente al loro importo, investendone poi regolar-mente gli interessi nella stessa forma. Il risultato non è, in media, favorevole ai primi. La conclu-sione certo apparirebbe alquanto diversa se il periodo considerato non fosse di lenta, ma quasi costante, valorizzazione dei fondi pubblici, come fu quello considerato. Un divario fortissimo però non si avrebbe anche così, se non in congiunture eccezionali.

La vera ed essenziale superiorità del primo sul secondo impiego sta in ciò: che, col medesimo, il

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risparmio diviene in qualche modo obbligatorio ed automatico e con maggior probabibtà si tra-duce in definitiva capitalizzazione; ottima carat-teristica certo, ma che, d'altra parte, lo rende ac-cessibile relativamente a pochi, soltanto cioè a coloro che, forniti di largo margine di reddito, possono rinunciare a consumarne una porzione considerevole, riserbandone la percezione a un futuro di incerta e lontana scadenza.

2. Prescindendo del resto da riflessi di massima preliminari, fa d'uopo portar l'attenzione sopra gli attributi di straordinaria alcatorietà che le varia-zioni delle aree dovunque e sempre presentano.

In primo luogo ed in bnea generale non è affatto sicuro che il fenomeno dell'afflusso urbanistico, predominante e violento da un secolo in qua, abbia da proseguire dovunque con lo stesso ritmo. Ta-lune modificazioni della tecnica industriale pos-sono tendere a distribuire nuovamente anziché a concentrare molte produzioni; e lo sviluppo dei mezzi di trasporto sopprime la necessità di risie-dere nel luogo dove si lavora. Le attrattive delle grandi città sono infinite; ma hanno contropartite dolorose, tanto più sensibili quanto meglio l'iper-trofia dell'agglomerato si accentua e l'educazione popolare si eleva. Bimane dunque almeno la possi-bilità che la corsa centripeta spasmodica subisca un rallentamento, se non un arresto.

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3. Considerando però il fenomeno in relazione alle località singole, le perplessità si moltiplicano.

Ciascuno di noi ricorda e può citare casi di città, ieri ancora promettentissime, colpite, per muta-mento non prevedibile di congiuntura, da subi-tanea paralisi ; accanto ad altre animate d'un tratto da slancio vivificatore. Bastano la prosperità d'un ramo importante d'industria, lo spostamento di una via di comunicazione, qualche vicenda poli-tica per orientare in senso diverso da quanto ragio-nevolmente era a credersi le correnti demografiche. La lettura comparata dei successivi censimenti riesce, al riguardo, assai istruttiva. Speculare sul-l'inevitabile espansione di un abitato in base sol-tanto ai suoi precedenti può condurre persol-tanto alle più amare delusioni.

A maggior ragione ciò dicasi per le località che devono la loro rapida fortuna specialmente alla moda, od a certe attrattive particolari di clima o di suolo, amenità di paesaggio, qualità igieniche o terapeutiche, ecc. Nulla di più malsicuro e di più mutevole. I monti e le spiaggie son pieni di vil-laggi, già ricercati ed affollatissimi di villeggianti e di bagnanti, ed oggi superati e resi poco meno che deserti dalla nuova voga di stazioni più attraenti, meglio attrezzate, più comode, o, semplicemente, preferite per andazzo o per snobismo. La storia del turismo si concreta in una serie di scoperte e di abbandoni. E poco meno instabile è il

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mento dei forestieri, come il confronto fra i suoi centri di convegno prediletti, a intervallo di cin-quant'anni, in un paese di tipica attrazione come l'Italia, troppo bene dimostra. Scontare un forte incremento di prezzo per aree di non eccezionali qualità situate in tali luoghi sarebbe molto impru-dente. Anche perchè nessun'altra subisce più di-rettamente le conseguenze delle crisi economiche generali, che, impoverendo l'ambiente, incidono con violenza speciale su codesta domanda di lusso.

4. Se anche, del resto, a qualche pronostico discretamente plausibile si presta l'avvenire di talune città, la cui crescenza, dovuta alla situa-zione geografica particolarmente felice od a circo-stanze indissolubilmente connesse alle attitudini economiche del territorio od all'ordinamento poli-tico (capitali di Stati o di regioni, ecc.), appare in certo modo consacrata dalla storia, torna sempre impossibile prevederne le fluttuazioni nel tempo immediatamente futuro, il solo che realmente interessa.

Pel motivo infatti già esposto della produttività praticamente tenuissima o nulla degli investimenti di questo genere, e dato che le aree classificate in tale categoria si compran già a prezzi relativa-mente alti, è indispensabile che l'eventualità del realizzo compensatore non appaia troppo lontana, senza di che l'operazione si risolverà in perdita

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secca. Ora noi sappiamo che lo sviluppo demogra-fico ed edilizio dei grandi centri, anche quando nelle grandi linee, sembra continuo, subisce delle forti alternanze e delle lunghe soste, dovute a cause d'indole generale (depressioni economiche che vi si localizzano più acutamente), o ad eccessi di spe-culazione. Chi comprò aree fabbricabili a Torino nella fase di effervescenza fiduciosa, fra il 1880 ed il 1888, attese poi quasi vent'anni prima di po-terle rivendere al semplice prezzo di costo; chi ne acquistò nel 1909-12 incominciò a poterle esitare con beneficio nel 1923-24; e, se ripetè la specula-zione nel 1924-25, arrischia oggi di aspettare nuova-mente parecchio tempo per rientrare nel suo capi-tale. Se dei professionisti di questi affari ottennero degli utili attraverso a rapidi trapassi, è raro che il risparmiatore desideroso di trovare per questa via un impiego rimunerativo e sicuro non abbia incontrate stupefacenti sorprese.

5. Ma a tale incertezza generale, altre e forse più gravi ne aggiunge la notoria e quanto mai capric-ciosa incostanza di direzione in cui l'allargamento e l'intensificazione della attività cittadina quasi sempre si svolgono. Il fatto che, per qualche decennio, la fabbricazione si sia spinta in un senso non significa punto che, d'un tratto, non abbia a prendere un cammino totalmente opposto. Rife-rendoci ancora a Torino, abbiamo visti

trascura-P A I t Ì E S E C O N D A L E V A R I E S trascura-P E C I E D ' i N V E S T I M E N T I

tissimi e rapidamente sviliti i terreni nella regione di Vanchiglia, dopo una moda momentanea che aveva indotti molti a comperarne; la quale si spostò, in un secondo tempo, verso il corso Francia, per poi convergere verso le due piazze d'armi. Il fenomeno talora si spiega con altri, fino a un certo punto anticipabili e valutabili (come la pro-digiosa fortuna della Fiat, che arricchì per riflesso i proprietari di terreni del Lingotto); ma sovente pure non agiscono che delle simpatie impondera-bili, delle preoccupazioni igieniche esse pure varia-bilissime, un orientamento affatto arbitrario di gusti e di abitudini. Basta il desiderio di novità e di affermazione personale insito ad ogni gene-razione per far escludere qualsiasi regolarità in questo campo. Una speculazione di non brevissimo respiro offre pertanto un numero grandissimo di incognite, e quindi il massimo di rischi. A meno che, decidendola, non si sia disposti ad attendere indefinitamente, oltre la vita almeno dell'individuo, la valorizzazione che, in un ampio ciclo storico, si spera finisca per prodursi. Ma evidentemente simile calcolo rientra nelle ipotesi eccezionali, estranee di necessità al nostro discorso.

6. Alle considerazioni puramente economiche che sconsigliano, in via normale, questo impiego, alcune particolari ne aggiungono i regimi tributari o legali di certi paesi.

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In Italia, ad esempio, la tassa sull'incremento di valore delle aree fabbricabili, applicata con accertamenti presunti sul reddito annualmente « guadagnato », tolse, fino al 1924, ai loro posses-sori assai più del frutto, già deriposses-sorio, che dalla loro provvisoria utilizzazione potessero ricavare, ponendo loro più perentorio il dilemma di chiudere rapidamente l'operazione o di incorrere in gravi perdite (anche perchè, essendo calcolato sulle plus-valenze nominali, l'importo aggravò gli effetti dello svilimento monetario in corso).

Il ministro De Stefani, che provvidamente abolì l'anti-economico tributo, ne regolarizzò ed inasprì invece un altro, che, non nel concetto ma nelle applicazioni, dà luogo spesso ad un equivalente pericolo. Il riordinamento invero dei contributi di miglioria, sancito dal decreto 18 novembre 1923, autorizza i comuni e le provincie a colpire con un'imposta di aliquota non superiore al 20 % gli incrementi di valore venale dei beni stabili, dovuti a nuove opere pubbliche; lasciando loro la facoltà di stabilire invece un corrispondente concorso obbligatorio nella spesa cagionata dall'opera, fino al massimo di y3 della medesima. Nella prima ipotesi l'incremento di valore tassabile vien deter-minato in base alla differenza fra il prezzo di mercato quale si sarebbe avuto in assenza del-l'opera e quello acquistato ad opera compiuta; nella seconda il valore degli immobili si accerta

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unicamente nella sua entità al momento del com-pimento dell'opera, senza riguardo a quello che essi potevano avere all'inizio della stessa. Ma nella indeterminatezza della formula, nella somma diffi-coltà di fissare con esattezza i termini del con-fronto, nell'elasticità di criterio a cui si presta un estimo globale delle proprietà di una data zona in qualsiasi momento, nella trascuranza inevitabile delle infinite differenze speciali che caratterizzano meglio di qualsiasi altro il mercato immobiliare, si nascondono manifestamente gravissimi rischi di abusi, di arbitrii, di soprusi, di sperequazioni, di eccessi confìscatori. Che il timore sia fondato lo conferma (denunziò il principe Pignatelli sulla