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I valori pubblici

metto (Common stocks and long term investments,

C) I valori pubblici

1. Passando all'esame dei singoli comparti co-stituenti il mercato dei titoli a reddito fisso, tro-viamo in prima linea, per imponenza di mole e larghezza di diffusione, quello dei titoli pubblici. Più antichi d'ogni altro, in ordine di data, essi tennero, per secoli il campo quasi da soli, e furono lo strumento ed il veicolo precipuo attraverso il quale la diffidenza congenita della gente aliena da speculare incominciò ad accostarsi agli investi-menti mobiliari. Un'influenza decisa ebbe in tal senso la lunga fase di tranquillità politica e di prezzi decrescenti della seconda parte del secolo scorso, che creò ai portatori di titoli dei migliori paesi condizioni straordinariamente favorevoli,

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come bene appare da una suggestiva tabellina del Keynes:

Anni

Potere d'acquisto dell'interesse del Consolidato inglese

al netto da imposta

Prezzi monetari del valor capitale

del Consolidato Potere d'acquisto del valore capitale del Consolidato 1816 59 92 56 1826 90 108 92 1841 90 122 104 1859 89 127 111 1883 108 138 144 1899 145 150 208 1914 100 100 100 1920 26 64 22 1921 39 56 34 1923 50 76 47

La seconda colonna mostra ad evidenza che splendido impiego fu questo, da Waterloo alla Marna, ancbe astraendo dalla punta anormale del 1896-97, e malgrado le ripetute conversioni, che ridussero l'interesse dal 3 al 2 y2 %, dal 1889 al 1903 ; ma indica pure come, già nel decennio ante-bellico, si notasse un sensibile mutamento di dire-zione, che si accentuò dopo il 1914, riconducendo i possessori di consolidati ad un livello più basso di un secolo prima; dove non li rovinò in misura assai maggiore o totale, come avvenne nei paesi belligeranti del continente, di cui dà una perfetta idea la suggestiva tabella costrutta dal Moseley

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a sostegno della sua raccomandazione: Non un centesimo ai postulanti stranieri!

Corsi del consolidato (in sterline).

1914 1915 1923 1927 Austria 4 % 90 % 64 Va 6 22 Bulgaria 6 % . . . . 104 94 Vo 25 31-33 Egitto 3% % .... 92 % 60 Va 42 Va 71-72 Francia 5 % 81 Va 22 12%-15% Germania 3 % . . . 79 58 V* - V a - V a Grecia 5 % 91 60 25 Va 55-59 Ungheria 4 % . . . . 87 % 60 V4 4 — 22-24% Italia 3% % 98 79 Va 17 14i/4-16 Messico 5 % 89 68 28 4014-47 Norvegia 3 % . . . . 78 % 7 3 % 52 63-65 Portoghese 3 % . . ®415/l6 55 Va 20 Va 32-40 Prussia 3 y2 % . . . 87 65 Va — Ve - V a Russia 5 % 122 V2 107 Va 6 6-6 % Turchia 4 % 87 62 14 21-24

Tanto radicato e profondo era tuttavia il pre-stigio che l'esperienza di due o tre generazioni aveva procurato ai titoli pubblici, che la recente lezione non è riuscita a comprometterlo che in parte, tanto presso i popoli che ebbero la possibi-lità e l'energia di attuare l'integrale restaurazione monetaria, quanto presso quelli i cui risparmiatori subirono le perdite più dure. Onde noi assistiamo ad un ritorno abbastanza accentuato di simpatia

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verso tali valori, dovunque ed appena la stabiliz-zazione monetaria attenua l'incertezza connessa al loro possesso.

Se ed in qual grado la preferenza sia giustifi-cata, dipende evidentemente dalle condizioni locali. Non manca chi (Withers per l'Inghilterra), anche riferendosi alle migliori fra esse, eleva seri dubbi sul fondamento positivo di un eccessivo ottimismo, ricordando che la sola garanzia sostanziale dei debiti pubblici, e cioè l'arbitraria facoltà di tassa-zione dei governi, risulta limitata perentoriamente dall'automatica contrazione delle entrate tribu-tarie oltre un dato punto di pressione, a cui riesce pertanto condizionata la garanzia dell'indebita-mento. Comunque, poiché la fiducia della gente sostiene la voga dei debiti pubblici — anche pei loro innegabib attributi di larga notorietà, comodo acquisto, facile negoziazione —, conviene pren-derne atto semplicemente, e cercar di stabilire i criteri con cui la solidità dei titoli ed il loro valore devono essere misurati, per guidare la scelta fra la grandissima loro varietà.

2. Il valore intrinseco di un titolo è anzitutto, come già dicemmo, in funzione del suo reddito, con riferimento al saggio d'interesse corrente sulla piazza. Ogni causa che ne menoma il frutto netto, tende quindi a deprimere il corso. Le imposte, in particolar modo, si ripercuotono subito sul valore

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capitale, che abbassano non solo quando sono sta-bilite, ma anche se soltanto minacciate o semplice-mente rese inevitabili, a un osservatore avveduto, dalle critiche condizioni del bilancio. Onde la pri-maria importanza di conoscere a fondo — e non solo attraverso gli eufemismi dei comunicati uffi-ciali — le condizioni economiche, finanziarie e politiche del paese di cui si diventa creditori; poiché, trattandosi di valori pubbhci, le medesime hanno influenza diretta non solo (come per le obbbgazioni d'ogni specie) sul corso, ma pure sulla sicurezza di ricupero del capitale che essi rappre-sentano.

È in vista appunto di poter approssimativa-mente calcolare la quota di rischio da applicarsi ai singoli titoli che pregiudizialmente si racco-manda la conoscenza della storia finanziaria dello Stato a cui appartengono. Il passato è arra del futuro. E chi non mancò mai ai propri impegni difficilmente vi si induce volontariamente. Lo scrupolo con cui lo Stato inglese tenne fede, anche nei più difficili frangenti, agli obblighi assunti, pagando ed ammortizzando puntualmente l'in-gente debito delle guerre napoleoniche e resti-tuendo ai portatori degli ultimi prestiti di guerra della moneta d'oro alla pari in cambio di quella deprezzata che ne aveva ricevuta, spiega il credito eccezionale di cui godette in ogni tempo il suo con-solidato, che si capitalizzò sempre perciò a un

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tasso notevolmente più basso ài qualunque altro, sul mercato mondiale. Mentre i paesi colpevoli di mutamenti unilaterali di patti contrattuali, attra-verso generali o parziali insolvenze fallimentari, divengono giustamente sospetti di capacità di reci-diva, malgrado ogni più solenne promessa che pos-sano fare. La violazione degli impegni sottoscritti è costata più cara che non si creda a certi Stati costretti, come la Russia d'oggi, a mendicare inu-tilmente l'elemosina dei creditori ingannati. È una speculazione sbagliata, peggio che un atto di improbità pubblica. Il corso a cui si negoziano le varie rendite offre un ìndice molto istruttivo della fama di correttezza comparativa dei loro debi-tori. Ne mancano i casi di Stati cronicamente ina-dempienti, che, per non vedersi negato completa-mente il credito, furono costretti ad abdicare la loro sovranità finanziaria, invocando la garanzia, e sottoponendosi al controllo, di altre potenze (Egitto, e ultimamente Austria, Ungheria, ecc.). La riputazione di cui gode l'ente emittente è dunque elemento essenziale di valutazione del titolo.

Le prospettive della sua politica, interna ed esterna, ne costituiscono un secondo, altrettanto importante.

Stati di tendenze irrequiete, o legati da alleanze impegnative suscettibili di trascinarli in un con-flitto, costituiscono in generale dei debitori poco

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desiderabili, anche se, sotto ogni altro aspetto, la loro situazione sia solida. La coesione interna di un popolo sta pure in diretto rapporto coi pericoli che possono minacciarlo in caso di crisi interna-zionale, quando tutte le forze centripete (popo-lazioni aggregate e tenute con la violenza, mino-ranze etniche), acquistan maggior libertà di agire (lo spettacolo dell'impero Absburgico lo insegnò esemplarmente ai portatori di rendita Austro-Ungherese). Dal punto di vista interno, merita seria attenzione la stabilità del governo, avente una salda base nel chiaro consenso pubblico. Manca-rono quasi tutti di tale requisito gli Stati europei nel dopoguerra, specie dove le conseguenze della sconfitta si espressero in più aspra discordia di partiti, e quindi in peggior precarietà di direzione e di comando. Onde le difficoltà proibitive a con-trarre prestiti, che impedì o ritardò il risanamento finanziario di più d'uno. Al limite, codesta causa di debolezza sbocca nel rivoluzionarismo cronico di certe repubbliche Sud-Americane, alle quali è norma di prudenza proverbiale non anticipare un centesimo. La piena pubblicità della discussione parlamentare, l'indipendenza della stampa, la libertà di discussione costituiscono pure garanzie di primo ordine pei creditori d'uno Stato. A ciò era specialmente dovuto, per unanime testimo-nianza degli scrittori contemporanei, l'altro cre-dito di cui già godeva il consolidato inglese quando

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i governi assolutistici d'Europa ancora eran co-stretti a ricorrere a espedienti onerosissimi e spesso sfortunati per provvedere ai bisogni della loro misteriosa, o, quanto meno, riservata finanza.

Altri dati di apprezzamento offre la situazione economica del paese debitore, dalla quale dipende la sua capacità tassatrice, sola e vera garanzia degli impegni contratti.

Non è raro il caso che, nel lanciare un prestito, il governo interessato procuri di diffondere al riguardo ampie notizie con pubblicazioni speciali

(così fece la Banca commerciale pel collocamento in Italia del prestito polacco). Sempre poi la stampa viene ufficiosamente incaricata di tale compito. Conviene, naturalmente, leggere con vigile spirito critico tutto quanto così si comunica, cercando informazioni più autentiche e rnen tendenziose in fonti precedenti e diverse, o presso esperti spassio-nati. In tesi generale, i mercati di struttura eco-nomica più complessa, armonica ed antica, vari di attitudini e ricchi di energie compensatrici pre-sentano un campo d'investimento assai preferibile a quello dei paesi nuovi, troppo strettamente spe-cializzati e doventi la loro prosperità quasi esclusi-vamente alla fortuna di un solo prodotto (caffè, fosfati, ecc.). Le crisi colpiscono assai più disastro-samente questi ultimi, traducendosi in dissesti finanziari catastrofici. Rientra in questo fattore il grado comparativo di educazione economica dei

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popoli. Quanto più questa è perfetta, tanto più difficilmente essi si indurranno a venir meno agli obblighi assunti, perchè ciò è sopratutto un pes-simo affare per l'avvenire.

Cautele non minori si impongono nel valutare le garanzie di pace sociale. Certi equilibrii instabili, perchè appoggiati alla compressione od alla vio-lenza, celano eventuabtà di ben amare sorprese a chi non ne abbia tenuto in tempo adeguato conto. I redditieri francesi che affidavano miliardi di risparmi alla Eussia czaristica scontano dura-mente il ño di non aver posto dura-mente ai sintomi gravissimi di sovvertimento anarchico che la rivo-luzione del 1905, così faticosamente soffocata, aveva rivelati. Lo spettacolo dell'ordine apparente non è sempre garanzia bastevole. Occorre misurare le forze, sopratutto morali, su cui è fondato. Un errore assai comune prima del 1914 fu di credere che un governo discretamente organizzato ammi-nistrativamente costituisse una ragione di tran-quillità sufficiente per affidargli i propri risparmi. Ma si vide poi quanto fragili e precari fossero gli equilibrii politici e sociali non fondati sopra la cosciente ed inequivoca volontà dei popoli.

La situazione finanziaria di uno Stato forma, in certo modo, la sintesi di tutti codesti fattori, ed ha per indice il bilancio, di cui l'investitore in tali valori deve fare un attento studio. La cosa non è sempre facile, poiché la lettura e l'apprezzamento

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adeguato del fondamentale, complicatissimo docu-mento contabile riescono ardui ed incerti perfino a tecnici discretamente esperti. Né i resoconti correnti, che tendono a volgarizzarne i risultati essenziali pel pubblico, sono sempre da accettarsi ad occhi chiusi; perchè, nella migliore ipotesi, non è dato rilevarne le incognite ed i pericoli, che da certi andamenti tendenziali possono prepararsi pel futuro. Tornerà quindi necessario integrarne l'attento esame con la regolare lettura delle illu-strazioni obbiettive che su organi finanziari repu-tati ne facciano i commentatori più competenti (ottime, per l'Italia, quelle di Mario Mazzuchelli, sulla Rivista Bancaria e sul Secolo-Sera).

Le cifre non esprimono intiero la portata di un bilancio pubblico, se non vengono a una a una analizzate nel loro significato. Il debito, p. e., può minacciare più o meno gravemente l'equilibrio finan-ziario ulteriore secondo che è consolidato, redimi-bile, fluttuante. Quest'ultimo particolarmente, che rappresenta dei disavanzi passati non ancora co-perti, può, in momenti di panico o di crisi, procu-rare al tesoro seri imbarazzi (la Francia, il Belgio, l'Italia, ne fecero, quale più quale meno, la prova in questi ultimi anni). Importanza specialissima ha poi il riflesso della struttura tributaria e della pressione fiscale. Un bilancio in semplice pareggio mediante un moderato prelievo sul reddito pri-vato (in rapporto alla ricchezza media del paese

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di cui si tratta) porge garanzie ben altrimenti so-lide che un altro, il cui forte avanzo provenga da aliquote ed accertamenti spinti fino al punto di saturazione. Occorre perciò espressamente avvertire che, per misurare la pressione tributaria compara-tiva, fa d'uopo conoscere i criteri di calcolo della ricchezza imponibile, i limiti di esenzione a titolo di reddito minimo, ecc. Come un privato, un bi-lancio pubblico può avere o no delle riserve latenti, che gli consentono margini di dilatabilità più o meno estesi. Quando, senza elevare le aliquote, si aumenta con giri di vite silenziosi il gettito delle entrate, come quando si attuano economie di spesa tagliando nel vivo gli stanziamenti di indi-spensabile manutenzione o rinnovamento, si pre-parano a breve scadenza situazioni poco liete, di cui le quotazioni del debito inevitabilmente risen-tiranno gli effetti.

Gli scrittori francesi insistono sulla necessità di considerare anche un altro fattore : la « menta-lità fiscale » dei contribuenti (la cui renitenza fu calamità tradizionale della loro finanza, sotto tutti i regimi). Sembra, a tal riguardo, provato che i popoli a ricchezza media molto ripartita offrono ostacoli più invincibili agli inasprimenti di imposte, per quanto indispensabili sopratutto alla salvezza dei piccoli redditieri; mentre dove son relativa-mente più numerose le ingenti fortune, l'entrata fiscale si presta ad elasticità maggiore.

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Talvolta infine la solidità di un titolo di rendita, e quindi la convenienza del suo acquisto, dipende da garanzie speciali che gli vengono applicate. Era il sistema più comune nei secoli scorsi, quando, scarso essendo il credito dei sovrani, essi dovevano offrire in pegno ai prestatori oggetti di valore (gioie della corona, ecc.), riscossione diretta di entrate, malleverie di enti morali godenti di mag-giore fiducia (grandi comuni, ordini religiosi, isti-tuti di beneficenza). Oggi gli Stati che si trovano in condizioni più critiche devono ancora, di quando in quando, ricorrere al metodo; il quale, se la loro gestione è diventata regolare, procura ai sotto-scrittori dei prestiti qualche maggior sicurezza; sempre però relativa, rimanendo il pegno, in so-stanza, fra le mani del debitore, che, in caso di rivoluzioni o mutamenti politici profondi, potrà ugualmente rinnegare gli impegni, come spesso è accaduto. Non così invece quando la garanzia spe-ciale viene fornita da estranei di correttezza e solvibilità ineccepibile, tanto più se costituiti in gruppo solidale. Appartengono a tale categoria i recenti prestiti fatti alla Germania, all'Austria ed all'Ungheria, per scopo di ricostruzione, por-tanti la malleveria delle maggiori potenze che com-pongono la Società delle Nazioni.

3. L'applicazione prudente dei principi che abbiamo esposti avrebbe evitate ai redditieri

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europei buona parte delle rovine che il possesso di fondi pubblici, nazionali e stranieri, loro pro-curò, dopo il 1914. I risparmiatori di certi paesi si erano, in modo specialissimo, dedicati all'acquisto di valori stranieri a reddito fisso. In Francia si calcola ce ne fossero per oltre 40 miliardi oro. In Italia, che solo da pochi anni era divenuta, in piccola misura, un mercato esportatore di capitali, per soli 800 milioni (Stringher). Ma la scelta era stata fatta per lo più sulla base quasi esclusiva del tasso e del corso, nel presupposto di una piena sicurezza internazionale, politica e giuridica. Onde le rendite austro-ungariche e russe tenevano un posto considerevole in tali investimenti. Non occorre ricordare quale fu la sorte dei loro porta-tori nel crollo delle valute (si è calcolato che il valore attuale dei 40 miliardi di franchi investiti all'estero dalla Francia non è superiore a 6 mi-liardi oro). Seguì, com'era naturale, un periodo di diffidenza, giustificato dal perdurante, quasi uni-versale disordine monetario. Ed è soltanto col ritorno graduale a regimi di circolazione stabilì e corretti che l'interesse del pubblico si volge nuo-vamente ai valori di questo tipo, tanto interni che esteri, giovandosi, riguardo ai secondi, della mag-giore libertà di esportazione di capitali, che è com-plemento naturale del ritorno all'oro.

La ravvivata domanda dei fondi di Stato è netta-mente visibile là dove il risanamento della moneta,

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preceduto da una fase di decisa rivalutazione, fu attuato od è prossimo.

Uno specchietto delle principali quotazioni ad alcune date successive, costrutto dall'Économiste

français (7 gennaio 1928) ne fa ampia fede:

Quotazioni alla Borsa di Parigi ¿Z 31 dicembre del

1 ! 191 1914 1926 1927 3% Francese perpetuo. fr. francesi 85,27 72,10 55,55 62 3% ammortizzabile. fr. francesi 89,50 78,50 66 73,10 4% 1918 » » 53 68,20 5% id » » 64,75 82,50 6% 1920 » » 72,80 94,45 Consolid. inglese 2 % % » » 262 277 Belga 3% 77,05 62 41 43 Italiano 3 % % 98,75 84,10 70 101 — Svizzero 3 % % 91,75 82 422 — 440 — Egitto unificato 101,40 87,75 401,25 427,50 Argentino 5% 504 — 448 — 2230 — 2355 —

Quantunque le alterazioni delle parità mone-tarie, delle quali il compilatore del prospetto non tenne conto, renda poco attendibili i confronti in cifre assolute, innegabile risulta tuttavia il miglio-ramento tendenziale, che si accentua quanto più i vari paesi si accostano alla normalità monetaria, parziale o completa.

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Il nuovo atteggiamento del pubblico verso questo comparto rende opportuna l'aggiunta di qualclie sintetica notizia enea la convenienza e le garanzie attuali dei più importanti fondi pubblici, anche ad esemplificazione pratica delle norme generiche che abbiamo riprodotte.

4. Nessun fondo pubblico presenta oggi requi-siti di sicurezza più perfetti di quelli degli Stati Uniti d'America. La inaudita prosperità del paese, l'assenza di preoccupanti conflitti sociali, la minima probabilità di complicazioni esterne tali da com-promettere la forza finanziaria dell'Unione, le imposte relativamente moderate, il rapido ammor-tamento del debito, tutto concorre a rendere quei titoli i più garantiti che si possa immaginare. La probità finanziaria tradizionale del governo, che nel 1868, quando il biglietto era calante, respinse come lesiva dell'onore nazionale la proposta del partito democratico di rimborsare in carta i cre-ditori, e che, ad evitare qualunque futura conte-stazione in merito, introdusse la clausola del paga-mento in oro nei cinque grandi prestiti emessi per la guerra, costituisce un'altra arra preziosa di incolumità reale del debito.

Questo non superava, nel 1914, un miliardo" di dollari circa; i quattro prestiti « della libertà » e quello « della vittoria » lo portarono, dal maggio 1917 all'aprile 1919 a 26,6, crescendo pure il tasso

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dei medesimi dal 3 y2 % del primo al 4 3/„ % dell'ultimo. Ma, per quanto ingente, l'onere rimane immensamente inferiore a quello di qualunque paese europeo, come ben si scorge dal seguente quadro, che riassume i dati del 1927 (Lagerquist) :

Ricchezza, redditi e debiti delle principali Nazioni.

P A E S I Popolai. Ricchezza media p. abitante

Reddito medio p. abitante

Debito per abitante P A E S I milioni Ricchezza media

p. abitante Reddito

medio

p. abitante 1914 1920 dol. dol. dol. dol.

Stati Uniti . . . . 104 2404 385 9,70 249,38 Gran Bretagna e Irlanda 47 1915 255 74,50 817,04 Germania 68 1215 162 76,45 589,97 Francia 40 1625 187 162,50 768,11 Russia 175 343 40 26,25 298,61 A u s t r i a U n -gheria 50 756 113 70,25 976,53 Italia 36 833 118 77,75 408,78 Belgio 7,5 1200 246,67 Portogallo 6,2 560 Bulgaria 5,5 — • 30,99 209,86 Giappone 72 186 23,92 22,14 Turchia 21,2 31,55 94,11

I titoli federali nord-americani furono collocati nella quasi totalità sul mercato locale, che assorbì facilmente anche le più grosse emissioni. Sono di tagli adatti in modo particolare ai mezzi ed alle esigenze di quel pubblico, e cioè piuttosto grossi (minimo 1000 dollari).

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Tuttavia si calcola che 18 milioni di cittadini abbiano fatto acquisto dei nuovi consolidati; ma che circa il 75 % li abbiano poi rivenduti. Ciò che concorse a deprimere alquanto il corso fra il 1920 ed il 1923 (il 4 7, % scese da un massimo di 100,04 nel giugno 1919 a 94,70 nel maggio 1920). La suc-cessiva flessione del saggio dell'interesse (il tasso attuale dello sconto è al 3 % %) ha determinata una ripresa, per cui il rendimento attuale netto del titolo è modesto, anche perchè soltanto due